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La storia e le sue tematiche

 

Quella che segue è un'analisi del tutto (o quasi) mia personale, e anche piuttosto lunga, dell'opera, fatta alla luce di quello che so dell'opera stessa e di come l'ho vissuta personalmente parlando. Non pretendo che siate d'accordo con quello che leggerete di seguito, né che questa sia un'analisi completa. Anzi, se credete che non abbia preso in considerazione alcuni aspetti, o che non li abbia trattati adeguatamente, se non siete d'accordo, etc., per qualunque critica o obiezione o osservazione potete contattarmi.

ATTENZIONE AGLI SPOILERS: quello che segue potrebbe contenere rivelazioni per voi inedite sulla trama del manga o delle trasposizioni animate.

 

 

La trama Solitudine, solidarietà, superuomini Natura umana, condizione meccanica Joe e Françoise, un paragrafo a parte Armi di pace Dalla storia all'attualità... e oltre

 

La trama

 

Il primo incontroSiamo in un anno imprecisato degli anni '60. Le ferite provocate dalla Seconda Guerra Mondiale sono ancora fresche e fanno fatica a rimarginarsi. All'orizzonte si fa sempre più concreta la minaccia di un conflitto atomico tra le due superpotenze, USA e URSS. Il mondo, preoccupato dalle possibili conseguenze di nuove guerre, cerca di trovare il modo di evitarle. Ma c'è chi non è d'accordo, soprattutto perché un mondo in pace nuocerebbe non poco ai propri interessi. I Signori dei Mercanti di Morte, un'organizzazione che riunisce i maggiori produttori e venditori di armi del mondo, guarda allo spazio come nuova frontiera bellica: danni per la terra minimi e i propri interessi tutelati. E' in quest'ottica che nasce il "progetto cyborg": gli esseri umani non sono adatti a combattere nello spazio, perciò devono essere modificati e trasformati in cyborgs per ovviare alle umane mancanze. 

E' così che nove personaggi, di nazioni, culture, stili di vita, età diverse si ritrovano a condividere un destino comune e terribile. Vengono rapiti dai Signori dei Mercanti di Morte e trasformati irreversibilmente in cyborgs per portare avanti i traffici illeciti di chi ha commissionato la loro trasformazione. Ma, scoperto il destino orribile e crudele a cui sono stati condannati, i nove cyborgs decidono di ribellarsi all'organizzazione, che li vorrebbe rendere niente di più che dei meri servitori. Aiutati dal professor Isaac Gilmore, lo stesso scienziato, pentito, che ha supervisionato le loro trasformazioni, i nove riescono a sfuggire dall'organizzazione per quella che equivale a una vera e propria dichiarazione di guerra.

Inizia da qui la loro strada verso la vendetta contro chi ha deliberatamente e gratuitamente rovinato la loro esistenza. E per vendicarsi, i cyborgs useranno proprio il potentissimo e nuovo corpo cibernetico che è stato loro fornito dall'organizzazione stessa.

Il fatto di riuscire a debellare l'organizzazione è però una magra consolazione di fronte all'irreversibilità della loro situazione. Loro, ormai, sono e resteranno sempre dei cyborgs. Niente potrà ridare loro l'imperfettissimo corpo umano che avevano, così come le loro vite saranno sempre segnate dal fatto di essere dei cyborgs, facendo rimpiangere loro ciò che erano prima di essere dei cyborgs. Per quanto, per la maggior parte di loro, la vita fosse tutt'altro che semplice e stupenda quando erano dei comuni esseri umani.

Il viaggio che decidono di intraprendere insieme, contro l'organizzazione, è un viaggio di sola andata, senza possibilità di ritorno. Un viaggio che affronteranno completamente soli, nell'indifferenza e nell'intolleranza degli esseri umani, che li considerano delle specie di mostri, indegni di far parte della loro comunità. Ma forse, proprio nell'affrontare tutto questo insieme, i cyborgs comprendono e scoprono la loro umanità più intima. Quella che quegli stessi esseri umani che li discriminano non comprenderanno. Quella che ci fa chiedere se la vera umanità, forse, non appartenga, in questo caso, a chi umano non è più. 

Qual è il mostro? E qual è l'essere umano? O meglio, cosa vuol dire essere umani?

 
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Solitudine, solidarietà, superuomini

 

I cyborgs sono soli. Cosa intendo dire? Tante cose e una sola.

Cominciamo dalla battaglia che i cyborgs decidono di intraprendere contro l'organizzazione dei Signori dei Mercanti di Morte. Il corpo cibernetico e ricco di funzionalità, capace di cosa che gli umani non si sognano neppure lontanamente, se non nei loro desideri più reconditi, è visto dall'organizzazione come un dono fatto ai nostri protagonisti. Cioè, il fatto di averli trasformati in cyborgs equivarrebbe a un favore. Tenuto anche conto che le vite che i personaggi conducevano prima di essere rapiti erano tutt'altro che invidiabili. 

Tralasciando Ivan, che è un caso a parte, Jet, cresciuto nel West Side di New York, capo di una banda di teppisti, aveva appena ucciso un uomo quando viene catturato; Françoise era forse quella che aveva la vita più normale, ma anche lei doveva sgobbare non poco per farsi spazio in un mondo chiuso come quello del balletto classico, soprattutto per chi, come lei, proveniva da una famiglia di classe medio-bassa; Albert era in fin di vita, dopo aver tentato di scappare da Berlino Est (siamo negli anni '60, non dimenticatelo), insieme alla donna che amava, morta nel tentativo di fuga; Geronimo era un nativo americano che doveva lottare, da una parte, con il razzismo dei bianchi, poco propensi a dargli un lavoro per via del colore della sua pelle, dall'altro con il ribrezzo per quegli uomini della sua stessa razza che si erano abbassati a diventare poco più che attrazioni per turisti, infangando l'onore dei pellerossa; Chang era un contadino che stava per togliersi la vita, disperato per la gravissima siccità che aveva colpito la Cina, mandandolo sull'orlo della rovina; Bretagna era un attore dal passato promettente, ma, accusato di aver causato la morte del suo caro amico, nonché rivale sul lavoro, era stato allontanato dal teatro e si era perso nei fumi dell'alcool; Punma era uno schiavo fuggito per miracolo ai suoi schiavisti, per finire dalla padella nella brace, cioè nelle mani dell'organizzazione; Joe era appena scappato da un riformatorio, nel quale era stato rinchiuso per le sue intemperanze, dovute anche a una vita passata tra gli orfanotrofi e la strada, e le discriminazioni subite a causa delle sue evidenti origini miste (nel Giappone di quegli anni, appena uscito a testa bassa da una guerra umiliante, gli stranieri non erano visti di buon occhio, soprattutto se avevano un nome americano).

D'altronde, i Signori dei Mercanti di Morte avevano chiesto espressamente ai loro "cacciatori" di cercare persone più o meno "disperate", di quelle che nessuno si sarebbe preso la pena di venire a cercare se fossero scomparse. Visto che li hanno tolti da queste vite così meschine, e visto che hanno donato loro un corpo fantastico, i membri dell'organizzazione ritengono che i cyborgs dovrebbero essere loro riconoscenti e il loro atto di ribellione è visto come un segno di ingratitudine, come un affronto. Un tradimento imperdonabile, da punire con la morte. Quindi, nessuna possibilità di ripensamento. Se i cyborgs decidessero, per assurdo, di tornare all'organizzazione andrebbero incontro a una morte certa.

Dall'altra parte ci sono gli esseri umani. Esseri umani (tra un po' mi verrà da usare le virgolette) che non li considera niente più che dei robots, nei migliori dei casi, o dei mostri, pericolosi e da evitare come la peste, nella maggior parte dei casi. In ogni modo, dal punto di vista degli esseri umani, i cyborgs non appartengono alla loro comunità e non sono degni di appartenervi. E questo nonostante i cyborgs, combattendo contro l'organizzazione e altre entità pericolose, non facciano altro che difendere gli inconsapevoli esseri umani. Quindi i meriti dei cyborgs non verranno mai riconosciuti. Rimarranno per lo più ignorati, oppure ammessi troppo tardi. Spesso e volentieri l'outing (inteso qui come il dichiarare la propria condizione di cyborg) porterà al subire una preferibilmente evitabile discriminazione. Proprio per questo i cyborgs preferiscono, molto spesso, portare a termine le proprie missioni, salvare gli esseri umani e andarsene in silenzio.

Ritengo che Andrea Destro, in un articolo pubblicato sul 5° volume di FA, quello dedicato alla Science Fiction, edito dalla Rock n' Comics, abbia più che adeguatamente centrato il problema: i cyborgs vengono rigettati dagli esseri umani proprio in quanto possiedono quelle capacità che gli esseri umani stessi hanno sempre sognato di possedere. Non è forse vero che, sin dalla notte dei tempi, gli uomini hanno sempre sognato di poter, nell'ordine, possedere poteri sovrannaturali (001); volare (002); vedere e sentire a distanze inimmaginabili, e magari attraverso gli oggetti (003); possedere una forza portentosa (005); poter mutare il proprio corpo a proprio piacimento (007); nuotare nell'acqua come pesci (008); potersi spostare a velocità strabilianti (009); inoltre, nell'immaginario umano, nella categoria "fenomeni da circo", non è sempre esistita la figura dello sputafuoco (006); e quale soldato non sognerebbe di avere a disposizione un arsenale completo? (004).

Di conseguenza sono le loro stesse peculiarità di cyborgs a rendere questi ultimi "sovrumani" e, di fatto, a estrometterli dalla comunità degli esseri umani. E' questa, molto più della guerra contro l'organizzazione, la loro causa di sofferenza maggiore: il fatto di non essere accettati dagli altri, il fatto che non venga riconosciuta la loro natura umana, a dispetto dei loro umanissimi sentimenti. Inevitabilmente, questo li porta a odiare ancora di più il loro corpo di cyborgs e il destino, crudele, a cui li ha incatenati per il resto della loro esistenza.

Questa situazione porterà ogni cyborg, uno per uno, a intraprendere un viaggio, un altro, dentro se stesso. Alla scoperta di quei lati della propria umanità, del proprio essere che nemmeno lui sapeva di avere. Ed è questo uno dei motivi per cui i personaggi disegnati da Ishinomori presentano, proprio nel loro spessore psicologico, fuori dal comune, una delle loro caratteristiche più belle. Infatti, ancora prima degli esseri umani che li circondano, sono i cyborgs stessi a dover accettare e prendere coscienza del fatto che, aldilà del loro corpo e dei circuiti elettronici di cui è stato riempito, essi non sono dei robots. Essi non erano, ma sono e restano degli esseri umani. Per come pensano, per come agiscono, per quello che provano.

Il condividere, tutti insieme, quest'esperienza, le umiliazioni e le frustrazione che essa comporta, li porterà, altresì, a sviluppare un legame quasi fraterno, che trascende la semplice amicizia. Il che, visto il cocktail, a dir poco esplosivo, di nazioni e culture che Ishinomori ha saputo miscelare (e di cui parleremo in seguito), ha dell'incredibile. Ma dimostra come una così grande sofferenza, vissuta in comune, possa portare a guardare aldilà delle montagne che rappresentano ciò che ci divide dagli altri, le differenze che ci sono tra noi e gli altri. E, magari, a scoprire che queste montagne non sono poi così alte e invalicabili come sembrano. Per poter finalmente vedere e ammirare la bellezza di ciò che c'è dall'altra parte. Risulta lampante che anche questo era uno dei messaggi che Ishinomori intendeva trasmettere. Infatti nel gruppo dei suoi cyborgs troviamo personaggi diversissimi tra loro per provenienza (di tutti e nove, solo Jet e Geronimo vengono dalla stessa nazione), "razze" (si va dalla pelle scura di Punma, a quella rossa di Geronimo, a quella gialla di Chang, passando per le origini miste di Joe), ambienti, generazioni (tre persone, Joe, Jet e Françoise hanno meno di 20 anni; Punma, Geronimo e Albert hanno dai 20 ai 30 anni; Chang e Great Britain hanno dai 40 anni in su, quindi potrebbero benissimo essere i genitori dei tre under 20), culture (anche Jet e Geronimo, ad esempio, pur essendo entrambi americani, provengono da ambienti culturali decisamente agli antipodi: uno dai bassifondi di New York e l'altro dalle riserve indiane dell'Arizona) profondamente diverse. Differenze che si azzerano e diventano insignificanti di fronte alla sofferenza che li accomuna, facendoli diventare una strana, ma grande famiglie, nella quale lo stesso Gilmore finisce per avere più il ruolo di un padre, che quello dello scienziato che li ha creati.

 

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Natura umana, condizione meccanica

 

Prendo in prestito da un membro della mailing list italiana di Cyborg 009 l'espressione che dà il titolo a questo paragrafo. Certo, messa in un sito che parla di un manga che tratta di cyborgs, un'espressione del genere è del tutto normale. Vi invito però a dimenticarvi, per un attimo, del mondo fittizio nel quale vi siete calati fino ad adesso nelle pagine di questo sito. Vi invito a pensare al mondo "reale", quello in cui viviamo noi, esseri in carne ed ossa piuttosto che fatti di china. Sì, lo so che questo mondo "reale" fa un po' tanto schifo, ma tutto quello su cui vi chiedo di riflettere è se esista, nel nostro schifosissimo mondo reale, un qualcosa che abbia una natura umana e una condizione meccanica.

Non vi viene in mente niente? Beh, non  mi stupisco. Un qualcosa del genere non esiste. Non nel nostro mondo. Voi direte che non esistono nemmeno le maghette, gli alieni o i robottoni antropomorfi che hanno fatto la fortuna dei cartoni giapponesi in Italia e nel mondo. Ma pensate un attimo alla contraddizione in termini. "Meccanico" e "umano" sono due termini in forte contrapposizione tra loro. Si potrebbe quasi dire che sono il contrario l'uno dell'altro.

Si cade nel campo dell'ovvio dicendo che "meccanico" è un aggettivo per le macchine, i robots. "Umano" è un aggettivo proprio dell'uomo. Macchine e uomini sono due cose diametralmente opposte. Tutt'al più le prime possono servire ai secondi come strumenti di lavoro, oggetti per semplificare la vita. Le automobili ci spostano per distanze lunghissime in ore, piuttosto che nei giorni che ci volevano solo fino a un secolo fa; macchine agricole e industriali fanno da sole quello per cui un tempo servivano decine e decine di uomini, e in meno tempo; piccoli elettrodomestici ci aiutano nelle nostre faccende domestiche, o semplicemente ci rendono più piacevole la vita, come la tv (vabbé, accettate l'eufemismo) o la radio; etc. Le macchine sono entrate nella nostra vita fino al punto che ci risulta difficile farne a meno (vi siete mai trovati in mezzo a un black-out?). Sono niente di più che strumenti al nostro servizio. Utili, certo. Piacevoli, a volte. Ma niente più che macchine. 

Le macchine non hanno, per definizione, intelligenza umana, coscienza autonoma, non sviluppano sentimenti propri di alcun genere. Queste sono peculiarità dell'essere umano. Siamo noi che decidiamo quando spegnerle e accenderle. Ma uno degli incubi più deliranti del genere umano, quello su cui ha giocato tanta fantascienza (per esempio Carrie di Stephen King o l'anime di Kyashan) non giocano su macchine che sviluppano una capacità di avere volontà e intelligenza propria, con tutto quello che ciò potrebbe significare per il genere umano in termini catastrofici? Il nostro particolare cervello, sede della nostra intelligenza, nel senso più ampio del termine, è ciò che ci rende unici e ci differenzia persino dagli animali. E per questo fa paura che un qualcosa di diverso da noi, come può essere una macchina, acquisisca questa peculiarità.

E i cyborgs dove li mettiamo allora? Allora, intendiamo subito cosa intendo io per cyborg, nel senso stretto del termine. Un cyborg è un qualcosa creato dalla commistione tra elementi organici umani (tra cui è fondamentale il cervello) e elementi meccanici ed elettronici. Allora i cyborgs sono macchine, visto che hanno al loro interno sofisticati circuiti elettronici e elementi meccanici? Sì, ma i cyborgs continuano ad avere un cervello umano, con tutto quello che comporta. La forza di un cyborg è proprio quella di poter abbinare la forza e la potenza di una macchina, all'intelligenza tipica dell'uomo. Il cyborg ha un modo di pensare umano, e non meccanico. Un modo di comportarsi umano, e non meccanico. Un modo di agire umano, e non meccanico. Soprattutto perché i cyborgs non agiscono in base a sofisticati algoritmi, tipo quelli che stanno alla base dei softwares che popolano i notri computer. Essi agiscono, come gli esseri umani, in base alla razionalità, certo. Ma anche, e soprattutto, in base a quelle cose tipicamente umane che sono i sentimenti, le sensazioni, le emozioni. Cose che le macchine non "elaborano". 

Quindi il cyborg è un po' una macchina e un po' un essere umano? Ma dov'è che finisce la macchina? E dove comincia l'essere umano? Ma esiste una qualsiasi linea continua che unisce "meccanico" e "umano"? Se esistesse, si potrebbe dire che il cyborg sta più o meno nel mezzo. Ma il punto è proprio che, a mio parere, una linea del genere non esiste. Noi non riusciamo a concepirla perché sono i due concetti stessi che ne stanno alla base che sono difficilmente compatibili. Per non dire assolutamente incongiungibili.

Il cyborg sta quindi in precario equilibrio su un continuum inesistente, ed è proprio da questa precaria condizione di equilibrio che derivano tutte le sue insicurezze, che generano continue domande destinate a non avere mai una risposta adeguata. <<Joe Shimamura è morto.>>, dice Gilmore a un ancora frastornato 009 durante la fuga dall'organizzazione, nella terza serie televisiva. Sì, ma Joe Shimamura, o almeno i suoi ricordi, ciò che è stato come uomo e essere umano a tutti gli effetti, continuano a essere vivi e nitidi nella mente di un cyborg chiamato 009. E lo stesso vale per Ivan - 001, Jet - 002, Françoise - 003, Albert - 004, e così via. Ognuno di loro ha un passato da essere umano che continua a essere fin troppo chiaro e netto nel loro presente (e futuro) di cyborg. E' qui che il cyborg si pone forse il dilemma più grande: cosa fare di questi ricordi di una vita da essere umano? Smettere di rimpiangere un qualcosa che non potrà più tornare, e vivere solo come macchine di guerra? Oppure...

Oppure, <<cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio>>. Non so se uno dei personaggi del manga abbia mai detto qualcosa del genere. La frase tra virgolette non è di nessuno di loro. E' di uno scrittore italianissimo, Italo Calvino, ed è tratta dal suo libro, Le città invisibili. L'ho citata perché mi sembra che calzi alla perfezione con la situazione che si trovano a vivere i cyborgs. Vivere come macchine non è assolutamente la soluzione, perché equivale a rinnegare la parte più profonda di te, quella che scalcia per venire alla luce e liberarsi dal soffocamento con il quale stai cercando di ucciderla. Questo i cyborgs lo capiscono molto presto. Lo capiscono attraverso la sofferenza, l'odio, la rabbia, ma anche tutti quei sentimenti positivi che mano a mano cominciano ad affiorare nei loro animi feriti e che non li abbandoneranno mai. E che, anzi, saranno proprio ciò che permetterà loro di andare avanti, di rimanere se stessi senza diventare delle mere macchine di morte. Sì, proprio i loro sentimenti, le loro emozioni. Le cose più umane che esistono, perché non sono frutto della razionalità, ma solo dell'istinto. Allora i cyborgs decidono di lasciar vivere questi loro sentimenti, di non soffocarli nella falsa convinzione di essere solo delle macchine. Non è una strada priva di rischi, perché le scottature sono dietro l'angolo (amori senza futuro, amicizie con esseri umani troncate per il fatto di essere dei cyborgs, rabbia e frustrazione). Ma anche il dolore è un qualcosa che ti fa capire di essere vivo. E poi ci sono gli amici, quelli che non ti abbandoneranno mai, per quanto potrebbero essere tuo padre e per quanto possano pensarla diversamente da te per parecchie cose. Attraverso un cammino non privo di difficoltà e rimpianti, occasioni perdute e bruschi risvegli, i nostri cyborgs decidono dunque di continuare a vivere, partendo da ciò che di più umano hanno in loro, e che più li fa sentire vivi: quella capacità di provare emozioni e sentimenti, che la trasformazione non ha potuto cancellare.

Ma questo vuol forse dire dimenticare di essere comunque dei cyborgs? Dividere l'umano dal meccanico? No. Nel cyborg umano e meccanico sono profondamente compenetrati l'uno nell'altro. Sono come le due facce dello stesso foglio. Opposte ma inseparabili. Essi non possono dimenticare di essere cyborgs, di avere una condizione meccanica, esattamente come non possono dimenticare di avere una natura umana. Ma c'è una differenza profonda tra le due cose, e i cyborgs non se lo dimenticano mai. Basta vedere come si chiamano fra di loro. Chi conosce la serie, sa bene che ogni cyborg ha il suo codice numerico di identificazione che va da 001 a 009. Se uno ci fa caso, noterà che spesso e volentieri i personaggi usano chiamarsi con il numero quasi esclusivamente nelle situazioni di battaglia. Mentre nelle scene di vita quotidiana e, soprattutto, nei momenti più intimi o in quelli emotivamente più coinvolgenti, usano i loro nomi umani. Non è forse un codice alfanumerico, detto "numero di serie", quello con cui le industrie usano identificare ogni singolo oggetto meccanico o elettronico uscito dalle loro fabbriche? In questo caso vengono usati solo i numeri, ma non è difficile immaginare che questo codice di tre cifre equivalga al "numero di serie" con cui i cyborgs si identificano, tra loro, come macchine (tra l'altro i cyborgs, come detto nel manga e nella serie tv più volte, appartengono a una determinata serie detta "00").

Vi rimando, come esempio, al film La leggenda della Supergalassia (salta lo spoiler): quando Albert ringrazia Joe per averlo chiamato per nome, anzi per cognome, perché questo piccolo gesto lo aiuterà a <<morire da essere umano>>. Oppure a quante volte, anche in uniforme e non solo nel film, ma anche e soprattutto nel manga (credetemi sulla parola) e nella serie Tv, Joe e Françoise si chiamino fra loro per nome, e non solo loro. Sempre riguardo a La leggenda della Supergalassia, si noti anche come nel film, dove tutti sono a conoscenza del loro vero essere, nessuno, al di fuori ovviamente dei 9 cyborgs e del dottor Gilmore, li chiami col loro nome umano. Neppure Tamara, la regina del pianeta Fantalion, che naturalmente si infatua di Joe, lo chiama mai per nome, ma sempre e solo 009. Segno evidente che per gli altri essi sono solo cyborgs, e che non li vedono e non li concepiscono come persone. E non riescono a comprendere nemmeno i loro sentimenti. L'atteggiamento di Cosmo al riguardo è eloquente: egli arriva addirittura a pensare che gli altri sarebbero contenti che fosse costruito un altro cyborg per rimpiazzare 004, dimostrando di non aver compreso assolutamente nulla della delicata psicologia dei protagonisti.

<<Just shake because you love, cry because you care, feel 'cause you're alive, sleep because you're tired, shake because you love, bleed 'cause you got hurt, die because you live. Make heaven, heaven out of hell, now...>> da "Heaven out of hell", Elisa

 

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Joe e Françoise, un paragrafo a parte

 

(Attenzione, AVVISO SPOILER: questa sezione contiene riferimenti a fatti che non sono ancora stati raccontati in Italia, perché facenti parte del manga o della terza serie televisiva. Quindi non dite che non vi avevo avvertito!)

Sarà che sono una ragazza, e che certi temi tendano quindi ad assorbire la mia attenzione. Anche quando si parla di un manga fortemente d'azione com'è Cyborg 009. Potrebbe anche essere, però, che in questo manga sia raccontata una storia d'amore bellissima. Una di quelle storie che non ti parla solo di romantiche passeggiate sulla spiaggia al tramonto, baci rubati su scenari romantici quali possono essere un cielo stellato. A dire il vero, in questa storia d'amore che io cercherò di accennarvi, non c'è niente di così plateale ed evidente. Ma ogni suo frammento va ricercato con attenzione e pazienza in uno scambio di sguardi, un gesto. Proprio per questo è una di quelle storie, questa, che non ti raccontano semplicemente una storia d'amore, ma ti fanno capire cosa sia l'amore in sé, cosa voglia dire amare una persona.

In questi anni ho avuto modo di sfogliare più o meno tutto il manga, di vedere e rivedere la seconda e la terza serie televisiva, di vedere e rivedere il film. L'idea che mi sono potuta fare nasce, quindi, da una visione più globale della storia rispetto a quella che avevo quando ho costruito questo sito per la prima volta.

Molti di voi, però, non avranno che quanto visto nella serie TV del 1979 e nel film del 1980 per essersi fatti un'idea della relazione tra i due personaggi, e dei suoi significati. Quindi, per il momento, cercherò di farvi un quadro della situazione partendo solo da quanto raccontato nella serie TV del 1979 e nel film La leggenda della Supergalassia.

Anzi, per il momento lasciamo da una parte il film, e concentriamoci su quanto visto nella serie TV del 1979. Prima, però, vi rimando a una mia nota personale sull'adattamento italiano della serie del 1979 scritta nella pagina relativa alle trasposizioni animate. In tale nota, in pratica, riassumo alcuni miei dubbi sulla fedeltà all'originale dell'adattamento italiano. Dubbi che, intendiamoci, non vogliono essere una critica, ma solo una riflessione.

Rimandandovi a quella nota, vi chiedo quindi di prendere con le dovute cautele quanto "detto" nell'adattamento italiano della serie.

Come ho scritto in quella nota, siamo di fronte a una serie animata che, in patria, è stata pensata e realizzata per un pubblico consapevole, quale è quello giapponese. Ovvero lo spettatore giapponese del 1979 conosce la storia di Cyborg 009 per averla potuta leggere nel manga e per tante altre vie traverse. E' uno spettatore che quindi sa bene qual è la storia e la vicenda dei nove cyborgs. Tanto in generale, tanto nel particolare per quello che riguarda il rapporto tra Joe e Françoise. Se una voce narrante, alla fine di un episodio, venisse a dire a questo spettatore che "009 e 003 hanno scoperto il loro amore", probabilmente si metterebbe a ridere né penserebbe mai che in quella stessa puntata i due si siano messi "ufficialmente" insieme. Tutt'al più potrà apprezzare il fatto che Joe, nelle puntate seguenti, sia un po' meno "farfallone". Già, perché Joe, rimanendo tuttavia molto legato alla figura di Françoise, nelle puntate precedenti a quella a cui mi riferisco (la #37 - Fuga dalla giungla) ha mostrato più volte di non essere insensibile al fascino femminile.

Il mio personalissimo dubbio è che forse l'adattatore ha finito con "l'esagerare" i fatti. Attenzione, ho detto "esagerare", non "stravolgere". Ovvero, non sto dicendo che i fatti di cui agli episodi #34 - La campana dell'amore suonerà domani e #37 - Fuga dalla giungla di tale serie non siano quelli raccontati dalla traduzione italiana, ma sto solo dicendo che forse l'adattatore italiano ha calcato un po' la mano per aiutare un ignaro spettatore italiano che non sapeva assolutamente nulla di quei due e del rapporto che li lega.

In ogni modo, che l'adattatore italiano ci abbia messo la sua mano o meno, i due episodi di cui sopra sanciscono in qualche modo uno spartiacque nella vicenda riguardante Joe e Françoise all'interno della serie. Basta guardare gli episodi, magari senza audio, per rendersene conto.

Di questi due episodi prenderei da parte tre battute.

Dall'episodio #34:

- Françoise: «Qui... sembriamo diversi.»
- Joe: «Sembriamo due semplici innamorati... ma siamo due cyborg, e siamo in missione»

Dall'episodio #37:

- Megaro: «L'amore è credere uno nell'altro, e nel proprio amore.»

Non so se il traduttore italiano ci abbia messo il suo zampino e quindi quanto queste battute corrispondano all'originale. Ma esse riassumono benissimo quello che, secondo me, è il rapporto fra i nostri due.

Da una parte, su di loro, incombe perennemente il loro "dovere" e il loro status di cyborg. Status che, inevitabilmente, finisce con il mettere a dura prova i sentimenti che entrambi provano tanto verso gli altri, come quelli che provano reciprocamente, perché li pone spesso in situazioni in cui devono fare scelte difficili. Scelte in cui non possono permettersi di pensare a cosa sarebbe meglio per loro. Ma, in quanto cyborg, a cosa sarebbe meglio per gli esseri umani che si sono proposti di difendere con tutte le loro forze.

Nell'episodio 37 è esattamente questo che succede e che lacera Françoise al punto che preferirebbe essere morta (e qui credo che l'adattatore abbia tradotto bene, dato lo schiaffo che gli rifila Megaro). Nel momento in cui gli è stato chiesto di sparare a Joe per salvare la vita agli altri superstiti che viaggiavano con loro nell'aereo che i Fantasmi Neri hanno fatto atterrare in mezzo alla giunga, è come se gli avessero chiesto di scegliere tra il cyborg 003 e la ragazza che è Françoise Arnaud. 003 ha sparato e ha ferito gravemente l'uomo di cui la ragazza che è Françoise è innamorata. E la ragazza non si capacita di come questo sia potuto succedere, di come essa abbia potuto permettere che il cyborg abbia prevalso sui suoi sentimenti, che pure credeva così forti e inattaccabili.

Ma, come gli ricorda Megaro, è proprio nel credere in quel suo sentimento che troverà la forza di superare la crisi di cui è vittima.

E Megaro aggiunge anche un'altra cosa, forse più a beneficio dello spettatore che di Françoise. Ovvero che amare una persona vuol dire anche credere in lei. Sempre e comunque, senza farsi domande e senza porsi dubbi. Magari fino al punto di sostenere la persona amata anche in quelle decisioni e in quei comportamenti che agli occhi degli altri paiono incomprensibili e inopportuni. Come dare soccorso a una dea che solo poco tempo prima ha cercato di ucciderti (episodio #9 - Il villaggio dell'albero cosmico). O cercare di salvare la vita a una persona che, dopo aver approfittato dei tuoi sentimenti per lei, solo pochi minuti prima ti ha abbandonato solo in mezzo al deserto per salvare la vita a sé e al compagno che ha preso il tuo posto nel suo cuore (episodio #20 - Un amore impossibile). O ancora prendere le tue difese, quando tutti gli altri non fanno altro che rimproverarti e attaccarti per un comportamento sconsiderato (episodio #30 - In cerca del padre).

C'è poi il lungometraggio La leggenda della Supergalassia ad aggiungere argomenti da interpretare a questa storia.

In quel film, per quanto non ci sia dato sapere quanto ci sia di Ishinomori (sebbene avrà avuto sicuramente voce in capitolo riguardo all'uso che è stato fatto dei suoi personaggi), di nuovo si assiste a quell'eterno conflitto interiore che ogni cyborg ha con la sua controparte umana.

Quando Joe le rivela, sulla spiaggia davanti al centro di ricerche, «Vorrei che non venissi, perché per me tu conti di gran lunga più di tutti gli altri.», le dice qualcosa che non potrebbe mai dire in quanto non solo cyborg, ma leader del gruppo. Perché è come se le dicesse che potrebbe sopportare la perdita degli altri (che non vuol dire che non ne soffrirebbe), ma non potrebbe tollerare di perdere lei.

Così come lei è ben lesta nel correggersi nel momento in cui gli dice che vuole venire con loro non tanto per stare con gli altri, quanto per restare al suo fianco.

Così come io credo che sia questo conflitto cyborg / essere umano a spingere Joe a rifiutare la proposta di Tamara mettendo di mezzo la sua missione. Chissà (e non lo sapremo mai), forse Joe avrebbe detto chiaramente alla regina del pianeta Fantalion che, aldilà della sua missione di cyborg, c'era qualcos'altro (o qualcun altro), se solo Tamara gli avesse permesso di spiegarsi, come magari Joe aveva intenzione quel paio di volte che ha tentato di interrompere quel suo monologo e se non fossero arrivati 004 e 002, oltre a Françoise. O forse, conoscendolo, avrebbe comunque evitato di rivelare a Tamara il vero motivo del suo diniego, per non ferirla e lasciarle credere che fosse veramente soltanto la sua missione a impedirgli di rimanere con lei.

In ogni modo, non mi sento di dare colpe a Joe in quella scena. Perfino nel momento dell'abbraccio, non è tanto lui a cercarla, quanto lei a buttarglisi addosso. Lui non la rifiuta? E' vero, ma di nuovo, conoscendo il carattere di Joe, la sua volontà di non ferire i sentimenti altrui, ritengo che non abbia rifiutato quell'abbraccio proprio per non ferirla, più che per la tentazione di accettare la sua proposta. A tal proposito, basterebbe riguardare come abbraccia Françoise sulla spiaggia e fare il gioco delle differenze.

In ogni modo sarà la stessa regina, in punto di morte, a rivelare a 009 di aver capito il vero motivo per cui non poteva rimanere con lei. E davvero non c'è bisogno dell'aiuto della regia che va a cercare il volto di Françoise per capire a cosa alluda Tamara in quella frase rivolta a 009.

Già perché per Tamara è sempre stato 009, e non Joe, e ciò è significativo. E' significativo come il fatto che Joe, sapendo di rivolgersi a Françoise per quella che potrebbe essere l'ultima volta in tutta la sua vita, la chiami per nome, e non con il numero. Si rivolge alla persona, non al cyborg. E solo poco prima, con l'inutile tentativo di Joe di convincere Albert a venire via con loro dal pianeta-fortezza, ci è stato ricordato cosa significa per loro quel nome che li lega indissolubilmente alla loro natura umana.

Poi, per mem più della scena finale del film, in cui lui sembra quasi dirle «Sai cosa? Visto che devo passare di là, quasi quasi ti accompagno in Francia.», conta quell'ultimo sguardo che si scambiano all'interno dell'Ismel, appena ritornato in vista della terra. Il modo in cui Joe la guarda e quello in cui sussurra il suo nome con quel poco di forza che gli è rimasta.

Come spesso accade in questa storia, nella storia di Joe e Françoise, nella serie TV, nel film, come nel manga, in quello scambio di sguardi e nel modo in cui Joe dice il suo nome, sono racchiusi più di mille parole e immensi significati.

E' questo che dovete cercare in questo rapporto. Nella serie TV, nel film, così come nel manga che in questi mesi vi ritroverete fra le mani e avrete finalmente la possibilità di leggere.

Manga dove avrete modo di leggere episodi magari più incentrati su di loro, e dove i loro sentimenti sono meglio approfonditi. Ma anche negli episodi che non trattano necessariamente del loro rapporto avrete modo di trovare qualcosa che lo riguarda e ce lo ricorda. Fosse solo un gesto, uno sguardo, uno scambio di battute apparentemente insignificante. Niente di evidente.... per chi non lo sa trovare

E' molto facile (e banale) raccontare una storia d'amore parlando di baci, abbracci, amplessi, romantiche passeggiate sulla spiaggia o al chiaro di luna o sguardi puntati su un cielo stellato.

E' molto più difficile farlo attraverso sguardi, attimi, situazioni e gesti come quelli di cui sopra, che il lettore o spettatore deve saper cogliere e inserire autonomamente nel quadro complessivo, fino a scoprire l'incredibile complicità che sussiste fra i due personaggi e che fa sì che ognuno dei due sappia che l'altro ci sarà sempre e che sull'altro potrà sempre contare, qualunque cosa accada.

E' la stessa enorme differenza che c'è tra l'amare una persona a parole, e dimostrare di amarla attraverso i fatti. L'una è una cosa estremamente facile. L'altra richiede molto più impegno e fiducia vera nei propri sentimenti.

Ed è quest'ultimo aspetto che dà l'essenza di una storia d'amore. Molto più di parole che, per quanto belle, senza dei fatti a comprovarle, rimangono nient'altro che parole.

Mi sembra utile, e forse doveroso concludere facendo un raffronto con l'eroina del balletto che Françoise sogna di interpretare, ovvero Giselle (episodio #34 - La campana dell'amore suonerà domani), protagonista dell'omonimo balletto di Théofile Gautier. E' interessante fare quest'appunto perché tra Giselle e Françoise si notano effettivamente parecchie affinità e caratteristiche in comune. La trama di "Giselle", molto sinteticamente, è la seguente: Giselle è una contadina innamorata, ricambiata, di Albrecht. Quest'ultimo è un nobile, ma Giselle è ignara di questo come è ignara del fatto che Albrecht abbia già una promessa sposa. Scoperto l'inganno, Giselle impazzisce e si toglie la vita. Le Villi, gli spiriti delle fidanzate morte prima di convolare a nozze, la accolgono nella loro comunità. Esse usano vendicarsi degli uomini che hanno fatto loro del male uccidendoli facendoli danzare fino alla morte. Albrecht, giunto alla tomba d Giselle per invocare il suo perdono, andrebbe incontro a questa fine orrenda. Ma è la stessa Giselle, ancora perdutamente innamorata di Albrecht, a dargli la forza di farlo danzare fino all'alba, momento in cui le Villi si dileguano, salvandogli perciò la vita.

Da queste poche righe si può facilmente notare come Françoise abbia effettivamente molti tratti in comune con Giselle: l'essere amata ma spesso "ingannata" dall'uomo che ama; l'essere disposta a perdonarlo sempre e comunque, forte di un amore veramente ostinato e inossidabile; l'essere, in fondo, quella che dà la forza all'uomo che ama di salvarsi, quando non è lei stessa a salvarlo (episodio #37 - Fuga dalla giungla). Ringrazio Pia per avermi fatto notare questa mia lacuna in questa breve trattazione. 

 



 

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Armi di pace

 

Il manga di Cyborg 009 si apre con una pagina (che vedete qui a destra) a sfondo completamente nero nella quale è raffigurata la caduta di una bomba. L’angolo di ripresa è dall’alto, come se il punto di vista fosse quello di uno che se la vede cadere in testa. Le cinque bombe (che in realtà sono sempre la stessa) ne scandiscono la caduta. Non c'è una parola, nessun orpello grafico. La nostra attenzione è attirata e puntata solo su quell’oggetto terrificante, contornato da un alone bianco, come se ci fosse una qualche lampada a illuminarlo. Nella pagina iniziale del più famoso manga di Shotaro Ishinomori si vede "solo" questo: una bomba che cade.

Era il 1964 quando il manga vide la luce. La guerra, la II Guerra Mondiale, era finita da meno di vent’anni e in Giappone aveva lasciato ferite profonde. Due su tutte saranno destinate a provocare eterno dolore e sgomento non solo in Giappone, ma in tutto il mondo, terribilmente shockato: il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica veniva lanciata sulla città di Hiroshima; tre giorni dopo, il 9 agosto, la stessa sorte toccava alla città di Nagasaki; il 2 settembre 1945 il Giappone firmava la resa con gli Stati Uniti. Nel giro di appena tre giorni, le due bombe atomiche causarono, tra feriti e dispersi, più di 200.000 vittime. Senza contare quelli che furono contaminati dalle radiazioni nucleari a cui furono esposti.

E’ proprio di questo che ci parla Ishinomori nella scena successiva, che rappresenta un campo di battaglia colorato in chiaro. Non tanto nelle immagini quanto nelle prime parole in un angolo della terza pagina. Ci parla della fine della II Guerra Mondiale, di Hiroshima, di Nagasaki e del pericolo di una III Guerra Mondiale con gli inizi dell’era atomica.

Poi comincia, pagina dopo pagina, a raccontarci una storia che comincia in un anno imprecisato degli anni Sessanta, in un paese da sempre neutrale qual è la Svizzera. Comincia a parlarci di nove, anzi, dieci personaggi, nove dei quali trasformati in cyborgs. Questi personaggi li va a pescare in ogni angolo del mondo e non certo facendo girare il mappamondo e puntando il dito a caso.

Il protagonista e la sua biografia sono già tutto un programma. Egli è il frutto di una relazione tra una donna giapponese e un uomo (probabilmente) americano. Il suo stesso nome è lì a ricordarglielo ogni santo giorno della sua vita: Joe (un nome che proprio più americano e straniero non si può) Shimamura (“isola” e “villaggio”). E’ nato più o meno vent’anni (diciotto per l’esattezza) prima che la storia di cui parla il manga abbia inizio. E guarda caso, più o meno venti anni prima, Stati Uniti e Giappone, le sue due metà, si odiavano a morte e combattevano l’uno contro l’altro per il controllo del Pacifico. Pensiamo un po’ a quale deve essere stata l’infanzia di Joe, cresciuto in un orfanotrofio, probabilmente sbeffeggiato e odiato dai suoi compagni (di cui molti quasi sicuramente orfani di guerra), accusato magari di misfatti che lui non aveva commesso, isolato dagli altri e malvisto sempre e solo per quella metà di lui che apparteneva al nemico causa di tanti dolori e umiliazioni. Non è difficile adesso capire perché Joe non sia affatto fiero delle sue origini meticcie e che, anzi, queste creino in lui un forte senso di disagio.

Prendiamo ora tutto il gruppo che comprende, nell’ordine da 001 a 009: un russo (Ivan Whyskey, che pur essendo un bambino ha il cervello di un adulto), un americano (Jet Link), una francese (Françoise Arnoud), un tedesco (Albert Heinrich), un nativo americano (Geronimo), un cinese (Chang), un inglese (Great Britain), un keniano (Punma), un giapponese (per metà americano, cioè Joe Shimamura).

Di questi, alcuni la II Guerra Mondiale non l’hanno vissuta direttamente sulla loro pelle, o al massimo ne sono stati appena sfiorati. Parlo di Jet, di Françoise e di Joe. Questo non toglie che, se si eccettua Jet che viveva a New York, sia Françoise sia Joe abbiano passato i loro primi anni di vita in un paese in “via di ricostruzione” per i danni causati dalla guerra. Albert nel 1938 era forse appena nato o al massimo aveva pochi anni, ma la guerra l’ha vista e nella guerra e nella fase calante del nazismo ha passato la sua infanzia. Great Britain poteva avere forse 15-18 anni quando la guerra iniziò ed è forse l’unico che l’ha vissuta in pieno. Non dimentichiamo il dottor Gilmour, che la guerra l’ha sicuramente vissuta in prima persona. E qualcuno mi ha suggerito che il suo nome, Isaac, richiami non solo il nome del grande Isaac Newton, ma anche le presunte origini ebraiche di Gilmour. Ma è una supposizione che per ora non posso confermare.

Questo solo per parlare dell’evento che, come europei, ci ha toccato maggiormente. Nella II Guerra Mondiale abbiamo visto Tedeschi e Giapponesi da una parte e Francesi e Inglesi forzatamente insieme dall’altra (tanto che dovevano fare i volantini di propaganda per far capire alla gente che dovevano allearsi per forza contro la Germania), con Russi e Americani.

Uscendo dall’ambito della II Guerra Mondiale, nel corso della storia, abbiamo visto come Russi e Americani si siano “amati alla follia” (la guerra fredda cominciava proprio in quegli anni Sessanta), con le bombe puntate le une contro le altre a far prendere paura al mondo e a dividerlo; come gli stessi Russi non abbiano mai avuto ottimi rapporti né con il Giappone (Guerra russo-giapponese del 1904-1905, tanto per fare un esempio) né con la Cina sua confinante (nel 1960, quattro anni prima dell'inizio della pubblicazione del manga, i tecnici sovietici sono ritirati dalla Cina in seguito al rifiuto di quest'ultima della tesi della coesistenza pacifica. E' un periodo di gravi tensioni fra URSS e Cina, che in seguito a ciò subirà anche una grave crisi economica); Cinesi e Giapponesi non parliamone proprio (basti dire della guerra cino-giapponese durata dal 1937 al 1945, per rimanere nell'ambito più recente. Ma si sa che i due popoli non si sono mai voluti troppo bene); i Cinesi hanno poi avuto screzi con gli Inglesi (Guerra dell'oppio del 1840-1842) e coi Francesi (Guerra franco-cinese per il Tonchino del 1884-1885); i Keniani hanno fatto una guerra perché gli Inglesi riconoscessero loro l’indipendenza; e poi, a noi Europei, diciamoci la verità, non è mai andato molto giù che gli Americani abbiano preteso, spesso e volentieri, di comandare in casa nostra, anche se questo è potuto accadere anche e soprattutto a causa di errori nostri. Mettiamoci pure l’astio che c’è sempre stato tra bianchi Americani e nativi Americani. Mettiamoci anche il fatto che i membri di questo gruppo appartengono a tutte le razze possibili e immaginabili (troviamo cinque bianchi, due gialli, un pellerossa, un nero).

Una miscela che definire esplosiva mi sembra veramente poco. E’ come mettere taniche di benzina e tizzoni ardenti l’uno accanto all’altro.

Ma Ishinomori riesce a farli convivere, riesce a farne un gruppo di amici, una vera e propria famiglia in cui ognuno aiuta l’altro senza distinzioni culturali, di razza o nazioni. Il semplice fatto di condividere il loro essere cyborgs ai loro occhi li rende più uguali di quanto dicano le loro differenze etniche. Il fatto stesso di essere discriminati per il loro essere cyborgs fa loro comprendere quanto sia stupida ogni discriminazione.

Ma ci sono anche altri elementi che fanno della pace uno dei temi costanti di questo manga. I cyborgs combattono contro un’organizzazione che non solo li ha trasformati in cyborgs, ma che fonda la sua stessa esistenza sul far scoppiare guerre a ripetizione, in modo da poter vendere armi e guadagnare soldi grazie a questo traffico.

I cyborgs sono per la pace ma senza essere passivi. Lottano per essa, perché per fare una pace spesso e volentieri, purtroppo, bisogna passare per la guerra. Lottano contro il Fantasma Nero che fa scoppiare guerre per il suo tornaconto. Lottano contro gli dei che considerano la scomparsa del genere umano l’unico modo di portare la pace sulla terra. Lottano perché le armi (essi stessi sono considerati e si considerano armi) non debbano più essere utilizzate per fini bellici. Lo scopo per cui sono stati trasformati in cyborgs è combattere. Il modo migliore di vendicarsi e affermare la propria "indipendenza" è fare in modo che nessuno debba più combattere. In un certo senso, anche questo io lo vedo come un negare se stessi come cyborgs. 

Quando alla fine del sesto volumetto 009 e 002 discendono nell’atmosfera terrestre provenienti dallo spazio e prendono le sembianze di una stella cadente, la donna che li vede dal suo balcone esprime come desiderio la fine di tutte le guerre. E, se non fosse stato per le innumerevoli lettere che chiedevano a Ishinomori di continuare, con questa vignetta si sarebbe dovuto concludere anche il manga, definitivamente. Cioè: il manga si sarebbe dovuto chiudere formulando il desiderio che tutte le guerre del mondo finiscano. 

 

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Dalla storia all'attualità... e oltre

 

Non può che colpire la vastità di temi trattati nel corso dell'opera. Veramente tanti per parlare di tutti. Ma possiamo ancora citare tematiche storiche non indifferenti: basti pensare ai continui richiami al nazismo, che si incarna soprattutto nei gesti e negli ideali dei nemici con cui i nostri eroi avranno a che fare di volta in volta. Anche in questo caso Ishinomori non rimane indifferente all'insegnamento tezukiano. 

Ishinomori dimostra inoltre un certo interesse per le mitologie nordiche e greche, rielaborandole e inserendole in un contesto fantascientifico dal vago sapore del mito. 

Da notare che Cyborg 009 è uno dei primi esempi di super-team nella storia dei manga e delle anime.

Cyborg 009 è tutto questo e ancora di più. Intendiamoci: non è stato Ishinomori il primo autore a affrontare tematiche come la discriminazione grazie a un manga che parlasse di personaggi a mezza strada tra uomo e macchina. Vedere la sezione Prima e dopo Cyborg 009 per credere. Ma il mangaka ha avuto comunque il merito, grazie a quest'opera, di canonizzare certi aspetti del cyborg. Se vogliamo ha standardizzato e definito il concetto stesso di "cyborg", che da allora non è più potuto prescindere dall'opera di Ishinomori.

 

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