Il
grano, 2/3 giorni prima della festa di Santa Lucia,
viene “annittatu” cioè
ripulito dalle impurità e lasciato in acqua
per rigonfiare "lu cocciu" e la stessa cosa viene fatta
con i ceci che simboleggiano gli occhi di Santa Lucia.
La notte
tra l’11 e il 12 dicembre, si prepara la “cuccìa”:
il grano, lasciato ad ammorbidire
viene, ora, cotto in pentola e per alcune ore: quando il chicco è ben cotto, si
spacca al centro formando l’occhio di Santa Lucia.
Le
nonne raccontano, che la cuccìa, già
cotta, durante la notte deve riposare “nti
la pignata di terra” e Santa
Lucia, secondo la tradizione lascerà la benedizione e la sua l’orma nella
cuccìa, formando un buco al centro del preparato.
La cuccìa
si serve in tavola dentro piccole ciotole dette “lattireddi”, con un
pizzico di sale o un po’ di zucchero: questa
viene chiamata la “cuccìa dei poveri”.
Una
variante consiste nell’aromatizzare con foglie di alloro, cannella e ricotta
fresca.
I più
golosi aggiungono cacao o cioccolato a pezzi o crema di ricotta, di latte o di
cioccolato.
Nelle
famiglie la cottura della cuccìa
rappresenta una devozione spirituale alla Santa e spesso la si cucina anche per grazia ricevuta.
Di solito la tradizione dice che una “lattiredda di cuccìa “si deve donare a conoscenti e vicini.