Nei pressi della città di Isernia nel 1978 sono venuti alla luce i resti
di un antichissimo accampamento dell'uomo preistorico datato circa 730.000
anni fa.
La datazione è garantita da due diversi metodi di indagine cronologica. Il primo, fisico-chimico (potassio-argon sui cristalli di sanidino contenuti nei tufi) ed il secondo paleomagnetico.
Fortunate circostanze hanno favorito la conservazione di un vasto abitato
dell'uomo vissuto nel territorio dell'odierna Isernia nell'era del Paleolitico. Infatti resti di caccia e di pasto, nonchè strumenti litici
di varie dimensioni, si contano a migliaia. Il giacimento è incluso in
una complessa serie stratigrafica che permette di ricostruire con
precisione il contesto paleogeografico.
Da un punto di vista paleontologico questo giacimento offre un'abbondanza
di reperti tale da permettere lo studio degli antichi animali che vivevano
in questa parte della penisola come i bisonti, i rinoceronti, gli orsi e
gli elefanti nonchè una serie di micromammiferi, fatto quest'ultimo nuovo
per uno studio faunistico così antico. Si sono travati inoltre specie
mai segnalate prima d'ora in una zona così meridionale dell'Europa.
Questo giacimento è inoltre una miniera di dati per la paleontologia umana;
esso infatti consente di aumentare considerevolmente le conoscenze relative
alla vita di un nostro antico progenitore, l'Homo Erectus.
La grande abbondanza degli strumenti litici permetterà, inoltre, analisi
di dettaglio su una industria di manufatti tra le più antiche.
Tutte queste ragioni fanno di Isernia - La Pineta un punto di riferimento
essenziale per lo studio del Quaternario dell'intero bacino mediterraneo.
Durante la prima campagna di scavo, svoltasi nella primavera-estate del 1979,
si intervenne in due distinti settori, posti rispettivamente a nord-est
ed a sud-ovest del rilevato ferroviario attiguo all'area del rinvenimento.
Il primo livello del paleosuolo
Lo scavo del primo settore venne aperto in corrispondenza di grandi ossa
(una zanna di elefante, un palato di rinoceronte ed altre) e di alcuni
strumenti in pietra affioranti nella parete del taglio prodotto dalle ruspe
nello scavo della superstrada tangente Isernia. Venne così messo in luce,
per circa 50 mq., un suolo d'abitato estremamente ricco di materiali,
disseminato di crani di bisonte, mandibole di rinoceronte, zanne d'elefante,
associati a grandi blocchi di travertino e manufatti in selce ed in calcare.
La particolare posizione di questi blocchi di pietra, collocati in circolo quasi a delimitare una zona particolare di quel sito (vedere il rilievo in basso), hanno fatto supporre che quell'area fosse stata limitata intenzionalmente dagli uomini che stanziavano in quella zona. Si è parlato di un'area riparata dove venissero disossati gli animali uccisi durante la caccia e si è azzardato che potesse essere anche una primordiale area sacra.
Uno dei fatti più appassionanti dello scavo è stato il ritrovamento di
terra con resti chiaramente attribuibili ad un fuoco. L'intenzionalità di
questo fuoco è ancora allo studio dei paleontologi.
Sono state trovate anche tracce di colorante rosso su alcune pietre
(laccatura rosso ocra) che, se confermato, risulta essere tra le prime
testimonianze dell'uso di sostanze coloranti da parte dell'uomo.
Negli anni successivi, gli scavi si sono concentrati su questo settore allo
scopo di delimitare l'area con una così alta concentrazione di materiali
e per raccogliere dati sufficienti alla sua interpretazione.
Secondo i sondaggi effettuati ed i relativi dati raccolti, i resti
preistorici sono distribuiti su di un'area di circa 20.000 mq.
travertino
ciottoli
resti ossei
manufatti in calcare
manufatti in selce
laccatura rosso ocra
zone a disturbo tettonico
Rilievo di G. Giusberti, A. Guerreschi e C. Peretto del suolo abitato
(1° Livello). Verso S/W si nota un aumento della concentrazione dei reperti.
In questa foto si evidenzia lo scavo effettuato
dei due livelli del Paleosuolo.