La nostra ricerca e la nostra azione sono guidate da alcuni principi fondamentali e fondanti che cerchiamo qui di richiamare sinteticamente, ben consapevoli dei rischi che si corrono, quando si stila un semplice elenco, di essere poco comprensibili e, quindi, soggetti a non corrette interpretazioni. Speriamo che le attività che abbiamo prodotto riescano a dare il significato che noi attribuiamo al seguente elenco.

a)     È nostra ferma e profonda convinzione che ogni ambiente di apprendimento – insegnamento, a qualunque livello scolare, debba prestare attenzione non solo agli aspetti cognitivi, ma anche a quelli emozionali – affettivi e legati all’interazione sociale.  Tale convinzione è suggerita sia dalle recenti ricerche delle neuroscienze, che portano argomenti a conferma della tesi che il sistema limbico influenzi profondamente e sistematicamente i processi cognitivi, sia dalle ricerche in didattica della matematica, che parlano della classe come di una comunità di ricerca dove le interazioni sociali tra pari e tra insegnanti e studenti influenzano profondamente e sistematicamente l’evoluzione dei processi di insegnamento – apprendimento. Noi siamo profondamente convinti che la scuola debba contribuire a formare persone complete, non solo sotto gli aspetti cognitivi, ma anche quelli legati alla sfera relazionale, emotiva ed affettiva. Riteniamo, in altri termini, che le attività di insegnamento - apprendimento non possano non farsi carico anche dei problemi che uno studente incontra nel collaborare e nel cooperare nei gruppi di lavoro o dei problemi che incontra nell'accettare e nel valutare successi e insuccessi. Insomma, uno studente che attribuisce le colpe dei propri insuccessi a cause non controllabili è un problema didattico almeno della stessa importanza e  dignità di quello determinato dall'incapacità dello studente a fare calcoli o a esprimersi correttamente nella propria lingua. D’altra parte se la scuola deve aiutare a formare persone e cittadini, non si può non convenire che una persona o un cittadino che abbia fatto esperienze significative e serene a scuola potrà portare questo bagaglio di serietà e serenità nella propria professione e ciò non dovrebbe fare male al mondo!

b)     In una prospettiva vigotskiana viene data molta importanza non solo all'interazione sociale in classe, ma anche al ruolo di mediazione semiotica giocato dagli strumenti nel processo di costruzione di conoscenza. Ciò non vuol in alcun modo dire, come spesso si travisa, che la classe deve diventare unicamente un luogo di socializzazione. Il fatto è che la costruzione del sapere è un'attività sociale, in quanto comporta interazioni fra individui e un sapere istituzionale che è un prodotto della società. Sotto questo aspetto il ruolo degli strumenti diventa essenziale, in quanto ogni strumento mette a disposizione risorse basate su una conoscenza che viene quindi a contatto, più o meno direttamente, con un utente. Per esempio, una calcolatrice tascabile mette a disposizione risorse che sono fondate su parti dell'aritmetica; la riga e il compasso o un software di geometria dinamica mettono a disposizione risorse che si fondano sulla geometria; un software di manipolazione simbolica mette a disposizione risorse proprie di parti dell'algebra e dell'analisi. Lo studente che usa una calcolatrice, la riga e il compasso, un software di geometria dinamica o un manipolatore simbolico entra inevitabilmente a contatto con il sapere istituzionale legato all’aritmetica, all’algebra, alla geometria, all’analisi; se guidato da un esperto consapevole del ruolo giocato dallo strumento, può acquisire conoscenza utilizzando lo strumento stesso. Si tratta di un tipo di apprendimento che è fondamentalmente differente da quello ricostruttivo – simbolico che avviene attraverso la lettura di un manuale. In questo caso, se l'esperto ha avuto cura di costruire un ambiente di apprendimento fondato sull'uso dello strumento, lo studente può compiere vere e proprie esperienze in questo ambiente di apprendimento e imparare per tentativi ed errori. Gli psicologi chiamano questo tipo di apprendimento "percettivo - motorio"; si tratta di una modalità molto meno faticosa rispetto all'apprendimento ricostruttivo – simbolico e, al tempo stesso, più redditizia, nel senso che permane nel tempo e ha meno bisogno di continui rinforzi. Inoltre è una modalità di apprendimento che è fortemente legata alla natura umana: è il modo naturale di apprendere più naturale dell'essere umano. Ciò, ovviamente, non vuol dire che non si possa guidare lo studente ad approcci all’apprendimento anche di tipo costruttivo – simbolico, ma bisogna essere consapevoli che questi tipi di approccio non sono naturali e richiedono pazienza e lungo lavoro per avere davvero successo: a meno che non ci si accontenti di una simulazione di comprensione da parte degli studenti.

c)      Attribuiamo molta importanza, in una prospettiva costruttivista dell'apprendimento, alla costruzione sociale del sapere in classe. Non si tratta in alcun modo di una prospettiva costruttivista da intendersi in senso radicale. È nostra profonda convinzione che l'esperto giochi un ruolo fondamentale e che non sia possibile far ripercorrere allo studente tutta la storia di una determinata disciplina o di un certo campo del sapere. È necessario tenere presente che esistono artefatti culturali di cui l'esperto può disporre per razionalizzare il percorso di apprendimento dello studente. Insomma, si impara anche per imitazione dell'esperto e si impara soprattutto in ambienti di apprendimento costruiti dagli esperti per ottimizzare i percorsi di conoscenza. La nostra idea di ambiente di apprendimento ideale è quella dell'apprendistato cognitivo della bottega rinascimentale, dove gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, imitati dai compagni e imitando compagni e maestro. L'ambiente della bottega rinascimentale non è facilmente riproducibile a scuola: nella bottega i tempi dell'apprendimento erano lunghi, non compressi da orari rigidi. Nella bottega non vi era un vero e proprio programma, ma solo obiettivi da conseguire. Nella bottega non c'erano verifiche formali, perché il maestro otteneva informazioni sul processo di apprendimento degli studenti vedendoli lavorare, in situazione.  Insomma, l'ambiente rigido dell'attuale scuola, scandito da orari, programmi, verifiche, quando non anche lezioni frontali con poca partecipazione degli studenti, non è sicuramente il più adeguato a favorire motivazioni e apprendimento.  L'autonomia scolastica, se intesa con coraggio, potrebbe aiutare non poco a creare un ambiente simile a quello della bottega rinascimentale. Alcune azioni sono necessarie e non costano molta fatica, ma solo coraggio. Innanzitutto rinunciare alla lezione frontale come principale strumento di comunicazione tra insegnante e studenti: la lezione frontale dovrebbe costituire una percentuale minima (non superiore al 10%) dell'azione didattica. In secondo luogo, gli studenti dovrebbero essere messi in condizione di poter comunicare durante le attività didattiche. Ciò vuol dire che la classe dovrebbe essere disposta in modo tale da favorire comunicazione fra gli studenti: per esempio, si potrebbero costruire delle piccole isole di tre o quattro banchi nelle quali gli studenti potrebbero lavorare in piccoli gruppi (3 - 4 studenti per gruppo), avendo, però, la possibilità di alzarsi, di tanto in tanto, per comunicare con gli altri gruppi.  I momenti di condivisione collettiva del sapere e delle attività svolte dovrebbero essere orchestrati dall'insegnante in discussioni collettive in cui possano essere confrontate le diverse voci degli studenti. Il ruolo dell'insegnante in queste discussioni è particolarmente delicato, perché non può limitarsi a mettere a confronto le diverse voci degli studenti, ma deve riuscire a fare da eco (magari utilizzando anche le voci del sapere istituzionale o le voci della storia di una disciplina o di un certo campo del sapere) a quelle voci che risultano più adeguate a favorire processi di acquisizione di conoscenza. Didattica del confronto, della discussione, gioco voci - eco, sono costrutti teorici del gruppo di ricerca in educazione matematica dell'università di Genova coordinato da Paolo Boero, al quale abbiamo fatto costante riferimento nella progettazione, nella realizzazione e nella sperimentazione del nostro progetto. Come già detto, nella bottega rinascimentale, non erano necessarie prove di verifica per valutare i progressi degli apprendisti, perché tali progressi erano valutati proprio attraverso l'osservazione del lavoro in situazione. Certo, è bene precisarlo, un atteggiamento di questo tipo vuol dire superare una volta per tutte la convinzione che le prove di verifica oggettive siano preferibili a quelle soggettive. Si tratta di prove di verifica che hanno funzioni profondamente differenti. Quelle oggettive, per la loro stessa natura e funzione, devono minimizzare il ruolo di chi valuta nell'assegnazione del punteggio. Devono quindi essere strutturate, a risposta chiusa; per tale motivo sono poco adatte a valutare competenze di alto livello tassonomico, mentre sono utilissime per effettuare confronti a larga scala, anche di realtà diverse, su possesso di conoscenze e abilità specifiche di basso livello tassonomico. Se, invece, si vogliono valutare competenze di elevato livello tassonomico, allora non è sufficiente valutare prodotti, ma è necessario osservare i processi: è necessario osservare gli studenti mentre discutono strategie risolutive, mentre confrontano opinioni, mentre argomentano, mentre sbagliano e controllano i proprio errori o verificano o giustificano una soluzione. La valutazione, in questo caso, non può che essere soggettiva, lasciata alla completa responsabilità e professionalità del docente. Relativamente a questo aspetto assumono estrema importanza la comunicazione non verbale delle conoscenze e delle esperienze. Il comportamento non verbale (gesti, mimiche facciali, linguaggio del corpo) è centrale nell’espressione e nella comunicazione quotidiana. Perché non dovrebbe esserlo anche nelle ore di matematica? Bambini e giovani imparano a comunicare con i gesti prima di imparare a parlare e questa forma di comunicazione continua nell’età adulta, dove viene spesso utilizzata un’ampia gamma di gesti e gestualità per aiutare o rimpiazzare il linguaggio. Altre modifiche importanti, anche se non necessarie, per la realizzazione della bottega rinascimentale sono più difficilmente realizzabili nella scuola attuale, anche perché non dipendono dalla volontà del singolo insegnante: per esempio la rigida strutturazione degli orari e dei programmi (ma su questo fronte qualcosa si può fare nella scuola dell'autonomia); oppure la possibilità di disporre di strutture efficienti, di laboratori attrezzati, di spazi ampi e adatti ai lavori di gruppo.

d)     Riteniamo che si debba prestare minore attenzione agli aspetti sintattici e maggiore attenzione agli aspetti semantici. La scuola italiana è stata caratterizzata per anni, al di là delle buone intenzioni, dalla frammentazione del sapere in materie, da un'elevata selezione e dall'addestramento a regole sintattiche e formali di dubbio significato per gli studenti. Si trattava di tre aspetti che si rinforzavano a vicenda e che erano sostenibili essenzialmente per tre motivi: semplificavano notevolmente il ruolo e le funzioni del docente; il proseguimento negli studi era garanzia di affermazione sociale; forme di apprendimento percettivo - motorio non erano facilmente realizzabili senza le nuove tecnologie oggi disponibili. La seconda e la terza di queste condizioni non sono oggi così scontate e ciò ha causato una profonda crisi nel sistema scolastico, mettendo in crisi il ruolo e le funzioni tradizionali dell'insegnante. Oggi non ha più senso addestrare all'uso di certe regole come sorta di esercizio spirituale per iniziati: oggi vi è una crisi di vocazioni allo studio che, se non viene arginata trovando altre forme di motivazione allo studio che non siano quelle della garanzia di affermazione sociale, porterà brevemente allo svuotamento di significato della funzione sociale  e pubblica della scuola. Ecco perché, quindi, è necessaria una maggiore attenzione agli aspetti semantici, alla costruzione dei significato degli oggetti di studio, alla loro costante applicazione nella vita quotidiana, come strumenti di interpretazione della realtà politica, sociale, economica.

e)     Riteniamo che si debba prestare particolare attenzione alle conoscenze che gli studenti hanno e alla loro organizzazione. Pensiamo, infatti, che ogni attività didattica debba fare il conto con i sensi personali degli studenti, ossia con le idee, le immagini, le convinzioni, le preconcezioni che gli studenti si sono costruiti nella precedente esperienza scolastica ed extrascolastica. L'azione dell'insegnante è quella di costruire ambienti di apprendimento adeguati a portare gli studenti dai loro sensi personali, verso i significati istituzionali prefissati (e scelti grazie a una analisi storico – epistemologica e didattica del sapere in gioco). Assume allora particolare importanza, per costruire ambienti di apprendimento adeguati, un'analisi del sapere istituzionale e strumenti di indagine dei sensi personali egli studenti intorno agli oggetti di studio, che consentano di gestire le inevitabili discontinuità che caratterizzano ogni serio processo di apprendimento.

f)        Riteniamo che la presenza, sempre più consistente con il passar del tempo, di ambienti multiculturali a scuola renda necessario la costruzione di ambienti di insegnamento – apprendimento attenti alle diverse esigenze culturali, curiosi delle cosiddette diversità e capaci di garantire l’esercizio di una razionalità volta all’integrazione delle diverse culture, che può realizzarsi solo con l’individuazione e l’esercizio di un modello di razionalità più flessibile che abbia il coraggio di mettere in serena discussione il modello che oggi domina indiscusso in Occidente e che si identifica nella razionalità scientifica. Ovviamente si tratta di agire con la massima cautela, per non dare adito a tendenze irrazionalistiche e relativistiche che potrebbero rivelarsi ancora più pericolose dell’imposizione acritica di un modello di razionalità. A questo proposito, un buon modo di operare potrebbe essere quello di progettare e realizzare attività volte a favorire l’esplorazione, l’osservazione e la descrizione di ambienti, con la produzione di congetture e la loro successiva validazione, allo scopo di costruire piccole teorie locali nelle quali si possa spiegare il perché dei fatti osservati. Il valore di queste teorie dovrebbe essere determinato dalla loro capacità esplicativa, più che dal loro livello di adeguatezza ai canoni della razionalità scientifica.  

Questi principi hanno alcune inevitabili conseguenze nella ricerca – azione: per esempio richiedono profonde innovazioni nella didattica della matematica, sia nelle modalità di progettazione e realizzazione di ambienti di insegnamento – apprendimento, sia nelle modalità di valutazione dei comportamenti degli studenti. Ciò richiede una riflessione profonda a livello storico – epistemologico e cognitivo, che non abbia timore di rimettere in discussione, senza inutili, sterili e arroganti polemiche, la prassi didattica che usualmente regna nelle classi, in particolare in quelle di scuola secondaria.

Il nostro lavoro di progettazione di attività didattiche, nell’ispirarsi ai principi fondamentali di cui si è detto, si è concentrato su quella che gli anglosassoni chiamano “The Mathematics of Change”, ossia l’acquisizione di tecniche e conoscenze utili a descrivere, rappresentare e studiare fenomeni che evolvono nel tempo, grandezze che variano in funzione di altre. Una tradizione dovuta a diverse ragioni, ha relegato, nel nostro Paese e non solo in esso, lo studio di grandezze che variano rispetto ad altre agli ultimi anni della scuola secondaria. Le conseguenze sono state profonde, perché hanno escluso dalla cultura matematica di molte persone conoscenze e tecniche di importanza strategica nella vita e nel lavoro di una società in profonda evoluzione come la nostra. I problemi che coinvolgono tassi di crescita, descrizione di fenomeni evolutivi, approssimazioni di grandezze, individuazione di eventuali punti di stabilità in situazioni della vita reale che riguardano l’economia, il movimento, la dinamica delle popolazioni sono di importanza tale che non è accettabile che solo una piccola parte degli studenti che si iscrivono alla scuola primaria le affronti in modo serio nel corso dei suoi studi.  Ispirandoci a progetti come il SimCalc di Kaput e Nemirowski, ci proponiamo di costruire prima semplici attività e poi (con il passare del tempo e, si spera, con l’aiuto critico e costruttivo di altri colleghi) veri e propri ambienti di insegnamento – apprendimento tesi al conseguimento di una vera e propria cultura della “Mathematics of Change”. Riportiamo qui di seguito gli scopi del SimCalc Project, che condividiamo pienamente:

“The aim of this project is to investigate new approaches to nurture and cultivate the mathematical imagination of all students. Mathematics as a science to imagine-with is not incompatible with memorizing the multiplication tables, number facts, or shortcuts to operate fractions, but it changes what these memories are part of. It is about imagining space and time: shapes, patterns, or trajectories; it is about envisioning how things could be; it is about discriminating the finite and infinite, the discrete from the continuous, and the possible from the impossible. The main conjecture of this is that cultivating mathematical imagination is deeply related to enriching bodily action/perception. The proposed research intends to investigate this thesis through a series of studies with high school students and pre-service teachers”

 

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