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W R I T I N G S : ESSAYS
 

"Telemaco", synopsis and aestethics


 
 
 

"NOSTOI I : TELEMACO" (1992), aestethics



Le monarchie




Fine a qualche decennio fa si indicavano alcune epoche abbastanza precise che dovevano aver visto i palazzi micenei, e prima quelli minoici, crollare per violente e ripetute scosse telluriche. A questi cataclismi veniva dato un ruolo variabile, a seconda delle concause, nel declino della cultura palaziale. Si parlava in alcuni casi di un semplice colpo di grazia ad una struttura politica resa precaria da influenze esterne, tanto che alcuni studiosi trascurarono di considerare le cause naturali, per riagganciarsi ad esempio alla triste fama degli invasori del nord.
In entrambi i casi possiamo affermare che i "greci" della guerra di Troia non erano ancora stati coinvolti da fenomeni di tale portata da giustificare la fine della cultura palaziale. E da un lato i fenomeni succitati furono o graduali o accessori, al punto che alcune zone non saranno affatto coinvolte. Dall'altro le date tradizionali di alcuni cataclismi, e della stessa invasione dorica, sono di quasi un secolo successive la conclusione della guerra di Troia.
Io trovo dunque più pertinente considerare il mondo dei cicli troiani come caratterizzato sostanzialmente dalla cultura palaziale, un'interazione tra la volontà di autonomia e di particolarismo dei singoli monarchi, ed invece il "corporativismo" generatosi dalla condizione di "pari" che ogni monarca riconosce agli altri.
Il fatto che questi monarchi fossero un numero ben definito non è forse dovuto solo ad esigenze di narrazione, e ci riferiamo ad esempio all'Iliade, ma denota verosimilmente una quantificazione dello "status" di monarca.
Inoltre come vedremo, gli abitanti della penisola ellenica si concentravano in pochi e grossi centri, per cui era assai difficile l'imporsi di neo-monarchie.



Le città ed i palazzi

L'epoca che segna la conclusione della civiltà micenea è fortemente centralizzata. La vita non si esaurisce all'interno delle mura, o nei fondi nelle immediate circostanze, ma è anche vero che le piccole comunità si distinguono poco dal punto di vista culturale. Vi sono certo dei motivi antropologici che caratterizzane gli spostamenti delle genti verso i grossi centri urbani. Nondimeno in questo periodo la tendenza è più marcata, o, forse, altre epoche hanno concesso di più alla tendenza al decentramento.
Io penso che lo splendore dei palazzi micenei abbia potuto concretizzarsi solo in virtù di questo accentramento di uomini, e dunque di talenti, in spazi limitati.
La città è dunque totalmente a dimensione d'uomo, e al suo interno sono soddisfatti i bisogni della comunità. I contatti tra città sono probabilmente dovuti al commercio di prodotti pregiati ed ai rapporti politici.
Il viaggio, che invariabilmente connota l'incognito ed il pericolo, è reso difficoltoso non tanto da ostacoli oggettivi (come, poniamo, il deserto o il mare), ma piuttosto da questa peculiare urbanizzazione del territorio, che trascura le zone al di fuori dalle mura cittadine.
I palazzi sono architettonicamente assai raffinati, costruiti su più piani pur mantenendo una certa omogeneità tra i diversi locali, e soprattutto progettati in modo da rendere possibili molti percorsi diversi tra due stessi punti. Ogni locale è affrescato secondo motivi ornamentali, anche con scene del mondo vegetale, animale, o con rappresentazioni di sport e mestieri. Le statue, le suppellettili, gli oggetti di uso quotidiano, sono subordinati alla funzione dei locali, ma, dove si addice, sono in gran numero e di materiali preziosi. Alcuni di questi locali sono vasti, ricchi di mobilia, e sono destinati ai convivi. In essi si mangia, ma anche si trascorre il tempo dialogando od ascoltando musiche e gesta epiche.

I quartieri urbani delle città hanno abitazioni di qualità abbastanza omogenea, anche se non comparabili ai palazzi dei monarchi (ovviamente) ed alcuni luoghi sono destinati a funzioni sociali, come nel caso dei santuari agli dei, o delle strutture commerciali. Le vaste mura non rendono difficile l'accesso, e dove esiste un porto, esso appare come la via privilegiata, con ricercate soluzioni architettoniche che permettono sia l'intenso traffico sia la difesa totale.



L'arte micenea

Il periodo miceneo viene considerato da storici e archeologi anteriore alle epoche "storiche", per il fatto che mancano documenti scritti risalenti a questa epoca.
La scrittura adottata nei palazzi micenei era mutata sostanzialmente da quella minoica. Ciò che ci rimane è una sorta di archivio di palazzo, di argomento commerciale. Nondimeno gli storici greci di epoche successive tentarono di ricostruire la storia greca sin dal principio del secondo millennio avanti Cristo.
Dal punto di vista antropologico è durante l'età micenea che ha inizio l'età del ferro, mentre quella del bronzo doveva gradualmente terminare anche nelle popolazioni circostanti.
Definiamo dunque quest'epoca come proto-storica, come ibrido tra la preistoria e la storia propriamente detta.
(L'arte micenea discende per molti versi dall'arte di Creta, e si possono distinguere, nelle produzioni locali, le influenze ed i caratteri originali)
Invece l'espressione artistica si è maggiormente conservata nelle pitture e nelle arti plastiche (è abbastanza plausibile che eventuali supporti cartacei delle arti letterarie siano andati distrutti), e la ricercatezza nell'espressione indica una tradizione più vasta di quello che possiamo ricostruire.
Si considera ad ogni modo la cultura micenea come il momento più alto di un periodo ben più vasto, e solo molto più tardi un nuovo ciclo artistico giungerà ad alte vette.

Le interpretazioni degli artisti moderni (scenografie cinematografiche, illustrazioni, ecc.) preferiscono esagerare i fasti dell'Egitto dei faraoni, della Roma Augustea, della Grecia classica, piuttosto che la civiltà micenea, presentata come un'epoca sostanzialmente "barbara".
Inquadrata però in una prospettiva ciclica di cui si faceva cenno, essa acquista nuova linfa e nuovo splendere.
La mia interpretazione si riallaccia al ruolo centralizzante che le città avevano dal punto di vista demografico. Lo splendore dei palazzi micenei è assolutamente straordinario rispetto agli standard dell'epoca. Cosi come nella nostra epoca la tecnologia costruisce le navi spaziali, concentrando gli sforzi, i capitali ed i talenti umani, attorno ad un progetto specifico.
I riferimenti per ricreare questa atmosfera stanno ovviamente nei musei e nelle riproduzioni fotografiche delle opere d'arte rimasteci. Io credo che la dimensione favolistica che ha assunto l'epoca del ciclo Troiano ci autorizzi largamente ad enfatizzare lo splendore delle regge micenee.
(N.B. : Il paragone con lo sviluppo tecnologico non corrisponde con la visione che io ho dello sviluppo artistico.)


[...]



Progetto "Nostoi" versione 1. 00

Si è già parlato in diversi casi, come nell'introduzione, dei molti motivi di interesse che riveste il ciclo troiano.
Nell'Odissea (che è il racconto di un ritorno, seguito a molte vicende, sfortunate o meno, di un eroe della guerra di Troia alla propria patria) si entra più volte nel tema dei ritorni degli Achei alle città d'origine, narrando la sorte toccata ad ognuno dei grandi eroi.
Questo topico, attorno al quale molta letteratura rimane, e molta è andata persa, prende la parola greca "nostos" ovvero ritorno (nostoi = ritorni), riferendosi precisamente alla guerra troiana.
I motivi che si intrecciane nei "nostoi" sono numerosi, alcuni molto distanti da altri - come il tema autonomo della sventura della famiglia degli Atridi - ma indiscutibilmente il sostantivo in questione implica un complemento (moto da luogo) che diventa tema portante e causa prima del carattere tragico dei destini che attendono i vincitori della guerra di Troia.
La critica letteraria sottolinea con certo radicalismo moderno che nell'Odissea, ma anche nell'Iliade, la guerra è deprecata non solo nella sua crudeltà, ma anche come azione empia, e dunque come fonte di profondo peccato.
Certo è che altrove si esalta il valore dei grandi combattenti e si trascura di valutare negativamente le scorrerie delle flotte Achee al ritorno dalla Troade.
Ma è forse nei "nostoi" che è più intimamente racchiusa la tragicità delle vite e delle morti di molti di questi eroi.

Questi "ritorni" nella stessa parola (quando indica in maniera specifica quei ritorni) connotano il lutto, la colpa, il peccato, la punizione (divina), nonché il travaglio, l'inaspettato, e in conclusione un senso, comune a tutti gli eroi - il senso della guerra - che sconfina e corrompe il particolare.

Quando in un primo momento avevo mostrato interesse per l'Elettra di Euripide, e quindi in generale per l'Orestea, avevo già vagliato la possibilità di lavorare su un ciclo tematico con, come denominatore comune, non necessariamente il tema troiano ma anche l'autore (poniamo Euripide) od altro.
Quindi l'incontro con la Telemachia, e per certi versi con la lettura (parziale per ora) di Joyce, e di qualche altra fonte.
Al momento, in breve, il progetto Nostoi comprende due racconti, il primo su Telemaco, l'altro su Oreste, con la possibilità di utilizzare le interpretazioni di autori diversi. In questo senso indiscutibilmente il nome Nostoi è un nome sbagliato, poiché i più prossimi protagonisti di un Nostos sono rispettivamente Odisseo ed Agamennone, qui coinvolti solo indirettamente. Nonostante ciò, anzi proprio per questo, è rispettato il motivo tragico che scaturisce da una guerra decennale.

 


 
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