NOTIZIE VARIE

 

18/01/2011      NUOVA AZIONE LEGALE DEL SINDACATO MEDICI ITALIANI

 

IMPORTANTE ED URGENTE!

 

GIÙ LE MANI DAI DIRITTI! GRAZIE ALL’IMPEGNO DELLO SMI SI RAFFORZA LA VERTENZA PER IL RICONOSCIMENTO ECONOMICO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER I MEDICI CHE SI SONO FORMATI DAL 1982 AL 1991

 

Sui diritti non si gioca! Grazie ad un’incessante attività sindacale e legale dello Smi, in questi mesi si fa sempre più forte la speranza di giustizia per tutti quei medici che ingiustamente non hanno avuto alcun compenso per gli anni di specializzazione dall’1982 al 1991. Mettiamo, però, da parte i proclami, le improbabili promesse e diciamolo pure, le dichiarazioni ad effetto di chi mette in risalto le sentenza favorevoli e si scorda, invece, di quelle negative, facendo così un pessimo servizio agli interessati e vanificando l’impegno di chi in questa decade ha fatto della difesa dei camici bianchi un obbligo morale e politico. 

Dopo le vittorie dinanzi al TAR ed al Consiglio di Stato che hanno consentito e diverse centinaia di medici di percepire l'adeguata remunerazione, anche nei Tribunali ordinari di primo grado, finalmente si fa strada un orientamento, seppur ancor minoritario, ma fortemente innovativo. Semplice ma dirompente: nessuna prescrizione può scattare fintanto che una direttiva comunitaria su una materia specifica non venga recepita integralmente nel nostro ordinamento.

Se si afferma questo principio lo Stato non può accampare alcune pretesa prescrittiva nei confronti del medico specializzato. Tutto ciò vale anche per quei professionisti che non hanno fatto niente sino ad oggi per partecipare a questa vertenza.

La Cassazione ha già riconosciuto la natura, in senso lato, contrattuale dell’obbligazione, facente carico allo Stato, di retribuire i medici per gli anni di specializzazione, quindi il termine di prescrizione, laddove ritenuto esistere, ha durata decennale, e non quinquennale, e decorre dalla data del conseguimento della specializzazione (altre pronunce lo fanno decorrere dalla data di attuazione della direttiva, agosto 1991).

Questo significa, che per poter far valere oggi le proprie richieste, il medico può utilizzare un atto di messa in mora fatto da questo sindacato a suo tempo, e via via rinnovato al fine di “mantenere vivo il diritto”.

Lo SMI dimostra così ancora una volta di essere in prima linea a fianco dei medici, con buone speranze di poter vincere definitivamente questa battaglia. Tutto il resto di cui si sente parlare in alcune pagine internet e con annunci sui giornali sono imitazioni, di cui diffidare.

Lo SMI ha, quindi, in corso una nuova azione, cui possono aderire anche coloro che in passato si sono già avvalsi dell'assistenza dello stesso. Per tutte queste ragioni invitiamo ogni iscritto dello Smi a farsi promotore di una campagna di informazione e contattare tutti quei colleghi che si trovano in questa situazione, invitandoli a chiamare la sede nazionale per ulteriori approfondimenti al fine della partecipazione all'iniziativa giudiziaria che sarà avviata entro il 28 febbraio 2011

 

Per la segreteria nazionale Smi

Tel: 06 / 44254168

Email: info@sindacatomedicitaliani.it

 

 

Azione medici specializzati negli anni 1982/1991

 

Abbiamo trovato per voi i seguenti riferimenti:

www.anaao.it - www.sindacatomedicitaliani.it e www.codacons.it

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ANAAO ASSOMED - Associazione Medici Dirigenti

“Specializzandi 1982-1991: la storia infinita”

La storia infinita dei ricorsi per il riconoscimento economico delle specializzazioni conseguite nel periodo 1983-1991, vive periodicamente nuove puntate a seguito della proposizione di nuovi ricorsi da parte di avvocati, cordate di avvocati e organizzazioni varie.

Questi soggetti, molto ben informati ed evidentemente in possesso dei riferimenti specifici dei potenziali interessati, da circa 20 anni adducono presunti fatti nuovi a sostegno dell'utilità di nuove iniziative legali.

Parimenti, da almeno tre legislature vengono depositati in Parlamento disegni di legge che affrontano la materia, alcuni dei quali prevedono il riconoscimento solo per quei soggetti che effettuano istanza giudiziale.
Peraltro nessuno di questi disegni di legge nelle passate legislature ha concluso l'iter parlamentare e sono invariabilmente decaduti.

Gli ultimi ddl presentati sono i seguenti:

n. ddl

data presentazione

firmatario

AC 883

8 maggio 2008

Consolo

AC 921

8 maggio 2008

Marinello - Fontana - Misuraca - Pagano

AC 1009

14 maggio 2008

Raisi - Bernini Bovicelli - Minasso

Giova ricordare che i ricorsi presentati in questi anni presso tutti gli organi giudicanti (Corte di Giustizia Europea, Tar, Tribunali) sono decine di migliaia, con grave esborso economico per spese legali da parte degli interessati e notevole impegno degli uffici giudiziari.

Molte, dunque, sono state le sentenze a volte anche contraddittorie, molte le questioni giurisdizionali dibattute (prescrizione, natura del diritto, natura autoesecutiva della norma, causa petendi, identificazione del soggetto inadempiente, sedi di giudizio, etc.).
Le stesse azioni promosse in passato dall'Anaao hanno avuto anch'esse esiti contrastanti.

In generale l'orientamento prevalente è stato quello di ritenere inesistente il diritto per intervenuta prescrizione dello stesso, in forza della relativa eccezione proposta in giudizio dall'Avvocatura dello Stato facendo dunque decorrere la possibilità di accedervi dall'entra in vigore della legge, nel 1991 (altre pronunce, addirittura, fanno maturare la prescrizione di anno in anno, durante lo svolgimento del rapporto).
In alcuni casi – come quello portato ad esempio da Consulcesi e Codacons - nella sentenza del TRIBUNALE DI ROMA n. 24828/2006, l'Avvocatura dello Stato non è comparsa in giudizio, non si è difesa, dunque non ha eccepito la prescrizione, con conseguente vittoria dei ricorrenti e relativo pagamento. Si tratta però di primi gradi di giudizio.

A onor del vero è necessario dire che solo in una recente pronuncia della Corte d'appello di Genova, si è sancito il  cd. principio dell'illecito permanente: in sostanza, la prescrizione in danno ai medici non sarebbe neppure a oggi iniziata a decorrere, in assenza di un adeguamento pieno e completo da parte dello Stato alla normativa comunitaria. Ragion per cui ogni medico, anche se non ha mai agito, può promuovere azioni a tutela del proprio diritto. E si deve aggiungere che è doveroso tenere in considerazione che si sta sviluppando un ulteriore orientamento  della giurisprudenza che individua la supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, "con pronunce che stabiliscono anche la rimozione di atti definitivi dell'amministrazione, se emanati in contrasto con la normativa comunitaria". Ma a tutt'oggi sono solo sporadici casi.

A questo punto riteniamo che la soluzione giudiziale sia sempre più lunga e complessa in quanto richiede comunque il superamento del problema della prescrizione, che verrà invocata dalla controparte, e della ricostruzione dell'impegno lavorativo a suo tempo effettuato, decorsi ormai almeno 17 anni dall'ultimo periodo effettuato.

Ne deriva un inevitabile allungamento dei tempi di giudizio, un conflitto di attribuzione di competenze tra organi giudicanti con rinvii tra un organo e l'altro (Tar e Tribunali).

Per questi motivi non proponiamo ulteriori iniziative legali e riteniamo che la soluzione del problema possa solo derivare da una volontà di Governo e Parlamento di porre fine alla vicenda con un provvedimento legislativo.

In tal senso l'Anaao Assomed ha inviato una richiesta di incontro a tutti i parlamentari che hanno sottoscritto disegni di legge in materia per valutare la reale volontà politica di addivenire alla soluzione del problema.

Il Segretario Nazionale

Carlo Lusenti

 

SMI - Sindacato Medici Italiani

“Importanti novità per sanare una ingiustizia nei confronti dei medici”

I motivi del ricorso

In tanti, in troppi, in questi giorni, si appropriano della battaglia per i medici specializzandi 82/91.

Per questa ragione è necessario avviare una operazione trasparenza, dire le cose come stanno. Chiarire le mezze verità troppe volte dette, , su una battaglia che è di tutela di un diritto, per la difesa di un principio e solo dopo una battaglia per “i soldi”. Lo SMI, come è noto, nasce dalla fusione di più sigle sindacali, tra le quali figura l’AISS, l’associazione di medici specialisti in formazione e specialisti, fondata in seguito alla battaglia (purtroppo vinta solo parzialmente) dei medici specializzandi per il riconoscimento del loro lavoro. Dell’AISS sono stato il segretario nazionale oltre che tra i soci fondatori, come adesso sono il vicesegretario nazionale dello SMI. Penso quindi di avere quantomeno diritto a spiegare la “nostra” versione dei fatti, e penso di essere qualificato a dare un “buon” consiglio anche per il futuro, forse più “giusto” e il più disinteressato.

Un di storia.

Tutta la nostra battaglia nasce contro una malsana convinzione di tutte le classi politiche che si sono succedute negli ultimi 15 anni: la formazione non deve costare, l’università non si tocca. Contro questo immobilismo tutto italico è per fortuna intervenuta la Comunità Europea, che ha dettato regole specifiche, anche al fine di uniformare le direttive presenti nei differenti paesi comunitari. La Comunità europea stabilisce già 15 anni fa che il medico specializzando che lavora nei reparti di cura (e non solo nelle università) deve percepire una “adeguata remunerazione”. La formazione è a tempo pieno con la possibilità del tempo ridotto. L’Italia si sarebbe dovuta adeguare a tale normativa come termine ultimo nel 1982. Non lo fa, viene condannata dalla commissione europea, ma preferisce pagare le multe previste, piuttosto che pagare soldi per i medici specializzandi: costa meno, si hanno degli schiavi ricattabili che possono rimanere ad esclusivo utilizzo delle università; inoltre, grazie alle tasse di iscrizioni universitarie, si percepiscono introiti. La deregulation è la più totale, vengono approvate dal CUN (consiglio Universitario nazionale) ben 148 tipi diversi di scuole di specializzazione (inutili, bizzarre, ma si sa in Italia abbiamo fantasia). Con il dpr 162/82 il legislatore prova per la prima volta a mettere ordine, la durata delle scuole passa dai tre anni ai 4/5 e viene prevista l’obbligatorietà della frequenza (ottocento ore). Come spiegò lo stesso relatore di maggioranza, all’ultimo momento venne “stralciata” la retribuzione per tre cause: 1) mancanza di fondi, 2) il finanziamento avrebbe portato alla riduzione delle scuole con disappunto delle università 3) paura che il rapporto da formazione/lavoro potesse diventare, grazie ai ricorsi, lavoro stabile.

Qui nasce la rivolta dei medici specializzandi, nasce l’AISS. Si richiede una formazione europea, una formazione a tempo pieno, pratica e non teorica, l’adeguata retribuzione. In due anni l’AISS conta oltre 5mila iscritti. Dopo 2 anni di manifestazioni e proteste, la nascita pure di un giornale (il Medico D’Europa), audizioni parlamentari, passaggi su stampa nazionale e Tv, otteniamo la legge che dovrebbe avvicinarci all’Europa: la 257/91.

E’ un grande passo avanti rispetto alla precedente: prevede, infatti, la Borsa di studio (e non la retribuzione richiesta) ed il tempo pieno, cancella tutte le scuole inutili, riconoscendo valide sole le scuole presenti in almeno altri due stati membri, ma nulla cambia sulla formazione e sull’accesso alle scuole, nulla sulla partecipazione pratica. Inoltre la legge non è per noi, riguarda solo i nuovi specializzandi. Qui finisce la prima ondata di protesta, inizia la stagione dei ricorsi. L’AISS promuove il famoso “ricorso Abbamonte” . In soli 2 mesi, oltre 5mila medici aderiscono al primo ricorso proposto dall’AISS. Gli altri sindacati, gli stessi consigli dell’ordine, inizialmente non appoggiano l’iniziativa, ma non viene meno nelle giovani leve della categoria la fiducia nella bontà della azione legale: hanno voluto “fargliela pagare” e vedere così riconosciuto un diritto Europeo. Il primo ricorso ha aperto la strada alle azioni successive, prima il TAR poi il Consiglio di Stato ed infine la Corte di Cassazione riconoscono la fondatezza delle nostre ragioni. Passano anni, ma la lotta degli specializzandi non si esaurisce. Lo stato italiano si accorge di aver perso il I ricorso dei medici specializzandi ed emana la legge (la legge 370) che dovrebbe chiudere la questione; la fa furbescamente inserendo clausole che rendono impossibile per i più ottenere il giusto risarcimento economico. Ovvero ottengono il risarcimento solo i medici che dichiareranno di non aver lavorato, o meglio fatturato, durante gli anni della specializzazione. Una beffa.

Promosso quindi un nuovo ricorso al TAR Lazio e successivo appello al Consiglio di Stato, l’allora CUMI AISS oggi SMI ottiene un nuovo successo, sebbene anche in questo caso venga limitato il diritto ala percezione delle somme previste dalla legge 370/99 solo in favore di coloro che non hanno lavorato.

Si impone quindi una azione di risarcimento danni nei confronti dello Stato Italiano, al fine di vedere riconosciuto il pagamento delle somme dovute in favore.

Oltre 6mila medici tra nuovi e vecchi aderiscono all’iniziativa. Questa volta non siamo soli, i vecchi sindacati, quelli inizialmente scettici, propongono a loro volta azioni legali, alcune società di servizi copiano l’iniziativa, facendo, però, pagare ai medici parcelle salatissime (almeno rispetto alle nostre, ridotte alla sole spese). Il grande numero di ricorrenti e la continua azione di pressione esercitata dal nostro sindacato, fa si che la politica si accorga di noi e proponga, congiuntamente tra destra e sinistra, un disegno di legge (disegno di legge Manzione) che prevede un risarcimento omnicomprensivo per chiudere l’annoso contenzioso. Il disegno di legge dopo alterne vicende cade nel dimenticatoio. Il nostro ricorso, così come tutti quelli presentati dagli altri studi legali, compresi quelli che hanno richiesto somme ingenti, viene respinto per la “intervenuta prescrizione”. Presentiamo ricorso in appello di cui si attendono gli esiti.

Ad onor del vero un solo ricorso “passa” favorevolmente, un ricorso presentato proprio da una di queste società di servizi di cui parlavamo prima. Una di quelle che in quegli anni si è impegnata in questa battaglia mediante telefonate continue ed asfissianti (prendendo chissá dove i cellulari privati di migliaia di persone) e che ha richiesto ai ricorrenti compensi professionali molto più ingenti di quelli richiesti dai sindacati.

Questo sentenza favorevole riguarda però solo 750 medici tra i circa 12.000 che ne hanno fatto richiesta tramite quella stessa organizzazione. La sentenza stabilisce per lo Stato Italiano un risarcimento di 34 milioni di euro , ovvero circa 50.000 euro per ricorrente. Se fossi tra gli altri ricorrenti patrocinati da quegli stessi avvocati mi chiederei: perché io no e loro si ? Anche perchè questi signori, forti di questa sentenza, chiedono insistentemente agli altri medici di aderire con loro certi di vittorie altrettanto remunerative. La verità, la sola verità è che in quel caso si è vinto solo e soltanto perché l’avvocatura dello stato si è dimenticata (come mai ? ) di eccepire la “prescrizione”, e come sappiamo se non viene eccepita la prescrizione il ricorso si vince.

In altre parole non si è vinto per un diverso pronunciamento della corte, per una innovazione giurisprudenziale ma per .. dimenticanza.

E’ questo il motivo per cui noi non abbiamo riaperto i termini del ricorso, nonostante fossimo pressati da tanti medici frastornati da tante notizie (e da tante telefonate). Le azioni legali si propongono solo se vi sono delle nuove possibilità reali di vittoria, se vi sono delle nuove leggi, nuovi orientamenti giurisprudenziali e non quando l’avvocatura dello stato … dimentica i propri doveri.

Ad alimentare nuove speranze da qualche mese si è inserita una importante associazione per la difesa dei consumatori. Si è cominciato a parlare di CLASS ACTION. Possibilità reale, ma i cui limiti si sapranno solo nel 2009, quando lo stato con appositi decreti, stabilirà se possono aderire a tale iniziativa solo i consumatori (gli specializzandi possono definirsi tali?), e se tali azioni possono essere dirette conto pubbliche amministrazioni (singole università MIUR etc).

 

ALLORA PERCHE’ OGGI E SOLO OGGI LO SMI PROPONE UN NUOVO RICORSO ?

 

Come già detto ad oggi (dimenticanze a parte) la giurisprudenza è granitica nell’accogliere la difesa dell’avvocatura che ritiene il diritto prescritto, facendo decorrere il relativo dies a quo dall’entrata in vigore del d.lgs. 257/1991. Altre pronunce, addirittura, fanno maturare la prescrizione di anno in anno, durante lo svolgimento del rapporto. Ma oggi possiamo registrare quattro grandi novità.

Le novita’

In primo luogo, deve rilevarsi come la giurisprudenza comunitaria sia sempre più pressante nello stabilire la supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, con pronunce che stabiliscono anche la rimozione di atti definitivi dell’amministrazione, se emanati in contrasto con la normativa comunitaria (caso Lucchini).

Si tratta di un orientamento fortemente innovativo, che non dovrebbe lasciare margini di scelta al giudice italiano nell’adottare pronunce difformi dall’interpretazione data dalla Corte di Giustizia CE delle direttive.

In secondo luogo, da gennaio dovrebbe entrare in vigore anche in Italia una procedura di azione seriale (la cosiddetta “class action”), che – secondo le previsioni (almeno così speriamo) - sarà applicabile anche nei confronti dello Stato Italiano. Si tratta di un’azione costruita sul modello americano, che presenta caratteri propri, volta specificamente alla tutela di un gruppo, costituito da persone tutti rivestenti la medesima posizione, che intende far valere i propri diritti nei confronti di un unico Ente; azione che ha una procedura propria, e meccanismi processuali volti ad una definizione più rapida della vicenda.

In terzo luogo, nella giurisprudenza di merito: recentemente, per la prima volta in modo chiaro e netto, la Corte di Appello di Genova ha accolto la tesi dell’illecito permanente (in sostanza, la prescrizione in danno ai medici non sarebbe neppure ad oggi iniziata a decorrere, in assenza di un adeguamento pieno e completo da parte dello Stato alla normativa comunitaria), ragion per cui ogni medico, anche se non ha mai agito, può promuovere azioni a tutela del proprio diritto. La sentenza dispone: “Finchè Una direttiva non è stata correttamente trasposta nel diritto nazionale, i singoli non sono in grado di avere piena conoscenza dei loro diritti. Solo la corretta trasposizione della direttiva porrà fine allo stato di incertezza giuridica necessaria per pretendere dai singoli che essi facciano valere i loro diritti. Ne deriva che, fino al momento dell’esattta trasposizione della direttiva, lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di una azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni di tale direttiva, e che un termine al ricorso nazionale può cominciare a decorrere solo da tale momento.”

In quarto luogo i politici sembrano aver … riscoperto nuovamente il problema ed oggi sono stati ripresentati ben cinque disegni di legge che propongono “sanatorie”, sebbene con varie condizioni o limitazioni.

 

GLI OBIETTIVI E LE PROSPETTIVE

Questi elementi, riguardati complessivamente, possono costituire la chiave di volta per un ripensamento, sia a livello giurisprudenziale che normativo, e fanno considerare maturo il momento di proporre un’azione con caratteri di novità rispetto alle precedenti, sia rispetto alle forme che ai contenuti.

E’ chiaro che non si tratta di una marcia trionfale. Molto più seriamente, si tratta di non far perdere ai medici l’opportunità che questi mutamenti di clima normativo e giurisprudenziale possono offrire, con la consapevolezza che ci sarà pur sempre da combattere e vincere la resistenza dello stato italiano. Peraltro, questo è il comportamento che le nostre istituzioni hanno sempre tenuto nella vicenda, salvo quando non si è ritenuto di favorire alcuni medici, dimenticandosi di costituirsi

in giudizio e dunque non difendendosi a favore dei medesimi, e lasciando che gli stessi potessero vincere (una volta non eccepita la prescrizione), con ulteriore danno per tutti gli altri.

Si tratta dunque di arrivare, per chi crede ancora e non ha abbandonato le speranze, già preparati all’entrata in vigore dell’azione seriale, o comunque a ripartire, con una azione nei confronti dello Stato Italiano che tenga conto dei mutamenti intervenuti sopra ricordati.

PRECISAZIONI

Voglio ricordare due cose importanti:

 

1) coloro che hanno proposto appello NON devono presentare nessun ulteriore ricorso;

 

2) Lo SMI combatte questa battaglia perché ritiene ingiusto quanto avvenuto in Italia in quegli anni, ma questa non è la nostra sola battaglia. Combattiamo ogni giorno contro le mille ingiustizie e vessazioni subite dalla classe medica, tuteliamo i nostri iscritti ai tavoli contrattuali, combattiamo quotidianamente contro regioni ed ASL per tutelare gli iscritti al nostro sindacato. Quella che proponiamo oggi, così come le azioni proposte in passato, non sono che una delle mille azioni sindacali e legali che caratterizzano la nostra attività. In altre parole non vi chiediamo solo di aderire ad un ricorso ma di iscrivervi al nostro sindacato che è molto di più. Tra i servizi offerti dal sindacato vi è anche la consulenza legale ed è questo il solo motivo per cui fare ricorso con noi, solo per gli iscritti, costa poco. Con l’iscrizione non si acquista un ricorso, ma una tutela a 360°, si ha diritto a ricevere i nostri giornali, a poter usufruire delle nostre convenzioni, a vedere difesi anche diritti soggettivi sul posto di lavoro, da parte dei nostri rappresentanti sindacali, si ha comunque la certezza che noi non scompariremo con il ricorso e che .. mettendoci la faccia …. faremo solo battaglie giuste e con qualche possibilità di vittoria coinvolgendo i miglior esperti del settore, la nostra storia penso dimostri tutto questo.

 

Il vice segretario nazionale

Dr. Francesco Medici

 

 

CODACONS

“Nuova azione Codacons per i medici specializzati”

Egregio Dottore,
il Codacons è sceso in campo a fianco dei medici specializzati per far avere loro le decine di migliaia di euro indebitamente non pagati: per agire c'è tempo fino al 2009. Già alcune migliaia di suoi colleghi hanno aderito al primo ricorso che sarà discusso nel primo trimestre del 2009 davanti al Tribunale civile di Roma. Le moltissime richieste pervenute, tuttavia, e la necessità di presentare anche un ricorso alla Commissione europea contro lo Stato italiano, ci hanno indotto ad organizzare un altro ricorso cui anche lei può partecipare. Inoltre si sta attivando una nuova azione per il recupero dei contributi previdenziali e assicurativi non versati agli specializzati nonostante la Direttiva CEE 93/16 e il Dlgs n. 368/99 (attuate con l'art. 1, comma 300, L. 266/2005) lo imponesse. Ecco quindi una sommaria spiegazione delle iniziative:

A) RICORSO IN TRIBUNALE PER I DIRITTI ECONOMICI DEI MEDICI SPECIALIZZATI CHE HANNO FREQUENTATO LE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE TRA GLI ANNI 82/83 E 90/91.

La Direttiva Comunitaria del 1982 (82/76 CEE) aveva stabilito, come è noto, in favore dei medici il diritto di ricevere una "adeguata remunerazione" per il periodo di specializzazione svolto.
Tale Direttiva, recepita in Italia solo nel 1991, con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n.257, limitatamente agli specializzandi iscritti a partire dall'anno accademico 91/92, ha previsto l'importo di £ 21.500.000 per ogni anno di specializzazione, senza nulla riconoscere ai medici immatricolatisi alla specializzazione negli anni accademici che vanno dall'82/83 al 90/91.

La Corte di Giustizia Europea ( sent.del 25/02/1999 e 31/10/2000), ha affermato il diritto alla remunerazione anche in favore dei medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione dopo il 1982, termine ultimo fissato dalla predetta Direttiva, ai fini del la sua attuazione da parte dei singoli Stati.
Sulla scorta della Corte di Giustizia, anche i nostri giudici, con sentenze positive ed alcune negative, ma con un pronunciamento positivo della stessa Corte di Cassazione, molto importante per la funzione unificatrice tipica di tale giudice, hanno riconosciuto il diritto dei medici italiani che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra gli anni 82/83 e 90/91, ad ottenere dallo Stato italiano il pagamento ad "una adeguata remunerazione" ( Cass., III Civile, 7630/2003; n. 3283/08; Trib. Roma, n. 24828/2006; CDS Sez. VI, 4954/04 ed altre).
Ma la più bella notizia è arrivata da pochissimo : una recentissima sentenza della Corte di appello di Genova e una della Cassazione, altrettanto recente, hanno rigettato l'eccezione di prescrizione che era stata sollevata con riferimento ad un diritto riconosciuto da una direttiva tardivamente recepita dall'Italia. Entrambe tali sentenze, nel respingere detta eccezione, hanno sentenziato: "Finchè una direttiva non è stata correttamente trasposta nel diritto nazionale, i singoli non sono in grado di avere piena conoscenza dei loro diritti. Solo la corretta trasposizione della direttiva porrà fine allo stato di incertezza giuridica necessaria per pretendere dai singoli che essi facciano valere i loro diritti.
Ne deriva che, fino al momento dell'esatta trasposizione della direttiva, lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di un'azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni di tale direttiva, e che un temine al ricorso nazionale può cominciare a decorrere solo da tale momento".

Da qui la serena convinzione che la causa abbia un serio e concreto fondamento per riavere il maltolto, e quindi il compenso dovuto che si aggira sui 40.000 euro a persona oltre il risarcimento del danno.
Al fine di tutelare pertanto i diritti dei medici che frequentarono le scuole di specializzazione durante il periodo 82/83 - 90/91, il CODACONS, attraverso l'ente TERMILCONS, sostiene una nuova apposita causa, innanzi al Tribunale Civile di Roma, contro i Ministeri cui la legge ha demandato il compito del pagamento della remunerazione in questione, e, in aggiunta, ora anche un ricorso alla Commissione Europea per infrazione dello Stato italiano inadempiente verso i diritti dei medici.
Gli interessati a questa causa, CHE NON ABBIANO GIA' PROPOSTO RICORSO, - tutti coloro che hanno frequentato una scuola di specializzazione nel periodo compreso tra gli anni 1982/1991, anche se nello stesso periodo hanno lavorato o percepito altri compensi - potranno partecipare, scaricando l'apposita modulistica inviando una mail all'indirizzo medici.specializzati@codacons.it . L'adesione - CHE COMPORTA ANCHE L'ISCRIZIONE PER DUE ANNI AL CODACONS- dovrà pervenire entro il 15 dicembre 2008.
Intanto vi invitiamo a firmare anche la proposta di legge per la sanatoria che trovate sul sito www.codacons.it.

Se potete avvertite anche altri medici interessati!!!

In caso di vittoria a ciascuno dei ricorrenti spetterà una somma che oscilla tra Euro 33.000,00, ed Euro 50.000,00, a seconda del numero di anni previsto per la singola scuola di specializzazione.
La causa potrà essere fatta anche individualmente con un avvocato scelto dall'interessato ovviamente.

B) RICORSO PER IL RECUPERO DELE DIFFERENZE RETRIBUTIVE E DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI NON CORRISPOSTI AI MEDICI SPECIALIZZATI DAL 1994 AL 2006

Il CODACONS sta attivando una nuova azione giudiziaria, davanti al Tribunale Civile di Roma, per il recupero delle differenze retributive tra l'importo della remunerazione prevista dal DPCM 7 marzo 2007, emanato in attuazione del Dlgs 368/99, adottato a sua volta in attuazione della direttiva CEE 93/16, in favore dei medici specializzandi, iscritti ai rispettivi corsi, a partire dall'a.a. 2006/2007, e l'importo della remunerazione erogata agli specializzandi iscrittisi prima di tale anno accademico. L'importo di tali differenze retributive da recuperare è pari circa 11.000 euro l'anno.
Il Codacons intende inoltre agire ai fini del recupero dei contributi previdenziali non versati, in violazione della normativa succitata, ai medici che hanno frequentato i corsi di specializzazione a partire dal 1994, ed iscrittisi prima dell'a.a. 2006/2007. L'importo di tali contributi oscilla tra i 2000 e i 2500 euro l'anno.
L'azione volta al recupero di tali contributi previdenziali, in linea di principio, rientra nella competenza del Giudice del lavoro. In tal caso la relativa azione andrebbe proposta davanti al Tribunale del lavoro della sede dell'Università in cui è stata conseguita all'epoca la specializzazione, e richiederà la presenza di un avvocato del luogo, e quindi costi diversi. Comunque sarà nostra cura farvi conoscere nelle successive comunicazioni il costo di tale azione, ed ogni altra utile informazione.
Per tale azione occorre inviare subito una lettera racc. ai fini dell'interruzione della prescrizione ai Ministeri competenti, ed il cui modello potrete ricevere inviando una mail all'indirizzo medici.previdenziale@codacons.it, dal quale potrete scaricare anche un'informativa generale sui contenuti dell'azione e sul quadro normativo su cui si fonda.

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Vi informo infine che il Codacons ha istituito dei punti di riferimento legale in sede locale e che potreste essere contattati dai nostri avvocati (per verificare la loro identità potete chiamare il numero 892007) e che la difesa anche di questa causa sarà apprestata dallo studio del prof. avv. Carlo Rienzi, esperto civilista e amministrativista, e docente universitario, da sempre in prima linea per la difesa dei nostri e vostri diritti.
Per ulteriori informazioni e chiarimenti vi invito a partecipare al forum telefonico direttamente con un avvocato dello studio Rienzi chiamando il numero 199.36.36.06 dalle 15.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì.

Cordialmente

Avv. Giuseppe Ursini
PRESIDENTE CODACONS

Chiama e fai chiamare il
NUMERO VERDE CODACONS: 800911911

 

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DISEGNO DI LEGGE

Corresponsione di borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni dal 1983 al 1991
I medici, specializzatisi in varie discipline mediche, iscritti ai corsi tra gli anni 1982 e 1991, durante l'espletamento di tali attività di formazione ed in dipendenza della stesse e delle correlate prestazioni mediche, non hanno percepito alcuna remunerazione.
Tale situazione deriva dal fatto che lo stato italiano ha scorrettamente attuato le direttive comunitarie, venendo meno a quelli che erano gli intenti perseguiti dal legislatore comunitario, finalizzati a riconoscere in capo agli specializzandi la titolarità di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato ed una remunerazione adeguata.
v Sin dalla metà degli anni '70, infatti, le Autorità comunitarie hanno intrapreso una serie di azioni finalizzate, sulla base del fondamentale principio di libera circolazione dei lavoratori, a fornire il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri di certificati, titoli e diplomi. In particolar modo, il 16 giugno 1975 vennero emanate dl Consiglio CEE due direttive destinate ad uniformare le norme in materia di modalità di specializzazione e formazione professionale dei medici e, di conseguenza, ad agevolarne la circolazione intracomunitaria.
Si tratta della direttiva n. 75/362/CEE, intesa al reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli dei medici nonché ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi (c.d. direttiva "riconoscimento", in GUCE L 167/1975, p. 1) e la direttiva n. 75/363 CEE, intesa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico (c.d. direttiva "coordinamento", in GUCE L 167/1975, p. 14).
La Repubblica italiana diede attuazione alle due direttive con la legge 217/1978.
Nel 1982, entrambe le direttive furono modificate dalla direttiva n. 82/76/CEE (del 26 gennaio 1982, in GUCE L 43/1982, p. 21) che integrò la direttiva "coordinamento" con un Allegato relativo alle Caratteristiche della formazione a tempo pieno e della formazione a tempo ridotto dei medici specialisti e che sancì la necessità che la formazione dei medici fosse effettuata in luoghi specifici riconosciuti dalle autorità competenti, attraverso un'attività continuativa, da svolgersi tutti i giorni e riguardante la totalità delle attività mediche, a fronte di idonea remunerazione.
Tale direttiva, all'art. 16 prevedeva che gli Stati membri adottassero le misure necessarie per conformarsi alla medesima entro e non oltre il 31 dicembre 1982, in osservanza degli articoli 5 e 189, terzo comma, dell'originario Trattato CEE.
Il legislatore italiano, invece, non si è adeguato a tale perentoria disposizione, tanto è vero che con sentenza della Corte di Giustizia comunitaria 7 luglio 1987 (causa 49/86, Commissione CEE contro Repubblica italiana, in Racc. 1987, p. 2995), veniva affermato che, non avendo adottato nel termine prescritto le disposizioni necessarie per conformarsi a tale direttiva, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del trattato CEE.
Lo Stato italiano ha recepito (tra l'altro in modo non rispondente rispetto alle previsioni comunitarie citate) la direttiva 82/76 soltanto nel 1991, con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (pubblicato in G.U. del 16 agosto 1991, n. 191).
L'art. 8, comma 2, del decreto legislativo cit. limitava però la corresponsione della remunerazione (pari a 21.500.000 delle vecchie lire) ai soli medici iscritti alle scuole di specializzazione a partire dall'a.a. 1991-92. Quindi, solo i medici ammessi alle scuole di specializzazione a partire dall'anno accademico 1991-1992 potevano fruire di dette borse di studio. Di fatto a tutti i medici, di varie discipline mediche, che erano regolarmente iscritti ai corsi di specializzazione tra il 1982 e il 1991 non veniva riconosciuta comunque alcuna remunerazione.
Per la ritardata e parzialmente omessa attuazione delle direttive sopra richiamate, e per il riconoscimento della remunerazione in favore degli specializzandi immatricolati prima dell'a.a. 1991-92, si è aperto, nel corso degli anni, un contenzioso di ampie proporzioni, sia dinanzi alla magistratura ordinaria che a quella amministrativa.
I giudici aditi frequentemente rilevavano l'illegittimità dei provvedimenti adottati con notevole riardo da parte dell'amministrazione, pronunciandone l'annullamento perché in evidente contrasto con il diritto comunitario.
Successivamente e sempre con ritardo, con legge n. 370 del 19 ottobre 1999, si attribuiva una remunerazione annua onnicomprensiva pari a 13.000.000 delle vecchie lire per tutta la durata del corso ai soli medici beneficiari delle sentenze amministrative passate in giudicato (articolo 11).
Peraltro, la sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea il 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) stabiliva che l'obbligo di remunerazione, con riferimento ai periodi di specializzazione dei medici, era da considerarsi incondizionato e sufficientemente preciso, sicchè il giudice nazionale era tenuto, nell'applicazione di disposizioni nazionali precedenti, o successive, alla direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello spirito della summenzionata sentenza. In particolare, la Corte individuava, nell'applicazione retroattiva delle misure di attuazione della direttiva, un possibile rimedio alle conseguenze pregiudizievoli della precedente tardiva attuazione della stessa, sempre che questa fosse stata regolarmente recepita, anche al fine di assicurare un adeguato risarcimento del danno subito dagli interessati.
Con sentenza del 3 ottobre 2000, la Corte ribadiva l'obbligo di remunerazione adeguata per i periodi di formazione, sia a tempo pieno, sia a tempo parziale.
Successivamente, il decreto legislativo n. 368 del 17 agosto 1999 (pubblicato nel Supplemento ordinario della G.U. n. 250 del 23 ottobre 1999) stabiliva che i medici venissero inquadrati in uno specifico contratto di formazione-lavoro, con la corresponsione di un trattamento economico annuo onnicomprensivo, stabilito con decreto ministeriale ogni tre anni (art. 37). Anche in questo caso si tratta di determinazioni valevoli solo per l'avvenire.
Alla stregua di quanto è stato esposto, è evidente che l'interpretazione delle direttive comunitarie da parte della Corte di giustizia europea è volta al riconoscimento del diritto di retribuzione ai medici specializzandi che in effetti hanno svolto attività lavorative, così come recita l'art. 36 della nostra Costituzione: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare, a sé e alla famiglia, un'esistenza libera e dignitosa".
I fatti sopra narrati mettono in risalto l'evidente inadempienza dello Stato e dell'amministrazione centrale e periferica, che non si sono ancora mobilitate per attuare appieno le direttive della Corte di giustizia europea e della CEE in merito, così violando un diritto riconosciuto sia dalla normativa comunitaria sia dalla normativa nazionale, che prevede l'adeguata retribuzione dell'attività lavorativa svolta.
Da ciò deriva l'obbligo morale e giuridico di attuare pienamente le direttive comunitarie e di conformarsi alle decisioni della Corte di giustizia europea, senza sottrarsi a tale obbligo frapponendo ostacoli pretestuosi, come l'intervento di decadenze o di prescrizioni di tali diritti.
In merito a quest'ultimo inciso, appare doveroso puntualizzare come la giurisprudenza consolidata, nazionale e comunitaria, ritiene che la prescrizione non si manifesta con riferimento a diritti nascenti direttamente da disposizioni comunitarie fin quando queste ultime non vengono attuate correttamente e completamente dallo Stato membro.
Il disegno di legge che segue è finalizzato, pertanto, ad offrire una soluzione alla questione sopra esposta, soluzione che si vuole finalmente adeguata alle indicazioni provenienti dalle direttive e dalle sentenze comunitarie e, contestualmente, che rappresenta una risposta concreta ad un problema che interessa migliaia di cittadini medici che hanno prestato il loro servizio durante il periodo di formazione e che con tale attività hanno contribuito sensibilmente ed in maniera positiva allo svolgimento dell'attività sanitaria delle strutture presso cui hanno svolto l'attività di specializzazione.

Art. 1
(Corresponsione remunerazione)

1.       Il Ministero dell'istruzione, dell'Università e della ricerca corrisponde per tutta la durata del corso di specializzazione , a titolo forfettario, una remunerazione annua onnicomprensiva di importo pari ad euro undicimila, ai medici ammessi presso le università alle scuole di specializzazione in medicina dall'anno accademico 1982-1983 all'anno accademico 1990-1991.

2.       Nel caso in cui tali medici abbiano beneficiato di sentenze passate in giudicato, con le quali sia stato riconosciuto il diritto a tale remunerazione, dovrà essere corrisposta a questi ultimi una somma pari a quella stabilita dalle sentenze medesime.

3.       Nel caso in cui tali medici risultino destinatari di sentenze sfavorevoli passate in giudicato, tale remunerazione sarà pari al 50% della somma di cui al comma 1.

4.       Il diritto alla corresponsione della remunerazione di cui al comma 1, è subordinato all'accertamento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dei seguenti requisiti:

a.      aver frequentato un corso di specializzazione in base alla normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, e successive modificazioni, per l'intera durata legale del corso di formazione;

b.      aver svolto prestazioni mediche nel corso del periodo di formazione, sulla base di un impegno di servizio a tempo pieno o ridotto, attestato dal direttore della scuola di specializzazione o da relativa autocertificazione secondo la normativa vigente in materia.