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PROBLEMI DI DIAGNOSI E TRATTAMENTO DELLE GRAVI EMORRAGIE DI ORIGINE PANCREATICA
INTRODUZIONE

Le emorragie digestive e le emorragie addominali a genesi non primitivamente traumatica sono eventi la cui osservazione, nei reparti di pronto soccorso e di chirurgia, è piuttosto comune.

Sono rappresentate in maggioranza dai sanguinamenti di varici esofagee, dalle emorragie causate da ulcere duodenali e gastriche, dalle rotture di aneurismi dell’aorta addominale, dai sanguinamenti su base neoplastica a vari livelli, dalle malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD) e dagli accidenti ischemici a carico della parete intestinale.Questi eventi, pur ammettendo una certa variabilità nelle loro manifestazioni, danno spesso quadri sindromici piuttosto costanti nella loro associazione con la patologia di base i quali, se non patognomonici, possono indirizzare decisamente verso alcune ipotesi diagnostiche.

Le complicanze emorragiche sono eventi non infrequenti nella pancreatite (2%) (9) e rappresentano una seria minaccia per la sopravvivenza del paziente; non è raro inoltre che un’emorragia pancreatica si trovi associata ad una o più delle succitate condizioni (3), alle quali il sanguinamento potrebbe essere imputato, essendo la causa pancreatica diretta meno frequente.

In base alle caratteristiche della lesione vascolare, o alla posizione ed ai rapporti che una eventuale pseudocisti contrae con le strutture circostanti, l’emorragia può dare segno di sé in diverse forme, giungendo a mimare le presentazioni tipiche di emorragie addominali maggiormente frequenti.

La rarità dell’emorragia di origine pancreatica, la scarsa specificità del quadro clinico e la coesistenza di condizioni più frequentemente associate ad altre emorragie digestive possono rappresentare un ostacolo alla corretta e tempestiva diagnosi; tuttavia, la dimostrazione di una pancreatite o il dato anamnestico di un pregresso episodio pancreatitico dovrebbero indurre ad indagare l’eventuale presenza di formazioni pseudoaneurismatiche o pseudocistiche cui il sanguinamento potrebbe essere imputato.

Le emorragie di origine pancreatica possono essere dovute a coinvolgimento venoso secondario ad ipertensione portale distrettuale, per interessamento dell’asse spleno-mesenterico da parte di patologia flogistica o neoplastica pancreatica.

Questo tipo di complicanza raramente presenta difficoltà diagnostiche e terapeutiche.

Viceversa, le emorragie da coinvolgimento arterioso presentano problemi di diagnosi e di immediato trattamento.

La letalità in caso di non riconoscimento o astensione terapeutica è superiore al 90% (7,11,19).

Scopo di questa tesi è quello di valutare le problematiche di diagnosi e strategia terapeutica in questo secondo gruppo di emorragie pancreatiche, che di solito si presentano con i caratteri dell’emergenza.

 
ANATOMIA VASCOLARE DEL PANCREAS

Il pancreas trae la propria irrorazione dal tronco celiaco e dall’arteria mesenterica superiore.

Dall’arteria gastroduodenale, ramo dell’epatica, originano le due branche, anteriore e posteriore, dell’arteria pancreaticoduodenale superiore.

Queste decorrono tra la testa del pancreas ed il duodeno, anastomizzandosi poi a pieno canale con i corrispondenti rami dell’arteria pancreaticoduodenale inferiore, i quali traggono origine dalla mesenterica superiore; quest’ultima emerge dal margine inferiore del pancreas tra la testa ed il processo uncinato.

L’arteria pancreatica inferiore, ramo della mesenterica superiore, decorre lungo il margine inferiore del corpo del pancreas.

L’arteria splenica percorre il margine superiore del corpo e della coda del pancreas in tutta la sua lunghezza e dà origine a numerosi rami perforanti che a loro volta si dividono in un ramo anteriore ed uno posteriore, fittamente anastomizzati tra di loro.

L’arteria pancreatica dorsale ha un’origine variabile: nel 40% dei casi dall’arteria splenica, nel 20% dall’arteria celiaca, dall’arteria epatica comune nel 20% e meno frequentemente dalla mesenterica superiore, dall’aorta o dalla colica media.

Il drenaggio venoso del pancreas è interamente tributario della vena porta, attraverso la vena splenica e le vene pancreaticoduodenali che si gettano nella vena mesenterica superiore.

La ricca vascolarizzazione di quest’organo, la presenza di numerosi circoli anastomotici, la stretta contiguità della ghiandola con vasi di grosso calibro anche non direttamente implicati nella sua irrorazione, la tributarietà verso il sistema portale, fanno degli accidenti vascolari a carico del pancreas delle condizioni particolarmente critiche.

 
EPIDEMIOLOGIA

Il coinvolgimento vascolare arterioso in corso di patologia flogistica pancreatica è riportato in letteratura nel 2-10% dei pazienti (7).

La formazione di pseudocisti come evoluzione di una pancreatite è descritta con una frequenza compresa tra 1 e 15% (6,10,16) ; di questi casi, approssimativamente il 10% è complicato dalla presenza di formazioni pseudoaneurismatiche a carico delle arterie splancniche (10) .

Una complicanza emorragica maggiore si verifica nel 2-13% dei casi di pseudocisti (2).

In una revisione di 30 anni della letteratura inglese, fino al 1983, Stabile e coll. contano 131 casi di emorragia da pseudocisti o pseudoaneurisma conseguenti a pancreatite con una mortalità complessiva del 37%; la mortalità operatoria è risultata essere del 29%; quella in assenza di trattamento chirurgico od embolizzante, del 90% (19).

A questi se ne devono aggiungere un altro centinaio, ugualmente ripartititi tra pseudocisti e pseudoaneurismi riportati dal 1983 in poi, perlopiù facenti parte di piccole casistiche o presentati in singoli case-report.

Il vaso interessato con maggiore frequenza è l’arteria splenica; seguono l’arcata pancreaticoduodenale e l’arteria gastroduodenale.

Come esempi di eventi eccezionali, la letteratura riporta casi di emorragia dall’arteria epatica propria, dall’arteria renale sx e dall’arteria mesenterica superiore.

La vena splenica può presentare trombosi e determinare sanguinamento da ipertensione portale distrettuale con varici esofagee.

La milza può essere sede di sanguinamento, con meccanismi che verranno in seguito esposti.

E colpito prevalentemente il sesso maschile nell’intervallo d’età compreso tra 40 e 50 anni; questi pazienti sono in maggioranza affetti da pancreatite cronica ed hanno un’anamnesi di protratto abuso alcoolico (15) .

Meno frequentemente implicata è la pancreatite a genesi litiasica biliare; sono anche descritti casi ad insorgenza post-traumatica (18).

 
FISIOPATOLOGIA

Il meccanismo che conduce al sanguinamento risiede nell’attivazione patologica degli enzimi pancreatici (un ruolo di primo piano parrebbe essere quello dell’elastasi) i quali ledono le tonache media ed avventizia di un vaso, causando così la formazione di uno pseudoaneurisma puro; un ulteriore cedimento della parete della sacca pseudoaneurismatica cosi formatasi avrà come conseguenza un sanguinamento proporzionale alla portata del vaso colpito.

Sono riportati casi in cui, almeno parzialmente, la lesione vascolare è risultata imputabile al decubito di un calcolo pancreatico.

Più frequentemente è dovuta a pseudocisti che si formano per ostruzione duttale e/o fenomeni autolitici e necrotici.

L’azione lesiva di tali formazioni nei confronti dei vasi situati in prossimità può esplicarsi per:

-compressione;

-diffusione della flogosi per contiguità;

-aggressione enzimatica.

Anche in questo caso il risultato può essere uno pseudoaneurisma puro costituito dall’estroflessione dell’intima risparmiata, ovvero si potrà avere una formazione in cui, a seguito del cedimento di tutti i tre strati della parete vasale, la parete della pseudocisti finisca per esercitare una funzione di contenimento nei confronti del sangue fuoriuscito dal vaso(19).

Tale situazione tenderà ad evolvere verso la franca emorragia, in seguito a :

-comunicazione della pseudocisti con il sistema dei dotti pancreatici;

-rottura nel lume di un viscere;

-rottura libera in addome.

Nei rari casi di rottura di milza in paziente affetto da pancreatite, i meccanismi patogenetici invocati sono diversi (15,20) :

1) trombosi e/o compressione della vena splenica, con ipertensione portale distrettuale;

2) aderenze conseguenti a perisplenite;

3) pseudocisti della coda pancreatica, la cui azione enzimatica può esplicarsi sull’ilo o sul parenchima splenico;

4) flogosi acuta di tessuto pancreatico ectopico intrasplenico.

Infine, l’esistenza in corso di pancreatite di una diatesi emorragica, primitiva o dovuta a DIC, è sostenuta da diversi Autori.

CLINICA

Le manifestazioni di un’emorragia di origine pancreatica possono essere molteplici, ed è lecito asserire che non esista un quadro tipico.

Possono comparire ematemesi, melena, segni di anemizzazione, ipotensione e shock; il dolore è presente pressoché nella totalità dei casi; vi può essere tensione e dolorabilità della parete addominale.

Raramente una massa è apprezzabile alla palpazione.

Tali segni e sintomi, sicuramente aspecifici e normalmente indirizzanti verso altre, più frequenti patologie, devono essere considerati suggestivi di emorragia da pseudoaneurisma pancreatico allorquando vi sia il dato anamnestico o clinico di una pancreatite, o quando un esame strumentale abbia evidenziato la presenza di una o più pseudocisti, pur senza averne dimostrata l’ evoluzione emorragica.

Ematemesi e melena possono verificarsi quando uno pseudoaneurisma sanguinante sia in comunicazione, diretta o attraverso una pseudocisti, con il sistema dei dotti pancreatici; in tale caso si parla di "emosucco pancreatico", per cui il reperto endoscopico di fuoriuscita di sangue dalla papilla di Vater è diagnostico.

Altra causa di ematemesi e/o melena è una comunicazione diretta tra una pseudocisti ed il lume del tubo digerente (stomaco, duodeno, tenue, colon). Tale condizione può essere primaria, ovvero conseguente ad intervento di drenaggio interno di una pseudocisti inizialmente non complicata.

Può inoltre trattarsi di una recidiva emorragica, quando un precedente episodio sia stato trattato, anziché tramite resezione, con legatura dei vasi responsabili e drenaggio interno. L’anastomosi così confezionata diviene il tramite attraverso cui l’emorragia si esteriorizza.

Recidive emorragiche sono possibili anche dopo embolizzazione angiografica transcatetere.

Si possono riscontrare inoltre, sia in associazione alle sopradescritte condizioni, sia isolatamente, emoperitoneo o emoretroperitoneo, con o senza complicanze settiche, qualora uno pseudoaneurisma isolato o una pseudocisti associata a pseudoaneurisma si rompano direttamente nel cavo addominale o retroperitoneale.

 
DIAGNOSI

L’ecografia rappresenta uno strumento prezioso (sebbene raramente definitivo) per aiutare a porre diagnosi di emorragia pancreatica.

La sua sensibilità per lesioni pseudocistiche, sia non complicate che associate a pseudoaneurisma, è riportata tra 88 e 100%, con una specificità del 92% ed un’accuratezza del 92%, superiore a quella della TC nei pazienti non obesi (2) .

La sua elevata capacità di individuare le pseudocisti, la sua pronta disponibilità ed innocuità, unite al fatto che essa sia eseguita di routine nella maggior parte delle urgenze addominali la rendono un valido metodo per identificare, tra i pazienti con un sanguinamento digestivo, coloro per cui la probabilità di causa pancreatica è notevolmente più alta.

Circa la sua utilità per la diagnosi di emorragia, essa può indirettamente suggerirla quando fornisce a) un’immagine di cavità cistica isoecogena con il fegato; b) di cavità a contenuto liquido con fini immagini di echi (fig.1); c) di aspetto a "cisti dentro cisti" (sebbene le dimensioni dello pseudoaneurisma siano spesso inferiori al limite di risoluzione di questa metodica); d) di liquido libero in addome in associazione a reperto di pseudocisti del pancreas (10,13).

Seppur raramente, l’ecografia può fornire la conferma di un’emorragia intracistica con il reperto di flussi turbolenti sincroni con il polso all’interno della cavità (2) .

Quest’ultima condizione è dimostrata con maggiore sensibilità dall’eco-color-Doppler (10) .

L’identificazione del vaso responsabile, in base ai dati forniti da tale metodica, è quasi sempre presuntiva.

La TC ha le stesse indicazioni e fornisce le stesse informazioni della ecografia; inoltre tale esame, eseguito con somministrazione di mezzo di contrasto i.v. consente, con frequenza maggiore rispetto all’ ecografia, una diagnosi di certezza di emorragia da rottura di pseudoaneurisma (10), con la dimostrazione di aumento densitometrico all’interno di una pseudocisti o con la visualizzazione di una banda ipodensa da trombosi parietale (fig.2) ; l’introduzione di apparecchi TC a scansione veloce e sezione sottile ha migliorato la sensibilità di questa metodica nei confronti degli pseudoaneurismi non ancora emorragici (13).

Inoltre, la TC dà un quadro spaziale del coinvolgimento pancreatico da parte del processo flogistico e dei rapporti della pseudocisti con le strutture circostanti.

Un’altra metodica utile alla diagnosi è l’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS).

È un esame d’obbligo nei casi con ematemesi e melena e può consentire di giungere alla corretta diagnosi quando documenti la fuoriuscita di sangue dalla papilla di Vater.

Tuttavia, in mancanza di tale reperto non si dovrebbe escludere automaticamente l’ esistenza di un sanguinamento pancreatico, giacché quadri tradizionali di emorragia digestiva alta possono coesistere con pseudocisti e pseudoaneurismi senza che un’emowirsungragia sia dimostrabile (14) .

L’interesse di questa metodica risiede inoltre nella possibilità di eseguire una ERCP, la quale può documentare arresti alla progressione endoduttale del mezzo di contrasto, difetti di riempimento da presenza di coaguli o presenza di cavità in comunicazione, diretta o indiretta, con il dotto di Wirsung.

L’angiografia selettiva del tronco celiaco e dell’arteria mesenterica superiore è un esame insostituibile, per quantità e precisione delle informazioni che da essa si possono ottenere.

Tale metodica fa di solito seguito ad esami meno invasivi (ecografia, TC) nella diagnosi di emorragia; l’angiografia, attraverso la dimostrazione di stravaso extraluminale di mezzo di contrasto (fig.3) (segno presente nell’80% dei casi con sanguinamento in atto) e/o di uno pseudoaneurisma consente una diagnosi di certezza, permette la precisa localizzazione della fonte del sanguinamento nonché l’identificazione di varianti anatomiche nel circolo locale.

Inoltre consente di eseguire un trattamento urgente di embolizzazione del vaso fonte di emorragia che, come in seguito vedremo, può essere definitivo o temporaneo (fig.4) .

 
TRATTAMENTO

Una volta posta diagnosi di emorragia pancreatica s’impone un trattamento urgente, giacché una condotta attendista è gravata da elevatissima mortalità.

Attualmente le metodiche disponibili sono rappresentate essenzialmente dall’angiografia intervenzionale e dal trattamento chirurgico.

È alquanto difficile dall’analisi della letteratura trarre indicazioni definitive per quello che potrebbe rappresentare il golden standard.

Casistiche diverse riportano orientamenti verso l’una o l’altra classe di trattamento, in base all’esperienza degli Autori.

Si possono fare comunque alcune considerazioni:

a) nell’embolizzazione angiografica transcatetere il passaggio dall’atto diagnostico a quello terapeutico avviene senza quasi soluzione di continuità e pertanto con estrema tempestività (fig.4);

b) la letteratura da noi esaminata non riporta casi di decesso direttamente imputabile a tale metodica;

c) mentre alcuni autori definiscono l’embolizzazione transcatetere un’alternativa alla chirurgia in tutti i casi, Adams e coll. (1) esprimono delle riserve circa il suo impiego nelle emorragie provenienti dall’arteria splenica, essendo stati riportati casi di infarti ed ascessi splenici conseguenti a tale trattamento;

d) vi sono casi in cui si rileva l’impossibilità di procedere all’ embolizzazione a causa del piccolo calibro del vaso sanguinante, o in cui è prevedibile che questa non sarebbe risolutiva (vedi sotto);

e) solo la chirurgia è in grado di trattare, oltre al sanguinamento, la causa pancreatica del medesimo (5);

f) non necessariamente angiografia intervenzionale e chirurgia rappresentano degli aut-aut : l’embolizzazione può essere utilizzata come procedura d’emergenza, permettendo così di sottoporre il paziente ad un intervento demolitivo in condizioni emodinamiche più favorevoli.

-Angiografia intervenzionale

Si è già sostenuta sopra la necessità di sottoporre ad esame angiografico tutti i pazienti con sospetta o accertata emorragia pancreatica, vista la superiore sensibilità di tale metodica per gli pseudoaneurismi e per i sanguinamenti in atto, nonché per le informazioni che essa può fornire sull’anatomia del circolo locale in previsione di un intervento.

Sarebbe inoltre desiderabile che ogni paziente emorragico o supposto tale, al momento dell’invio in sala angiografica fosse considerato un potenziale candidato all’embolizzazione; i vantaggi di tale condotta sarebbero:

-il trattamento definitivo di una quota di pazienti già in sede di angiografia, che giungerebbero così ad una rapida soluzione del problema, evitando inoltre di essere sottoposti ad un intervento gravato da un rischio non trascurabile;

-la stabilizzazione delle condizioni di quei pazienti che, per caratteristiche della lesione e/o livello di danneggiamento della ghiandola, necessiteranno prevedibilmente comunque di un trattamento chirurgico, il quale potrà essere così eseguito in urgenza differita od in elezione, con sensibile riduzione del rischio operatorio (a tal fine, alcuni Autori riportano, in alternativa all’embolizzazione transcatetere, l’emostasi tramite catetere a pallone (1)).

Tale metodica non è ovviamente al riparo dalla possibilità di insuccesso.

Potremmo distinguere insuccessi primari e secondari.

-Primari, quando nella fase diagnostica della procedura si ravvisi l’impossibilità tecnica di eseguire un’efficace embolizzazione; questo può avvenire a causa del ridotto diametro del vaso sanguinante che impedisce l’inserimento del catetere, oppure quando l’embolizzazione, sebbene tecnicamente eseguibile, sarebbe vanificata dalla presenza di molteplici circoli collaterali che continuerebbero ad alimentare l’ emorragia.

-Secondari, quando successivamente ad un’embolizzazione tecnicamente riuscita si verifichi una recidiva emorragica che può richiedere la laparotomia d’urgenza o la ripetizione della procedura.

Stabile e coll. riportano da esperienza personale e da revisione della letteratura, numerosi casi in cui si è reso necessario procedere a successive o reiterate embolizzazioni.

-Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico ha il duplice scopo di :

-arrestare l’emorragia e prevenire il risanguinamento;

-trattare la patologia pancreatica di base.

Il vaso sanguinante, la posizione della lesione, la presenza di pseudocisti e l’interessamento splenico cagionano la scelta di una delle diverse possibilità operative, che sono rappresentate dalle exeresi pancreatiche (splenopancreasectomia distale (fig.5) e duodenocefalopancreasectomia) e dall’emostasi per legatura, selettiva o periferica, del vaso responsabile, associate o meno a drenaggio del pancreas e/o della pseudocisti associata.

Il trattamento che espone il paziente ad un minor rischio di recidive è rappresentato dalla parziale demolizione della ghiandola con rimozione delle pseudocisti eventualmente presenti ed emostasi all’origine del vaso responsabile.

Tale approccio è di norma adottato qualora la sede del sanguinamento sia corpo-caudale, quando le dimensioni dell’eventuale pseudocisti siano contenute e le condizioni generali del paziente soddisfacenti.

Se tali condizioni non sono soddisfatte (localizzazione cefalica, rapporti anatomici e dimensioni della pseudocisti, rischio operatorio) si potrà optare per l’emostasi, selettiva o periferica (transcistica), del vaso responsabile del sanguinamento ed il drenaggio digestivo del pancreas e/o della pseudocisti; l’emostasi periferica è però gravata da una elevata frequenza di risanguinamenti (50-75%) e dovrebbe, ove possibile, essere associata a legatura extracistica(19).

Prima di procedere all’apertura di una pseudocisti, anche in assenza di anamnesi o segni di sanguinamento, è fondamentale eseguire un’ agoaspirazione della stessa (fig.5): l’eventuale ottenimento di sangue impone di eseguire una legatura selettiva prima di effettuare l’incisione(19).

Esistono varie metodiche di drenaggio; la pseudocisto-digiuno anastomosi su ansa alla Roux è la tecnica più adottata.

In alternativa vi sono il drenaggio esterno e la pseudocisto-gastro anastomosi, in cui il basso pH gastrico svolgerebbe un’azione protettiva impedendo l’attivazione degli enzimi pancreatici.

È questo un intervento per cui si opta raramente, in prevalenza quando la posizione della pseudocisti renda la confezione di tale anastomosi particolarmente vantaggiosa rispetto all’abboccamento col digiuno.

Esso tuttavia espone a complicanze quali l’azione erosiva del succo gastrico sulla superficie interna della pseudocisti ed il ristagno di materiale alimentare all’interno della cavità, la quale si comporterebbe come un diverticolo.

Secondo alcuni Autori (4) in caso di localizzazione cefalica, nell’ impossibilità di procedere ad una embolizzazione la duodenocefalo-pancreasectomia deve essere considerata l’intervento di scelta; tuttavia, vista la non trascurabile mortalità associata all’esecuzione in urgenza di tale procedura, sarebbe da valutare anche l’opportunità di un’ emostasi selettiva o periferica seguita da drenaggio interno od esterno del pancreas e/o della pseudocisti.

Anche l’emostasi intracistica tramite pallone o packing può essere presa in considerazione come trattamento provvisorio.

Spesso l’atto chirurgico deve essere completato dalla splenectomia, nel caso di lesioni dirette dell’organo o di coinvolgimento di arteria e/o vena splenica che non preservi l’integrità funzionale dei circoli collaterali, o qualora una resezione caudale del pancreas non consenta il risparmio dell’organo, peraltro indenne.

 
MORTALITA’ E MORBILITA’

La mortalità nelle emorragie arteriose pancreatiche, in assenza di trattamento tempestivo ed adeguato, è secondo la maggior parte degli Autori prossima al 100%.

L’intervento è gravato da una mortalità globale superiore al 10%, che sale al 33% nel caso di un trattamento chirurgico eseguito in emergenza (7) .

Tra le complicanze che si verificano nei soggetti trattati per emorragia pancreatica la più frequente è il risanguinamento, osservato in pazienti sottoposti ad embolizzazione o ad emostasi chirurgica ottenuta senza exeresi; negli interventi di resezione la recidiva emorragica è rara.

Abbastanza frequenti sono le complicanze ascessuali, settiche e le fistole; può verificarsi sindrome epatorenale ed infarto splenico.

Adams e coll. (1), in uno studio retrospettivo su 180 casi di portatori di pseudocisti pancreatiche hanno identificato 13 pazienti in cui una grave emorragia arteriosa impose il trattamento d’urgenza.

Di questi, 6 furono sottoposti ad embolizzazione transcatetere ed i rimanenti 7 a trattamento chirurgico; l’unico decesso si verificò in quest’ultimo gruppo, a causa di insufficienza epatica e sindrome epatorenale secondarie a cirrosi alcoolica.

L’entità media delle perdite ematiche fu inferiore nei pazienti trattati con embolizzazione: 6,8 contro 17,5 unità di eritrociti concentrati.

Oltre al già citato decesso, le complicanze (verificatesi tutte in pazienti con grave epatopatia alcoolica, trattati con embolizzazione) furono encefalopatia epatica, coagulopatia, insufficienza respiratoria, sepsi della linea centrale e ripetuti risanguinamenti che richiesero la reiterazione dell’embolizzazione.

CASI CLINICI DI CAUSE INUSUALI DI EMORRAGIA
PANCREATICA RIPORTATI DALLA LETTERATURA

Come già accennato, non si può parlare di una forma tipica con cui l’emorragia pancreatica si manifesti.

Alcuni quadri tuttavia, si presentano con maggiore costanza quali l’interessamento delle arterie splenica, pancreaticoduodenale o gastroduodenale, l’emorragia digestiva da rottura della pseudocisti nello stomaco nel duodeno o nel digiuno, l’emosucco pancreatico, la rottura in addome.

Vi sono inoltre delle presentazioni più desuete che, per la loro infrequenza e per loro caratteristiche anatomo- e fisiopatologiche possono risultare ulteriormente problematiche per la diagnosi e per le complicanze a cui espongono.

-Rottura di pseudocisti pancreatica nel colon

Santos e coll.(17) riportano due casi di emorragia causata da rottura nel colon di pseudocisti pancreatiche.

In entrambi i casi si trattava di soggetti di sesso maschile, l’uno di 43 e l’altro di 40 anni, positivi per abuso alcoolico cronico e malnutriti.

Il primo è giunto all’osservazione dei medici del pronto soccorso per sanguinamento rettale massivo, vertigini e crisi collassiali; agli esami di routine è risultato ipoteso, tachicardico ed anemico.

E’ stata eseguita una EGDS, che ha messo in evidenza atrofia della mucosa gastrica ma nessuna sede di sanguinamento.

Successivamente il paziente ha avuto tre episodi di evacuazione con grande quantità di sangue rosso vivo; è stata eseguita una colonscopia, che ha evidenziato una cospicua replezione da parte di sangue e coaguli del colon di sinistra. In corrispondenza della flessura splenica si è individuato un ostio d’aspetto diverticolare ed una compressione estrinseca riducente il diametro del lume.

Tali reperti hanno indotto a formulare le ipotesi di una malattia diverticolare, di compressione estrinseca da pseudocisti del pancreas e pseudocisto-colonstomia. Ecotomografia e clisma opaco hanno confermato il sospetto diagnostico di pseudocisti pancreatica comprimente e comunicante con il colon.

A seguito di un ulteriore evento collassiale, il paziente è stato sottoposto a laparotomia d’urgenza; in tale sede è stata identificata una pseudocisti nella porzione caudale della ghiandola ed è stata appurata l’origine dall’arteria splenica del sanguinamento.

Il trattamento è consistito in splenectomia, resezione colica segmentaria e colonstomia.

Il secondo paziente è stato ricoverato per anemia, dolore addominale ed ematochezia perdurante da 5 giorni.

All’anamnesi tale paziente risultava essere stato sottoposto a Billroth I per ulcera peptica.

All’ingresso risultava febbrile (38°C), moderatamente tachicardico, ipoteso ed anemico con leucocitosi neutrofila.

La rettosigmoidoscopia evidenziò la presenza nell’ampolla rettale e nel sigma di sangue scuro e di coaguli.

Fu eseguita una colonscopia i cui risultati non furono significativi, non essendo stata effettuata la preparazione del colon.

A causa del verificarsi di un imponente sanguinamento rettale a venti ore dall’ ingresso, fu eseguita una laparotomia d’urgenza durante la quale furono trovate delle pseudocisti pancreatiche infette estese alla flessura splenica del colon ed un ampio ematoma retroperitoneale.

La sede dell’emorragia fu individuata in una branca dell’arteria splenica. Fu eseguita una resezione colica segmentaria con colonstomia e fu posizionato un drenaggio tubulare retroperitoneale.

Yamagishi e coll.(21) riportano il caso di un paziente giunto in ospedale per dispnea. Fu trovato un quadro di pancitopenia ed un puntato sternale permise di porre diagnosi di sindrome mielodisplastica.

Una TC evidenziò splenomegalia e varici gastrointestinali dovute a ostruzione della vena splenica da parte di una pseudocisti del pancreas.

Fu posto in trattamento con infusione di eritrociti concentrati e la sua emoglobina fu mantenuta tra 6 e 7g/dl.

Dopo 18 giorni dal ricovero si verificò un massivo sanguinamento rettale con shock ipovolemico.

La colonscopia evidenziò l’orifizio di una fistola in flessura splenica; all’angiografia fu individuato uno pseudoaneurisma dell’arteria splenica, con passaggio di mdc nel lume del colon.

Fu eseguita con successo un’embolizzazione transcatetere.

La rottura spontanea di una pseudocisti pancreatica nel tratto gastrointestinale può avere evoluzioni assai diverse, secondo il livello al quale si verifica: qualora avvenga nello stomaco o nel piccolo intestino, in assenza di emorragia si potrà avere il drenaggio della pseudocisti e la sua conseguente guarigione spontanea.

Al contrario, la rottura nel lume del colon espone invariabilmente allo sviluppo di gravi complicanze, quali ascessualizzazione, sepsi e/o emorragia massiva, imponendo l’intervento d’urgenza.

-Emorragia da pseudocisti pancreatica mimante un’ulcera duodenale sanguinante

Muckart e Bade (14) riportano un significativo caso di diagnosi raggiunta solo in sede operatoria.

Un paziente di 58 anni viene ricoverato in seguito a melena, ematemesi, dolore addominale, anoressia e perdita di peso.

L’anamnesi è positiva per pregresso abuso alcoolico cronico, mentre viene negata l’assunzione recente di alcool; nel tentativo di lenire il dolore addominale, il soggetto si era autosomministrato elevate quantità di paracetamolo.

Al primo esame il paziente risulta normoteso e tachicardico; Hb 10.8 , Ht 32%, s-Amy 175; il giorno seguente Hb scenderà a 8.1 ed Ht a 24%.

Nessuna massa evidenziata alla palpazione, epatomegalia e moderata tensione addominale in epigastrio.

Un’esplorazione rettale ha confermato la melena; all’EGDS si è dimostrata un’ulcera duodenale con evidenza di recente sanguinamento, ma nessun vaso visibile. La insoddisfacente risposta alle trasfusioni ha indotto ad optare per l’intervento.

Lo stomaco ed il duodeno furono trovati repleti di sangue; raggiunta le sede dell’ulcera attraverso una pilorotomia e rimosso un grosso coagulo dalla parete del bulbo duodenale, anziché trovare il vaso supposto responsabile dell’emorragia si rinvenne una comunicazione con la retrocavità degli epiploon, da cui l’aspiratore rimosse grandi quantità di sangue e coaguli; fu inciso il legamento gastro-colico e lo spazio sotteso fu liberato dai coaguli, senza che una fonte di sanguinamento fosse identificata.

Un’esplorazione digitale identificò la comunicazione con un’ulteriore cavità sviluppantesi in direzione dell’ilo splenico, anch’essa repleta da coaguli; l’arteria splenica fu identificata come fonte dell’emorragia.

La diagnosi intraoperatoria di pseudocisti pancreatica fu confermata in seguito da un esame istologico.

Il trattamento consistette nella legatura dell’arteria splenica e nel drenaggio esterno.

Come sostenuto in precedenza, l’identificazione attraverso esami strumentali di una condizione frequentemente associata ad emorragia digestiva non può escludere con assoluta certezza la presenza di una lesione pancreatica sanguinante.

Nel caso riportato è stato seguito il protocollo previsto per simili reperti endoscopici e laboratoristici (necessità di 5 o più unità di sangue per mantenere l’ematocrito a livelli accettabili), vista anche l’aspecificità di un modesto incremento dell’amilasi sierica, ed è stato attuato il trattamento urgente per un’ulcera peptica sanguinante.

Tuttavia, l’esecuzione di una ecografia avrebbe verosimilmente evidenziato la raccolta ematica ed i coaguli nella retrocavità degli epiploon e la pseudocisti della coda pancreatica, consentendo la corretta diagnosi in sede preoperatoria.

-Pseudoaneurisma dell’arteria epatica propria

Fernandez-Cruz (8) e coll. descrivono un raro caso di emosucco pancreatico dovuto a pseudoaneurisma dell’arteria epatica comune.

Si tratta di una paziente di 59 anni, sottoposta in passato a Billroth II per ulcera duodenale ed a colecistectomia, positiva all’anamnesi per ripetuti episodi di pancreatite acuta, ricoverata per dolore addominale acuto.

All’obiettività presentava tensione addominale in epigastrio. Gli esami di laboratorio evidenziarono anemia microcitica ed una amilasi sierica di 3880 U/l. Fu posta diagnosi di pancreatite acuta ed un’ecografia dimostrò una pseudocisti cefalica di 3 cm di diametro.

Fu instaurato un trattamento conservativo, seguito da riduzione delle amilasi e miglioramento delle condizioni della paziente.

Dopo due settimane si ripresentò il dolore addominale, seguito da ipotensione ed ematemesi, elevazione dell’amilasi (1070) e della lipasi (2070); la TC confermò presenza, dimensioni e localizzazione della pseudocisti; fu eseguita una EGDS che non individuò la sede del sanguinamento. La ERCP che seguì mostrò un dotto biliare comune nella norma ed una pseudocisti pancreatica riempita di mezzo di contrasto.

L’angiografia dimostrò uno pseudoaneurisma di 8 mm dell’arteria epatica propria e la mancata progressione del mdc nella branca destra della stessa.

Fu eseguita una laparotomia, asportazione della pseudocisti, resezione dello pseudoaneurisma ed anastomosi termino-terminale dei monconi dell’arteria.

La particolarità di questo caso risiede nella sede dello pseudoaneurisma: secondo gli Autori, all’epoca della pubblicazione dell’articolo (1992) solo tre casi di interessamento dell’arteria epatica propria erano riportati in letteratura.

Come presentazione ed iter diagnostico può invece considerarsi (nei limiti che la rarità di questa patologia pone) un caso tipico, in cui sono esemplificate le funzioni delle diverse tecniche di imaging e le informazioni da esse ottenibili. Da notare è il trattamento dello pseudoaneurisma finalizzato al risparmio del vaso lesionato.

-Rottura spontanea della milza in corso di pancreatite

Riportiamo infine un caso di rottura di milza conseguente a pancreatite cronica, descritto da Ninchieri-Kunz e coll. (15).

Si è trattato di un paziente di 33 anni, di sesso maschile, portatore di una voluminosa pseudocisti ascessualizzata in sede caudale diagnosticata nel ‘90, sottoposta durante il primo ricovero ad agoaspirazione ecoguidata.

Nell’arco dei successivi due anni, il paziente è stato ricoverato diverse volte per dolore addominale; durante tali ricoveri è stato documentato un alterno comportamento delle amilasi ed una persistenza della pseudocisti con segni di flogosi.

Nel febbraio ‘92 il paziente, ricoverato in chirurgia con diagnosi di pancreatite cronica riacutizzata, andò in stato di shock mostrando una repentina caduta dell’ematocrito.

All’ecografia si repertò un aumento nelle dimensioni della pseudocisti e la presenza di liquido libero in cavo addominale.

Fu eseguita una laparotomia d’urgenza che evidenziò emoperitoneo (2.5 l circa), coaguli anche non recenti in grande quantità nel seno costofrenico di sinistra, ed una milza attraversata da numerose linee di frattura e con omento strettamente adeso alla superficie.

Durante le manovre per l’asportazione della milza, fu scoperta ed accidentalmente decapitata una formazione pseudocistica sita nella coda del pancreas.

Fu eseguita una splenectomia con legatura dei vasi all’ilo; la pseudocisti fu chiusa con una borsa di tabacco ed apposizione di un lembo di omento; l’esame microscopico della milza rivelò la presenza di una formazione cistica descritta come "pseudotumore infiammatorio".

Dopo due mesi fu eseguita in elezione una pseudocisto-digiuno anastomosi su ansa alla Roux.

Il paziente andò incontro a due recidive in seguito a rottura della pseudocisti e perforazione del colon.

 
CASISTICA PERSONALE

Questo studio prende in esame 16 casi di emorragia digestiva e/o intra-retro-peritoneale da causa pancreatica, in cui l’evento emorragico è stato dovuto ad una lesione di un vaso arterioso.

Si è trattato di 15 uomini ed una donna, con un’età media di 47 anni (SD 9,4 range 33-66) (fig.6).

Tutti i pazienti avevano una storia di pancreatite cronica alcoolica o di pseudocisti perdurante da 2 a 7 anni, con una media di 3,2 anni.

Due di essi avevano subito un intervento precedente per la malattia pancreatica.

L’esordio dell’evento emorragico è stato violento ed ingravescente in 12 casi (in 11 dei quali si è presentato con gravi segni emodinamici e/o di anemizzazione) e preannunciato da episodio lieve o facilmente controllabile in 4.

I casi di emorragia digestiva sono stati complessivamente 13 e 3 quelli di emorragia intraperitoneale.

Melena si è avuta in 7 pazienti, emowirsungragia in 6 ed ematemesi in 4.

12 pazienti hanno lamentato dolore addominale, talora riferito come violento ed improvviso.

In 2 casi si è assistito all’aumento volumetrico di una massa palpabile

(fig.7).

La EGDS è stata eseguita in 10 casi, documentando in ciascuno l’emorragia digestiva e visualizzando la presenza di sangue nella papilla in 6. In 3 casi è stata seguita da ERCP.

9 pazienti sono stati sottoposti ad ecografia; in 3 casi tale esame ha permesso di sospettare il vaso responsabile del sanguinamento, oltre a documentare per la presenza di alterazioni a carico del parenchima pancreatico per la malattia di base. Le pseudocisti presenti sono state sempre individuate.

In 11 pazienti è stata eseguita la TC, sempre risolutiva circa la causa pancreatica; in 6 casi essa è stata indicativa rispetto al vaso responsabile dell’emorragia (fig. 2 e 8).

L’angiografia è stata eseguita in 13 casi ed ha sempre permesso di identificare la fonte emorragica (fig.9).

Il vaso responsabile è stato in 8 casi l’arteria splenica, in 5 l’arcata pancreaticoduodenale, in 2 l’arteria gastrica sx ed in 1 l’arteria mesenterica superiore (fig.10).

In 3 casi si è proceduto ad embolizzazione transcatetere, 2 volte dell’arteria splenica ed 1 dell’arteria gastrica sx; essa è stata risolutiva nel caso dell’arteria gastrica sx, preliminare, subito seguita da laparotomia nei rimanenti 2 casi.

Per il trattamento chirurgico, sono state eseguite 7 exeresi ed 8 emostasi tra tronculari bipolari e periferiche (fig.5).

Tra le exeresi si hanno 5 resezioni distali con splenectomia e 2 duodenocefalopancreasectomie (fig.11).

In 8 casi si è proceduto a drenare il pancreas e/o la pseudocisti tramite anastomosi con ansa digiunale defunzionalizzata alla Roux una volta eseguita l’emostasi, elettiva o periferica, sul vaso coinvolto (fig.12).

3 pazienti sono deceduti (18,7%); di questi, 2 erano stati sottoposti ad embolizzazione seguita da laparotomia d’urgenza per recidiva emorragica ed 1 a ripetuti interventi chirurgici, sempre per recidive.

2 decessi sono avvenuti per shock emorragico ed 1 per sepsi e sindrome epatorenale.

Come cause di morbilità post operatoria si annoverano 5 recidive emorragiche relative ai 3 pazienti deceduti, 2 casi di deiscenza della ferita chirurgica, 2 fistole enteriche, 1 fistola pancreatica con infezione da candida, 1 fistola biliare ed 1 caso di broncopneumopatia (fig.13).

DISCUSSIONE

Le emorragie da erosione vascolare arteriosa in corso di malattia infiammatoria cronica del pancreas, rappresentano una drammatica evoluzione della storia naturale della malattia.

Il quadro clinico con cui si manifestano può essere drammatico e dominato dallo shock emorragico.

Meno frequentemente esse possono evidenziarsi con ripetuti episodi di emorragia digestiva della quale non si riesce ad identificare la causa.

Nella nostra esperienza, la presentazione clinica è stata quasi sempre rappresentata da un quadro di grave emorragia.

In 13 pazienti esse si sono presentate con i segni dell’emorragia digestiva, mentre in 3 con i segni dell’emorragia intra- e retroperitoneale.

Si è sempre trattato di pazienti con pancreatite cronica alcoolica e quasi esclusivamente di sesso maschile.

Per quanto attiene l’aspetto diagnostico, il problema più difficile è quello di discriminare questo tipo di emorragie rispetto a quelle dovute ad altre cause a carico del tratto digestivo, mentre per quanto riguarda i quadri di emoperitoneo o emoretroperitoneo il problema di diagnosi differenziale viene risolto in sede di laparotomia d’urgenza.

Circa le metodiche diagnostiche, nella nostra esperienza l’endoscopia digestiva ha avuto un’affidabilità diagnostica del 100% nei pazienti con sanguinamento gastrointestinale.

Ha altresì potuto attribuire con sicurezza la causa pancreatica in 6 di essi (60%), grazie alla dimostrazione dello stillicidio ematico dalla papilla di Vater.

L’endoscopia pertanto risulta essere l’esame di prima istanza nei pazienti che presentano i segni clinici dell’emorragia digestiva, in quanto permette di documentare la presenza di sangue nel tratto digestivo e talvolta di identificarne la provenienza.

Le metodiche di imaging possono invece rappresentare l’esame di scelta nelle presentazioni cliniche con dolore addominale o reperto obiettivo di massa addominale pulsante o in rapido incremento volumetrico.

Queste metodiche infatti, hanno un ruolo fondamentale soprattutto nell’identificazione della presenza di lesioni pseudocistiche che per localizzazione topografica possono essere responsabili del quadro clinico, o possono talvolta evidenziare lesioni pseudoaneurismatiche.

Tra queste metodiche risulta meno accurata nella diagnosi l’ecografia addominale, mentre la TC presenta maggiori percentuali di affidabilità.

Nella nostra esperienza, l’ecografia ha permesso in tutti i casi di evidenziare le alterazioni a carico del pancreas dovute alla malattia infiammatoria di base, ma è stata in grado di porre il sospetto di emorragia pancreatica e di suggerirne la possibile sede solo in 3 dei 9 casi in cui essa è stata utilizzata (33,3%).

La TC, negli 11 casi in cui essa è stata eseguita, ha sempre documentato le alterazioni parenchimali legate alla pancreatite di base e la presenza di pseudocisti, mentre ha evidenziato uno pseudoaneurisma ed ha dato indicazioni sul vaso sede di pseudoaneurisma in 6 di esse (54,5%).

L’uso dell’eco-color doppler, che purtroppo non abbiamo fin ora utilizzato nella nostra esperienza, potrebbe aumentare l’accuratezza diagnostica dell’ecografia.

L’angiografia rimane in questa drammatica evenienza clinica la metodica più affidabile.

Anche nella nostra esperienza, analogamente a quanto riportato nella letteratura, l’attendibilità è di circa il 100%.

L’angiografia, come abbiamo già avuto modo di sostenere, è utile oltre che per l’identificazione e la localizzazione della sede di sanguinamento, anche per il suo controllo, definitivo o temporaneo, mediante l’embolizzazione arteriosa transcatetere.

L’embolizzazione finalizzata all’ottenimento di un controllo temporaneo dell’emorragia è di notevole importanza, in quanto permette il riequilibro delle condizioni circolatorie del paziente, consentendo di eseguire il trattamento chirurgico in condizioni di maggiore sicurezza.

Il vaso prevalentemente interessato, sia nella nostra esperienza che in letteratura, è l’arteria splenica (50% dei nostri casi); seguono le arcate pancreaticoduodenali (31% dei nostri casi); non abbiamo mai osservato casi di emorragia dall’arteria gastroduodenale, al terzo posto nelle casistiche presenti in letteratura, mentre abbiamo documentato 2 emorragie dall’arteria gastrica sx ed 1 dall’arteria mesenterica superiore.

Il trattamento non chirurgico mediante embolizzazione transcatetere del vaso sanguinante risulta oggi essere quello di prima istanza.

Nella nostra esperienza lo abbiamo eseguito in 3 dei casi venuti più recentemente alla nostra osservazione ed è risultato essere terapeutico in 1 di essi, mentre nei rimanenti 2 non è stato risolutivo ed i pazienti sono stati sottoposti ad ulteriori trattamenti per recidive emorragiche.

Per quanto attiene il trattamento chirurgico, queste evenienze emorragiche costituiscono un’emergenza terapeutica e talora, per le gravi condizioni del paziente non è possibile espletare tutto l’iter diagnostico che si ha a disposizione per una corretta e completa definizione del quadro.

Tuttora la terapia chirurgica non è codificata da schemi univoci ed uniformemente validi, ma deve adattarsi da una parte alle condizioni generali del paziente, dall’altra alle alterazioni pancreatiche e degli organi peripancreatici, nonché alla sede del sanguinamento.

Spesso l’intervento è difficile, specialmente se non si hanno delle precise informazioni preoperatorie; in questi casi è indispensabile un’esatta valutazione della situazione anatomopatologica locale.

Per quanto riguarda le metodiche chirurgiche, gli interventi di exeresi di parte della ghiandola, mediante splenopancreasectomia sinistra o duodenocefalopancreasectomia, rappresentano la soluzione terapeutica ideale in quanto permettono di asportare il focolaio emorragico e la lesione pancreatica che lo ha determinato.

Essi possono essere realizzati con minore difficoltà per pseudocisti non voluminose impiantate sul corpo-coda ed in pazienti in buone condizioni emodinamiche.

Viceversa, la localizzazione cefalica della fonte emorragica, pseudoaneurisma e/o pseudocisti, grandi dimensioni o rapporto topografico critico di quest’ultima con organi e strutture vascolari contigue, o una situazione di elevato rischio operatorio causata dalle condizioni generali del paziente potranno indurre a ripiegare su misure di emostasi in sede elettiva o periferica del vaso sanguinante, con derivativa digiunale della pseudocisti e/o del pancreas.

La duodenocefalopancreasectomia è un intervento tecnicamente molto complesso, e comporta un significativo trauma operatorio già in condizioni di elezione. La sua esecuzione in urgenza è gravata da elevata mortalità.

Nella nostra esperienza, un intervento demolitivo è stato eseguito in 7 pazienti (43,7%): 5 splenopancreasectomie distali e 2 DCP.

Gli interventi non exeretici sono gravati da una percentuale di recidive emorragiche maggiore rispetto alle resezioni.

Queste metodiche sono state eseguite in 8 dei pazienti del nostro studio, 2 dei quali hanno presentato recidive emorragiche che li hanno portati al decesso (25%).

La mortalità complessiva nella nostra esperienza è stata del 18.7% (3 decessi in 16 casi); questo dato si colloca nella media di quanto riportato in letteratura da quei centri che hanno potuto maturare un’esperienza con un numero discreto di casi osservati.

Un corretto e tempestivo iter diagnostico, un adeguato trattamento e l’esperienza del gruppo chirurgico in patologia pancreatica consentono di conseguire dei risultati terapeutici migliori con una riduzione della mortalità operatoria, la quale è tuttora elevata.

Alla luce dell’esperienza maturata con i casi venuti alla nostra osservazione, abbiamo elaborato un algoritmo diagnostico-terapeutico per l’inquadramento ed il trattamento delle emorragie in pazienti con patologia flogistica del pancreas (fig.14) .

 
CONCLUSIONI

Come ripetutamente abbiamo sostenuto, l’emorragia di origine pancreatica di solito è un evento molto grave che richiede un corretto inquadramento ed un tempestivo indirizzamento verso il trattamento ottimale.

Punti fondamentali per la diagnosi sono rappresentati dalla esofago-gastro-duodenoscopia e dall’angiografia, specialmente in quei pazienti che si presentano in condizioni emodinamiche compromesse.

L’ecografia e la TC devono essere considerate complementari quando sussista un quadro di emorragia digestiva, manifestazione prevalente dell’emorragia di origine pancreatica, e sono da eseguire solo se il paziente sia in condizioni emodinamiche stabili.

Altro punto fondamentale è rappresentato dall’embolizzazione del vaso responsabile dell’emorragia, da eseguire in tutti i casi salvo che ciò non sia possibile per cause tecniche o anatomiche, in quanto con l’affinamento della tecnica e l’aumento dell’esperienza questa metodica viene ad essere risolutiva in una percentuale sempre più elevata dei casi.

L’intervento chirurgico deve mirare non solo alla risoluzione della complicanza emorragica, ma anche al trattamento della patologia di base.

Pertanto sono da preferire gli interventi di resezione cisto-parenchimale, salvo nei casi in cui queste tecniche diventino ad alto rischio, per situazioni anatomiche o per condizioni generali del paziente.

Infatti, analogamente a quanto succede in elezione, con il miglioramento del supporto anestesiologico e rianimatorio, con l’affinamento delle tecniche chirurgiche e con l’afferenza a centri di alta specializzazione pancreatica, la mortalità e morbilità per interventi resettivi è in diminuzione.

Quando si è obbligati al trattamento di emostasi è da preferire quello elettivo sul vaso fonte di emorragia e dev’essere associata la derivativa digestiva del pancreas e/o della pseudocisti.

 

 
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