RAPSODIE ESISTENZIALI (di Paolo Miccoli)
Che significa per Fabian Di Rosa raccontarsi e raccontarci
quelle vicende perenni che fanno assurgere a dignità di
senso i giorni di pena e di speranza?
Offrire illuminazione lirica e trasfigurante alle
consuetudini quotidiane del vivere nella bassa radura
di sentimeti tumultuosi e di gesti pragmatici.
Fabian, giovane poeta, è uno di noi, ma vive
sente ed esprime in forma 'singolare' l'esperienza umana.
La sua forza è data dalla fragilità della parola:
parola non asservita, né asservibile al volere dei
filistei del momento, e per questo spiritualmente
libera e sovrana.
Ecco una possibile chiave di lettura della poetica
d i Fabian che esce dal riserbo della fascinazione emotiva
del suo universo interiore e ci fa dono di scintille
luminose che prendono consistenza di canto all'amicizia,
all'amore, all'anelito di autenticità che trascende le
idiolatrie del possesso e del successo mondano e si apre
alla pietas vera nei confronti del prossimo avvilito
ed emarginato.
Lo stile di Fabian è un dire terso, essenziale, talora
giocato sul registro esigente di analogie sottili e
sincopate, nonchè di allegorie enigmatiche che impegnano
la mente del lettore e lo coinvolgono simpateticamente
nella funzione catartica della parola poetica.
Ognuno di noi è interpellato sulle possibilità acquietanti
dei lidi dell'amore sorretti da "… mani/ sorridenti in
grazia e beltà"; sulle sfide lanciate dall'egoismo
borghese: "Prenderò sul serio chi/ mente, finchè
qualcuno/ sarà attento di più alla/ follia misurata";
o, ancora, sulla condanna severa dei soprusi sociali
esemplata nell'epòdo "Oggi ho ucciso un'ape", nella cui
chiusa esplode la collera del timido poeta: "Anch'io ho
problemi ma/ non ho il monopolio…/ … Sorvolo".
Nel
sorvolare sulla cattiveria è la nobiltà di Fabian Di Rosa
che sa volgere in positivo le espansioni del desiderio.