L’IMMAGINE A CUI GUARDIAMO
L’immagine che queste mappe e
questo Rapporto
tentano di presentare alla mente, o più precisamente
all’immaginazione
(visto che su questo si basa) del Londinese, è una diretta
emanazione
del Piano per la Contea di Londra. A dominare gli scopi di entrambi
c’è
l’idea di comunità – da un lato la comunità della
Capitale
dell’Impero, all’altra estremità le comunità di persone
semplici
il cui lavoro ed esistenza per sorte si svolge dentro questa regione
metropolitana
imperiale. Il centro va dagli splendori di Westminster e della City
alle
miserie delle file di case bombardate nell’East End. La Londra Esterna
è più esclusivamente interessata dagli aspetti
residenziali
e industriali, con l’eccezione delle principali arterie di traffico che
le passano attraverso e il cui principale obiettivo è il centro:
Ferrovie Principali, Autostrade mono-scopo e Aeroporti di rango da
mondiale
a nazionale, sono situati lì, ma non appartengono al luogo.
Un’altra
eccezione al dominio delle comunità locali nella regione esterna
è la fascia di terreni aperti – sia la Cintura Verde che gli
Anelli
Rurali – di cui tutta Londra partecipa.
Il Governo ha, in parecchie
occasioni,
in primo luogo per bocca del Primo Ministro, dichiarato che dopo la
guerra
ci saranno a disposizione per tutti i cittadini case, lavoro e cibo. Ma
metterli a disposizione non è così semplice come appare.
Non è solo questione di quantità, non solo di
qualità
individualistiche, ma di offerta sistematica.
Non è soddisfacente
costruire milioni
di case, anche buone case, se stanno nel posto sbagliato.; se sono
troppo
lontane dal lavoro; se perpetuano condizioni di sovraffollamento; se
non
sono organizzate in unità funzionali, se non sono attrezzate con
centri sociali e commerciali; se usurpano senza motivo le migliori
terre
agricole. Né vale il semplice espediente di realizzarle pro
rata,
a quote di popolazione o stati di avanzamento di ciascuna
autorità
locale, come fatto nel passato. Molte autorità hanno bisogni di
meno case, ma di migliore qualità; molte che ne necessitano di
più
non sanno dire quante di più; alcune località, quasi
disabitate,
potrebbero ospitare grandi (ma non troppo grandi) quantità di
popolazione.
Enormi aree residenziali buttate dove si poteva acquistare un pezzo di
terra a buon mercato, e dove c’era o si poteva inventare un buon
servizio
per il centro di Londra, sono esempi di costruzione senza
pianificazione.
E non è saggio usare le
fabbriche
di guerra semplicemente perché gli edifici stanno lì e ci
si può cavare denaro facile vendendole; né consentire a
qualunque
speculatore che trova una chiazza di terra e il permesso di una
compiacente
autorità urbanistica, di tentare gli industriali a sistemarsi
lì,
esistano o no una corretta localizzazione per i trasporti e la
disponibilità
di lavoro. Le aree di crisi, le agglomerazioni ipertrofiche e le
vecchie
città senza più equilibrio (che prima conducevano una
tranquilla
esistenza) sono alcuni dei risultati dell’attività economica
senza
pianificazione.
Infine, le nostre riserve di cibo,
fonte
non solo di salute ma dello stesso piacere dell’esistenza, sono
decurtate
dallo sparpagliarsi e allungarsi di case e fabbriche, non solo
costruite
soprale terre migliori, ma a bistrattare anche ciò che non
è
completamente perduto, e a spezzare l’unitarietà economica delle
aziende agricole; o ancora peggio, spingendo l’agricoltura sempre
più
lontano, con la capziosa scusa che i mezzi di trasporto veloci possono
compensare la distanza riducendo i tempi.
Non è in nessun modo
facile integrare
questi tre aspetti, e aggiungere l’importante fattore delle
comunicazioni
locali e di lunga distanza per persone e merci, assicurando al tempo
stesso
che tutte le comunità emergano con successo (socialmente e
finanziariamente)
individualmente in sé, e nello stesso tempo a formare una parte
del tutto di Londra. Come già accennato, le comunità
interessate
da questo piano sono grosso modo di quattro tipi:
(i) i vecchi borghi interni, la
maggior
parte dei quali richiede travaso e ricostruzione
(ii) i sobborghi consolidati, che
necessitano
di maggior raggruppamento comunitario, ma che contengono considerevoli
aree a carattere statico
(iii) le cittadine esistenti
più
oltre, molte delle quali sono pronte e capaci di accogliere aggiunte
grandi
o piccole dalla Londra Interna; e
(iv) le località sulle
quali devono
essere create comunità completamente nuove
È impossibile dire quale
sia il
più difficile di questi quattro compiti di piano: ma tutti
meritano
un tentativo: sono realmente essenziali.
Se le vecchie municipalità
e cittadine
nonostante case insufficienti, sovraffollate, obsolescenti, mancanza di
spazi aperti e sovrabbondanza di strade pericolose, erano comunque
luoghi
di calda, umana, simpatica vita, la Londra Esterna costruita fra le due
guerre è stata in massima parte un terrificante spreco di
abitazioni
a-sociali; quasi ogni scrittore che si è occupato della crescita
di Londra ne ha parlato, e uno dei più recenti (G.D.H. Cole)
commenta:
“C’è
uno sbalorditivo numero di sobborghi attorno a Londra che sono molto
simili
a questo mio ... e dubito che, nell’intera storia dell’umanità,
ci sia mai stato un tipo di posto così povero di spirito della
comunità,
o della democrazia, o di qualunque tipo di unità salvo quella
della
semplice sovrapposizione fisica”.
È stato condotto un
meditato studio
di un quartiere di case più piccole di quelle appena descritte,
realizzate da una autorità locale, per ricostruire la cronologia
dei tentativi di edificare una comunità, e le ragioni dei suoi
originari
successi e parziali fallimenti; tra le molte di natura sottile, ci sono
cinque semplici ragioni; l’assenza di qualunque previsione o
realizzazione
di un centro sociale; una linea di confine poco chiara, con il
quartiere
originariamente circondato da campi, ora ingolfato in un mare di case;
la dispersione quotidiana in tutte le direzioni, verso posti di lavoro
lontani; una popolazione immigrata; l’amministrazione di tre diverse
autorità
locali. Questi sono senza dubbio dettagli, ma è solo studiando
attentamente
questi esempi che si possono evitare il loro errori.
“Quando si pianifica per la
pace, così
come quando si pianifica per la guerra, la parola d’ordine del Governo
è: le prime cose per prime” (dal Discorso di Capodanno di
Mr.
Attlee). Questo è molto vero, ma la più semplice parete
di
mattoni, che può far ottenere a chi la costruisce il suo
certificato
sindacale, ha bisogno di solide fondamenta, che non saranno visibili
quando
la struttura di superficie sarà completata; l’uomo che ha fretta
di risultati superficiali detesta questo tipo di lavoro, solido ma
nascosto.
Le cose, all’inizio, devono in primo luogo essere presentate bene e
chiaramente.
L’obiettivo di questo Piano
è di
costruire le fondamenta per la Grande Londra, sopra le quali si possano
avere case, lavoro, alimenti freschi, non solo in fretta, ma in modo
pieno
e permanente. Incidentalmente “tutti i bisogni che possono essere
soddisfatti”
(id.)
rappresentano le componenti essenziali del Piano, da realizzarsi man
mano
emergerà la nuova comunità.