Patrick Abercrombie
Greater London Plan 1944
Preambolo
Da: Greater London Plan 1944, by Patrick Abercrombie, His Majesty's Stationery Office, London 1945, pp. 1-20. Traduzione di Fabrizio Bottini

 
 

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L’IMMAGINE A CUI GUARDIAMO

L’immagine che queste mappe e questo Rapporto tentano di presentare alla mente, o più precisamente all’immaginazione (visto che su questo si basa) del Londinese, è una diretta emanazione del Piano per la Contea di Londra. A dominare gli scopi di entrambi c’è l’idea di comunità – da un lato la comunità della Capitale dell’Impero, all’altra estremità le comunità di persone semplici il cui lavoro ed esistenza per sorte si svolge dentro questa regione metropolitana imperiale. Il centro va dagli splendori di Westminster e della City alle miserie delle file di case bombardate nell’East End. La Londra Esterna è più esclusivamente interessata dagli aspetti residenziali e industriali, con l’eccezione delle principali arterie di traffico che le passano attraverso e il cui principale obiettivo è il centro: Ferrovie Principali, Autostrade mono-scopo e Aeroporti di rango da mondiale a nazionale, sono situati lì, ma non appartengono al luogo. Un’altra eccezione al dominio delle comunità locali nella regione esterna è la fascia di terreni aperti – sia la Cintura Verde che gli Anelli Rurali – di cui tutta Londra partecipa.

Il Governo ha, in parecchie occasioni, in primo luogo per bocca del Primo Ministro, dichiarato che dopo la guerra ci saranno a disposizione per tutti i cittadini case, lavoro e cibo. Ma metterli a disposizione non è così semplice come appare. Non è solo questione di quantità, non solo di qualità individualistiche, ma di offerta sistematica.
Non è soddisfacente costruire milioni di case, anche buone case, se stanno nel posto sbagliato.; se sono troppo lontane dal lavoro; se perpetuano condizioni di sovraffollamento; se non sono organizzate in unità funzionali, se non sono attrezzate con centri sociali e commerciali; se usurpano senza motivo le migliori terre agricole. Né vale il semplice espediente di realizzarle pro rata, a quote di popolazione o stati di avanzamento di ciascuna autorità locale, come fatto nel passato. Molte autorità hanno bisogni di meno case, ma di migliore qualità; molte che ne necessitano di più non sanno dire quante di più; alcune località, quasi disabitate, potrebbero ospitare grandi (ma non troppo grandi) quantità di popolazione. Enormi aree residenziali buttate dove si poteva acquistare un pezzo di terra a buon mercato, e dove c’era o si poteva inventare un buon servizio per il centro di Londra, sono esempi di costruzione senza pianificazione.
E non è saggio usare le fabbriche di guerra semplicemente perché gli edifici stanno lì e ci si può cavare denaro facile vendendole; né consentire a qualunque speculatore che trova una chiazza di terra e il permesso di una compiacente autorità urbanistica, di tentare gli industriali a sistemarsi lì, esistano o no una corretta localizzazione per i trasporti e la disponibilità di lavoro. Le aree di crisi, le agglomerazioni ipertrofiche e le vecchie città senza più equilibrio (che prima conducevano una tranquilla esistenza) sono alcuni dei risultati dell’attività economica senza pianificazione.
Infine, le nostre riserve di cibo, fonte non solo di salute ma dello stesso piacere dell’esistenza, sono decurtate dallo sparpagliarsi e allungarsi di case e fabbriche, non solo costruite soprale terre migliori, ma a bistrattare anche ciò che non è completamente perduto, e a spezzare l’unitarietà economica delle aziende agricole; o ancora peggio, spingendo l’agricoltura sempre più lontano, con la capziosa scusa che i mezzi di trasporto veloci possono compensare la distanza riducendo i tempi.

Non è in nessun modo facile integrare questi tre aspetti, e aggiungere l’importante fattore delle comunicazioni locali e di lunga distanza per persone e merci, assicurando al tempo stesso che tutte le comunità emergano con successo (socialmente e finanziariamente) individualmente in sé, e nello stesso tempo a formare una parte del tutto di Londra. Come già accennato, le comunità interessate da questo piano sono grosso modo di quattro tipi:
(i) i vecchi borghi interni, la maggior parte dei quali richiede travaso e ricostruzione
(ii) i sobborghi consolidati, che necessitano di maggior raggruppamento comunitario, ma che contengono considerevoli aree a carattere statico
(iii) le cittadine esistenti più oltre, molte delle quali sono pronte e capaci di accogliere aggiunte grandi o piccole dalla Londra Interna; e
(iv) le località sulle quali devono essere create comunità completamente nuove
È impossibile dire quale sia il più difficile di questi quattro compiti di piano: ma tutti meritano un tentativo: sono realmente essenziali.
Se le vecchie municipalità e cittadine nonostante case insufficienti, sovraffollate, obsolescenti, mancanza di spazi aperti e sovrabbondanza di strade pericolose, erano comunque luoghi di calda, umana, simpatica vita, la Londra Esterna costruita fra le due guerre è stata in massima parte un terrificante spreco di abitazioni a-sociali; quasi ogni scrittore che si è occupato della crescita di Londra ne ha parlato, e uno dei più recenti (G.D.H. Cole) commenta: “C’è uno sbalorditivo numero di sobborghi attorno a Londra che sono molto simili a questo mio ... e dubito che, nell’intera storia dell’umanità, ci sia mai stato un tipo di posto così povero di spirito della comunità, o della democrazia, o di qualunque tipo di unità salvo quella della semplice sovrapposizione fisica”.
È stato condotto un meditato studio di un quartiere di case più piccole di quelle appena descritte, realizzate da una autorità locale, per ricostruire la cronologia dei tentativi di edificare una comunità, e le ragioni dei suoi originari successi e parziali fallimenti; tra le molte di natura sottile, ci sono cinque semplici ragioni; l’assenza di qualunque previsione o realizzazione di un centro sociale; una linea di confine poco chiara, con il quartiere originariamente circondato da campi, ora ingolfato in un mare di case; la dispersione quotidiana in tutte le direzioni, verso posti di lavoro lontani; una popolazione immigrata; l’amministrazione di tre diverse autorità locali. Questi sono senza dubbio dettagli, ma è solo studiando attentamente questi esempi che si possono evitare il loro errori.
“Quando si pianifica per la pace, così come quando si pianifica per la guerra, la parola d’ordine del Governo è: le prime cose per prime” (dal Discorso di Capodanno di Mr. Attlee). Questo è molto vero, ma la più semplice parete di mattoni, che può far ottenere a chi la costruisce il suo certificato sindacale, ha bisogno di solide fondamenta, che non saranno visibili quando la struttura di superficie sarà completata; l’uomo che ha fretta di risultati superficiali detesta questo tipo di lavoro, solido ma nascosto. Le cose, all’inizio, devono in primo luogo essere presentate bene e chiaramente.
L’obiettivo di questo Piano è di costruire le fondamenta per la Grande Londra, sopra le quali si possano avere case, lavoro, alimenti freschi, non solo in fretta, ma in modo pieno e permanente. Incidentalmente “tutti i bisogni che possono essere soddisfatti” (id.) rappresentano le componenti essenziali del Piano, da realizzarsi man mano emergerà la nuova comunità.