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PREMESSA
Il Greater London Plan,
elaborato nelle
ultime fasi della seconda guerra mondiale da un complesso gruppo di
lavoro
coordinato da Patrick Abercrombie, è senza dubbio uno dei
“manifesti”,
se non il manifesto, della pianificazione territoriale e urbanistica
del
Novecento.
Emblematico, perché
affronta per
la prima volta in modo adeguato e complesso alcuni paradigmi: la
Metropoli
nei suoi vari aspetti di forma di governo, bacino di pianificazione,
spazio
di interazione fra vari soggetti sociali ed economici, e non ultimo
spazio
di convivenza fra valori di sviluppo, conservazione, ambiente naturale
e antropizzato.
Emblematico, ancora, perché
affronta
– a differenza delle esperienze che in un modo o nell’altro l’anno
preceduto
di qualche anno, nella Ruhr, a New York o altrove – davvero l’intreccio
fra tutte queste tematiche, recuperando e fondendo in un solo obiettivo
complesso problemi che erano già emersi, ma in modo disgiunto,
anche
ad esempio nel lavoro delle grandi Commissioni governative che del
Greater
London Plan e delle esperienze successive sono alla base istituzionale:
quella sul Decentramento Industriale (Barlow); quella sul rapporto fra
agricoltura, paesaggio, e sviluppo urbano e industriale (Scott); infine
quella sulla questione dei suoli e del rapporto fra uno stato liberale
capitalista e il governo del territorio (Uthwatt).
Del dibattito precedente, il Piano
recupera
il meglio, a partire dallo spirito riformista del Garden City Movement,
di cui non a caso riprende e rilancia il tema della Green Belt (e
comunque
del verde come strumento di costruzione del territorio urbanizzato,
anziché
area residua), e della Città Satellite come grande politica di
piano
nazionale anziché forma spontanea o volontaristica di crescita.
Del piano, riporto qui la mia
traduzione
italiana del “Preambolo”, in cui Abercrombie delinea quanto nei
capitoli
tecnici sarà sviluppato nei dettagli. Ma bastano sicuramente
queste
poche pagine introduttive a cogliere lo spirito del progetto, che va
molto
oltre il piano urbanistico, per quanto inteso in senso ampio,
coinvolgendo
un’idea ampia di società, sviluppo, identità e ambiente.
Nel mio testo italiano (ho reso
qui disponibile
anche quello originale inglese, articolato negli stessi paragrafi) sono
rimaste alcune indicazioni che rinviano ai numeri di paragrafo, non
riportati,
mentre sono state omesse le poche note a piè di pagina che
Abercrombie
aveva inserito. Spero che questo non ostacoli la lettura e piena
comprensione,
insieme ad alcune imprecisioni nella traduzione che, sono certo, i
lettori
vorranno segnalarmi all’indirizzo e-mail riportato nella mia homepage
generale.
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