strade-1

se vuoi, scrivi
penna

strade-4
home strade

strade-6

strade-9


elizabeth e. fischer, heidi hohmann, p. daniel marriot, “le strade e la terra: ruolo del landscape architect, estratto da Public Roads, marzo-aprile 2000)
HOME - HOME TESTI

Introduzione
Il testo sul tema delle strade che segue, a differenza della maggior parte di quelli che riporto (anche per ovvi motivi di diritti), non appartiene al passato, ma alla contemporaneità. Si tratta comunque di un testo in qualche modo storico, che anche senza usare gli strumenti della storia (compreso qualche curioso lapsus di ingenuità, come definire Robert Moses “business man”) fornisce una accettabile ricostruzione di una vicenda piuttosto interessante per il lettore italiano: l’intera parabola della progettazione stradale, dal viottolo di campagna o poco più, attraverso la superstrada multicorsie ad impatto devastante, fino a forme più attente all’ambiente e alla comunità. Nonostante il taglio piuttosto apologetico e focalizzato su una sola figura disciplinare, un testo interessante: sia perché proprio questa figura in Italia non ha ancora trovato lo spazio che merita, sia perché come spesso accade alcuni aspetti e/o sviluppi delle vicende statunitensi anticipano in qualche modo accadimenti nostrani. E per finire: il testo si conclude, nientemeno, con una citazione ben augurante ... di un italiano.
[Public Roads è la rivista online dello U.S. Department of Transportation – Federal Highway Administration, http://www.tfhrc.gov - traduzione di Fabrizio Bottini]

***

Questo paese ha una ricca storia in fatto di sviluppo stradale. Dalle prime grandi vie di comunicazione territoriale, come la Boston Post Road in New England e El Camino Real nel Sud-est, fino alla prima strada interstatale a finanziamento federale del 1806 (la National Road) e le innovative parkways dei primi anni venti, ci siamo sforzati creativamente per connettere tra loro la nostra gente, le nostre risorse, le nostre comunità.

Che siano strade di campagna, viali urbani o prototipi di freeway, le strade del XX secolo in questo paese sono parte della preziosa eredità, di un periodo di scoperta del continente. Le innovazioni che ne hanno accompagnato lo sviluppo sono la risposta allo stimolo costante al miglioramento, e le loro diverse sensibilità estetiche rappresentano le varie regioni e tradizioni degli Stati Uniti.

Il landscape design del XIX secolo portò la campagna alla gente, come si può vedere in posti come il Central Park di New York di Frederick Law Olmsted. Ma dall’inizio del XX secolo, con la carrozza senza cavalli e strade migliori, la gente poteva andare direttamente alla campagna, e il paesaggio dell’America ne fu per sempre trasformato, così come la percezione sociale di quel paesaggio.

I landscape architects hanno avuto un ruolo cruciale nello sviluppo delle strade nazionali e delle parkways. Questo tipo di progettisti fu coinvolto in modo integrale nella pianificazione e progettazione di queste strade, che talvolta erano all’avanguardia nell’innovazione tecnica, e talvolta no. Comunque sia, l’influenza di questa professione sulle strade del XX secolo è chiaramente documentata. 

Il nuovo secolo
Le origini delle strade moderne si trovano nella pianificazione urbana e dei parchi del tardo XIX secolo. Con parchi sempre più sospinti verso le frange esterne dello sviluppo urbano, un modo ovvio di connettere i cittadini a quei parchi era l’uso di vie, viali e strade carrozzabili che contenessero qualche caratteristica di parco. Queste nuove strade pensate per essere gradevoli corridoi di spostamento erano chiamate parkways. Vista la loro stretta relazione coi parchi, i landscape architects giocarono un ruolo chiave nella progettazione di queste strade, contrariamente a quanto accadeva per le ordinarie arterie cittadine e di comunicazione, progettate prevalentemente da ingegneri.
Mentre la professione di landscape architect si evolveva in contenuti e prospettive, anche le parkways si evolvevano a loro volta: da larghe e dritte corsie definite da una griglia urbana preesistente, a strade che sinuosamente serpeggiavano attraverso il paesaggio, secondo le sue caratteristiche naturali. Le parkways divennero uno strumento per orientare la crescita urbana, piuttosto che un semplice mezzo per correggerla. Per esempio, a Minneapolis, un sistema di parkways di 42 chilometri (progettato da H.W.S. Cleveland e Theodore Wirth) strutturato attorno ad una fascia di stagni, definiva le zone residenziali per lo sviluppo della città.

La stessa cosa avveniva a con sistema di parchi di Boston, dove fu progettata una infrastruttura urbana fatta di vie, trasporti pubblici e sistema fognario allo scopo di bonificare il bacino del Muddy River. Nel 1895 Boston realizzò le parkways Fenway, Jamaicaway e Arborway, per proteggere e conservare paesaggio e valori delle proprietà.

Le parkways si evolsero rispondendo allo stimolo delle maggiori velocità possibili (da 40 a 55 chilometri l’ora) per le automobili. Le prime comprendono quelle di New York sul fiume Bronx, Westchester County, Long Island, e in Virginia la Mount Vernon Memorial Parkway. Queste parkways combinavano le caratteristiche delle strade-parco ottocentesche con innovazioni come le corsie di sorpasso o laterali, per sopportare maggiori flussi di traffico, separazioni di livello, e allineamenti orizzontali e verticali basati su ampie curve circolari e tangenti rettilinee.

Un altro sviluppo importante concerneva la proprietà delle fasce di rispetto da parte di una commissione di strada, parco o parkway. I proprietari dei terreni adiacenti non avevano diritto di accesso diretto alla strada, e gli attraversamenti a livello erano eliminati per consentire un flusso di traffico senza ostacoli sul percorso. La limitazione degli accessi consentiva anche la separazione dei flussi di traffico lento e veloce attraverso l’uso di ponti, che rappresentarono una evoluzione importante sia nei progetti che nell’uso.

Nei primi anni del XX secolo i landscape architects ebbero un ruolo chiave nella progettazione delle parkways, così come l’avevano avuto nel tardo Ottocento, a causa del potere delle commissioni sulle nuove arterie e sulla loro funzione per il tempo libero. Comunque, il ruolo del landscape architect nel processo era anche quello di orchestrare un gruppo di lavoro multidisciplinare. La combinazione di progetto stradale, di parco e di ponti richiesta da una parkway richiedeva la collaborazione di ingegneri, architetti e paesaggisti. Questo tipo di collaborazione divenne una caratteristica tipica della progettazione di parkways, e fu infine travasata direttamente nella progettazione autostradale.

I landscape architects, forse, avevano un ruolo di primo piano perché il progetto non creava un semplice oggetto, ma piuttosto un vero e proprio paesaggio. Ciò è ulteriormente sottolineato dal fatto che gli stessi architetti paesaggisti avevano una funzione chiave nel pubblicizzare i vantaggi della nuova tipologia stradale presso i propri colleghi e il pubblico. Ad esempio, mentre il noto ingegnere Jay Downer, pure specializzato in parkways, pubblica nel corso della sua lunga carriera solo un paio di articoli sui propri progetti, il suo collaboratore paesaggista, architetto Gilmore Clarke, ne pubblica più di una dozzina. Anche in generale, i testi dei landscape architects furono mediamente pubblicati più spesso di quelli degli ingegneri.

 
L’epoca della Depressione
Man mano i viaggi in automobile si moltiplicavano, il numero e le velocità crescenti dei viaggiatori su strade nazionali e parkways mettevano in luce carenze nella progettazione originaria delle strade. Nuove arterie risolsero questi problemi con ulteriori innovazioni tecniche, come le curve a spirale e le sopraelevazioni: soluzioni orientate all’ambito dell’ingegneria piuttosto che dell’estetica. Queste innovazioni enfatizzavano il ruolo dell’ingegnere e anticipavano il fatto che gli aspetti funzionali del progetto stradale (il regno del tecnico puro) avrebbero assunto ruolo primario rispetto a quelli estetici (il regno dell’architetto paesaggista).

Ma, nello stesso tempo, le parkways degli anni Trenta, come la Merrit, e la Arroyo Seco, collegavano i centri città a zone residenziali e per il tempo libero via via sempre più lontane dal nucleo metropolitano. Robert Moses, a New York, realizzò parkways nella zona di Long Island che servivano anche allo scopo di fornire accesso agli insediamenti residenziali suburbani che egli stesso aveva pianificato.

In più, negli anni Trenta furono introdotti nuovi concetti, ed alcuni di essi sono rappresentati nelle strade realizzate dal National Park Service (NPS). Queste strade avevano un ruolo quasi esclusivo di tutela, turismo, tempo libero. Le parkways NPS che comprendono la Colonial, la Blue Ridge, la Natchez Trace, introducono il concetto di “asservimento conservativo”. Nonostante si tratti di un’idea ora data per scontata nei programmi di sviluppo rurale, all’epoca fu sviluppata da Stanley Abbot, architetto paesaggista della Blue Ridge Parkway, e considerata rivoluzionaria. Le parkways del NPS avevano anche fasce di rispetto più ampie di quelle urbane e regionali, per consentire la maggior conservazione possibile del territorio, dei valori culturali e paesistici. Questa idea anticipa gli sforzi del futuro per usare progetti stradali come strumento di conservazione delle particolarità regionali e locali.

Il carattere distintivo anni Trenta delle parkways NPS si basa su due fattori. Il primo è che progetto e realizzazione erano governati da una procedura di stretta collaborazione fra ingegneri, architetti e paesaggisti. Il secondo è che le strade erano pensate principalmente per i turisti. Queste condizioni assicuravano che i progetti fossero strutturalmente perfetti ed esteticamente gradevoli.

A causa della grande dimensione e della carattere ondivago dei finanziamenti federali, la realizzazione delle parkways NPS richiese un eccezionale arco di tempo, ed esse non furono completate se non molto tardi nel corso del secolo. Nonostante i tempi lunghi di costruzione, esse non furono soverchiamente influenzate dai cambiamenti e sviluppi tecnologici nel progetto stradale, che si verificarono negli anni fra il concepimento e il completamento.

 
La Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda
Le strade costruite dopo la seconda guerra mondiale sono ampiamente diverse negli scopi da quelle realizzate prima. La differenza cruciale è che quelle nuove sono progettate per un trasporto rapido ed efficiente, come è ben indicato da alcuni dei nomi con cui queste strade si indicano: freeway, thruway, expressway. Le nuove strade aumentano i flussi di traffico utilizzando curvature più lunghe e piatte per spostamenti più veloci, e allineamenti verticali appiattiti per consentire ai convogli militari di mantenere velocità in salita.

Fino ai primi anni Cinquanta, gli ingegneri continuano mediamente a comprendere come introdurre la strada nel paesaggio, visto che o avevano lavorato insieme ai paesaggisti nei gruppi multidisciplinari, oppure avevano seguito percorsi di formazione orientati al progetto e costruzione compatibile. Ad ogni modo, col Defense Highways Act del 1944 inizia il declino del progetto collaborativo, a favore di una progettazione e costruzione rapida, che vada incontro ai bisogni nazionali di sicurezza e massima occupazione.

In più, leggi e politiche connesse al progetto e costruzione di strade si moltiplicano. Nel 1956, la American Association of State Highway and Transportation Officials (AASHTO) pubblica il primo standard nazionale per ogni tipo di strade – i criteri secondo cui tutte le strade della nazione sono progettate e realizzate – che apparentemente lascia poco spazio alla creatività o flessibilità.

Una delle prime strade di questo tipo è la Pennsylvania Turnpike, progettata con una larga e piatta pavimentazione e accessi limitati per il viaggio ad alte velocità, e con piantumazioni aggiunte ad addolcire i margini di un’arteria che attraversa lo stato passando numerose anonime cittadine lungo il percorso.

Le parkways realizzate in questo periodo comprendono la Baltimora-Washington, costruita dal Bureau of Public Roads (BPR), predecessore della Federal Highway Administration (FHWA). La Baltimore-Washington Parkway segue gli antichi principi di progettazione, ma è molto meno in sintonia col paesaggio delle sue antenate. La principale e grande distinzione fra le nuove parkways e le altre strade è l’esclusione dalla parkway di tutto il traffico diverso da quello dei veicoli per passeggeri.

La richiesta che i landscape architects facciano parte di gruppi multidisciplinari di progettazione e costruzione stradale inizia ad emergere ben presto in questo periodo. Come afferma l’architetto paesaggista della BPR, Wilbur H. Simonson, in un discorso allo Stevens Institute of Technology il 10 marzo 1953: “La strada nel suo insieme è il prodotto della combinazione fra buon progetto ingegneristico e buona concezione paesaggistica, utilizzati in modo equilibratamente concordato”.

Verso la fine degli anni Cinquanta, la BPR, la American Society of Landscape Architects, e lo Highway Research Board (ora Transportation Research Board), sottolineano che nelle strade sono importanti allo stesso modo sia le piantumazioni, strutture aggiunte e dettagli, sia la pianificazione, progettazione di base e strutturale, sia infine il fatto che la strada debba integrarsi con il territorio che attraversa. Ad ogni modo, le preoccupazioni per gli aspetti estetici sono ancora messe da parte in favore della funzionalità, utilità e sicurezza nazionale.

Come risultato, le strutture stradali sono migliorate mediante trattamenti estetici, ma gli allineamenti dei percorsi non ne sono influenzati. Ingegneri e decisori sono lenti ad acquisire e comprendere un principio di progettazione rispettoso delle condizioni locali, dei bisogni umani, oltre che di quelli ingegneristici. Un principio ben compreso dai landscape architects.

 
Gli ultimi anni del secolo
Negli anni Sessanta, l’ancor più rapido incremento delle velocità di spostamento, e una più ampia dimensione di strade e servizi connessi, hanno ridotto la percezione del territorio da parte degli utenti, e portato infine alla perdita di qualunque correlazione fra strade e terra. Lo slogan corrente ai tempi era “urban renewal”, ovvero consentire facile accesso al cuore metropolitano usando terreni poco costosi e delocalizzando numerosi e consolidati insediamenti di popolazione. Sicurezza, utilità efficienza erano le componenti chiave della progettazione stradale. Comunque, la marea cominciava a recedere, mentre i cittadini cominciavano a richiedere rispetto per l’ambiente e i propri quartieri.

La buona qualità estetica della George Washington Parkway, la rispettosa integrazione col paesaggio rivierasco del fiume Potomac e delle scogliere sulla riva di fronte a Washington, D.C., fornirono l’incentivo finale al Presidente Johnson, per firmare lo Highway Beautification Act del 1965. Questa legge, insieme al National Environment Protection Act e alllo Historic Preservation Act, riportò i landscape architects dentro la “squadra”, per assicurare l’integrazione delle strade con l’ambiente e le comunità.

La nuova Federal Highway Administration istituì il suo primo ufficio di architettura del paesaggio, che tracciò la via perché le agenzie statali della strada facessero lo stesso. Nel 1967 la FHWA finanziò il primo gruppo multidisciplinare guidato da landscape architects, per la progettazione della I-83 a Baltimora, che divenne un modello per squadre simili in tutto il paese. Altri progetti di successo di gruppi del genere comprendono Freeway Park sulla I-5 a Seattle, e il progetto Glenwood Canyon sulla I-70 in Colorado.

Nondimeno, il linguaggio del legislatore aveva ancora una prospettiva limitata. Solo con l’approvazione dell’Intermodal Surface Transportation Efficiency Act (ISTEA) del 1991, e del Transportation Equity Act per il 21° secolo (TEA-21) del 1998, la lettera della legge sosterrà il superamento della semplice bellezza, verso l’integrazione sistemica di estetica, costruzione dell’ambiente locale, pianificazione e progettazione comprensiva delle infrastrutture di trasporto.

I landscape architects sviluppano continuamente nuovi strumenti e tecniche per rendere le strade maggiormente compatibili con il paesaggio e le comunità locali. I progressi più recenti in questo senso comprendono un ampio uso delle tecnologie computerizzate di visualizzazione, forme di valutazione qualitativa visiva attraverso il computer, e lo sviluppo e sostegno a nuove leggi e norme, politiche e indirizzi. Al momento attuale, numerosi gruppi multidisciplinari in tutto il paese, sia di tipo inter-agenzia che di collaborazione pubblico-privato, sono coordinati da architetti del paesaggio, compresi quelli impegnati nella realizzazione di progetti stradali orientati al rispetto del contesto e dei luoghi.

Lo sviluppo del sistema nazionale di strade e parkways è il maggior sforzo mai intrapreso in questo paese dal punto di vista dei lavori pubblici, ed è risultato in una immensa trasformazione del paesaggio. Gli architetti del paesaggio hanno giocato un ruolo esiziale nell’assicurare che i corridoi della mobilità (parkways, freeways e strade urbane) rispettassero il territorio e le popolazioni che attraversavano.

Oggi siamo vincolati dal tempo e dallo spazio entro cui dobbiamo realizzare nuove strade. È una situazione che richiede un ruolo ancora più incisivo del landscape architect, anche di coordinamento dei gruppi multidisciplinari che affrontano la sfida di ridisegnare il sistema stradale. Gli architetti paesaggisti forniscono la capacità di interazione creativa fra ingegneri e comunità, di cui c’è bisogno. Sono competenti in qualcosa di più della semplice estetica: comprendono come l’ambiente naturale e umano possano coesistere  armoniosamente, in particolare lungo le strade di trasnsito.

I landscape architects hanno anche competenza di affiancare la tutela di strade e parkways storiche. Molte delle nostre strade storiche sono minacciate dal cambiamento di uso dei suoli e dalle pressioni dei costruttori; altre sono diventate strade di traffico pendolare, e sostengono flussi molto superiori alla propria capacità. Con il sostegno delle leggi vigenti, gli architetti paesaggisti possono collaborare all’inserimento di moderne capacità intermodali secondo i bisogni locali, entro il paesaggio storico, preservando contemporaneamente risorse ed elementi caratterizzanti.

Nel 21° secolo i landscape architects continueranno a fornire un legame fra approccio ingegneristico e bisogni sociali. Ma a questo scopo gli architetti devono sviluppare regole estetiche certe per confrontarsi con quelle altrettanto definite dell’ingegneria stradale e delle infrastrutture, riconoscendo il fatto che l’approccio estetico è di natura soggettiva. Come singoli e come professione, dobbiamo presentarci meglio, come Stan Abbot e Gilmore Clarke fecero a loro tempo, per essere sicuri che i decisori politici capiscano “quello che portiamo sul tavolo da disegno”. Il risultato finale sarà l’accettazione diffusa della filosofia ben riassunta dall’ingegnere di ponti italiano Fabrizio de Miranda, quando ha detto nel 1991: “Sul tavolo da disegno dovrebbero raccogliersi tre mentalità ... Una creativa ed estetica, la seconda analitica, e la terza tecnica e pratica ... Se queste tre mentalità non esistono in una sola mente, devono essere sempre presenti in termini egualitari all’interno del gruppo o squadra responsabile del progetto”.