TRANSITANDO PER FIUMI E LAGUNE

1)Le isole boschine. Navigando lungo il Po si incontrano alcuni isolotti a forma di losanga allungata (specialmente nel Po di Venezia), estesi anche molti ettari, detti "isole boschine".

Sono caratterizzate da una vegetazione fittissima, formata da salici, pioppi, ontani neri, rovi e varie piante rampicanti. E' assolutamente impossibile addentrarsi al loro interno, talmente è compatta la flora che vi dimora.

Numerosi sono anche gli uccelli che vi trovano ospitalità.

Esse si formano in questa maniera: si crea una secca, dovuta ai soliti depositi alluvionali (processo, come già detto, abbastanza frequente), la quale viene colonizzata da semi di piante pioniere idrofile, che, a loro volta, contribuiscono a trattenere ulteriori particelle e ad innalzare e consolidare il nascente isolotto.

Il fertile terreno viene popolato da altre essenze che, via via, danno origine ad un vero e proprio bosco igrofilo e danno origine all'isola boschina.

Essa di solito si crea vicino ad una riva, ma non è raro incontrarne una nel bel mezzo dell'alveo del fiume.

Isolotti simili, a forma però di cuspide, si possono formare alla foce. Sono i bonelli, dei quali ho già parlato.

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foto nr. 30. L'interno di un'isola boschina. Le isole boschine rappresentano, probabilmente, gli unici spazi veramente inviolati del Delta. Nessun uomo riuscirebbe a penetrarvi senza ferirsi. Troppo fitta è la vegetazione, formata da salici bianchi, pioppi bianchi, ontani, ma anche da molti semplici arbusti, ed inoltre spinosissimi rovi e piante infestanti rampicanti che gli conferiscono un aspetto quasi "tropicale". Grazie a queste caratteristiche,decisamente inospitali per l'uomo, forniscono un sicuro habitat,invece, per gli animali, che qui trovano un tranquillo rifugio

 

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foto nr. 31. Isola boschina nel Po di Venezia

2)Le coveglie (o coeggie o coveggie). Sono gli appostamenti di caccia (detti anche palchetti), manufatti tipici delle lagune del Delta non precluse alla caccia (la Laguna di Caleri, la Laguna della Vallona, la Laguna della Busiura, la Laguna del Barbamarco, la Laguna del Basson, la Laguna del Canarin, la Laguna degli Allagamenti e la Sacca di Scardovari).

Sono delle specie di "palafitte" che emergono dall'acqua (visibili in molte foto ritraenti porzioni di lagune, per es. in quella del Barbamarco in cui si nota la porta che conduce in Busa di Tramontana; vedasi foto nr. 142), hanno pavimento in legno, sono dotati di sedili e di mensole portaoggetti.

Alcuni sono muniti addirittura di una porticina d'entrata.

Sono rivestiti, per mimetizzarli, da canna di palude (della quale tratterò approfonditamente a proposito dei raccoglitori di cannuccia), canna domestica (Arundo donax, pianta erbacea perenne delle Graminacee, con fusto alto, sottile ed elastico, cavo negli internodi ed infiorescenza a pannocchia; è molto più grande e spessa della canna di palude. I fusti essiccati vengono impiegati per farne canne da pesca o come sostegno per le viti) o teli militari (più raramente) e consentono di alloggiare anche il natante usato per raggiungerli.

D'estate sono in cattivo stato di conservazione, a causa del vento, del sole, delle piogge e del fatto che, non venendo adoperati dai cacciatori, i quali durante il periodo della stagione venatoria provvedono alla loro manutenzione,vanno incontro ad un fisiologico disfacimento.

Quando non sono occupati dai "seguaci di Diana" (la stagione venatoria, di norma, inizia la terza domenica di settembre e termina l'ultimo giorno di gennaio, sono giorni di divieto assoluto di caccia il martedì ed il venerdì, anche se festivi), a qualche canoista che si trovasse a transitare nelle loro vicinanze potrebbe venire voglia di farvi una capatina, magari, per scattare delle foto agli uccelli.

E' bene sapere, comunque, che un regolamento provinciale ne impedisce l'accesso, se non per esclusivo fine venatorio. Per chi vuole "rischiare", comunque, ammesso che abbia la certezza di non essere osservato dai vigili provinciali (i guardiacaccia), la contravvenzione prevista per l' "occupazione abusiva degli appostamenti" è di lire 100.000.

Non è raro scoprire che, naturalmente a caccia chiusa, nel loro interno gli uccelli abbiano scelto di farvi il nido.

Oltre alle coveglie, vi sono anche le botti (specie di cilindri cavi in cemento, chiusi sul fondo), usate anch'esse a scopo venatorio.

Vengono collocate all'interno delle lagune, in zone naturalmente sopraelevate, in maniera da non essere allagate dall'alta marea. La loro circonferenza d'entrata è mascherata, tutto intorno, da un breve contorno di terra, detto "tombolo", rivestito di erbe paludose, appositamente posizionate dai cacciatori a scopo mimetico.

Sono sufficientemente capienti da contenere un uomo, lo sgabello dove si siede, le armi, le munizioni, tutto il resto dell'attrezzatura ed il vettovagliamento a lui necessario per una giornata di caccia.

L'occupante della botte se ne sta tranquillamente seduto e nascosto nella sua postazione, spuntando fuori (gli si vedono solo la testa e le spalle) al momento di sparare.

Di solito i cacciatori che usano praticare l'attività venatoria dalle botti sono accompagnati sul posto da barcaioli locali (uno dei mestieri tipici delle genti del Delta), che se ne stanno nascosti tra le canne ed intervengono per raccogliere gli uccelli abbattuti.

Le botti, al termine della stagione venatoria, dovrebbero essere chiuse con un coperchio di legno, per evitare che si riempiano d'acqua con le piogge e che vi finiscano dentro, annegando (come purtroppo accade), quegli uccelli palustri dalle grandi aperture alari che poi non riescono più ad uscire dal loro interno.

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foto nr. 32. La caccia, attività consentita dalla legge, viene praticata, a volte, in maniera illegale nel Delta.Lo dimostra questa coeggia, nascosta in un angolo inaccessibile del Parco del Delta del Po (ma non per una canoa, evidentemente, e nemmeno per i cacciatori di frodo che l'hanno costruita, ovviamente) zona in cui la caccia è vietata, ma che, indubbiamente, vista la montagna di bossoli abbandonati sul tavolato dell'appostamento, viene ancora praticata da bracconieri senza scrupoli

3)I pennelli. All'interno dell'alveo del Po si trovano, a volte, dei brevi argini che si protendono nella corrente in senso obliquo alla stessa; spesso sono segnalati da boe a monte ed a valle.

Sono approntati dal "Magistrato per il Po", funzionario del Ministero dei lavori pubblici (non è, quindi, un giudice; per l'Adige il corrispettivo è il "Magistrato alle Acque"), la cui sede centrale si trova a Parma, che sovrintende alla gestione idraulica del fiume.

Scopo dei pennelli è quello di correggere il corso della corrente, per evitare che essa vada ad erodere le rive nei tratti in cui, a causa della traiettoria ortogonale dell'acqua, rispetto alle sponde, possa causare pericolo per la sicurezza idraulica.

Quando vi sono le piene, spesso vengono sommersi e l'acqua crea delle turbolenze simili a cascatelle (un pennello è ritratto nella foto nr. 163).

4)Gli idrometri. Spostandosi lungo il fiume si possono trovare gli idrometri, strumenti costituiti essenzialmente da una scala graduata per la misurazione delle variazioni del suo livello.

Essi sono tenuti costantemente sotto controllo dai dipendenti del Magistrato per il Po durante le piene, ed anche dai comuni cittadini che abitano nel Delta, storicamente preoccupati dalle "minacce" di Eridano (antico nome del Po) ma anche di Athesio (vecchio nome dell'Adige).

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foto nr. 33. Idrometro in Po di Gnocca

5)Gli argini. Gli argini dei due grandi fiumi del Delta sono qualcosa di veramente maestoso. In un territorio assolutamente pianeggiante, come quello bassopolesano, spesso situato sotto il livello del mare, gli argini sono gli unici "ri­lievi", che "svettano" sull'altrimenti "monotono" paesaggio campestre.

Essi sono detti argini maestri e possono elevarsi anche di molti metri rispetto al livello della campagna.

Sono formati da vari terrazzamenti, a sezione trapezoidale, costruiti nel corso degli anni per contenere piene sempre più impetuose.

Negli argini più grandi, a partire dal "piano campagna", vi sono ben quattro rilevati che si innalzano verso l'alto (rispettivamente detti "piè di banca", "sottobanca", "banca" e "sommità arginale"), sino alla sommità arginale, dalla quale si ha la vista migliore del fiume e dei terreni sottostanti.

Spesso gli argini sono transitabili sulla loro "cima" da una strada, detta appunto "strada arginale", che può scorrere anche sul piano della banca o della sottobanca.

Sul ciglio degli argini, ogni 200 m., vi sono delle tabelle, dette "stanti biettometrici", nelle quali è indicato il nome idrografico della riva (per esempio "destra Po di Gnocca") ed un numero progressivo. Essi costituiscono dei punti fissi per gli addetti ai lavori, permettendo loro di identificare i vari tratti del fiume.

Ogni tanto sulla sommità arginale vi sono dei terrapieni, detti "piazzette di guardia", che apparentemente possono sembrare aree per la sosta dei passanti, ma che in realtà servono per fornire in modo rapido del terreno ai "sorveglianti idraulici" (dipendenti del Magistrato per il Po addetti alla manutenzione e controllo degli argini), quando questi debbano fronteggiare (oltre che con i tradizionali sacchi di sabbia) eventuali esondazioni.

Esse servono anche per l'installazione, durante le emergenze in tempo di piena, dei casotti o tendoni per il ricovero del personale adibito al servizio di vigilanza.

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foto nr. 34. Un argine maestro in tutta la sua "maestosità". In un territorio desolatamente piatto come quello del Delta, anzi addirittura sotto il livello del mare per buona parte della sua estensione, gli argini spiccano, indubbiamente, per la loro massa verde che si staglia verso l'alto. Questa foto tenta di testimoniarne l'imponenza: si cerchi di percepire l'altezza della struttura confrontando la strada campestre (in basso a sinistra) con il segnale stradale (in alto a destra). Si possono anche notare i vari piani che formano l'argine. Dall'alto verso il basso: sommità arginale, banca, sottobanca e piè di banca. Nel corso degli anni, a causa del fenomeno della subsidenza (abbassamento del terreno dovuto all'estrazione del metano ed alla bonifica), sono stati innalzati sempre più per scongiurare il pericolo di tracimazioni e, conseguentemente, di alluvioni

 

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foto nr. 35. La sommità arginale costituisce un posto ottimale per osservare il panorama

6)Le barriere contro la risalienza del cuneo salino. Ho già detto dell'influenza della marea nei confronti della corrente del fiume. Oltre a questo fenomeno, viepiù, occorre precisare che tutti i fiumi, in prossimità della loro foce, presentano un'area del loro alveo interessata dalla "risalienza" dell'acqua di mare, coincidente con la fase di alta marea, detta "cuneo salino".

Trattasi, quindi, di quel processo consistente nella estensione del fronte di acqua salata verso monte, che può risalire i diversi rami del Po anche per diversi chilometri.

Tra i vari parametri che determinano il valore della risalienza del cuneo salino vi è quello della portata principale del Po, nel senso che più questa è bassa, più rilevante è il fenomeno della risalienza.

Altra caratteristica da tenere in considerazione è il fatto che l'acqua salata ha un peso specifico più alto di quella dolce, e quindi tenderà ad adagiarsi verso il fondo.

Si viene, quindi, a verificare, durante la crescita della marea, che l'acqua dolce scorre in superficie, mentre quella salata procede in senso contrario, in profondità.

Il problema causato da tale fenomeno è che l'acqua, prelevata dai vari sifoni che pescano in Po e che alimentano gli innumerevoli collettori, canali di scolo, ecc., delle campagne, a causa dell'alto contenuto di salinità, non può più essere utilizzata a scopo irriguo.

Per questo motivo, sfruttando i principi fisici sopradescritti, sempre ad opera del Magistrato per il Po, sono state costruite due barriere (una nel Po di Gnocca, dopo l'abitato di S.Giulia ed una nel Po di Tolle, nei pressi di Scardovari), al fine di frenare la corsa della risalienza del cuneo salino verso monte.

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foto nr. 36. La barriera contro la risalienza del cuneo salino sul Po di Tolle, nei pressi di Scardovari

7)Le idrovore. Sono molte le idrovore che si incontrano in Po. Alcune di esse, come quella di Cà Vendramin, sede del museo della bonifica, sono anche pregevoli dal punto di vista architettonico e fanno parte della cosiddetta "archeologia industriale del Polesine" (assieme, per esempio, alle fornaci).

La loro presenza è suggerita dalle enormi condotte che, partendo dagli edifici dove sono alloggiate le pompe idrauliche, scavalcano le sommità arginali per poi penetrare nel fiume.

Scopo delle idrovore è quello di smaltire nel Po le masse d'acqua dei terreni allagati, bonificandoli (etimologicamente bonificare vuol dire "rendere buono").

Grazie ad esse sono stati resi coltivabili migliaia di ettari di terreno, un tempo paludi, ora sfruttati (anche troppo intensamente, perché, come ho già detto, sono scarsissimi gli alberi e le siepi) dall'agricoltura, ed "asciugate" le campagne dopo le alluvioni.

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foto nr. 37. L'idrovora di Cà Dolfin, sul Po di Tolle

8)Le cavane. Le cavane sono i ricoveri delle barche.

In lamiera, in legno, ad uno o più posti, più o meno rudimentali, fisse o galleggianti, munite di porte o meno, ve ne sono di diversi tipi (molte, tra l'altro, sono abusive) in tutti i rami del Po (oltre che lungo l'Adige).

Danno riparo alle più varie imbarcazioni: da diporto, da pesca professionale, da caccia, a motore, a remi, ecc.

Forse non tutte sono belle da vedere e nemmeno autorizzate, comunque testimoniano lo stretto legame tra le genti del Delta ed il fiume: difficilmente un abitante del posto è senza barca, e chi più degli altri ne fa uso (tanti natanti sono semplicemente lasciati all'aperto, ormeggiati a normalissimi pali) vuole trovarla pronta senza doverla svuotare ogni volta dall'acqua piovana.

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foto nr. 38. Cavana galleggiante, in lamiera, sul Po di Venezia

 

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foto nr. 39. Cavana fissa, dalla struttura molto rudimentale

9)I pescatori di siluri. Lungo il Po, spesso, si incontrano "strani pescatori" che, a bordo di natanti con il fuoribordo spento, praticano l'attività alieutica con canne munite di enormi galleggianti rossi o arancioni.

Sono i pescatori di siluri (il siluro, pesce carnivoro dei Siluridi, Silurus glanis, è originario dei fiumi dell'Europa centrale; può raggiungere i 5 m. di lunghezza ed i 300 kg. di peso. E' diventato un vero flagello per l'equilibrio dell'ecosistema fluviale padano, essendo molto vorace e prolifico  a danno delle altre specie autoctone), di solito tedeschi o austriaci, appassionati di questo tipo di pesca.

Nel Delta esistono agenzie specializzate che forniscono barche, esche e tutto l'occorrente per i patiti di questo sport.

Spesso, una volta catturati questi enormi "bestioni", li fotografano e li ributtano in acqua.

Altra "stranezza": se avvicinandovi ad una imbarcazione di pescatori di siluri sentite un insolito rumore provenire dalla loro direzione, una specie di "klonk!klonk!klonk!" ripetuto continuamente, non stupitevi! Esso è prodotto da un particolare oggetto (detto appunto "klonk"), che essi immergono ininterrottamente in acqua. Sembra quasi che quei pesci siano attirati da tale suono!

In realtà, esso sarebbe efficace perché i pescatori, mentre lo producono, pasturano la zona con le esche preferite dai siluri (piccole anguille), inducendo, probabilmente, un riflesso condizionato nelle loro prede, che assocerebbero il rumore al cibo!

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foto nr. 40. Pescatori di siluri in Po di Venezia. In primo piano una tanica galleggiante

10)Le taniche galleggianti. Mentre si sta pagaiando nel Po, si possono scorgere, verso riva, delle taniche galleggianti, ma fisse, che apparentemente si trovano là senza scopo (vedasi in foto nr. 40).

Trattasi di "rudimentali boe" che i pescatori usano per ricordarsi dove hanno collocato le reti.

Alcuni adoperano semplicemente i vuoti dei recipienti dei detersivi, purché siano colorati e ben visibili da lontano.

11)I cefali e le carpe. Remando verso la foce, ed ancora più nelle lagune, soprattutto in quelle con le acque più basse, è frequente vedere delle scie, causate da pesci che nuotano velocemente ai lati della canoa: si tratta dei cefali (il cefalo, detto anche "muggine", Mugil cephalus, ma vi sono anche i generi Liza e Chelon, ugualmente presenti nel Delta, è un pesce dei Mugilidi, avente corpo fusiforme, con testa arrotondata, superiormente piatta e con due pinne dorsali), prede ambite dei pescatori della zona, che, come "delfini in miniatura", fanno compagnia al navigatore e come i simpatici mammiferi acquatici, spesso guizzano fuori dall'acqua. A volte, addirittura, con un balzo vi sbattono contro o finiscono a bordo della vostra imbarcazione.

Nessuna paura! Prendeteli tranquillamente in mano e rigettateli in acqua!

Più di rado può capitare che vi salti in barca addirittu­ra una carpa (pesce dei Ciprinidi, Cyprinus carpi, di peso talvolta superiore ai 20 kg., con corpo robusto, un po' compresso ai lati, coperto da grandi scaglie cicloidi e con labbro superiore munito di due bargigli per lato).

Una volta, mentre mi trovavo su una canoa canadese con un amico, che era situato a prua, immersi nel silenzio di un laghetto del Delta, ce ne saltò in barca una da un metro, del peso di diversi chili! Il mio compagno, contro il quale andò a sbattere, dallo spavento cadde all'indietro e perse addirittura la pagaia!

Anche queste sono bellissime emozioni, che il Delta riserva a chi lo vuole scoprire veramente, addentrandosi nei suoi più reconditi meandri! Tutto è affascinante e misterioso (pur senza i pericoli che si possono incontrare per esempio in una corrispettiva palude amazzonica, con anaconde, rettili velenosi e quant'altro): piante, uccelli e persino pesci!

12)Le case galleggianti. Navigando nel Po non è raro incontrare le case galleggianti. Trattasi di baracche erette su bidoni o altri basamenti inaffondabili, collegati alla terraferma con una passerella, adattate per la sosta conviviale degli amanti della "vita fluviale".

Alcune sono in legno, altre in lamiera, le più belle sono rivestite da cannucce. Diverse sono dotate di cucina o addirittura di camino per arrostire.

Mentre le "femene" (le donne), d'estate, prendono il sole, i "masci" (gli uomini), pescano con il bilancino. Poi, tutti assieme, organizzano una tavolata: il pesce certo non manca, la legna per le braci nemmeno (la fornisce il Po stesso, con le piene), abbondanti le libagioni a base di "vin de casa" e si trascorre tutti in compagnia una giornata di festa e relax in mezzo alla natura!

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foto nr. 41. Casa galleggiante in Po di Venezia

13)Le barche affondate. Mentre ci si sta spostando vicino alla riva, si possono scorgere, sul fondo, a volte, delle barche in legno collocate più o meno sott'acqua (vedasi foto nr. 89).Anche se apparentemente potrebbero sembrare abbandonate, in realtà non lo sono, perché sono state messe là apposta dai pescatori, quando per un lungo periodo (soprattutto d'inverno) non devono essere impiegate.

L'esperienza ha insegnato loro, infatti, che il sole ed il ghiaccio rovinano il legno più dell'acqua e che il modo migliore per conservarle quando devono rimanere inutilizzate per lunghi periodi e non c'è spazio per custodirle in cavana, è proprio quello di immergerle in acqua. In tale maniera il legno non marcirà e non creperà e, quando serviranno di nuovo, dopo un'adeguata manutenzione, saranno pronte all'uso.

14)Le barriere contro l'erosione degli scanni. In alcuni scanni, per esempio in quello di Barricata o di Cavallari, per frenare l'erosione della spiaggia sono state edificate delle palizzate e sono state piantate siepi di tamerici (il tamerice, Tamarix gallica, in dialetto "tamariso", è un piccolo arbusto o alberello che tollera ottimamente la salinità e viene utilizzato per frenare l'erosione marina, favorendo un accumulo della sabbia).

Quello dell'erosione costiera, cioè la "fagocitazione" delle spiagge ad opera del mare, è una delle conseguenze delle dissennate opere d'intervento dell'uomo sul Grande Fiume.

E' impossibile poterlo spiegare in due parole, perché debbo rifarmi ad alcuni concetti di "ingegneria idraulica".

Anzitutto occorre dire che la quantità di materiale solido (detta "portata solida") trasportata dal fiume è tanto maggiore quanto lo è la velocità della corrente ("portata liquida"); poi che, alla foce, quando la corrente si annulla, i vari componenti della portata solida si depositano a seconda del loro "peso specifico": i "più pesanti" presso la costa, i "più leggeri" al largo.

La forma del Delta è dovuta proprio a questo processo fisico naturale, oltre al fatto che i vari rami del Po hanno una portata diversa e quindi hanno contribuito alla formazione degli scanni in maniera differente a seconda della quantità della loro portata solida.

Occorre ricordare, viepiù, che a plasmare le coste hanno contribuito anche l'azione del vento, delle onde e delle correnti marine, che agiscono a modo loro nel processo di distribuzione dei vari componenti della portata solida.

Gli "stolidi" interventi umani nelle "faccende del Po", che nel corso degli anni si sono indirizzati in sempre maggiori estrazioni di sabbia, di ghiaia ed in regimazioni del corso del fiume con convogliamento del grosso della portata  in un solo ramo (Busa Dritta), hanno causato una diminuzione della portata solida del fiume (apportatrice di particelle),a favore di un aumento di quella liquida (acqua priva di particelle, che scorre velocemente).

Il risultato? L'erosione delle spiagge, per l'appunto! Perché le acque di quell'unico alveo nel quale si tende a concentrare la portata del fiume sfociano in mare con maggiore velocità di una volta ed i suoi depositi tendono a formarsi più lontano dalla costa e su fondali più profondi.

Questo significa che i rami che hanno minor portata e quindi anche ridotto carico solido, non hanno più la forza di rispondere con altri depositi alla naturale azione dell'erosione del mare, dovuta al vento, alle onde ed alle correnti marine, che "consumano gli scanni" a danno della fauna e della flora che vi dimorano.

Tra l'altro, come detto, l'erosione interessa anche gli scanni a ridosso dei rami con portata solida maggiore, perché, in ogni caso, il loro deposito di sedimenti, a causa della maggiore velocità della corrente, non porta giovamento alle spiagge adiacenti, ma va a finire al largo.

Queste barriere contro l'erosione, quindi, sono un tentativo per rimediare ad errori fatti ormai a suo tempo, e che, purtroppo, continuano ad essere commessi ancora da chi "sfrutta" il fiume senza porsi un limite o da chi ne regima le acque ostinandosi a disboscarne le golene!

In alcuni casi, nel bagnasciuga dello scanno interessato dal fenomeno dell'erosione, sono stati messi delle specie di enormi "salamoni" di speciale tessuto, di colore nero, riempiti di sabbia. Su di essi si infrange l'onda che, quindi, non batte più sulla sabbia dello scanno.

15)Le cave di sabbia e le fornaci. Lungo il Po di Vene­zia, soprattutto, si trovano cave di sabbia e vecchie fornaci (abbandonate).Potrebbero essere la meta di una sosta, mentre si sta pagaiando, magari quando ci si ferma a mangiare un panino o semplicemente per sgranchirsi le gambe.Il fiume fornisce sabbia in abbondanza per i cavatori ed è certo un'esperienza nuova vedere al lavoro i grandi macchinari per l'estrazione ed il trattamento di tale materiale, che poi viene trasportato su gomma, mediante autocarri, o su chiatte specializzate, lungo il Po.

Le cave sono posizionate, di solito, nelle convessità delle grosse anse del fiume, dove l'acqua rallenta e risulta più facile "catturarne" i minutissimi frammenti di minerali e rocce. Così avviene il processo: draghe galleggianti li sollevano dal fondo, li aspirano con una potente pompa che li convoglia, assieme all'acqua, all'interno di grosse tubazioni che li fanno passare attraverso una serie di crivelli con maglie sempre più strette; infine, tramite un nastro trasportatore, accumulati in grandi depositi (detti "motte").

Anche l'attività estrattiva, però, se fatta senza regole e senza limiti, può essere causa di problemi per la sopravvivenza del Delta, contribuendo ad incrementare (come detto) il fenomeno dell'erosione delle spiagge.

Pure le vecchie fornaci, come alcune idrovore, costituiscono un esempio dell' "archeologia industriale" del Polesine. Sono caratterizzate dal lungo camino in pietra, dai forni di cottura, dai magazzini per il deposito dei laterizi e dalle vasche per la raccolta della materia prima. Erano ubicate all'interno delle golene (per esempio a Corbola e a Contarina), e producevano mattoni sfruttando l'argilla del fiume che veniva opportunamente lavorata e sottoposta a cottura.

Fornivano occupazione a centinaia di persone; però le alluvioni ne decretarono irreversibilmente ed inesorabilmente la loro fine. Ora, quello che rimane di esse, testimonia una delle tante lotte perse dall'uomo contro "l'invincibile forza del Grande Fiume", "bizzosa divinità" alla quale spetta sempre "l'ultima parola" sulla fattibilità, o meno, dei progetti dei "semplici mortali".

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foto nr. 42. Cava di sabbia

 

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foto nr. 43. La fornace di Contarina, ora "riconvertita" nel Centro Nautico Po di Venezia

 

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foto nr. 44. La silhouette in controluce della fornace di Cavanella Po

16)I casoni di canna. Le caratteristiche delle costruzioni abitative del Delta verranno trattate successivamente, quando mi occuperò specificatamente delle cose che si possono osservare mentre ci si sposta in auto.

Esistono, però, alcune abitazioni, ormai rarissime, che si possono notare solo spostandosi con natanti: sono i casoni di canna, esistenti soltanto in alcuni scanni, come a Scano Boa (forma la parte E-S-E del Basson; è stato reso celebre da un film di Renato dall'Ara del 1960, con Carla Gravina, Josè Suarez, Alain Cuny ed Emma Pennella e da un documentario cineamatoriale del '51 del medesimo regista. La storia narrata è quella di una giovane donna che partorisce un bambino, avuto a seguito di violenza sessuale, sulla stessa barca con cui si sta portando al cimitero suo padre, morto annegato durante una battuta di pesca allo storione, pesce pregiatissimo, un tempo presente nel Delta. Vicenda ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto, che nell'intento del regista fu riportato nella pellicola in maniera volutamente brutale, perché, come disse un critico cinematografico di allora, "una nascita ed una morte sono solo eventi occasionali a Scano Boa, perché la vita, a Scano Boa, e in altri posti, non è vita da uomini").

Sono le uniche testimonianze rimaste di come erano le abitazioni del Delta di un tempo, quando cioè, vi era fame, pellagra e malaria.

Sono a pianta rettangolare, con le pareti ed il tetto di canna di palude, il pavimento in terra battuta ed il camino in muratura.

visualizza foto uno dei casoni di Scano Boa

 

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la Madonnina di Scano Boa, situata sulla duna omonima. Alla base del pilastrello una iscrizione recita: "Madonna di Scanno Boa proteggi l'isola, i capanni e tutti i turisti"

Sono ora abitati stagionalmente da pescatori locali, soprannominati "pometi" (cioè piccole mele), nome che essi stessi hanno scritto sulla loro porta d'ingresso. Non è dato sapere con certezza il motivo di questo soprannome; alcuni dicono che esso derivi dal fatto che sono "buoni" come gli omonimi frutti, altri che sia dovuto alla loro bassa statura.

Altro "curioso enigma" del Delta!

17)I perenni cantieri lungo il Po. Spesso si incontrano operai che, con grandi mezzi meccanici, movimentano rocce per rinforzare gli argini.

Il Po, come più volte ho avuto modo di sottolineare, ha bisogno di continui lavori si sistemazione dell'alveo: escavazione delle secche sabbiose, allestimento di pennelli, ecc.

Uno degli interventi più frequenti è proprio quello di collocare queste pietre calcaree (come già detto, chiamate in gergo "difesa in roccia"), molte delle quali provenienti da cave dell'Istria e della Croazia, previo distruzione, purtroppo, molto di frequente, della stupenda vegetazione riparia naturale (e, come riferito, sovente vengono causati altri danni da lavori non proprio eseguiti con "lungimiranza").

In nome della "sicurezza idraulica", comunque, il Magistrato per il Po, che è "sovrano" nell'ambito della sua giurisdizione, cioè fino quasi alle foci (dove subentra il "Genio Civile", organo amministrativo regionale, e la "Capitaneria di Porto" per il territorio demaniale marittimo), appronta spesso questo tipo di operazioni, non sempre viste di buon occhio dagli ambientalisti.

Tra la "nuda roccia", infatti, nel corso degli anni, riesce a crescere soltanto l'indaco bastardo (Amorpha fruticosa, arbusto delle Leguminose, alto 2-3 m., con foglie composte da segmenti ellittici e con numerosi fiori violetti; fiorisce fra giugno e luglio. E' frequente nelle golene del Po fino alle foci, nonché sui litorali) che, almeno, conferisce un tocco di verde alle "algide rive artificiali" (che, purtroppo, nel corso degli anni stanno prendendo il sopravvento rispetto a quelle naturali e selvagge).

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foto nr. 45. Uno dei tanti cantieri lungo il Po: la posatura del pietrame (la difesa in roccia)

18)Le casse di colmata delle lagune. Mentre vi trovate all'interno di alcune lagune (per esempio nella Busiura o nella Vallona), la vostra attenzione potrebbe essere attirata da "strani isolotti circondati da palizzate". Trattasi delle cosiddette casse di colmata, sorte di superfici bonificate, formate dalla terra di risulta dall'escavo delle lagune per la loro "vivificazione". Per la sopravvivenza di tali aree umide, infatti, è importante che queste ricevano un apporto di acqua marina, altrimenti in breve tempo evaporerebbero, ed è necessario che essa possa entrare e defluire senza problemi, assecondando la normale azione della marea. A causa del continuo apporto di detriti alluvionali, che tendono con gli anni ad ostruirne l'apertura in mare, ogni tanto necessitano di essere scavate in alcuni tratti. Ecco spiegata l'esistenza delle casse di colmata.

19)L'odore di gas nelle lagune. D'estate, soprattutto, mentre state pagaiando nelle calde acque di una laguna, profonde pochi centimetri, non sorprendetevi se vi capiterà di percepire un forte odore di gas provenire dal fango delle paludi.

Trattasi di H2S (idrogeno solforato), il tipico miasma di putrefazione. Esso è dovuto all'attività di batteri degradatori che riciclano, anche nel nostro interesse, tutto il materiale organico che l'uomo, purtroppo, a causa dell'inquinamento, riversa a tonnellate nel Po e nei suoi affluenti.

20)Le baracche in spiaggia. Soprattutto d'estate si vedono negli scanni delle specie di "baracche", con tavolini e sedie. In alcuni casi sono semplicemente dei "gazebo", formati da pali piantati sulla sabbia e da una sorta di tetto.

Sono, in genere, strutture abusive che "i vacanzieri della domenica", poco rispettosi dell'ambiente, allestiscono per ripararsi dal sole durante i loro "assalti" alle altrimenti incontaminate spiagge del Delta.

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foto nr. 46. Uno dei "gazebo" abusivi degli scanni

21)I ponti di barche. Anche i ponti di barche rappresentano qualcosa di unico, che riporta la mente indietro nel passato, quando molti erano così.

Sono in legno e poggiano, di solito, su grandi barconi galleggianti in cemento; si aprono al passaggio delle grosse imbarcazioni e da nord a sud sono: quello sul Po di Tolle (ubicato in Comune di Porto Tolle, che da Barricata conduce all'omonima spiaggia; agibile solo d'estate, durante l'apertura della stagione turistica), quello sul Po di Gnocca (tra l'abitato di S. Giulia, in Comune di Porto Tolle, e quello di Gorino Sullam, in Comune di Taglio di Po) ed infine quello sul Po di Goro (tra Gorino Veneto, in Comune di Ariano, e Gorino Ferrarese, in Provincia di Ferrara).

Il transito sui ponti, fatta eccezione per i residenti, è a pagamento.

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foto nr. 47. Ponte di barche sul Po di Gnocca, tra S. Giulia e Gorino Sullam

22)Le baracche dei pescatori. Sono tipiche soprattutto di Sacca Scardovari. Sono delle specie di "palafitte", costruite in legno, oppure in lamiera; alcune sono rivestite di cannuccia di palude.

Assomigliano alle barche galleggianti, delle quali ho già fatto cenno, e sono collegate alla terraferma con una passerella.

Sono usate dai pescatori di vongole come deposito di attrezzi per la pesca, spogliatoio e luogo di lavorazione delle cozze da semina (che vengono riunite in specie di "trecce", legate a sorte di "trespoli" costruiti con pali di legno ed immerse nelle acque di Sacca Scardovari, particolarmente adatte alla loro riproduzione).

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foto nr. 48. Baracca di pescatori in Sacca Scardovari

 

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foto nr. 49. Trespoli per mitili in Sacca Scardovari: sono anche un posatoio per i cormorani

23)I fontanazzi. Transitando sulle strade arginali, durante i periodi di piena, si possono scorgere tratti di carreggiata allagata anche senza che abbia appena piovuto, e nella parte maggiormente sott'acqua, dei sacchi di sabbia, con segnali stradali indicanti "lavori in corso".

Si tratta dei "fontanazzi", ossia di quelle "sorgenti" che si formano per infiltrazione d'acqua sulle scarpate esterne di un argine.

Le forti pressioni idrauliche che si verificano in tali periodi, infatti, quando l'acqua si trova ad un livello notevolmente più alto rispetto al piano campagna (in ogni caso lo è quasi sempre), possono farle cercare uno "sfogo" alternativo rispetto a quello "imposto" dalle arginature. Si creano, quindi, questi fenomeni di "capillarità", con danni alle spallette, alle strade ed anche, in alcuni casi, alle abitazioni costruite troppo a ridosso del fiume.

visualizza foto fontanazzo sulla scarpata arginale

24)Le conche di navigazione. Sono opere idrauliche costruite per il superamento di dislivelli lungo il corso di fiumi o canali navigabili, consistenti in una lunga "vasca" o "camera", sufficientemente ampia perché i natanti vi possano essere contenuti e portati al livello desiderato (dal tronco superiore e, o, inferiore dell'idrovia), mediante abbassamento o innalzamento comandato, tramite apposite porte, del livello dell'acqua nella conca stessa.

Sono manovrate da specifici addetti, chiamati "operatori di conca", dipendenti del C.O.V.N.I. (un Ente regionale, acronimo di Centro Operativo Veneto Navigazione Interna), che regolamentano i livelli ed azionano le porte da torrette sopraelevate.

All'entrata delle conche vi sono dei semafori e degli altoparlanti, con i quali gli operatori di conca dettano agli occupanti dei natanti le manovre che questi devono compiere per effettuare un corretto transito.

Le conche del Delta fanno parte del cosiddetto sistema dell'"idrovia Venezia-Fiume Po-Rovigo-Ferrara", ossia di quei canali navigabili che mettono in comunicazione le località omonime grazie al fiume Po (ma anche all'Adige, il Canal Bianco ed altri canali).

Due sono le conche del Delta: la conca di Volta Grimana , sulla riva sinistra del Po di Venezia, tra Cavanella Po e Contarina, in Comune di Porto Viro (che mette in comunicazione il Po di Venezia con il Canal Bianco-Po di Levante) e la conca di Cavanella d'Adige destra (che mette in comunicazione il Po di Brondolo con l'Adige).

Di solito le conche, se vi sono barche, si aprono ogni mezz'ora; comunque, se si telefona prima e si trova un operatore disponibile, questi può aprire anche subito.

L'attraversamento è gratuito e viene fatto anche per le canoe.

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foto nr. 50. La conca di Volta Grimana, in Comune di Porto Viro. Essa mette  in comunicazione il Po di Venezia con il Po di Levante-Canal Bianco.Si possono notare le "porte",a tenuta stagna (che consentono il passaggio tra i due fiumi e la "vasca"), e la torretta ove si trova l'operatore di conca,l'addetto dell'impianto, dipendente del C.O.V.N.I. Il transito attraverso la conca è gratuito e consentito anche alle canoe

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