MESTIERI, USI, TRADIZIONI

1)I pescatori. Il mestiere del pescatore è uno dei più antichi del Delta.

Mentre usano barche a remi o a motore, reti, bilancini o canne da pesca, è inevitabile l'incontro con uomini (ma anche donne, come nella foto nr. 59), intenti a praticare l'attività alieutica. Molti sono anche i pescatori dilettantistico-sportivi.

Ho già fatto un breve cenno all'importanza dell'ittiofauna del Delta, quindi, è facilmente intuibile, vista la sua ricchezza, che essa costituisca una delle fonti di reddito primarie della zona.

I pescatori sono organizzati, ai nostri giorni, in decine di cooperative, che dispongono di rinomati mercati ittici (come quello di Pila o di Scardovari), di pescherecci e di porti.

Un tempo, quando in queste zone vi era depressione e miseria, per sfamarsi non esitavano a recarsi a pesca di frodo nei possedimenti dei ricchi vallicoltori di allora.

Andando più indietro ancora nei secoli, addirittura al Medioevo, le popolazioni del Delta avevano invece la garanzia dell'Imperatore in persona di poter pescare, cacciare , raccogliere erbe e canne di palude in tutte le valli e paludi, anche di proprietà dei nobili. Tale tradizione, detta "vagantivo", ha lasciato un "retaggio" in molte altre attività, ancora oggi praticate.

visualizza foto foto nr. 59. Nel Delta anche le donne vanno a pesca. Questa, per es., mostra fiera un bel cefalo

 

visualizza foto foto nr. 60. Un pescatore con le reti in transito con il suo natante nella laguna della Vallona

 

2)I "vongolari". I pescatori di vongole, detti "vongolari", è possibile vederli in "azione" mentre sono intenti nella raccolta dei molluschi nelle acque basse delle lagune.

Si immergono con speciali stivaloni, muovono il fondo con un attrezzo detto "rasca", formato da un palo e da una specie di rete, e raccolgono il prezioso prodotto che rimane imprigionato nel limo (è impressionante vederli al lavoro d'inverno, in ammollo nell'acqua gelata fino alla vita!).

Li si possono incontrare anche mentre conferiscono il "pescato", con le barche, ai vari centri di raccolta. Questo, poi, verrà portato allo stabulario (una struttura idonea, prevista da severe direttive sanitarie europee, dove si effettua la stabulazione dei molluschi eduli Lamellibranchi, cioè mitili e vongole; ossia la loro messa a riposo per un determinato tempo, in apposite vasche, al fine di scongiurare il pericolo di tossinfezioni alimentari).

La raccolta delle vongole, il cosiddetto "oro del Delta" ha dato un forte impulso all'economia della zona (molti sono i miliardi di fatturato delle varie cooperative di vongolari), provocando anche problemi di ordine pubblico, a causa di continue ruberie, speronamenti, veri e propri "assalti pirateschi", minacce, e quant'altro, tra le varie marinerie del posto (Pila e Scardovari) e quelle vicine, in competizione con quelle locali (Chioggia e Goro).

Nel 1991, addirittura, nel buio di una sfortunata sera d'inverno, un giovane di Chioggia di 25 anni, intento a pescare abusivamente nella laguna del Barbamarco, a Pila, assieme ad altri suoi compaesani, venne addirittura assassinato da pescatori del posto, che, con fucili da caccia, stanchi delle continue "scorrerie" dei vicini "avversari", avevano deciso di farsi "giustizia da soli".

Il giorno dopo, come nella scena di un film western, il paese di Pila venne "attaccato" da 150 pescatori chioggiotti, venuti dal mare per vendicarsi del compagno ucciso.

Ho voluto raccontare questa brutta storia perché il Delta, in fondo, è anche questo: una specie di "terra di frontiera", per certi aspetti, continuamente in evoluzione ed in subbuglio, come lo è, del resto, il suo territorio; come se uomo ed ambiente siano in "simbiosi evolutiva", non priva di "tensioni", di "selezione" e "lotte per la sopravvivenza", dai secoli passati sino ai giorni nostri.

E' molto meglio, comunque, ricordare il "fenomeno vongolari", come un'attività che ha fatto conoscere il Delta nel mondo per le sue prelibatezze, e non certo per questi brutti episodi di violenza.

Le vongole e le cozze vengono anche "seminate", in appositi "vivai" (ho già parlato dei trespoli per i molluschi), e, grazie anche all'introduzione della prolifica vongola asiatica (detta anche vongola filippina, la Tapes semidecussatus, introdotta in Italia nel 1983; per merito della sua spiccata adattabilità ambientale e notevole velocità di sviluppo, sta soppiantando quella autoctona, la Tapes decussatus, la vongola verace, in dialetto "caparozzolo"), questa importante risorsa può garantire una sicura fonte di reddito agli abitanti del Delta per molti anni ancora (inizialmente, invece, quando scoppiò il "boom" delle vongole, si cominciò a depredare i fondali senza alcuna regola, come se si trattasse di una miniera d'oro da razziare sino all'ultima pepita).

visualizza foto foto nr. 61. Il centro di raccolta delle vongole in Sacca del Canarin

3)I pescatori di rane. Non è infrequente notare nelle campagne, nelle risaie o nelle lanche (la lanca è un braccio morto del fiume, percorso dalla corrente solo durante la piena), "strani pescatori", che, con un cesto o un sacco legato al fianco, camminano lungo i fossati con una piccola canna in mano. Ogni tanto si fermano, calano qualcosa in acqua, fanno dei rapidi movimenti con il polso e, con un unico gesto, fanno finire la loro "preda" dentro il contenitore.

Questi "personaggi" sono i pescatori di rane (la rana di fosso, Rana esculenta, è un anfibio saltatore della famiglia Ranidae; è caratterizzata dal ventre bianco cosparso di chiazze brunastre, parte superiore color verde di varie tonalità e coperta di macchiette nere; la lunghezza media è di 8-9 cm.) che, utilizzando come esca una pallina di sughero o plastica, o un fiocco di lana o seta (detto "boccon", cioè boccone, grossa esca) legato con la lenza alla punta della canna, e sfruttando la naturale curiosità dell'animale verso tutto quello che si muove, gli fanno saltellare vicino il boccon. Istintivamente il batrace gli balzerà addosso, trovandosi improvvisamente per aria prima e dentro il sacco poi.

Descrivere l'operazione è facile, ma vi assicuro è molto più complesso riuscire a farla, in quanto richiede molta abilità nell'esecuzione del movimento e nel calcolo dei tempi.

La cattura delle rane (che è consentita, in ogni caso, ai titolari di licenza di pesca), al fine di tutelarne il ciclo riproduttivo, è vietata nei mesi di marzo, aprile e maggio; sono consentite, per persona, "prelievi" giornalieri non superiori ad un chilogrammo di esemplari adulti.

Vengono mangiate impanate e fritte o impiegate per farne risotti.

Un'altra curiosità: da queste parti "mandare qualcuno a rane", chissà perché, equivale a "mandare qualcuno a quel paese!"

visualizza foto foto nr. 62. Pescatore di rane in un fosso di risaia

4)I pastori. Lungo il Po, ma anche l'Adige, può capitare di incontrare pastori che conducono le greggi lungo i verdi ed ubertosi argini del Delta.

Mestiere antico, faticoso e solitario, il loro. Questa attività conferisce al paesaggio un tocco magico, quasi irreale: sembra che il tempo si sia fermato a quando la cadenza delle giornate era scandita dal lento fluire delle stagioni, quando non vi era la frenesia del ritmo della vita moderna e tutto si faceva con più calma e senza stress...e mentre noi, a bordo della nostra canoa, stiamo procedendo con calma ed in silenzio, ci sentiamo per un po' parte di quel mondo perduto.

visualizza foto foto nr. 63. Un pastore "posa fiero" con il suo gregge sulla riva dell'Adige

 

visualizza foto foto nr. 64. Gregge in una golena del Po di Goro

5)I maestri d'ascia. Durante gli spostamenti in auto, è ormai raro incontrare un maestro d'ascia al lavoro, ossia un falegname specializzato in costruzioni navali.

Nell'era delle materie plastiche "asettiche" ed "anonime", è bello fermarsi un attimo ad ammirare all'opera questi ultimi artigiani del settore, un tempo fondamentali per la vita del Delta (perché, ovviamente, tutte le barche erano in legno!)

Osserviamo l'abilità che dimostrano nel lavorare il prezioso materiale fornito dagli alberi, dal quale ricavano barche da pesca piccole e grandi ("batlin" e "batane"), che alla fine non risulteranno mai perfettamente uguali, ma proprio per questo non saranno "impersonali".

Esse necessitano di periodiche e meticolose manutenzioni, quasi rimanesse "sempre vivo" (e quindi "bisognoso di cure") il legno con il quale sono costruite, così come lo è il rapporto che si crea con il proprietario, "geloso" del suo natante, con il quale "si guadagna il pane" o semplicemente ha modo di trascorrere alcune ore di relax.

Per questo, quando è ora delle riparazioni e delle riverniciature stagionali, esse non vengono mai fatte come fossero un peso, ma con serenità e meticolosità.

I proprietari delle barche in legno, quando le devono tinteggiare, per distinguersi gli uni dagli altri, non disdegnano di cimentarsi, "vezzosamente", in ricerche di soluzioni cromatiche "ardite".

visualizza foto foto nr. 65. Barca "artigianale" appena uscita dal "cantiere"

6)I pioppicoltori. Altra attività umana connessa con il Delta è la coltura del pioppo (albero delle Salicacee, Populus nigra, dal fusto sottile, con rami cilindrici e folta chioma, foglie acuminate triangolari con lungo picciolo), che viene effettuata nelle golene o nelle campagne a ridosso degli argini.

E' estesamente coltivato per il legno, impiegato per imballaggi, per la fabbricazione di fiammiferi e per l'estrazione della cellulosa da carta.

La pioppicoltura intensiva non si può non considerare responsabile, unitamente ad alcuni lavori effettuati dal Magistrato per il Po, dell'abbattimento di splendide e selvagge boschine golenali per fare spazio ai filari di pioppo ibrido.

visualizza foto foto nr. 66. Pioppicoltori al lavoro a ridosso del Po di Goro

7)I raccoglitori della cannuccia di palude. Navigando per i bonelli delle foci, o in ogni caso dove vi sono enormi estese di fragmiteti (canneti), non è infrequente incontrare al lavoro i raccoglitori di canna di palude (la Phragmites australis, detta anche cannuccia di palude, è una Graminacea. Rappresenta l'elemento più comune ed appariscente della vegetazione acquatica, ed è in grado di sopportare deboli concentrazioni saline; caratterizzata da un'ampia "pannocchia", spesso rivolta da un lato, ad aspetto lanoso, e da foglie larghe pochi centimetri, lanceolate e "taglienti",può raggiungere anche i due metri di altezza) che con la "messura" (un tipo di falce), la tagliano alla base e la caricano in barca.

E' una pianta molto importante per la vita del Delta e per lo stesso mare Adriatico. Essa, infatti, ha la capacità di "filtrare" l'acqua del Po (che, come noto, raccoglie tutti gli scarichi inquinanti della Pianura Padana), sottraendole fosforo, azoto ed altri "nutrienti", che altrimenti andreb­bero ad alimentare i tristemente noti fenomeni dell'eutrofizzazione e diffusione delle alghe nel mare.

Il canneto, inoltre, è importante perché vi nidificano e vi abitano molti uccelli, che qui trovano rifugio e riparo dai predatori. Tra le specie più diffuse bisogna menzionare: la cannaiola (Acrocephalus scirpaceus, un piccolo Passeriforme lungo circa 12 cm., che vive ai margini della fitta vegetazione del canneto; è un buon arrampicatore, il piumaggio è bruno scuro nelle sue parti superiori e più chiaro sulle inferiori, ha canto tipico, appende il nido alle canne), il forapaglia (Acrocephalus schoenobaenus, simile alla cannaiola, dalla quale si distingue per una striscia sovraoculare bianca e da altre più scure sul dorso; pur condividendo con la cannaiola lo stesso habitat, caso non molto comune in natura, perché si crea competizione per gli spazi vitali di ciascuna specie, vive ad altezza diversa rispetto alla "cugina", senza interferire con le sue esigenze), il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus, che si differenzia dalla cannaiola per le dimensioni maggiori, 19 cm, per il becco più lungo e per il forte canto stridente, un "chack-chack", che può essere udito a distanza; nidifica anch'esso appendendo il nido alle canne), il basettino (Panurus biarmicus, piccolo passeriforme di circa 16 cm., il corpo e la coda sono fulvi, il maschio ha capo grigio cenere con un caratteristico "mustacchio" nero; è riconoscibile per il suo canto simile ad un campanellino, "ping-ping", che emette mentre svolazza con volo acrobatico tra la bassa vegetazione; nidifica in basso tra le canne), il migliarino di palude (Emberiza schoeniclus, Passeriforme dal becco corto e tozzo, delle dimensioni di un passero. Il maschio ha la testa e la gola nera, con collare bianco; la femmina ha sopracciglio fulvo e strisce scure simili a mustacchi. Entrambi i sessi hanno il groppone grigio e sulle timoniere esterne della coda tracce evidenti di bianco. Pur non essendo esclusivamente legato al canneto, quando vi dimora, nidifica nel terreno tra le canne), l'airone rosso (Ardea purpurea, Ardeide estivo, simile al cinerino, ma leggermente più piccolo e con il collo più "serpentino", dal petto bruno-castano striato di nero, come le parti inferiori, e il lungo becco molto sottile pure castano-bronzo e rigato di nero. Nidifica nel canneto), il falco di palude (Circus aeruginosus, rapace simile all'albanella, ma più massiccio ed ali più larghe; "volo d'esplorazione" basso, con rari battiti d'ala e lunghe planate ondulate ad ali leggermente sollevate. Costruisce grossi nidi nel bel mezzo del canneto, in posti solitamente circondati dall'acqua), e tanti altri, più o meno appariscenti.

Il taglio della cannuccia, di solito effettuato in autunno, non è dannoso per l'ecosistema, perché contribuisce al rinnovo del canneto ed alla pulizia dei paradeli. Inoltre è veramente pochissima, ormai, la superficie tagliata da chi pratica questo tipo di attività, perché sono molto pochi gli uomini che ancora fanno questo lavoro. E', infatti, un mestiere faticoso e la domanda del prodotto è ormai ridotta.

Il canneto, come ho detto, è un ambiente importantissimo per la vita del Delta, e ben più gravi sono stati gli attentati alla sua integrità rispetto a quella dei semplici raccoglitori di cannuccia di palude.

Per esempio quando, per supplire ai danni causati dal taglio di Volta Vaccari (di cui parlerò in seguito), che stava portando all'interramento del Po di Tolle, il Magistrato per il Po (sempre Lui! Non vorrei ripetermi, però, pur riconoscendogli ovviamente l'importanza che senz'altro ha per i suoi interventi nel campo della sicurezza idraulica, non si può certo affermare che abbia "brillato" per quelli in campo ambientale) ha "dovuto" distruggere uno dei più belli canneti del Delta, quello degli Allagamenti, aprendo nel bel mezzo della loro superficie una nuova Busa del Po di Tolle, la "Busa degli Allagamenti", scavando, in pratica, ex novo, una nuova foce.

Tornando a trattare dei raccoglitori di cannuccia (la digressione era doverosa, perché non si può non parlare dell'importanza del canneto e di tutte le problematiche ad esso collegate), mentre un tempo si faceva moltissimo uso di tale pianta, ora viene impiegata in maniera meno massiccia.

Veniva adoperata per preparare le "arelle" (graticci che poi veniva­no intonacati e formavano i controsoffitti delle case di una volta). Ora i soffitti non si costruiscono più in questo modo, e viene , quindi, usata o per formare delle specie di stuoie utilizzate in agricoltura o in vallicoltura come recinzioni o barriere frangivento o per preparare gli ormai rarissimi casoni di canna.

Viene anche sfruttata per costruire tettoie (dette "grisoe") per fornire riparo dal sole, per esempio nei parcheggi, o in spiaggia. Alcuni con essa rivestono le cavane o le case galleggianti in modo da "attenuarne l'impatto ambientale" ; i cacciatori, infine, la impiegano per mimetizzare gli appostamenti di caccia.

In certe zone, per esempio sopra l'argine del Po di Tolle, nella località denominata Bonelli, si possono notare, quand'è il periodo della raccolta, grossi fasci a forma piramidale di cannuccia di palude ammassati in attesa di essere lavorati.

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foto nr. 67. Una bella casa galleggiante costruita con cannuccia di palude: uno degli esempi dei vari impieghi che si fanno con questa importantissima Graminace

8)I raccoglitori di legna. Si possono incontrare sia lungo il Po (o l'Adige), che negli scanni.

Ad ogni modo si trovano, di solito, dopo una piena, mentre con le loro barche (alcuni si spostano a remi), recuperano la legna morta che scende con la corrente.

Personalmente, un giorno, vidi un vecchietto che, vogando alla vallesiana (tipo di vogata, in piedi, con due remi che si incrociano davanti al petto), controcorrente ed in periodo di pena, su una barca in legno, nel Po Grande (Po di Venezia), incredibilmente riuscì a trainare a riva un tronco di non meno di cento chili, che aveva prima legato a poppa!

In quel caso venne messo ad asciugare e poi segato sul posto prima di essere portato a casa.

Quando sono meno grandi, vengono semplicemente raccolti e gettati in barca.

La gente del Delta, giustamente, non è abituata a sprecare nulla (più volte ho fatto cenno "alle tribolazioni" che ha passato nel corso dei secoli) e, quando può, "coglie i "regali" che il Grande Fiume elargisce: legna gratis per scaldarsi o per cuocere!

Lungo gli scanni, invece, i raccoglitori di legna camminano per la spiaggia, la recuperano, la accatastano e poi la caricano sul loro natante. Il lavoro è leggermente diverso rispetto a quello effettuato in Po, ma ugualmente piacevole, svolto all'aria aperta e soprattutto redditizio!

visualizza foto foto nr. 68. Golena del Po di Gnocca: catasta di legna recuperata con una piena

9)L'incontro con gli zingari. D'estate, soprattutto, si possono incontrare carovane di zingari che si accampano nelle golene più tranquille del Po (di solito sotto i ponti, per essere più riparati quando piove).

Vi racconto, a tal proposito, una mia esperienza sul Po di Goro quando mi trovai, durante uno dei miei viaggi in canoa, davanti alla seguente scena: <<Era tutto un vociare gioioso di bambini che correvano scalzi e seminudi sull'erba. Alcuni pescavano con rudimentali canne improvvisate. Le donne lavavano i piatti con l'acqua del Po. Maschi adulti e bambini abbronzati, e a mio modo di vedere felici, si tuffavano in acqua e si facevano il bagno. Alcuni si lavavano i capelli con lo stesso tipo di detersivo che le donne avevano usato per lavare i piatti>>.

Ecco un esempio del rapporto tra i nomadi ed il Po e devo dire, nonostante tutte le preoccupazioni che abbiamo noi "occidentali" per le norme igieniche e tutto il resto, non ho mai visto bambini più sani ed uomini dai capelli più folti di quelli che quel giorno "si stavano trastullando tra le braccia amorevoli di Eridano".

10)Gli inanellatori del Delta. E' veramente difficile vederli al lavoro, perché si muovono, di solito, all'alba ed al tramonto e raggiungono posti molto solitari, non disturbati dagli uomini. Dove, cioè, sanno che possono trovare tanti uccelli da "catturare".

Sono personaggi appartati, abituati a sopportare il freddo,il caldo,l'umiditàinsostenibile dell'estate o le punture fastidiose delle zanzare. Raggiungono in barca i posti dove devono piazzare le reti, i pali che le sostengono e tutto il resto della loro attrezzatura.

Con lunghissimi stivaloni si muovono nel fango molle delle lagune (e vi assicuro che è molto faticoso) per allestire "l'impianto di cattura". Grazie a speciali richiami elettroacustici con amplificazione del suono, attirano gli uccelli nelle reti. Poi li mettono in cassette idonee, smontano l'impianto di cattura, caricano tutto in barca e vanno a casa, dove hanno il loro studio.

Misurano gli uccelli (la lunghezza dalla testa alla coda e quella dell'apertura alare), mettono un anello con specifici codici e poi li liberano. Tutti i dati vengono registrati sul computer.

E' un lavoro affascinante quello degli inanellatori del Delta, pochissimi uomini che lavorano per l'I.N.F.S. (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), che si trovano ad operare nella zona umida più importante d'Italia, fondamentale tappa migratoria tra centro e nord dell'Europa e continente africano.

I dati da loro raccolti hanno un valore enorme dal punto vista scientifico.

Anche noi, nel nostro piccolo, li possiamo aiutare: se troviamo infatti un uccello morto, inanellato, diamone notizia all'I.N.F.S. o al Comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale, a sua volta (almeno questo prevede la legge) provvederà ad informare l'Istituto (anche questo "dovere", come quello di prestare soccorso agli uccelli feriti o in difficoltà o di darne notizia, in ogni caso, all'Ufficio caccia dell'Amministrazione Provinciale, come ho già detto, è contemplato nella legge regionale sulla protezione della fauna selvatica).

11)Gli spigolatori. E' un'attività quasi del tutto scomparsa, perché, ora, pochi hanno bisogno di andare a raccogliere, per arrotondare il bilancio familiare, le pannocchie di mais lasciate sui campi dopo la trebbiatura.

E' proprio questo, infatti, quello che fa lo spigolatore, secondo una vecchia tradizione, in base alla quale i proprietari terrieri rilasciano ad estranei il permesso di entrare nei loro possedimenti per raccattare il mais "sfuggito"alle macchine agricole.

Spesso, comunque, uno fa lo spigolatore perché a casa ha semplicemente delle galline che può sfamare gratuitamente; inoltre, sempre nell'ottica di cui ho già detto, relativa al fatto che le genti del Delta non buttano via mai nulla, il tutolo (in dialetto "castellon") viene utilizzato per scaldarsi, al pari della legna "regalata" dal Po.

In alcuni casi, la spigolatura viene effettuata dopo che il proprietario del terreno ha bruciato le stoppie (tra l'altro, in tale circostanza, essa risulta più facile, perché è più agevole trovare le pannocchie tra la cenere).

visualizza foto foto nr. 69. Spigolatori all'opera in un terreno nel quale sono state bruciate le stoppie.

Spigolare il mais è una delle tradizioni locali, ormai scarsamente praticata.

Gli spigolatori godono del permesso dei proprietari dei fondi, che consentono loro di accedervi gratuitamente. Un tempo, prima dell'avvento delle trebbiatrici, il mais veniva raccolto completamente a mano.

12)Gli apicoltori. Un'attività nuova che si sta diffondendo nel Delta è quella dell'apicoltura.

In campagna, specie a ridosso degli argini, ricchi di vegetazione, di alberi e di fiori, si vedono sempre più arnie ed apicoltori che si dedicano a questa interessante ed ecologica disciplina.

Tra i prodotti tipici del Delta, quindi, oltre alle vongole, sta prendendo piede il miele, alimento che coniuga appieno il "trend" sinora descritto dell'atteggiamento delle genti locali: prendere, possibilmente senza depauperare, le risorse che il Fiume, direttamente o indirettamente regala: pesci, vongole, legna, canna di palude, prodotti dell'agricoltura e, per l'appunto, il miele.

visualizza foto foto nr. 70. Apicoltore all'opera a ridosso dell'argine del Po di Gnocca

13)I raccoglitori di erbe selvatiche. A volte, nelle campagne vicino al Fiume o sugli stessi argini, si vedono donne che raccolgono, a scopo alimentare, erbe selvatiche di stagione.

Tra le più ricercate ricordo:

-la Silene vulgaris, detta in italiano "erba del cucco"; viene colta all'inizio della primavera. Viene consumata passata al burro o nei risotti, in frittate o solo bollita.

-il luppolo selvatico, o bruscandolo, il cui germoglio è edule come i turioni degli asparagi; viene mangiato proprio come questi: lessato e condito con olio, sale e pepe, da solo o con le uova. Si fanno anche risotti o frittate.

-il Papaver rhoeas, il rosolaccio o "rosole" (in dialetto); il cui getto, edule, viene normalmente cotto assieme ad altre erbe.

-il tarassaco, in dialetto "brusaocio"; il cui edule germoglio, dal sapore amarognolo, può essere mangiato crudo. Se colto più tardi, dopo che ha formato il caratteristico fiore giallo o più oltre, quando le sue "labili palle piumose bianche" si disintegrano col vento, si utilizzano foglie e radici, comunemente cotte e mischiate ad altre erbe.

Raccogliere erbe selvatiche è un po' come andare a funghi: si fa una passeggiata, si sta in mezzo alla natura e, perché no, poi se ne "godranno" anche i frutti con una bella mangiata!

14)I cercatori di Anellidi. Mentre frequentate le lagune, vi può capitare di incontrare uomini che, con attrezzi simili a quelli del giardiniere, setacciano il limo delle barene rese momentaneamente asciutte dalla bassa marea.

Sono i cercatori di Anellidi (una sorta di vermi provvisti di "ciglia"), alcune specie dei quali vengono impiegati nella pesca (per esempio quelli chiamati "muriddu" o quelli detti "tremolina").

La raccolta degli Anellidi viene fatta con la forca, il vanghetto ed il crivello a mano, con il quale viene cribrato il terreno.

Nel Delta, persino dal fango delle lagune la gente riesce a trovare qualcosa di utile e redditizio (questi Anellidi vengono poi venduti come esche)!

15)I barcaioli. E' anche questo un mestiere tipico degli uomini del Delta. Trattasi degli accompagnatori dei cacciatori foranei (ne ho già parlato a proposito delle coeggie).

16)I capicaccia. Ho già trattato di questi "registi della caccia" a proposito dei casoni di caccia.

E' un mestiere "specialistico", che consistite nel curare gli aspetti venatori delle valli in maniera da "attirare" il maggior numero di uccelli, con idonee pasture e con il controllo dei livelli delle acque e della vegetazione a seconda delle esigenze delle specie più "ambite" (anatre).

La caccia è una fonte di reddito non trascurabile nel Delta e questi "tecnici" garantiscono ai proprietari delle aziende faunistico-venatorie notevoli guadagni.

17)I "pontieri" del Delta. Anche questo è un lavoro assolutamente "tipico", connesso con l'esistenza stessa dei ponti di barche, dei quali ho già discusso.

I "pontieri" stazionano, quando non devono effettuare la manutenzione alla struttura che sovrintendono, in un piccolo prefabbricato, dove si alternano con turnazioni di servizio nell'arco delle 24 ore e controllano il traffico sul ponte stesso.

Sono i Comuni interessati che pagano le prestazioni lavorative di questi uomini che si impegnano a conservare in perfetto stato il manufatto galleggiante (svuotando l'acqua dalle barche in cemento dopo la pioggia, riparandone il piano stradale in legno, aprendolo durante il passaggio delle imbarcazioni più grosse).

D'estate, d'inverno, con la nebbia e con le piene, di giorno e di notte, i "pontieri" sono costantemente in "contatto" con il fiume e con le persone che lo frequentano e sono, per questo, i depositari di molti aneddoti interessanti.

18)I traghettatori del Delta. Quello dei traghettatori del Delta è una professione che non esiste più: gli ultimi due (i celebri "Rolando AZZALIN" ed "Alfredo MARCHESIN") hanno in pratica smesso l'at­tività il 17.5.'1997, quando, cioè, è stato inaugurato il ponte sul Po di Venezia tra gli abitati di Cà Tiepolo e Cà Venier.

Purtroppo, a ricordare il tempo passato, non ci sono più neanche i loro traghetti, venduti ad altri traghettatori ed ora in servizio più a monte, nel Mantovano.

Per decenni hanno servito la cittadinanza di Porto Tolle e non solo, con onore, spirito di sacrificio e dedizione.

Nel '51, per esempio, durante la disastrosa alluvione del Polesine, assieme a Marino Cacciatori (detto "Caparin", loro socio di quegli anni, ora il più famoso accompagnatore turistico del Delta, una specie di mito vivente, una miniera di informazioni ed aneddoti sulla storia del Po), si distinsero per la loro generosità e coraggio nel trarre in salvo la gente del posto e per questo ricevettero un attestato di benemerenza dal Ministero dell'Interno.

Un paese diviso a metà quello di Porto Tolle, dal fiume Po di Venezia.

Due frazioni, Cà Tiepolo (sede municipale) e Cà Venier, distanziate da meno di un chilometro in linea d'aria, ma raggiungibili via strada dopo averne percorsi ben trenta!

Grazie al traghetto, quindi, in pochi minuti si passava da una parte all'altra del Comune. Il servizio, gratuito per i residenti, iniziava alla mattina alle sei e prevedeva una "passata" da una sponda all'altra ogni mezz'ora, sino alle 20,00; poi ogni ora sino alle 24.

Era sempre un'esperienza avventurosa transitare sul traghetto di Rolando ed Alfredo: bisognava imparare a parcheggiare le auto, in maniera da farne stare il maggior numero possibile; qualche ritardatario rimaneva a terra.

A volte, i traghettatori tornavano indietro a prenderli, mentre gli automobilisti che si trovavano già a bordo protestavano perché avevano fretta.

D'inverno, con le fitte nebbie, ci si domandava come facessero ad orientarsi e si rimaneva stupiti anche dall'abilità con la quale riuscivano a destreggiarsi quando il Po era in piena.

Il caratteristico rumore dei motori del traghetto scandiva il tempo del paese come un orologio.

Ricordi nella memoria di chi ha avuto modo di conoscere quegli uomini, di salire sulle loro "navi", di fare l'esperienza di attraversare il Po con l'auto, avvicinandosi all'acqua, guardandola da vicino, temendola (il fiume è profondo ben 18 metri in quel punto!), arrivando quasi ad annusarla.

Ogni volta era come se si trattasse di un "evento strano", quasi incredibile.

Tra Berra (nel ferrarese) e Papozze, comunque, è ancora in servizio un altro traghetto. Si trova proprio prima dell'inizio del Delta, a ricordare al turista che questo, in fondo, è un mondo particolare, atipico, "fuori dal tempo", ma giusto grazie a ciò affascinante ed unico!

visualizza foto foto nr. 71. L'ultimo traghetto rimasto: quello tra Berra e Papozze

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