Cap. VIII: consigli utili per i praticanti

1)L'auto. Alcuni itinerari sono stati studiati con la previsione che siano almeno due i canoisti, muniti entrambi di auto propria: una parcheggiata all'imbarco ed una allo sbarco. Chi è ben allenato, al limite, potrebbe riuscire a tornare da solo al punto di partenza (in tale caso è saggio fare percorsi a ritroso rispetto a quelli descritti: quando si è riposati, cioè, si rema controcorrente; poi, quando si è stanchi, si ritorna a favore di corrente); naturalmente, per i principianti, è sconsigliabile avventurarsi in fatiche che non sarebbero in grado di portare a termine.

E' possibile fare ciascun itinerario anche con una sola auto nel caso in cui il canoista sia in compagnia di altri amici, magari interessati a fare una semplice gita in macchina, disposti ad aspettare allo sbarco il compagno.

2)L'attrezzatura. Deve essere caricata in modo che non sbilanci l'imbarcazione e permetta di avere a portata di mano le cose di uso più immediato (per esempio la borraccia o il binocolo).

3)Consultare le previsioni del tempo. Prima di decidere di fare un'escursione, consultate le previsioni del tempo: anche per i più esperti canoisti è meglio evitare di trovarsi gratuitamente nel bel mezzo di una tempesta estiva quando, per esempio, le onde del Po si increspano troppo e si fanno minacciose!

4)Consultare il calendario delle maree. Ne esistono anche di tascabili; si possono reperire facilmente in commercio presso i negozi di nautica o di articoli per la pesca. Anche per un profano, il calendario delle maree è di facile consultazione, perciò non mi soffermerò a spiegare come deve essere letto.

La sua utilità è duplice: in alcuni itinerari, per esempio nelle lagune con fondale talmente basso che si corre il rischio di finire in secca anche con una canoa, consente di suggerire il momento migliore per avventurarvisi senza il pericolo di arenarsi; in altri, invece, permette di scegliere il periodo più favorevole per risalire il Po, controcorrente, cercando di fare meno fatica possibile.

Si tenga presente, per esempio, che tra l'alta e la bassa marea vi può essere un'escursione anche di 120 cm. L'utilizzazione della marea al fine di rendere più agevole lo sforzo del canoista, si basa sul seguente principio: quando la "marea cala", la corrente del fiume aumenta; viceversa, quando la "marea monta", la corrente del fiume diminuisce.

Quando si sceglie, quindi, di fare un percorso che inizia dal Po, continua in una laguna, per poi fare ritorno lungo il Po, dunque, conviene, in base alle indicazioni fornite dal calendario delle maree, scendere il fiume nel periodo in cui la marea cala, così la corrente è maggiore ed in favore del canoista; visitare la laguna quando l'acqua cresce, in modo tale da scongiurare il pericolo di finire in qualche secca ed, infine, risalire il Po quando la marea montante sta raggiungendo il valore estremo della sua escursione, così viene annullato al massimo l'effetto della corrente contraria.

5)L'incrocio con natanti a motore. Quando si incrociano natanti a motore, bisogna prestare attenzione al moto ondoso che essi creano. Nel Po di Venezia e di Pila, in particolare, navigano le famose bettoline (grosse chiatte che trasportano soprattutto combustibile), dalla stazza notevole, ma anche grandi pescherecci (delle marinerie di Pila, Scardovari e Goro), o semplicemente barche da diporto.

E' meglio prendere le onde con la prua, per scongiurare il rischio di rovesciarsi.

Attenti, inoltre, a quelle riflesse dalle rive: hanno direzione contraria rispetto alle prime, sono meno alte ma altrettanto fastidiose.

Per i principianti è consigliabile, quando si avvista all'orizzonte una bettolina, portarsi velocemente verso riva, afferrare i rami di un albero ed aspettare, nel vero senso della frase, che si "calmino le acque".

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foto nr. 22. Una bettolina transita al tramonto sul Po Grande

6)Le piene. Il Delta del Po deve la sua bellezza alle sue acque, fonte di vita, ma anche di distruzioni, di alluvioni e di lutti (la più tristemente nota in tempi recenti è quella del novembre del 1951).

Ora vi sono grandi argini maestri che regimano il corso del fiume. Viene fatta con regolarità la manutenzione alle sue rive, viene dragato alle foci e dove si formano quei depositi alluvionali che possono creare ostacoli al normale deflusso delle acque.

Periodicamente, comunque, con la stagione delle piogge (di solito in autunno ed in primavera), il livello del Po si innalza notevolmente, allagando le golene. Esso en­tra, quindi, in "regime di piena".

Occorre prestare molta attenzione se si sceglie di navigare in tali periodi: l'acqua (in dialetto detta "acqua nova") assume un colore "caffellatte", diventa torbida e schiumosa; grossi e piccoli tronchi galleggiano velocemente e c'è il pericolo che entrino in collisione con l'imbarcazione, magari provenendo all'improvviso da dietro, senza che il canoista se ne accorga.

Per i più esperti, invece, è molto divertente remare con le piene, perché la corrente rende più veloce la discesa e bisogna destreggiarsi nel "traffico di ostacoli". Molto bello, per esempio, è scendere nelle golene allagate coltivate a pioppeto e fare slalom tra gli alberi.

Si procede nel seguente modo: ci si lascia traspor­tare dalla corrente, poi, più a valle, si entra nel pioppeto golenale (all'interno della golena la corrente è meno forte) e si procede tra i filari di pioppi zigzagando qua e là (è veramente un'esperienza bellissima!) verso monte, per poi rientrare nel corso principale e ripetere più volte lo stesso tragitto. Chi decide, in ogni caso, di avventurarsi in Po o in Adige in regime di piena, deve fare attenzione alle turbolenze che si creano in vicinanza dei piloni dei ponti.

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foto nr. 23. Aspetto "dell'acqua nova" in Po, caratterizzata da: tronchi, rami, foglie e "schiuma" che scende velocemente a valle

 

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foto nr. 24. Il tipico colore dell'acqua del Po in regime di piena

 

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foto nr.25.Il "fascino" particolare di un pioppeto allagato, luogo ideale per fare slalom in canoa

 

visualizza foto slalom in pioppeto durante la grande alluvione dell'ottobre 2000

 

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la piena dell'alluvione dell'ottobre 2000: l'acqua arriva sino al secondo piano delle vecchie abitazioni golenali

 

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la piena dell'alluvione dell'ottobre 2000: in kayak tra case e chiome degli alberi golenali

 

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la piena dell'alluvione dell'ottobre 2000: una lumaca tenta di salvarsi dalla morte arrampicandosi sulla corteccia di un pioppo

 

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la piena dell'alluvione dell'ottobre 2000: la furia delle acque convoglia nel Delta piante "strappate" dalle montagne. Sulla spiaggia di uno scanno, per esempio, un albero arrivato da chissà dove, "trattiene" ancora tra le sue radici dei sassi provenienti dal suo luogo di nascita

7)Le secche. Nonostante, come già detto, una canoa necessiti di pochi centimetri di acqua per galleggiare, capita, a volte, di finire in secca. Questo può succedere sia in una laguna, come nel bel mezzo del Po. E' più facile individuarle per tempo, e quindi evitarle, nelle sacche e nelle lagune, perché l'acqua cambia colore a seconda della profondità del fondale; risulta più complicato, invece, identificare quelle presenti in Po.

In questo secondo caso, comunque, una buona cartina di tornasole potrebbe essere la presenza, se dovesse esservi rimasto incastrato, di un tronco morto fermo in mezzo al fiume.

Per evitare ogni rischio, comunque, è buona norma scegliere la traiettoria più lunga, anche se, apparentemente, potrebbe sembrare che faccia spendere più fatica perché bisogna remare di più (in realtà, se si finisce in secca, sono maggiori le energie che si devono consumare per togliersi dall'impaccio).

Supponiamo, per esempio, di stare scendendo un tratto del Po a favore di corrente e di incontrare una curva a sinistra e poi una a destra; invece di scegliere la via più breve (tangente ad entrambe), conviene optare per lo stesso percorso utilizzato dalla corrente per procedere più velocemente, ossia avanzare verso la concavità della prima curva e successivamente quella della seconda. E' proprio nella convessità delle anse del fiume (a causa della minore velocità dell'acqua), infatti, che si accumulano i detriti alluvionali che, col tempo, danno luogo alla formazione delle secche (dette anche "sabbioni").

Ad ogni modo, nel Po di Venezia e di Pila vi sono i segnali della navigazione interna, che indicano alle bettoline (le imbarcazioni che, a causa del loro notevole pescaggio, rischiano più delle altre di arenarsi) la rotta migliore da seguire; attenendosi a tali segnalazioni, pertanto, si scansano senz'altro i sabbioni.I segnali (verticali) della navigazione interna sono di metallo, hanno forma romboidale e sono di colore rosso e bianco. Sono collocati nella parte interna delle rive e posizionati in modo tale che, giunti all'altezza di uno di essi, sia possibile vedere quello successivo.

E' l'A.R.N.I. (Azienda Regionale per la Navigazione Interna) che, con proprio personale, i cosiddetti "meatori" (addetti al controllo della profondità e della navigabilità del fiume) provvede a sistemare i suddetti segnali. Essi dispongono di inconfondibili pilotine gialle, che, quando non sono utilizzate per il servizio, vengono ormeggiate all'interno di tipici ricoveri galleggianti.

Il significato di tali segnali è il seguente:

-triangolo bianco collocato sulla parte sinistra o destra del segnale romboidale, vuol dire "dirigersi verso la sponda indicata dal triangolo bianco";

-triangolo bianco posto sulla parte superiore del segnale romboidale, significa "proseguire lungo la sponda";

-triangolo bianco sistemato sulla parte inferiore del segnale romboidale, vuol dire "dirigersi verso la sponda ed abbandonarla subito".

I meatori predispongono anche il posizionamento di grandi boe (bianche o rosse; se ne può osservare una nella foto nr. 19), che indicano la linea di rotta. Non è raro, durante le grandi piene, vedere questi "enormi galleggianti" incastrati tra gli alberi del fiume.

Dopo questa digressione sui segnali della navigazione interna, tornando a parlare delle secche, occorre precisare che, comunque, l'incontro con esse, specialmente per quanto riguarda il Po, non è un evento troppo frequente (soprattutto per chi viaggia con una canoa) e capita, di solito, d'estate, nei periodi di grande magra.

Nel caso in cui si dovesse verificare, ad ogni modo, navigando con un kayak, basta un "colpo di reni" per uscire dall'impasse. Se non dovesse essere sufficiente, conviene affondare le pale della pagaia nella sabbia, tornare indietro e cercare altre vie più agevoli.

Anche con la canadese è opportuno conficcare il remo nella rena e fare retromarcia.

Più problematico è cavarsela quando si presenta la stessa situazione in laguna. A volte non si riesce più ad uscire dalla secca e si è costretti a scendere dall'imbarcazione e tirarla a piedi. Fate attenzione, perché il fondo è molto molle e si può affondare addirittura sino al ginocchio (abbiate, in tale caso, l'accortezza di non perdere le calzature nel limo, perché vi rimangono letteralmente intrappolate!). Conviene saggiare la consistenza del fondo con il remo, prima di avventurarsi!

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foto nr. 26. Uno dei ricoveri galleggianti dei meatori

 

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foto nr. 27. Uno dei segnali verticali della navigazione interna. Il significato di questo, in particolare, è il seguente: proseguire lungo la sponda! Essi hanno forma di losanga e sono costituiti da un triangolo bianco e da uno rosso. L'indicazione è data dal vertice opposto alla base di quello bianco.Le direttive sono:dirigersi verso la sponda sinistra,dirigersi verso la sponda destra, proseguire dritto, ed infine, dirigersi verso la sponda indicata dal triangolo bianco ed abbandonarla subito (nel caso in cui il triangolo bianco sia posto inferiormente a quello rosso)

 

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foto nr. 28. Il "Lago di Girotto", uno degli ambienti umidi del Delta. Questa foto è paradigmatica di cosa significhi finire in secca in una laguna. La bassa marea è al massimo della sua escursione negativa, affiora la fitta vegetazione del fondo del lago e non si riesce ad andare né in avanti né indietro. Occorre, con la spinta delle reni ed affondandola pagaia nel limo, cercare le acque più profonde onde riuscire a tornare a galleggiare. Nel  caso in cui  non si avesse  successo, e la marea non iniziasse a crescere, l'unica possibilità per venirne fuori è scendere, legare la corda alla maniglia di prua, e camminare (per quanto risulti quasi impossibile farlo) sul viscido limo del fondo della palude

8)Il mare. Alcuni itinerari prevedono l'uscita in mare transitando per la foce. E' una esperienza bellissima, perché si partecipa in prima persona al meraviglioso sposalizio tra le acque dolci del fiume e quelle salate dell'Adriatico. Il passaggio in mare è ulteriormente gratificante perché consente di raggiungere spiaggette (scanni) deserte, scoprire dune meravigliose dalla natura selvaggia e, non da ultimo, di potersi rinfrescare con un bel bagno rilassante.Bisogna fare attenzione, però, perché, specialmente nelle giornate ventose, vi sono molte onde in prossimità della foce, in quanto si passa da un ambiente adeguatamente riparato dalle correnti d'aria, come il fiume (grazie all'azione delle rive, degli alberi e dei canneti), al mare aperto.Può essere divertente dirigere la canoa contro le onde (con il kayak il paraspruzzi è d'obbligo), girarsi, e lasciarsi spingere dal vento a favore: si prende molta velocità e sembra di essere su un surf! Fate attenzione, però, perché un'onda un po' più alta del solito, o un anomalo colpo di vento, potrebbero farvi finire improvvisamente sott'acqua (e se non siete capaci a fare la manovra dell'eschimo sarebbero guai!).

Se decidete di fare il bagno, togliete la canoa dalla battigia e trainatela sulla sabbia asciutta. Non fatevi prendere dalla frenesia di fare il bagno, abbandonando la vostra imbarcazione dove capita: c'è il rischio, infatti, che, mentre voi siete al largo a rinfrescarvi, magari proprio quando la marea sta salendo, essa inizi a galleggiare e, sballottata dalle onde o sospinta dal vento, cominci ad allontanarsi in maniera preoccupante!.Per concludere, un ultimo consiglio: non stupitevi, mentre cercate di fare il bagno nelle adiacenze di uno scanno vicino alla foce, se siete costretti ad allontanarvi molti metri dalla spiaggia prima di immergervi completamente. E' infatti una peculiarità di tali fondali quella di essere bassi a causa delle tonnellate di detriti trasportati dal fiume!

Fatte attenzione, comunque, alle buche che potete trovare mentre state camminando nel molle limo tipico di tali zone.

9)Norme comportamentali. Dovrebbe essere superfluo dire che, proprio perché ci si trova in un ambiente particolarmente delicato ed importante dal punto di vista naturalistico (tra l'altro, la maggior parte degli itinerari proposti è inclusa nel territorio del Parco Naturale Regionale del Delta del Po), occorre adottare una serie di comportamenti particolari.

Per esempio: non disturbate gli animali, non toccate i nidi, non danneggiate le piante, non raccogliete i fiori, non andate con i mezzi motorizzati sulle golene del Po.

Se desiderate fare un passeggiata su uno scanno, prestate molta attenzione a dove mettete i piedi! C'è infatti il rischio di pestare le uova dei fraticelli (il fraticello è un uccello della famiglia dei Laridi, Sterna albifrons, la più piccola delle rondini di mare, con becco e zampe di color arancio, piumaggio grigio perla superiormente e bianco inferiormente, testa nera su cui spicca una candida macchia bianca).

Se vedete svolazzare sopra la vostra testa le beccacce di mare (la beccaccia di mare, Haematopus ostralegus, è un simpatico uccello dal becco allungato e di colore rosso, piumaggio nero, bianco sul dorso, che vive lungo le coste nutrendosi di Crostacei e Molluschi) o i cavalieri d'Italia (il cavaliere d'Italia, vedi foto nr. 16, Himantopus himantopus, è un uccello della famiglia dei Recurvirostridi, uno dei più belli uccelli del Delta, dal piumaggio bianco e nero, con collo piuttosto lungo, testa piccola e gambe lunghissime; vive nelle paludi e negli stagni, cibandosi d'insetti e di Molluschi che, col suo becco sottile, scova nel fango) con fare e gridi minacciosi, significa che bisogna allontanarsi subito, perché nelle vicinanze ci sono i loro nidi! Il binocolo, che dovremmo tenere sempre a portata di mano, serve anche per questo: per osservare gli splendidi uccelli del Delta a debita distanza, senza disturbarli!

Naturalmente, non bisogna abbandonare rifiuti in giro, né accendere fuochi.

Attenetevi, in ogni caso, alle regole del buon senso e della buona educazione!

Infine, se rinvenite capi di fauna selvatica morti, feriti o in difficoltà, comunicatelo entro 24 ore all'ufficio caccia dell'Amministrazione Provinciale di Rovigo.

Trattasi di un obbligo riguardante tutti, sancito dalla legge regionale sulla protezione della fauna selvatica ed il prelievo venatorio (cioè, in pratica, dalla legge sulla caccia). Scopo di tale norma è quello di dare modo all'ufficio addetto, di predisporre gli interventi necessari a salvare la vita agli animali feriti (sempre la stessa legge, infatti, prevede che esistano centri di raccolta e cura degli animali in difficoltà, gestiti in collaborazione con volontari delle associazioni ambientaliste) e, nel caso di quelli rinvenuti già morti, di provvedere ad integrare i dati sulla loro mortalità (gli altri numeri, cioè quelli relativi agli abbattimenti effettuati dai cacciatori, vengono forniti dagli stessi "seguaci di Diana", alla Provincia di residenza entro il 31 marzo di ogni anno).

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foto nr. 29. Esempio di rinvenimento e recupero di un'anatra morta

10)La corrente. La "corrente" è il movimento della massa d'acqua lungo il suo percorso verso il mare. Essa è determinata da molte variabili: dal valore del dislivello tra sorgente e foce, dalla portata (cioè dal volume di fluido che passa attraverso la sezione del corso d'acqua nell'unità di tempo; poco prima di Papozze la portata media è di circa 1500 mc/s), dalle maree e, facendo riferimento alle foci, anche dalla velocità e direzione del vento. La corrente del tratto terminale dell'Adige e del Po, rispetto a quella di altri fiumi (per esempio quelli di montagna), non è eccessivamente forte; tuttavia è ugualmente utile sapere come sfruttare quella a favore e come fare per eludere quella contraria (naturalmente è piuttosto empirico il concetto di "poca corrente", per quello che interessa a noi, in quanto molto dipende dalla "forza delle proprie braccia").

Occorre imparare, infatti, che la corrente maggiore si trova più verso il centro, che verso le rive del fiume, in quanto essa è colà frenata da queste ultime.

Se dovete pagaiare verso monte, quindi, è consigliabile che vi teniate il più vicino possibile ad una riva, che, oltretutto, offre anche il vantaggio di ripararvi dal vento e grazie agli alberi, fornisce una piacevole ombra ristoratrice.

11)Le briccole, i pali di navigazione. Quando si sta remando nelle lagune, se si vuole avere la certezza assoluta di non finire in secca, occorre procedere vicino alle "briccole" (o "bricoe", in dialetto), ossia quei pali, singoli o a gruppi, che indicano le rotte della navigazione (si vedono in varie foto; comunque, in primo piano, si notano nella foto nr. 133).

In alcuni casi si tratta di semplici rami , piantati sul fondo delle lagune dagli stessi pescatori (i veri conoscitori di tutti i segreti dei luoghi): sono, ad ogni modo, utilissimi riferimenti per chi, non esperto delle zone, voglia avventurarsi tra sacche e lagune!

12)Imparare ad usare la bussola e le cartine. Fino a quando si naviga lungo il Po o l'Adige, è difficile smarrirsi: gli imponenti argini maestri sono una garanzia per l'orientamento!

Diverso, invece, è il discorso per le lagune, specialmente per alcune di esse.

In alcuni casi, infatti, se si perdono i punti di riferimento e ci si trova nel bel mezzo di uno di quei grandi specchi d'acqua, estesi centinaia e centinaia di ettari, tutto intorno canneti e paradeli che non si sa dove portino, magari anche con la marea che sta calando a vista d'occhio e le secche che diventano sempre più estese, è possibile farsi prendere dal panico!

Per evitare queste brutte esperienze, è utile studiare bene le cartine prima di avventurarsi e mettere letteralmente "a fuoco" (con l'inseparabile binocolo), i diversi punti fissi (di riferimento per l'orientamento) indicati sulle stesse a seconda dell'itinerario.

Si impari, quindi, ad usare correttamente la bussola ed, unitamente ad essa, il binocolo.

La bussola consigliata, quella goniometrica (detta anche di collimazione), vedasi in foto nr. 21, è dotata di una base piatta, sopra la quale c'è un quadrante circolare, al cui interno si trova alloggiato l'ago magnetico, perfettamente isolato ed immerso in una soluzione viscosa.

Il quadrante è girevole, attorno ad un anello graduato da 0° a 360° (gli 0° coincidono con il Nord, i 90° con l'Est, i 180° con il Sud, i 270° con l'Ovest). Sul materiale trasparente del quadrante vi è una tacca di riferimento; spesso i modelli in commercio, in prossimità di tale segno, presentano un ispessimento del vetro (o plastica, a seconda del materiale usato) avente lo scopo di permettere un ingrandimento dei numeri che vengono letti avvicinando la bussola all'occhio. L'ago magnetico ha almeno una metà colorata (in genere di rosso), che indica il Nord magnetico. Due sportellini, fissati con un perno sulla base della bussola, si spostano uno in avanti, "verso l'infinito", ed uno indietro, verso l'occhio. Quando sono a contatto, chiudono il quadrante della bussola, proteggendolo dagli urti. Quando la bussola deve essere usata, gli sportellini vanno inclinati in maniera tale che entrambi formino un angolo di 90° con la base.

Seguendo lo stesso principio del puntamento di un'arma da fuoco, lo sportellino diretto verso l'esterno è dotato di un "mirino", quello rivolto verso l'occhio è munito di una "tacca di mira", sotto la quale una lente permette di leggere il valore indicato dalla intaccatura del vetro del quadrante.

Dopo questa doverosa descrizione, vediamo ora come va impiegata: spostatevi verso il nord, per "tarare la bussola" e ruotate la ghiera in modo che la tacca coincida con lo 0° (e quindi con il Nord: in tal caso con l'intaccatura si allineerà anche l'ago magnetico); fissate poi un oggetto da utilizzare come punto di riferimento (per esempio uno dei fari del Delta, quello di "Punta Maistra" sulla riva sinistra di Busa Dritta o quello di "Goro" sulla riva destra del Po omonimo) e inquadratelo con un occhio solo (chiudendo l'altro, proprio come nell'atto di "prendere la mira") tra la tacca di mira (lo sportellino più vicino all'occhio) ed il mirino (lo sportellino diretto verso "l'infinito"). Quando vi è esattamente la stessa "luce" (cioè lo stesso spazio) tra la parte destra e quella sinistra della tacca di mira, vuol dire che il mirino è perfettamente in linea con l'oggetto che si sta inquadrando. Abbassate, allora, leggermente e senza cambiare posizione con i piedi, lo sportellino della tacca di mira e leggete attraverso la piccola lente le indicazioni fornite dal quadrante: il valore numerico (espresso in gradi) che rileverete è quello dell'angolo forma­to dai due lati (uno passante per l'ago magnetico, che indicherà in ogni caso sempre il Nord magnetico, l'altro per il punto fisso osservato) che originano dal vertice situato sotto i vostri piedi (ovviamente, quando guardate la bussola dovete mantenere la testa dritta, sullo stesso piano frontale del tronco, senza ruotarla, quindi, altrimenti i valori che leggerete non saranno esatti!).

Fate delle prove a casa vostra, per acquisire dimestichezza con questo nuovo strumento e vi accorgerete che il suo uso risulterà molto più semplice della mia noiosa (ma necessaria) spiegazione tecnica!

Per quanto riguarda l'impiego corretto in canoa, abbinato al binocolo, ipotizziamo un caso concreto, per essere molto pratici. Facciamo finta di avere appena percorso il lungo e stretto paradelo che dalla riva destra di Busa Dritta conduce nella Laguna del Basson. Ora, in base a quanto indicato dalla relativa cartina, guardando a 242° da dove ci troviamo (cioè verso W-S-W, in pratica alla nostra destra), dovremmo notare una specie di torretta con scaletta (un idrometro), uno dei "punti bussola del Basson". Posizioniamoci, quindi, fino a quando sulla bussola non leggeremo i dati indicati dalla piantina; finalmente, una volta trovato il valore ricercato, mettiamo a fuoco in lontananza e visioniamo questo nuovo oggetto! Prendiamo il binocolo e guardiamolo meglio! Farà ora parte del nostro patrimonio di conoscenze del Delta e ci permetterà di non perderci in questo bellissimo posto. Dirigiamoci, dunque, all'idrometro e raggiuntolo, tornando a consultare la cartina, potremmo scoprire dove è ubicata l'entrata del paradelo che conduce in Po di Scirocco, oppure la direzione che porta al mare, o ai casoni di canna di Scanno Boa. Guardiamoci intorno con il binocolo, poi potremmo tranquillamente andare dove ci porta la nostra fantasia e curiosità, senza paura di smarrirci, tanto ormai abbiamo preso confidenza con i vari punti bussola che ci permetteranno di fare tranquillamente ritorno allo sbarco.

Per facilitare la dimestichezza con la bussola ed i punti cardinali, consultate il disegno seguente

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