Il decreto Ronchi pone,
almeno, tre traguardi: ridurre la quantità e la
pericolosità dei rifiuti, disincentivarne la produzione,
diminuire il numero delle discariche e dotare le restanti
di un impianto di biogas. Una volta che il ciclo è a
regime, rimane il cosiddetto "Cdr, combustibile da
residuo" da bruciare e trasformare in energia
alternativa. Le linee sono tracciate nella legge
regionale 3/2000. Il riepilogo del problema - su cui i
nostri politici si stanno accapigliando da tempo - è
doveroso e permette di comprendere il motivo della
contesa: la costruzione di un inceneritore,
termodistruttore o termovalorizzatore, che dir si voglia,
in Polesine. Nel Veneto, ne sono previsti quattro, e
bisogna far riferimento ai bacini d'utenza. Il Polesine
non garantisce una produzione di Cdr sufficiente a far
funzionare convenientemente un simile impianto. Il solo
modo per limitare i costi di funzionamento sarebbe l'importazione
di Cdr (tre quarti del fabbisogno!) da altre province. Ma,
allora, perché scegliere il Polesine? Per il cittadino
comune, quello che paga le tasse e non vuole sentir
parlare delle lobby dei rifiuti, è una proposta senza
senso. Nessuno lo vuole, neppure Rovigo che propone di
farlo a Porto Tolle, richiamandosi ad uno "sciagurato"
ordine del giorno di una giunta antiparco (già sepolta
dalla proprie macerie politico-programmatiche) che ne
aveva dato la disponibilità. Il no al termovalorizzatore
è giunto con il Piano provinciale rifiuti. A Rovigo
esiste il separatore di Sarzano che, senza la presenza di
un inceneritore, continuerà a funzionare "a mezzo
servizio", tanto da far scegliere al Comune di non
investire un centesimo di euro in più sulla raccolta
differenziata, dichiarata al 37% secondo l'assessore
Luigi Paulon, ben distante dal quel 50% che consentirebbe
un abbattimento dell'ecotassa attualmente versata. Ma, se
si volesse raggiungere quella percentuale, occorrerebbe
spendere una cifra notevolmente superiore allo sconto che
potremmo ottenere sull'ecotassa. Inoltre, spingendo sulla
raccolta differenziata, si metterà prima o poi in crisi
il separatore: i rifiuti prodotti dall'inceneritore
finiranno fuori provincia, un passaggio in più.
Probabilmente, il separatore di Sarzano è stato un
errore e, quindi, continuando a smaltire il Cdr all'esterno
della provincia, sarebbe opportuno attuare forme di
eventuali partecipazioni societarie o accordi di
programma con il Consorzio, per riuscire ad abbattere i
costi di conferimento e ridurre le spese.Ci si accapiglia
su ben poco, perché il cittadino è anche disponibile a
pagare qualcosa di più purché vengano salvaguardati
salute (allarmante è l'incidenza dei tumori) e ambiente.
Se poi, si vuol piazzare un inceneritore di rifiuti in
grado di produrre energia nel Delta, in un'area vocata al
turismo e alla salvaguardia del territorio, come ricorda
con il suo forte "no" il presidente del Parco
Dimer Manzolli, è giocoforza pensare che si corra il
rischio di farsi abbagliare da prospettive ancor meno
allettanti di quelle della Centrale Enel. A questo punto,
allora, sarebbe necessario chiudere ogni discussione,
pronunciare un no chiaro e unanime sulla questione
inceneritore in Polesine, portando il problema in Regione.
Perché l'incognita rimane il Piano regionale dei rifiuti,
l'unico che può stabilire se la provincia di Rovigo è
destinata o meno ad accogliere un impianto per la
combustione di Cdr. Potrà a questo punto la Regione
Veneto, smentire se stessa? In altri termini, potrà
negare, nell'ambito della pianificazione, quanto ha
voluto ed istituito grazie al presidente Galan e al
capogruppo Renzo Marangon, ovvero il Parco del Delta del
Po? |