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Il restauro dell'Organo Bernasconi 1902 di Robecco sul Naviglio

di Federico Borsari




 Organo di Robecco sul Naviglio Il ventennio a cavallo tra il XIX ed il XX secolo è stato, indubitabilmente, un periodo di grande fermento nell'arte organistica ed organaria italiana. Da queste pagine abbiamo già sottolineato spesso quanti cambiamenti abbiano interessato questo campo della musica italica, che si trovò ad affrontare nel giro di pochi decenni almeno due "rivoluzioni". La prima ha riguardato la musica organistica ed ha visto l'avvento della cosidetta "Riforma Ceciliana", che da una parte "purificò" la musica da tutte le sovrastrutture formali di estrazione "operistica" che si erano accumulate nei decenni precedenti e dall'altra, mediante un attento recupero del canto gregoriano unito ad una valorizzazione (mai vistasi prima nel nostro Paese) del contrappunto, pose le basi per una rinascita della musica organistica in un ambito spiccatamente e genuinamente "liturgico". La seconda rivoluzione riguardò invece l'arte organaria, che mentre si arricchiva delle novità tecnico-foniche provenienti dalle altre scuole europee, contemporaneamente si indirizzava anch'essa verso una rivalutazione delle sonorità classiche, ponendole alla base di quello che diventerà il moderno organo italiano.
In questo periodo di grande "movimento" si piazza la costruzione dello strumento di cui parleremo oggi, realizzato da Bernasconi nel 1902 per la Chiesa di San Giovanni Battista di Robecco sul Naviglio.
Il progenitore di questo strumento fu un organo realizzato da Biroldi verso la fine del Settecento, allorquando fu costruita la chiesa, che sostituiva una precedente struttura di dimensioni modeste e nella quale era custodito uno strumento realizzato circa un secolo prima da Giovanni Battista Stagnoli. Quando fu realizzata la nuova chiesa fu Biroldi a realizzare un nuovo strumento, su base di 12 piedi, con una tastiera e con una disposizione fonica tipicamente classica italiana, con registri spezzati, sei file di Ripieno ed alcuni registri "di concerto". Questo strumento fu negli anni successivi manutenuto e restaurato una prima volta da Prestinari nel 1865 e poi da Morelli tre anni dopo. In quest'occasione vennero aggiunti alcuni registri, tra i quali alcuni violeggianti, un consistente numero di ancie ed alcune file di ripieno (fino alla Quadragesimaterza). Già in quest'occasione si può notare come le modifiche apportate riflettessero i cambiamenti di stile e di estetica che in quel periodo stavano preparando l'organo italiano alla sua definitiva mutazione verso la modernità. Negli anni seguenti cominciò a presentarsi sul panorama organistico italiano la già citata "Riforma Ceciliana" ed anche in Robecco si prese in considerazione l'ipotesi di un adattamento dell'organo alle più recenti teorie che stavano cambiando radicalmente la faccia dell'organo per riportarlo ad un uso più propriamente liturgico e consono ai Sacri Riti. Tra il 1899 ed il 1901 vennero anche intrapresi alcuni lavori di ampliamento della chiesa e fu solo dopo la loro realizzazione che si decise di far realizzare un nuovo organo, riutilizzando nel miglior modo e quanto più possibile il materiale fonico dello strumento esistente.
 Organo di Robecco sul Naviglio Vennero interpellati diversi organari di quel periodo, tra i quali Prestinari, Inzoli, Bressani, Bernasconi, Antonelli e Mascioni. Inzoli e Mascioni, che erano a quei tempi all'avanguardia nell'elaborazione di nuove strutture foniche spiccatamente ispirate dalla Riforma Ceciliana, proposero strumenti a due tastiere mentre tutti gli altri proposero strumenti ad una tastiera. Tra le varie proposte fu scelta quella di Bernasconi e nella decisione contarono molto le motivazioni economiche. Se infatti i progetti di Mascioni ed Inzoli erano davvero innovativi, avevano il grande difetto di costare troppo mentre Bressani, Antonelli e Prestinari presentarono proposte ancora troppo legate al passato e che non convinsero la committenza. Fu quindi scelta la proposta di Bernasconi, che da una parte garantiva un discreto compromesso tra passato e presente e dall'altra aveva il grande pregio di riutilizzare moltissimo materiale dell'organo precedente e, quindi, era assai conveniente economicamente. Lo strumento, ultimato nel 1902, presentava una tastiera di 58 note ed una pedaliera retta di 27 note (ma le canne suonanti sono solo 12). La tavolozza timbrica, se confrontata al precedente strumento di Biroldi (poi ampliato da Morelli), è assai "magra" (vengono infatti eliminate, tranne le Trombe, tutte le Ancie, le Mutazioni nonchè quasi tutti i registri "di concerto") ma è assolutamente rispondente ai dettami della Riforma Ceciliana e la disposizione fonica è di una chiarezza stilistica eccezzionale. Basata su di un Principale 16, vede la piramide del Ripieno Italiano completa fino alla Trigesimasesta, come Ancia prevede una Tromba di 8 piedi mentre i registri flautati sono limitati ad un solo Flauto di 4. I violeggianti sono rappresentati da un Violone di 8 e dal Concerto Viole mentre la vecchia Voce Umana è sostituita da una più moderna Unda Maris. Il pedale è anch'esso abbastanza scarno ed accanto ai classicissimi Contrabbassi 16 con Ottave collegate vede solamente il Violone 8, rendendolo assai debole come spinta fonica ma assolutamente adeguato al resto dell'architettura timbrica.
 Organo di Robecco sul Naviglio Questo organo, dopo alcuni interventi di manutenzione e restauro effettuati negli Anni Trenta del secolo scorso, venne "dismesso" dall'utilizzo liturgico nei seguenti Anni Settanta, a seguito delle disastrose interpretazioni moderniste post Concilio Vaticano II. Decennio dopo decennio l'organo, assolutamente inutilizzato e costretto al silenzio, subì il degrado disastroso che è sempre conseguente a questo tipo di situazioni e si ritrovò, nei primi Anni Duemila, completamente inutilizzabile. Nel 2008, finalmente, si prese la decisione di dare nuova voce allo strumento e dell'opera è stata incaricata la Fabbrica Artigiana Organi da Chiesa di Sergio Castegnaro di Tortona, specializzata in questo genere di interventi e, in special modo, nel restauro di questo tipo di strumenti. L'organo è stato completamente smontato, tutte le canne sono state restaurate e ripristinate, i somieri sono stati completamente reimpellati, le canne di legno restaurate, riverniciate ed adeguatamente trattate, la meccanica è stata accuratamente ripristinata e regolata e tutte le parti inutilizzabili sono state ricostruite con gli stessi materiali, assolutamente identiche alle originali.
Oggi questo organo è dunque ritornato a far risentire la sua voce ed a servire i sacri riti per i quali era stato realizzato, con le sue voci ispirate dall'organo classico e con quella particolare atmosfera degli strumenti "ceciliani", che ci riporta direttamente alle profondità del mistero liturgico inteso come preghiera, meditazione e partecipazione corale.
Sicuramente, se a suo tempo si fosse preferita una soluzione più "ampia", con uno strumento a due tastiere e qualche sonorità in più (si sente la mancanza dei "flautati" nelle tessiture degli 8 e 2 piedi e di una basseria più "fornita"), questo organo oggi potrebbe stare perfettamente alla pari di tanti altri organi "ceciliani" realizzati, ad esempio, da Mascioni ed anche le sue possibilità espressive lo renderebbero adatto ad un utilizzo per un repertorio tipicamente italiano di quell'epoca e, perchè no, anche concertistico. Nonostante ciò, siamo molto contenti che anche in questo caso si sia deciso di recuperare integralmente uno strumento senza lasciarsi tentare dalle sirene di una nuova realizzazione o, peggio, sostituzione con strumenti elettronici e/o campionati. E' questa, secondo noi, la strada maestra per conservare e rivalorizzare i patrimoni artistici e musicali che i nostri padri ci hanno, con grande fatica e talora sacrificio, lasciato in eredità ed è bene che tutti, ed in primis il Clero, prendano coscienza del fatto che gli organi (così come tutto quello che è conservato nelle nostre chiese) non sono proprietà esclusiva di qualcuno ma patrimonio condiviso di tutti e che la loro distruzione e dispersione è un'offesa a tutta la comunità.



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