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L'organo della chiesa di Sant'Elena fuori Porta Prenestina di Roma

di Federico Borsari




Dopo alcuni mesi di riposo dalle fatiche organarie, il Prof. Graziano Fronzuto ci propone oggi un'ampia e dettagliatissima trattazione sull'organo della chiesa di S.Elena fuori Porta Prenestina di Roma, che pubblichiamo con molto piacere. L'articolo è assai articolato e va a cogliere non solo gli aspetti strettamente e propriamente "organari" dell'argomento, ma offre anche una serie di approfondimenti storici che daranno ai nostri amici lettori diversi spunti di riflessione.

 Organo di Sant'Elena - Roma C'era una volta.... una Regina.

Era Margherita di Savoia, che il 28 aprile 1868 sposò nella Cappella del Palazzo Reale di Torino suo cugino Umberto, Principe ereditario; le nozze furono celebrate da monsignor Antonio Balma, religioso piemontese dell'ordine degli Oblati di Maria Vergine (O.M.V.) assai vicino alla casa regnante, che aveva anche contribuito ad ottenere la necessaria dispensa per il matrimonio tra consanguinei.
I Principi si trasferirono a Napoli dove nacque il loro unico figlio, Vittorio Emanuele, l'11 novembre 1869; ma il loro matrimonio fu felice e prestigioso solo nelle apparenze. I due erano di caratteri assai differenti e non si amavano; perciò riversarono altrove le proprie attenzioni ed i propri sentimenti. Margherita, amante delle arti ed artista poliedrica ella stessa, si dedicò al mecenatismo ed alla beneficenza nonché alla frequentazione dei massimi letterati italiani (l'ammirazione palese di Giosuè Carducci ne fu un esempio lampante, anche se non è affatto detto che fu mai qualcosa di più); Umberto si interessò di politica fino ad interferire pesantemente sul lavoro dei propri ministri e dal punto di vista affettivo coltivò l'amore di una sua vecchia fiamma, la duchessa Eugenia Litta. Ciò causò un ulteriore allontanamento tra i due coniugi-cugini, che però nelle occasioni pubbliche si sforzarono di apparire sempre come coppia estremamente unita.
Alla morte di Vittorio Emanuele II, avvenuta il 9 gennaio 1878, Umberto e Margherita divennero Re e Regina d'Italia. Si trasferirono al Quirinale a Roma, severo palazzo papale trasformato in vera e propria Réggia ad opera di Margherita, che vi tenne anche un ristretto quanto importantissimo salotto culturale. Cercò anche, con la sua frequentazione di ambienti clericali, di riavvicinarsi al Vaticano che considerava la sua dinastia come usurpatrice (e la morte di Pio IX, il 7 febbraio 1878, faceva presagire qualche buon auspicio in tal senso, presto rintuzzato da Leone XIII e soprattutto dal suo inflessibile Segretario di Stato, il cardinale Raffaele Merry del Val).
Non è questa la sede per narrare le vicende storico-politiche del regno di Umberto I (che furono talvolta influenzate dalla stessa Margherita, che aveva sagacia e intelletto da vendere anche rispetto al marito), né per enumerare tutte le opere di beneficenza di Margherita (anche se possiamo senz'altro citare la generosissima offerta per la realizzazione della Sala da Concerti e dell'organo del Conservatorio di Santa Cecilia e la frequentazione col sommo musicista Filippo Capocci, di cui fu devota allieva). Il Regno ebbe bruscamente fine a Monza il 29 luglio 1900 quando Umberto fu assassinato da Gaetano Bresci che gli sparò tre colpi di pistola. Era già sopravvissuto a due attentati e oggi -tra tante ipotesi complottistiche che vedono implicate anche Sofia di Baviera e di Borbone, Regina di Napoli detronizzata a Gaeta il 13 febbraio 1861- si tende ad attribuire tali violenze al malcontento popolare seguito alle politiche fiscali e all'impoverimento generale della popolazione. Né è errato considerare i moti dei diseredati e degli operai di Milano del 1898 e la successiva barbara repressione ad opera del generale Fiorenzo Bava-Beccaris come la causa scatenante che armò la mano di Bresci e degli altri anarchici già pronti ad altre azioni qualora egli avesse fallito.

Il quarto di secolo della Regina Madre.

Il figlio di Umberto e Margherita, Vittorio Emanuele III, si trovava in pieno Mediterraneo con la moglie Elena di Montenegro sullo yacht reale Jela; divenne Re all'improvviso mentre era in navigazione. Intelligente e colto quanto e più di sua madre Margherita, ebbe -o meglio subì- dai suoi precettori un'educazione esclusivamente militare talmente rigida che fu più volte sul punto di rinunciare alla successione. Scrisse in seguito che avrebbe voluto ritirarsi a vita privata per coltivare i suoi studi storici e numismatici (i primi e forse i migliori che in Italia vi siano mai stati) divenendo semmai docente universitario; ma la corona gli "cadde sul capo" ed il senso del dovere, che mai gli mancò, lo costrinse ad accettarla senza esitazioni di sorta.
 Organo di Sant'Elena - Roma Margherita decise a sua volta di rinunciare ad ogni velleità politica ed a qualsiasi intrusione nelle decisioni del figlio e fu lei a ritirarsi, spontaneamente, a vita privata. Nel 1901 acquistò dai Principi Boncompagni-Ludovisi il magnifico "palazzo Piombino", costruito nel 1890 dall'architetto Gaetano Koch su via Barberini a Roma, e ne fece la propria severa dimora.
Intimamente convinta che il marito fosse stato un eccellente sovrano e con la morte violenta avesse subito un vero martirio, si adoperò per proporne la Beatificazione. Aveva in mente la vita di un lontano antenato: Umberto, terzo conte di Savoia, che nel XII sec. fu prima un pio regnante e poi un monaco del monastero di Hautecombe (fu proclamato Beato "vox populi" già appena morto, ufficialmente dalla chiesa Cattolica nel 1838 da papa Gregorio XVI). Così ella scrisse una struggente preghiera sulle virtù religiose del compianto marito e provò con tutti i mezzi a convincere Leone XIII prima e Pio X poi, ma non riuscì nell'intento di farne un Beato.
All'interno del Palazzo la sua devozione si concretizzò nel 1902 con la costruzione di una Cappella su disegno dell'architetto Lorenzo Stramucci (decorata con statue, marmi e legni preziosi degli scultori Michele Dellera e Giovanni Piancastelli e sull'altare una statua raffigurante il Beato Umberto con le fattezze di re Umberto I realizzata da Vincenzo Cadorin). Su progetto del suo maestro di musica Filippo Capocci, la cappella fu dotata di un piccolo organo a canne costruito da Carlo Vegezzi-Bossi nel 1908.
Negli anni successivi, com'è noto, il mecenatismo di Margherita non conobbe sosta. Da ricordare quantomeno la costruzione della chiesa di San Camillo de' Lellis e dell'organo Vegezzi-Bossi ivi costruito anch'esso su progetto di Capocci (1911, noto tuttora come "organo della Regina Margherita") e la trasformazione in ospedale del suo palazzo durante la Prima Guerra Mondiale.
Negli anni Venti, pur provata nel fisico e nel morale, fu sempre un'instancabile benefattrice. Quando morì, il 4 gennaio 1926 a Bordighera, fu pianta amaramente dall'intera nazione e fu probabilmente l'esponente di casa Savoia che godette del maggior affetto.
Il palazzo Piombino, ormai divenuto per tutti "palazzo Margherita", rimase inutilizzato; Vittorio Emanuele III non pensò mai di abitarvi, come del resto non abitò nemmeno nel Quirinale (abitava con la famiglia reale a Villa Ada, appositamente acquistata; la sua permanenza al Quirinale era strettamente legata agli orari degli impegni ufficiali, come se egli fosse un semplice ministro e non un sovrano). Così nel 1931 fu acquistato dagli Stati Uniti d'America che vi collocarono la propria Ambasciata. La Cappella dedicata alla memoria di Umberto I fu smontata e, nel 1936, fu ricostruita a Sabaudia, con accesso dalla chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata (insigne opera razionalista degli architetti Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato, Alfredo Scalzelli).
L'organo era già stato smontato nel 1926 e, almeno ufficialmente, la sua sorte fu a lungo ignorata tanto da diventare una sorta di segreto. Ma per comprenderlo occorre una breve digressione facendo un tuffo nel passato

C'era una volta.... un'Imperatrice.

 Organo di Sant'Elena - Roma Costantino il Grande è una delle figure più importanti della Storia: sotto il suo regno l'Impero Romano sembrò riacquistare la propria potenza, tanto da allontanare di oltre un secolo la fine che sembrava ormai imminente. Nel mondo Cristiano, l'imperatore è ricordato per quel famosissimo Editto di Milano del 313 d.C. con il quale venne concessa la libertà di culto e la neutralità della politica imperiale nei confronti di ogni fede. Insomma, non era proprio il principio cavouriano di "Libera Chiesa in Libero Stato" ma forse era anche qualcosa di più!
Come Vittorio Emanuele III, anche Costantino aveva una madre destinata a passare alla Storia. L'Imperatrice madre era Flavia Giulia Elena, fervente cristiana, dedita ad opere di bene e di mecenatismo. A Roma fondò varie chiese e monasteri, tra cui la chiesa dei SS. Marcellino e Pietro su di un terreno di sua proprietà, che esiste tuttora sebbene più volte restaurata e modificata e -con un lungo viaggio in Terrasanta- visitò i luoghi dov'era vissuto Gesù e ritrovò la croce su cui subì il supplizio (che fu portata a Roma ed i suoi resti sono tuttora visibili nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, anch'essa fondata dall'Imperatrice). Nel mondo Cristiano è venerata come Santa sin dalla sua morte, avvenuta nel 329, e la sua tomba sulla Via Labicana fu subito oggetto di pellegrinaggi (oggi il luogo è conosciuto come "Tor Pignattara" e all'interno ha una cappella seicentesca).
Nonostante il culto sia così antico, è curioso notare che a Roma -salvo qualche cappella all'interno di altre basiliche- per avere una chiesa a Lei dedicata occorre arrivare giusto a cento anni fa, grazie al Papa San Pio X che intendeva celebrare il sedicesimo centenario dell'Editto di Milano in una chiesa intitolata alla madre dell'imperatore Costantino in quanto ispiratrice dell'editto stesso. La chiesa sorse fuori da Porta Maggiore (originariamente chiamata porta Prenestina) non lontano da Tor Pignattara, nei pressi di ponte Casilino, su progetto di Guglielmo Palombi. Ma i lavori tardarono e la parrocchia fu ufficialmente riconosciuta ed affidata ai religiosi Oblati di Maria Vergine dallo stesso papa il 19 marzo 1914.
La facciata, semplice ma elegante, si affaccia su via Casilina e sui numerosi binari ferroviari che convergono da Sud verso la Stazione Termini. L'interno, a tre navate suddivise da colonne, è in severo stile basilicale; tra il 1920 ed il 1930 fu decorato da Ettore Ballerini e dai suoi allievi con affreschi che si richiamano all'arte paleocristiana (come il grandioso affresco absidale che illustra il ritrovamento della Santa Croce da parte di Sant'Elena Imperatrice). Queste opere d'arte furono commissionate dal parroco don Pietro Leone Frisia grazie anche a generose offerte della Regina Margherita. Quest'ultima, per lascito testamentario, volle che alla sua morte l'organo della cappella del suo palazzo fosse destinato a questa chiesa e fosse affidato alle sapienti mani di padre Arturo Bergamo, Viceparroco ma anche organista, direttore di coro e compositore. Difatti nel 1926 l'organo fu rimosso dalla sede originaria e collocato a pavimento nell'abside.

Quanto sangue versato!

Volente o nolente, l'organo di cui stiamo parlando ha visto intorno a sé eventi luttuosi di particolare gravità. Costruito per una cappella commemorativa di un Re brutalmente e crudamente assassinato, ha assistito all'andirivieni di feriti e mutilati durante gli anni della Prima Guerra Mondiale. Ha visto dalla sua nuova sede, in quella che era una periferia romana particolarmente difficile, i fermenti politici e gli innumerevoli fatti delittuosi che precedettero (ed accompagnarono) la dittatura fascista. Alla fine arrivò anche per lui il Dies Irae. Era il 13 agosto 1943.
Tutti sanno che Roma fu duramente bombardata dagli Anglo-Americani il 19 luglio 1943, i quali colpirono il quartiere San Lorenzo mietendo centinaia di vittime e distruggendo l'antichissima basilica da cui prende il nome. Pio XII fu subito lì insieme a monsignor Montini (futuro papa Paolo VI) portando conforto alla folla atterrita. L'evento è ricordato dalla statua bronzea di Pio XII con le braccia aperte, eretta (di fronte alla basilica ricostruita) dallo scultore Antonio Berti ed inaugurata il 19 luglio 1967 per sottoscrizione promossa dal giornale romano "Il Tempo" a seguito dell'apertura da parte di Paolo VI del processo di beatificazione del pontefice (tuttora non concluso).
 Organo di Sant'Elena - Roma Il bombardamento accelerò la caduta del Fascismo, avvenuta pochissimi giorni dopo: il 25 luglio. Tuttavia gli Anglo-Americani ritennero necessario accelerare le trattative di resa intraprese dal successivo governo Badoglio effettuando un nuovo bombardamento, stavolta sul quartiere Prenestino-San Giovanni, il 13 agosto. Questo secondo bombardamento è stato "stranamente" dimenticato. Eppure fu sanguinoso anche più del precedente, con l'aggravante che gli agili aerei da caccia inglesi mitragliarono a bassa quota gli inermi cittadini che si erano riversati per le strade (le porte bronzee della chiesa dei SS. Fabiano e Venanzio recano ancora i segni dei colpi di mitragliatrice).
Fu così che, su uno dei numerosi binari ferroviari antistanti la facciata di Sant'Elena, un treno carico di reduci dalla guerra d'Africa, denutriti, feriti, mutilati ed invalidi, fu immobilizzato dalle bombe e mitragliato senza pietà. Padre Raffaele Melis, che era uscito di corsa dalla chiesa, di cui era parroco per portare soccorso ed i Sacramenti ai feriti di quel treno, venne colpito a morte tra un binario e l'altro da una scarica di mitragliatrice di un aereo in volo radente. Si è spesso ipotizzato che il pilota l'avesse sicuramente visto, e sicuramente avesse capito che si trattava di un religioso in tonaca e con i paramenti sacri, ma che lo assassinò ugualmente. Contemporaneamente, una bomba squarciò la navata di Sant'Elena risparmiando la facciata e l'abside (ed anche l'organo, che era appunto collocato dietro l'altare).
Anche stavolta Pio XII accorse con monsignor Montini, anche stavolta aprì le braccia tra la folla, barbaramente mitragliata. Quando tornò in Vaticano si accorse che la sua bianca veste era completamente imbrattata di sangue. Una lapide sulla facciata di SS.Fabiano e Venanzio, insieme ad un'altra con l'elenco dei caduti, ne perpetua la memoria.

Roma città aperta.

 Organo di Sant'Elena - Roma L'Italia si arrese l'8 settembre 1943 e tutte le più alte Autorità dello Stato fuggirono verso Pescara, lasciando Roma alla mercé delle truppe tedesche nonostante lo status di città "aperta", cioè demilitarizzata, sancito il 10 settembre in un incontro tra il maresciallo Albert Kesserling e il maresciallo Enrico Caviglia. Quest'ultimo era sì il vincitore di Vittorio Veneto ed il militare più alto in grado presente a Roma, ma era ottantaduenne e da tempo lontano da ogni carica pubblica (essendo sempre stato antifascista ed anche antibadogliano) per cui Kesselring lo accontentò formalmente, lo invitò (eufemismo) a ritornarsene a casa a Finale Ligure, e poi fece a modo suo. Mentre lasciava Roma, Caviglia disse che l'Italia era "come Cristo alla colonna" e che il peggio doveva ancora venire.
Aveva ragione. Nel caso della nostra Capitale, sappiamo bene che ancor oggi la definizione "Roma città aperta" non fa pensare ad una città lontana dalla guerra ma anzi rievoca l'atroce occupazione nazista che durò ininterrotta dal 9 settembre 1943 al 3 giugno 1944. In questi lunghi mesi, i romani (e non solo loro) ebbero come unica fonte di speranza il solo Pio XII, che restò a Roma assediato da uno spietato invasore. Molti sacerdoti si prodigarono in ogni modo, spesso fino alla morte, come don Pietro Pappagallo martirizzato il 24 marzo 1944 nelle fosse Ardeatine o don Giuseppe Morosini martirizzato il 3 aprile 1944 nel forte di Bravetta.
Intanto, dopo aver dovuto conquistare il Basso Lazio letteralmente centimetro dopo centimetro e con un enorme spargimento di sangue, gli alleati comandati dal generale Mark Wayne Clark riuscirono ad entrare a Roma il 4 giugno 1944 e furono accolti come liberatori. Poche settimane dopo, con l'aiuto dei militari americani, Roberto Rossellini iniziava le riprese del film "Roma città aperta" e, nel personaggio interpretato da Aldo Fabrizi, riassunse il supplizio patito dal clero romano. Don Morosini, senz'altro (la fucilazione finale ricalca esattamente quella che patì Morosini), ma anche Padre Melis; non a caso la Parrocchia di Aldo Fabrizi è proprio Sant'Elena e l'intero film fu girato nei suoi immediati dintorni. Ma la chiesa era stata bombardata, per cui compare solo nelle riprese esterne (per gli interni fu utilizzata la chiesa della Madonna dell'Orto).

C'era una volta.... un Papa.

 Organo di Sant'Elena - Roma Roma uscì dalla guerra il giorno stesso in cui vi entrarono gli Anglo-Americani. Nonostante le minacce proferite fino a pochi mesi prima da entrambe le parti in lotta di ridurla ad un "cimitero di macerie fumanti", non vi erano stati altri bombardamenti dopo il 13 agosto 1943. Perdite e danni, per quanto molto ingenti, erano comunque minori di ciò che altre città europee avevano subito (o stavano per subire), e se Roma non era stata ridotta come Coventry, Londra, Milano, Torino, Varsavia, Berlino, Lipsia (giusto per citarne alcune) lo si deve alla dichiarazione di "città aperta" strappata a Kesserling da Caviglia e soprattutto alla permanente presenza in città di Pio XII. Entrambi i contendenti avevano minacciato di fucilarlo incatenato all'obelisco di San Pietro, e probabilmente l'avrebbero anche fatto, ma non lo fecero (gli mancò il coraggio di farlo oppure fu semplice calcolo opportunistico?). Nonostante le aperte minacce di rapimento e di fucilazione, Pio XII non era fuggito, nessuno lo aveva cacciato dalla città, nessuno lo aveva spodestato, nessuno lo aveva ucciso, anzi la sua presenza fu vista come un ombrello protettivo per la città. Dunque la definizione di "Defensor Civitatis" secondo me gli spetta a pieno titolo.
Avrebbe potuto salvare i fucilati, i mutilati, i deportati, soprattutto quelli Ebrei? Avrebbe avuto senso offrirsi come ostaggio? Forse tentò di fare entrambe le cose, ma per canali non ufficiali che resteranno per sempre occulti. In ogni caso è assai improbabile che i nazisti avrebbero accettato qualsiasi sua iniziativa. Alcuni storici pensano che questo pontefice sarebbe stato davvero grande se fosse stato martirizzato; arrivano anche a chiedersi il perché giunse ancora vivo al 4 giugno 1944! Ma egli fu per i romani come una bussola: indicò sempre e senza nessuna esitazione la giusta direzione da seguire. A che sarebbe servito il sacrificio di tale bussola se non a smarrire ancor di più una folla disperata, un vero e proprio "volgo disperso che nome non ha" di manzoniana memoria, che ormai non aveva nessun altro punto di riferimento?

La chiesa di Sant'Elena: dalla ricostruzione agli anni attuali.

 Organo di Sant'Elena - Roma Tra il 1944 e il 1958 -anno della sua morte- Pio XII si prodigò per restaurare le chiese danneggiate o saccheggiate e per costruirne molte altre nei quartieri in rapida espansione e di veloce inurbamento. Rientra tra queste iniziative, naturalmente, il restauro della chiesa di Sant'Elena che era stata sventrata dalle bombe.
I restauri della chiesa sono stati completati relativamente presto tanto che la riapertura al culto è avvenuta durante l'Anno Mariano 1954. Sulla parete della navata destra, nei pressi dell'absidiola, una lapide ricorda il commovente sacrificio di padre Raffaele Melis, e una croce bianchissima tra i binari indica il punto esatto in cui fu martirizzato.
Nel 1958 l'organaro ferrarese Mario Strozzi venne chiamato ad ampliare l'organo Vegezzi-Bossi che egli inglobò nel nuovo strumento, di cui ne costituì il II manuale.
L'area presbiteriale è stata risistemata con il rialzo del pavimento in corrispondenza dell'altare maggiore per il Giubileo straordinario della Redenzione (1983) e quando la chiesa è stata elevata a dignità cardinalizia (titolo di Sant'Elena fuori Porta Prenestina, 1985, concesso al cardinale Edouard Gagnon). In quegli stessi anni l'organo è stato dotato -probabilmente dalla Ditta Continiello (stando a quanto mi è stato detto in loco)- di una consolle supplementare, collocata giusto al di sotto della lapide di Padre Melis. Tale consolle, forse per ragioni economiche da parte della committenza, è stata acquistata di seconda mano ed adattata allo scopo; è sicuramente di fattura tedesca anteriore di circa un ventennio rispetto all'intervento, le placchette sono molto più numerose del necessario (alcune delle quali riportano nomi di registri non esistenti nel corpo d'organo e nemmeno predisposti), l'estensione dei manuali è di 56 note e quella della pedaliera è di 30 note, non ha aggiustabili ma una Combinazione Libera a interruttori, il crescendo è azionato da un rullo e non da una staffa ecc. Curioso notare che in tale consolle i tasti diatonici sono ricoperti da bachelite bianca elegantemente ripiegata anche sul frontalino (tasto e frontalino sono ricoperti da unica lastrina ripiegata e non da due giuntate allo spigolo). Attualmente questa consolle mostra evidenti segni di degrado, e l'intero organo necessita di un intervento complessivo di restauro.

... ma ora cosa c'è?

 Organo di Sant'Elena - Roma Si tratta dello strumento di maggiori dimensioni tra i pochi realizzati in città dall'organaro Mario Strozzi. Collocato in posizione fondale e favorito dalle buone caratteristiche acustiche della chiesa, non è possibile al momento apprezzarne le non trascurabili possibilità foniche a causa dello stato di conservazione non certo ottimale. Da notare che la disposizione fonica è scientemente caratterizzata dalla preponderanza timbrica del II manuale, costituito per intero dall'organo costruito da Carlo Vegezzi-Bossi nel 1908.
Corpo d'organo unico in abside. Montre in stile ceciliano a cinque cuspidi con bocche a mitria allineate orizzontalmente.
Doppia consolle. la prima, originale, è posta dietro l'altare maggiore, tra questo e il corpo di canne; la seconda è stata aggiunta negli anni 80 del XX sec. ed è indipendente, collocata a destra dell'altare maggiore.
Trasmissione elettrica. Cinque Combinazioni Aggiustabili. Quattro Combinazioni Fisse.
Dispositivo per il "Crescendo" (di tipo "Walzer" nella consolle indipendente). Espressione al secondo manuale.
Di seguito la disposizione fonica:

Tastiera I
Grande Organo


Principale 8
Dulciana 8
Flauto a Camino 4
Ottava 4
Decimaquinta
Ripieno 4 file
Tastiera II
Espressivo


Principale 8
Bordone 8
Ottavina 4
Flauto 4
Eolina 4
Ripieno 3 file
Voce Celeste 8
Coro Viole 8
Oboe 8
Tremolo
Pedale

Contrabbasso 16
Subbasso 16
Basso 8


Ringraziamenti

Esprimo la personale gratitudine per l'incoraggiamento ricevuto nello scrivere fino all'ultimo rigo queste note il Maestro Federico Borsari e mia moglie Antonella Pirozzi-Fronzuto; ringrazio gli organari Carlo Soracco ed Enrico Vegezzi-Bossi per le preziosissime notizie fornitemi su ogni passaggio della storia dello strumento; ringrazio Padre Stefano Rulli per avermi accolto come semplice pellegrino, entrato in chiesa solo come atterrito spettatore delle tragedie legate a questo strumento.

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Parrocchia di Sant'Elena
Ordine degli Oblati di Maria Vergine
Provincia Italiana degli Oblati di Maria Vergine
Sant'Elena Imperatrice
Beato Umberto Conte di Savoia
Chiesa della SS.Annunziata di Sabaudia
Organo della Regina Margherita
Bombardamento di Roma del 13 Agosto 1943



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