I - I media come partiti


"Los medios ocultan tercero plan terrorista" (I media nascondono un terzo progetto terrorista).

 

È il titolone che campeggiava sulla prima pagina del numero di novembre 2003 di Venpress , la rivista su carta della omonima agenzia d'informazione ufficiale venezuelana. A quasi due anni dal primo golpe abortito dell'aprile 2002 e nel pieno del conflitto intorno alla raccolta di firme - organizzata dall' opposizione - per l' eventuale referendum sulla revoca, a metà mandato, del presidente Hugo Chavez (con nove morti negli scontri della prima settimana di marzo) la polarizzazione della società venezuelana è sempre più acuta. E per la pubblicistica chavista (quella cioè che appoggia il prtesidente Chavez), "los medios" - intesi come gli organi di informazione privati, commerciali - continuano ad avere una ruolo determinante, se non prevalente, nella presunta attività cospirativa ed eversiva dell' opposizione.

Una posizione che i giornalisti più sensibili - restando amaramente inascoltati - avevano denunciato sin dalle sue origini.

Un allarme molto chiaro sulla deriva golpista che gran parte dei giornali e delle emittenti private stavano accarezzando era stato lanciato già il 10 dicembre 2001, quando una ventina di professionisti di varie testate, avevano diffuso un documento intitolato ANTE LA CONSPIRACION MEDIATICA EN VENEZUELA ( www.tiwy.com/pais/venezuela/materiales/conspiracion_mediatica.phtml ).

Nel documento veniva denunciata "la posizione assunta da diversi mezzi di comunicazione del paese e l'atteggiamento di alcuni giornalisti che, secondo noi, violano le norme etiche e deontologiche del giornalismo".

"Come giornalisti impegnati nel processo di trasformazione che vive il paese, rendiamo pubblico questo documento per denunciare la posizione assunta da diversi mezzi di comunicazione, che si sono costituiti in forza di opposizione al governo del presidente Chavez, come si vede dai contenuti dei messaggi diretti all'opinione pubblica.

Sia chiaro - spiegavano -, noi non ci opponiamo certo alla critica (.), ma se rifiutiamo e ripudiamo questi messaggi è perché essi si traducono in una distorsione e manipolazione delle informazioni, cosa che è lesiva della dignità delle persone e completamente contraria alla funzione dei mezzi di comunicazione e al ruolo che devono svolgere i giornalisti.

Questi comportamenti puntano a squalificare e ferire il modello democratico di partecipazione e protagonismo nella trasformazione che è in corso in Venezuela e che è stato scelto da una grande maggioranza dei cittadini nel novembre 1998 e confermato in cinque successive elezioni.

Denunciamo - proseguiva il documento - l'imposizione da parte dei padroni e direttori della gran parte dei media iscritti al Bloque de Prensa e alla Camara de Radio y television di un atteggiamento ostile, aggressivo e offensivo contro le figure del presidente della repubblica e di sua moglie, così come delle ministre e dei ministri del Gabinetto e degli altri membri dell'equipe di governo.

Denunciamo che il ruolo di opposizione è stato usurpato dai mezzi di comunicazione, circostanza che ha accentuato pericolosamente la loro tendenza sfacciatamente mercantilista, deformando il senso della loro funzione di mediatori e violando gli articoli 1 - razzismo e squilibrio nel flusso delle informazioni - e 4 - partecipazione al processo educativo - della Dichiarazione dell'Unesco sui media e la Risoluzione numero 59.art1 dell'Onu (adottata nel 1946) che afferma: "La libertà di informazione richiede come elemento indispensabile la volontà e la capacità di usare e non di abusare dei propri privilegi; richiede, inoltre, come disciplina di fondo l'obbligazione morale di analizzare i fatti senza pregiudizi e di diffondere le informazioni senza intenzioni maliziose".

Una di queste testate obbliga i suoi giornalisti a pubblicare informazioni non confermate, tanto poi, dice il suo direttore, "c'è il diritto di replica". Diritto che - però - è stato negato in molte circostanze. Notizie come, per esempio, la presunta rinuncia di membri del gabinetto, che sono state pubblicate in prima pagina, impedendo con forti pressioni ai giornalisti di verificare l' informazione, cosa che ha prodotto confusione nell' opinione pubblica e generato la convinzione inesatta di una instabilità governativa. (...)

Quello che questa minoranza non può arrogarsi come un diritto, a rischio di collocarsi non solo contro la volontà popolare ma anche contro la legge stessa - sottolineava il documento - è convertire la dissidenza in campagna destabilizzatrice o in spudorata incitazione al colpo di Stato e al regicidio, pretendendo di spezzare, sottomettere o semplicemente minacciare un governo frutto della volontà popolare...".

 

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni