IV - I controgolpisti

3 - Ridare la parola ai barrios e alle campagne

 

Il presidente dell'ANMCLA, Gabriela Fuentes, in una intervista al quotidiano svizzero Le Courrier , realizzata da Benito Perez e pubblicata il 18 giugno 2003 (Appendice 20), dà altri elementi sui media alternativi in Venezuela. Fondata un anno fa, questa organizzazione raggruppa la maggior parte delle 80 radio e televisioni libere e comunitarie del Venezuela. Un vasto movimento che si è fissato come "semplici" obbiettivi di fare concorrenza ai giganti della comunicazione commerciale e ridare la parola agli abitanti dei quartieri poveri e delle campagne. Cineasta di formazione, Gabriela Fuentes ha partecipato tre anni fa alla fondazione della prima televisione libera del paese, Catia TVE - diffusa in alcuni dei quartieri popolari di Caracas. Nell'intervista spiega "i successi e gli ostacoli incontrati dai locali autogestiti. Media che hanno trovato, nel processo rivoluzionario venezuelano, un terreno fertile".

Come sono nati questi media? A quali bisogni hanno dato risposta?

 "Alcuni di essi ci sono da più di 30 anni. Negli anni Sessanta, durante il boom del cinema latino-americano e nella grande effervescenza politica, degli universitari sono andati nei quartieri popolari per realizzare dei film e proiettarli. Poco dopo sono arrivati i primi media alternativi. Questo processo ha avuto un certo riflusso negli anni Ottanta, a la gente di quei quartieri hanno conservato in memoria che per chiunque era possibile comunicare. Alcuni hanno continuato a produrre e a diffondere film. Si facevano anche delle feste in cui si rimpiazzava la radio con un portavoce che diffondeva informazioni. Negli anni Novanta, con la comparsa delle nuove tecnologie, alcuni media sono rinati. Sono stati tartassati dal governo fino al giorno in cui hanno ottenuto la legalizzazione. Ormai, il Venezuela conta circa 80 radio e cinque televisioni comunitarie libere, senza contare i tre progetti Tv che stanno per decollare... È un fenomeno estremamente interessante perché, nel momento in cui - nel mondo intero - le comunicazioni si globalizzano, nel momento in cui le multinazionali del settore sono sempre più potenti, il modello che si sviluppa qui rivendica una produzione locale, rispettosa degli interessi degli strati sociali poveri, e impedisce l'egemonia di una piccola parte della popolazione sulla comunicazione".

Qual è il margine di sviluppo di questi media? E' possibile immaginare che ogni villaggio, ogni quartiere abbia il suo?

"Il margine di sviluppo è enorme! I media attivi ricevono già ogni giorno richieste da parte di comunità o di persone interessate. Il nostro obbiettivo è effettivamente che alla fine ogni collettività abbia la sua radio e la sua Tv comunitaria. Tre venezuelani su quattro vivono al di sotto della soglia di povertà.

Non ci sono cose più urgenti rispetto a investire sui media? C'è un desiderio profondo nelle persone di riprendere la parola, di affermare la propria identità. È un fenomeno assolutamente sottostimato. Il Venezuela ha una immensa ricchezza culturale e sociale disconosciuta, perché una parte della popolazione è stata sistematicamente occultata. Oltre all'esclusione dal lavoro o dall'educazione, c'è una forma di "ignoranza", di cancellazione del popolo. Oggi lui riprende la parola.

Se abbiamo inteso bene, cambiamento sociale e media liberi vanno di pari passo...A titolo personale, lo penso. Non si può dare il via a un cambiamento sociale se la parola è monopolizzata dall'altro. Per costruire tutti insieme la società che sogniamo dobbiamo avere tutti uno spazio per esprimerci. Altrimenti ci sarà qualcun altro che farà il cambiamento al nostro posto. Ebbene, non è questa la rivoluzione che stiamo per realizzare".

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Dossier FNSI a cura di Pino Rea | Impaginazione e grafica Filippo Cioni