I Presepi del Po

 

Portiolo, frazione di San Benedetto Po (MN).

Natale 2000. Il paese è tagliato in due.

"Di qua" la vita che scorre normale, le auto passano rombando, la nebbia biancheggia sotto la luce dei lampioni mentre nelle case i televisori lanciano lampi bluastri alle finestre. Dappertutto alberi di Natale, e stelle, e lucine lampeggianti.

"Di là", buio, freddo. Le case vuote.

Dappertutto, fango.

In mezzo un argine, più alto dei tetti di entrambe le parti.

Ma "di là" c'è Lui, il Po, il Grande Fiume. Scorre lento, tranquillo nel suo letto. Ed ogni tanto ne esce, e si riappropria di quelle terre che noi uomini, faticosamente, ci siamo illusi di avergli sottratto.

Lo ha fatto nel 1917, con molta calma.

Lo ha rifatto nel 1951, nel 1976 e nel 1994, con vigore sempre maggiore.

Infine, nel 2000, l'impeto di rabbia del fiume nero e tremendo si è abbattuto per l'ennesima volta sugli uomini. Da Padre è tornato Padrone, ed ha inghiottito sotto metri di acqua e fango case, stalle, semine, speranze. E il rintocco delle campane a martello, un suono antico, ricordo di antiche sciagure, scandiva il montare della piena, mentre il Grande Fiume ricopriva i pavimenti, le porte, le finestre, le pareti, sino al soffitto; e poi faceva lo stesso ai piani successivi.

"Di qua" abbiamo tremato, tutti. Ci è andata bene, anche stavolta almeno.

Ma quelli che vivevano "di là" non hanno più una casa. E dal 19 ottobre vivono in una tendopoli, in piazza, in mezzo a quelli "di qua". Qui hanno trascorso il Natale, Capodanno e la Befana del 2001. Qui si scambiano doni, auguri, abbracci. Non so quante speranze.

Ad aiutarli la Protezione Civile, prima di La Spezia poi di Brescia, che continua a prestare incessantemente la propria opera di volontariato e solidarietà.

Se noi "di qua" abbiamo i piedi asciutti lo dobbiamo anche a loro, che hanno impilato chilometri di sacchetti di sabbia, steso teloni di plastica e piantonato tutto il corso del fiume durante i giorni della Grande Paura.

In chiesa vedo tre presepi: il primo, piccolo, nell'abside di destra, tradizionale con le statuine di plastica. 

Il secondo, a metà della navata: una tinozza circolare rivestita di domopak argenteo, riempita d'acqua fin quasi all'orlo. Le statuine galleggiano su zattere quadrate di polistirolo. La Sacra Famiglia adora il bambinello su di una barchetta in legno. Tutti insieme, galleggiano nell'acqua.

Il terzo in fondo alla chiesa, vicino all'entrata: dapprima noto alcuni grossi ciottoli di fiume disposti attorno alla classica capanna. Avvicinandomi distinguo meglio lo sfondo. Sono cinque foto riprese dall'alto dell'argine sul paese "di là", durante i giorni della Grande Paura, e riunite a formare un unico, terribile scenario. All'acqua mancava meno di un metro alla sommità dell'argine, e poi sarebbe venuta "di qua". E sull'argine gente ferma, in silenzio, a guardare il Po che da Padre tornava Padrone e si riprendeva le loro case, e insieme alle case forse anche le loro speranze. In poche ore il "di là" tornava all'anno Mille.

Esco dalla chiesa scosso, turbato. Ma subito li di fianco, vicino all'entrata del campo tende, un quarto Presepe del Po, più grande di tutti: un bambinello in grandezza reale sorride circondato dalle sagome degli altri personaggi, in una tenda/capanna orientata alla strada e addobbata con tutti gli attrezzi della campagna e della cucina di una volta.

C'è un fornello a petrolio con tanto di bricco smaltato, vecchie lanterne ed antichi attrezzi agricoli, falci, forconi ed attrezzi per la semina.

 

Io in questo presepio ho letto la speranza della gente "di là". La speranza di recuperare la terra e le case, così profondamente violate dal Padre Padrone. La volontà di tornare a vivere, con tenacia ed unitarietà di intenti.

 

Quando parlo del Fiume sento l'amore per la mia terra e la mia gente.

E' un legame pieno e totale, perché fatto di sentimenti e di vita.

E chi è nato e vissuto lungo il Fiume sviluppa un legame con Lui, perché in Lui affondano le proprie radici, come un albero affonda le sue nel terreno fertile.

Andarsene, qui, significa morire. Significa rinsecchire, non più alimentati dalla sua fertile e limacciosa acqua.

Forse qualcuna delle persone "di là" se ne andrà, non avrà la forza di restare e ricostruire tutto daccapo.

Ma il Po rimane Padre, e allo stesso tempo Padrone, e per questi due aspetti abbiamo imparato a conoscerlo e stimarlo, e nel fiume ci riconosciamo, ci identifichiamo nelle stesse esigenze, nelle medesime difficoltà ed anche, e soprattutto, nelle speranze in cui credere.