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Leftorium

08.05.2005 web stats

La strega Blair e la sinistra

Tony Blair ha fatto tris. Il leader "new-laburista" inglese è riuscito a vincere per la terza volta consecutiva le elezioni riconfermandosi al numero 10 di Downing street. Un record per la sinistra d'oltremanica che così eguaglia il corso della "mitica" lady di ferro, Margaret Tatcher.

La società vuole una sinistra che comprenda il futuro e sia capace di governarlo - Peter Mandelson (Pres. Policy Network)

Il punto di forza del "blairismo", a mio parere, è ben riassunto nel titolo di un suo saggio di qualche anno fa: "Il coraggio della convinzione". Convinzione nella sua agenda politica, chiarezza d'obiettivi, grande comunicativa, impegno e passione civile. Questi i tratti principali che persino gli avversari - a destra come a sinistra - sono costretti a riconoscergli. Blair è un riformista a tutto tondo. Certo il suo è un riformismo nuovo (new), per certi versi integrale, fondato sull'idea che "ad eguali meriti devono corrispondere eguali opportunità", dove il talento è premiato e l'uguaglianza non resta uno slogan ma un elemento fondante che assicuri "prosperità ed opportunità condivise da tutti".

Blair è un leader intimamente persuaso - e perciò persuasivo - del fatto che l'ingrediente principale delle riforme è la convinzione nelle riforme stesse. Ha avuto la capacità di spingere la sinistra inglese ad affrontare tematiche assai complesse che spesso hanno messo in dubbio consolidate certezze e rendite di posizione. Si pensi alla questione dei servizi pubblici. Eppure il "Blair witch project" (per parafrasare il famoso film) è riuscito non solo "a dire" ma "a fare" cose di sinistra: ha garantito redistribuzione del reddito e solidarietà sociale. La spesa sociale in Gran Bretagna è superiore a quella italiana di ben 2 punti di Pil. Così come lo sono le spese per la sanità e per il sostegno alla disoccupazione che in questi anni hanno registrato un forte incremento. Ha, inoltre, avviato efficaci ed efficienti politiche di workfare attivo.

A detta di Massimo D'Alema, Blair rappresenta "il prototipo di una sinistra dinamica che sa fare scelte innovative". Ahimè la determinazione "riformista" di Blair è proprio il principale elemento che lo differenzia da buona parte della sinistra italiana. Si pensi alle scelte operate nella scorsa legislatura dal centrosinistra; a quei tentativi di riforme prospettati per la scuola, per la sanità e per la previdenza e all'indefinibile retromarcia innestata davanti alle resistenze e alle contestazioni sindacali e corporative, ai troppi dubbi sorti all'interno di questa o quella forza politica e alla latente paura di non essere compresi dal proprio blocco sociale di riferimento. Come ha sostenuto l'economista e parlamentare Ds Nicola Rossi, è evidente che, contrariamente a quanto fatto in Inghilterra dal New labour "Le riforme non sono mai divenute le bandiere dietro di cui chiamare gli elettori del centrosinistra". Il prezzo pagato dall'Ulivo, come sappiamo, è stato assai salato. Non portare a termine quelle riforme (basti pensare alla prematura fuoriuscita dal governo dei ministri Berlinguer e Bindi) ha significato spalancare le porte all'allora berlusconismo rampante, agli "animal spirits" di un liberismo di celluloide che in quel momento appariva suadente e allettante "per tutti".

La sinistra italiana, insomma, nella sua prima esperienza di governo, ha mancato proprio dove Blair è invece riuscito. Sia chiaro, pure Tony Blair ha commesso degli errori: per esempio l'adesione pressoché acritica alla strategia della guerra "preventiva" a fianco dell'Amministrazione Bush. Eppure anche in questo è stato coerente con le sue idee e le sue scelte. Ha sfidato l'opinione pubblica e buona parte del suo partito ma non si è impiccato ai sondaggi sfavorevoli e il risultato elettorale - sia pure inferiore rispetto a quello di 4 anni prima - sta a dimostrarlo.

La litania che pure in queste ore la sinistra più radicale va recitando: "Blair vince perché è di destra" appare facilmente confutabile. Blair vince perché è riuscito ad interpretare i valori tradizionali della sinistra adattandoli alla nostra epoca, modellando servizi universali su esigenze individuali. La sinistra britannica, con buona pace del solito gruppetto di no global di casa nostra, è riuscita a tradurre nel linguaggio e nei tempi di oggi la scelta di sempre: "Solo con le riforme radicali si può garantire la giustizia sociale".

E su questo non può esserci il minimo dubbio: Blair, in tutti questi anni, è stato senz'altro autore di riforme radicali. Chi può dire la stessa cosa di Bertinotti?

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