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16.10.2008 web stats Feed RSS
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Riformisti, abbiamo un mondo da salvare!

L'economia classica da sola non risolve i problemi del mondo. A dirlo è stato John Maynard Keynes, quello che generalmente è considerato il maggiore economista del XX secolo. Keynes, con le sue teorie, contribuì al cosiddetto "New deal" che portò l'America fuori dalla grande depressione seguita al crack di Wall Street del 1929. In seguito, fu protagonista degli accordi di Bretton Woods del 1944, che gettò le basi del sistema monetario internazionale del secondo dopoguerra.

Proprio riferendosi alle teorie di Keynes, il Presidente americano Franklin Roosevelt un giorno ebbe a dire di aver capito che: "Un radical è un uomo con ambedue i piedi piantati per aria. Un conservatore è un uomo con due gambe perfettamente funzionanti che, però, non ha mai imparato a camminare in avanti. Un reazionario è un sonnambulo che cammina sempre all'indietro. Un riformista, invece, è un uomo che usa le sue gambe e le sue mani, su ordine della sua testa".

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Per il pensiero keynesiano l'attività economica, e più in generale l'attività umana, è dominata dall'incertezza. In queste condizioni, il mercato non è in grado di assicurare autonomamente piena occupazione e pieno utilizzo delle risorse produttive disponibili. Per questo è necessario l'intervento dell'autorità pubblica. Il liberalismo (Keynes era un liberale), perciò, non è in contraddizione con l'intervento pubblico nel campo economico, ma anzi lo richiede come elemento necessario alla sopravvivenza del libero mercato. Come si vede, quindi, un pensiero assai attuale.

Eppure, oggi, è naturale porsi la seguente domanda. Cosa vuol dire essere riformisti? Io credo che una visione politica riformista non deve rinunciare al "sogno" di una società più giusta e dignitosa, in cui le persone stanno meglio, in termini di diritti, opportunità e benessere. Per fare questo, però, occorrono scelte coerenti.

Oggi la maggior parte della popolazione mondiale è esclusa o partecipa in modo marginale ai benefici dello sviluppo. Il 20% dell'umanità controlla l'86% di tutta la ricchezza del pianeta. Le 225 persone più ricche del mondo, messe assieme, possiedono 1000 miliardi di dollari. Una cifra che è quasi pari alla ricchezza prodotta in un anno dal nostro Paese, ma anche al reddito di quasi la metà della popolazione mondiale. Ciò significa che 225 abitanti della Terra hanno una quantità di ricchezza pari a quella di 57 milioni d'italiani. Ma anche che 57 milioni d'italiani hanno la stessa ricchezza che devono spartirsi tra loro ben 2 miliardi e mezzo di persone del terzo e quarto mondo. Questa è la principale tragedia dell'umanità che si affaccia al nuovo millennio. Un mondo in cui mezzo miliardo di persone vive con appena 1 euro al giorno. Un mondo in cui un miliardo di persone non ha acqua pulita, un miliardo e mezzo sono analfabeti e due miliardi di esseri umani non hanno accesso all'energia elettrica.

Io sostengo la globalizzazione economica, intesa come riduzione delle barriere al movimento di merci, capitali e anche delle persone. Contrariamente ad altri che nella sinistra più radicale considerano la globalizzazione un processo fatto di politiche ingiuste e sbagliate, io credo che sia uno straordinario strumento per battere la povertà. La globalizzazione però non è un metodo per battere la disuguaglianza. Ad eliminare la povertà, come sostiene il nobel Amartya Sen, ci può pensare l'economia, ma ad eliminare la disuguaglianza deve pensarci la politica.

Questo, per noi riformisti, è il momento di dimostrarlo su scala globale. E proprio per questo è fondamentale che Barack Obama vinca le prossime elezioni americane. Quello potrebbe essere, finalmente, il primo tassello di una "ripresa riformista": la nascita di un "nuovo ordine" mondiale, multipolare ed inclusivo. Un riformismo mondiale dei diritti e delle persone (e non come ama dire la destra degli individui) che diffondono ed affermano un moderno principio di comunità.


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Ci sono 8 commenti all'articolo

corsaro rosso scrive: La globalizzazione

e' un processo che aumenta la ricchezza complessiva, ma determina, allo stesso tempo, vincitori e vinti. In sostanza la globalizzazione aumenta la ricchezza ma non e' un metodo per l'equa redistribuzione di questa tra tutti coloro che, direttamente o indirettamente, hanno partecipato alla sua creazione. Penso, ovviamente, ai lavoratori. Tu credi - e ti do atto della tua onesta' intellettuale e del credere in quel che scrivi - che il riformismo possa realizzare il sogno di ''una società più giusta e dignitosa''. Io, invece, lo dubito. Non tanto perche' non apprezzi il metodo ''riformista'', ma perche' in giro di riformisti alla Keynes proprio non ne vedo.

JP scrive: L'equivoco di fondo e'...

...quello di considerare il riformismo una versione diluita di tutto quello che va posizionandosi a sinistra del Pd. Invece sono proprio due cose diverse (e spesso in conflitto). I riformisti che si riconoscono nel progetto del Partito democratico per esempio condividono il modello di sviluppo basato su una economia di mercato e una divisione internazionale del lavoro, e vogliono usare principalmente il mercato e il suo governo globale per risolvere le contraddizioni del pianeta. Mi pare che Bersani sia stato persino didattico su questo punto. La sinistra radicale non aderisce a questo progetto, ed è contro a questo modello di sviluppo, anche se non sono sicuro quale altro modello proponga (da ips).

Leftorium (ADM) scrive: Benvenuto JP

Condivido ogni tua parola! :-D

Tess scrive: Sono tempi duri

per i riformisti. Specie quelli presenti nel Pd. Specie se alla fine il riformismo ce lo dobbiamo gestire senza alleati perche' abbiamo gia' visto in passato.

mario scrive: Mah!!

le politiche "riformiste" applicate negli USA necessitarono di un decennio per veder sortire qualche effetto. Dopo di che ci fu la seconda guerra mondiale che permise il salto "economico". Saremo anche gente con i piedi piantati in aria ma quelli che stanno con i piedi per terra (e che secondo te sono quelli che ragionano) che risultati hanno prodotto in termini di miglioramento delle condizioni generali di vita e maggiori diritti? Queste, quando ci sono state, hanno sortito effetti grazie a spinte "massimaliste", movimenti di massa "radicali". Forse i riformatori erano troppo impegnati a ragionare per rendersene conto. - pensareinprofondo.blogspot.com

Leftorium (ADM) scrive: @Mario

cit. ma quelli che stanno con i piedi per terra (e che secondo te sono quelli che ragionano) che risultati hanno prodotto in termini di miglioramento delle condizioni generali di vita e maggiori diritti? Per essere breve, diciamo una cosuccia chiamata welfare state o per non andare troppo lontani nel tempo lo Statuto dei lavoratori oppure, se vogliamo proprio andarci (a fine ottocento, per la precisione...) le societa' di mutuo soccorso, le cooperative e gli stessi sindacati... Cosucce da niente che pero' sono durate piu' della Rivoluzione di ottobre... Ciao.

davide scrive: Un nuovo ordine mondiale

Anche Luigi Enaudi, padre del liberalismo italiano, avrebbe condannato un'economia di mercato senza regole. Dove il piu' forte governa come se giocasse una partita di cui e anche l' arbitro. L' errore commesso dai no global e' quello di voler fermare il mondo, se pur di fronte a gravi errori e orrori. Il compito della politica riformista e' quello di creare regole nuove. A differenza di Bush o Berlusconi che non riuscendo a risolvere i problemi creano i nemici (armi di distruzioni di massa o la paura comunista). Cosi' la colpa e' dell'avversario se non possono leggiferare bene, non perche' sono incapaci. Obama, in lui si ripongono le speranze per un addio definitivo al populismo e il ritorno della politica riformista.

Leftorium (ADM) scrive: Vi segnalo...

questo interessante commento a questo post pubblicato sul Network del Pd

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