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02.04.2009 web stats Feed RSS
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Brivido caldo

Il famoso film c'entra poco. Oggi mi occupo di nucleare, in particolare di quali rischi vi sono che qualcosa vada storto in una centrale. Dal momento che la scelta nucleare è di fondamentale importanza (anche dal punto di vista dell'impegno finanziario) sarebbe bene cercare di capire quali sono i punti controversi e sentire quali sono le diverse opinioni in campo. Le centrali nucleari possono davvero comportare problemi gravi? Si può risolvere il problema della conservazione a lungo termine delle scorie radioattive? A queste e ad altre domande hanno provato a rispondere scienziati, tecnici ed opinionisti.

Chi è "pro atomo" sostiene che le centrali nucleari sono sicure. Fisici ed ingegneri responsabili dei sistemi di sicurezza continuano ad escogitare tutta una serie di misure per prevenire ogni incidente, costruiscono - si dice - strutture a prova di terremoto, di sabotaggio e persino capaci di resistere alla caduta di aerei di linea. Il prof. Norman Rasmussen del Massachusetts Istitute of Technology (il famoso MIT) ha condotto uno studio in cui sostiene che: "I rischi sono di gran lunga inferiori a quelli che normalmente accettiamo per molte altre cose, come per esempio l'automobile, il gas, gli aerei, le dighe, l'esplosivo. In altre parole nella vita quotidiana qualunque cosa facciamo, abbiamo sempre una piccola percentuale di rischio: ebbene a conti fatti, le centrali nucleari rappresentano un rischio di gran lunga minore".

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Il prof. Henry Kendall, fisico, anche egli docente al MIT, contesta però gli studi di Rasmussen. "Questi studi contengono conclusioni errate. E' vero se una centrale nucleare funziona normalmente, i pericoli sono minimi. Ma io mi preoccupo di quando le cose, invece, vanno male. Le conseguenze sarebbero disastrose e potrebbero essere provocate non solo dal cattivo funzionamento delle centrali ma anche, per esempio, dal trasporto dei materiali fissili o dalla conservazione delle scorie".

"Negli Stati Uniti - Sostiene il prof. John Edsall dell'Università di Harvard, è stato calcolato che ogni 10 anni si raddoppia la richiesta di elettricità. Teoricamente nel 2020 servirebbero circa 1000 reattori nucleari per far fronte a bisogni crescenti. Anche se non si arriverà mai a questa cifra, è evidente che la stessa proliferazione delle centrali aumenterà il rischio di incidenti perché aumenteranno in proporzione anche le probabilità di errori umani. Sappiamo benissimo che la maggioranza degli incidenti aerei non sono dovuti a difetti tecnici ma ad errori umani".

Sul problema della conservazione delle scorie (i residui della combustione atomica) la questione si potrebbe riassumere in questi termini. Le scorie hanno un'intensità variabile. Alcune sono molto deboli, e vengono liberate nell'aria o nell'acqua, con effetti quasi impercettibili sull'ambiente. Altre, invece, sono fortemente radioattive: non solo sono molto pericolose, ma rimangono attive per tempi lunghissimi. Secoli, millenni, o addirittura decine di migliaia di anni. Come riuscire a conservarle per un tempo così lungo in contenitori adatti e in luoghi sufficientemente sicuri? E poi come trasportare senza rischi questi materiali per migliaia di km?

Il prof. Floy Culler, del centro atomico di Oak Ridge (Tennessee) ha illustrato alcuni progetti come quello di spedire le scorie in orbita solare con razzi, in modo che escano dalla gravità terrestre. Ma il rischio che qualcosa vada storto durante il lancio è troppo grande. Un'altra idea che ha del fantascientifico, consisterebbe nel trivellare il fondo degli oceani ed inserirvi degli speciali contenitori che sarebbero poi lentamente risucchiati verso il centro della terra. Infine, un altro progetto (che poi è il solo finora messo in pratica) prevede di seppellire queste scorie in antichi strati geologici (particolarmente stabili) di sale a 1000-1500m di profondità. Una volta ricoperte nuovamente dal sale, questo ricristallizzerebbe nel giro di 50anni, garantendo così una sorta di chiusura ermetica.

"Viene quasi in mente la sepoltura degli antichi faraoni - sostiene il giornalista Piero Angela - questa volta però nei sarcofaghi nucleari si troveranno maledizioni molto più velenose di quelle che circondavano la tomba di Tutankamen. Chi potrà assicurare l'intangibilità di questi luoghi per decine o centinaia di migliaia di anni? Quale istituzione, quale civiltà potrà farsene sovrintendente?

Il prof. Kendal sostiene che "bisogna prima dimostrare che la cosa sia realmente fattibile e sicura; e poi soltanto dopo iniziare un programma di centrali nucleari, Invece si è fatto l'esatto contrario. Per 15 anni si è lavorato nel Kansas, spendendo 25 milioni di dollari, poi si è visto che il sito individuato non era adatto ad ospitare dei depositi di scorie".

Mentre la polemica continua, qualcuno cerca di guardare più in là e di chiedersi se non sarebbe meglio aspettare che diventi realizzabile una nuova forma di energia nucleare, molto più "pulita" e sicura: La fusione. I vantaggi della fusione sarebbero numerosi rispetto a quelli dell'attuale fissione nucleare. Non ultimo quello di poter ricavare energia dall'idrogeno che si trova nell'acqua del mare. Una quantità quasi illimitata. Qualcuno ha calcolato che sarebbe come avere l'equivalente di 500 oceani di petrolio. Il guaio è che questa tecnica di fusione è per ora solo una speranza.

"La fusione - dice David Freeman, consigliere scientifico del Senato americano, - è come prendere le reazioni nucleari che avvengono sul Sole, farne un duplicato qui sulla Terra ed immagazzinarle. Ad oggi non esiste ancora la dimostrazione in laboratorio che un reattore a fusione sia realizzabile. Personalmente credo che ci vorranno almeno 30 o 40 anni come minimo, prima che l'energia di fusione cominci a risolvere i nostri problemi energetici".

E' evidente che da qui a là si apre un periodo buio, un passaggio estremamente difficile e rischioso. In ogni caso occorre sviluppare veramente i risparmi, ricorrendo all'energia solare ed eolica, combattendo l'inefficienza dei sistemi attuali, adattando le nostre industrie alle nuove situazioni che si stanno creando, sviluppando la nostra ricerca scientifica, modificando i nostri comportamenti, che condizioneranno sempre più il nostro avvenire.


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