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16.08.2008 web stats Feed RSS
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C'era una volta la Stalingrado del sud

E' passato poco più di una settimana dalla scomparsa di Antonio Gava. Non ho voluto scrivere alcun post a caldo; così come non voglio, ora, scriverne uno a freddo. Odio i coccodrilli di commiato, che sanno sempre d'ipocrisia e, talvolta, di becero revisionismo. Il rigido sistema di potere di Gava e della sua Dc, che ammantò come una cappa Castellammare a cavallo tra gli anni settanta e novanta, va ora consegnato alla storia e sta al giudizio degli studiosi fornire una chiave di lettura più oggettiva - nel bene e nel male - della politica e del modo di farla in quegli anni.

Desidero invece, con questo mio articolo, soffermarmi sull'altra Castellammare, quella rossa: quella che consegnava al Pci altissime percentuali di voto che, negli anni, portò Castellammare ad essere soprannominata la "Stalingrado del sud". Ho perciò deciso di recuperare un'intervista che mi rilasciò - ormai quasi dieci anni fa - l'ultimo sindaco del Pci di Castellammare. Liberato De Filippo, politico che, a metà degli anni settanta, seppe ritagliarsi un profilo d'indiscutibile integrità morale. Comunista legato all'area di Giorgio Napolitano, Liberato De Filippo, da giovane, aveva lavorato prima presso gli "storici" cantieri navali stabiesi per poi salire alla Camera del lavoro.

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Ricordo che l'incontrai in una stanzetta dell'allora sezione "Centro" dei Ds, al Corso Vittorio Emanuele. Mi sembrò subito una persona a modo, socievole e molto riflessiva. Gli chiesi come nacque la sua scelta di far politica e di farla a sinistra, proprio nel Pci. Rispose prima con un sorriso, quasi non si aspettasse la domanda, poi subito aggiunse: "Mi ha consentito di superare la mia timidezza. La sinistra, le lotte del movimento operaio, mi avevano subito conquistato. Ero un giovane lavoratore dei cantieri navali. I diritti sindacali erano continuamente negati. Fare politica o semplicemente attività sindacale, spesso, significava rischiare il licenziamento".

Parlammo della sua esperienza di sindaco. La fine anticipata di quel suo tentativo di governo l'aveva segnato. Non era deluso, certo, ma sapeva di non aver potuto svolgere il compito che si era prefisso fino in fondo. Gli domandai, allora, di come aveva vissuto la "svolta della bolognina": la fine del Pci. "Fu necessaria - disse, fermandosi per qualche istante a riflettere. Erano saltati tutti i riferimenti. L'ideologia non bastava più a coprire i dubbi che, in fondo, ognuno di noi covava al suo interno da diversi anni prima. All'Est poi si era prodotta una dittatura di burocrati, degli apparati di partito, che ormai non aveva più niente a che spartire con le teorie di Marx e gli insegnamenti di Lenin". Allora - lo interruppi e, detto ex post, quasi me ne pento - si riconosce nella svolta, nel superamento del Pci? In fondo, lei è stato un "migliorista" legato a doppio filo con Giorgio Napolitano... "No, io non rinnego niente di quella mia esperienza - replicò tutto di un fiato, alzando appena il tono della voce. Io resto un comunista. Non ho prostituito la mia idea originaria: lottare per un ideale che permettesse a tanta gente, nel mondo, di migliorare le proprie condizioni di vita".

Gli sollecitai, quindi, un giudizio su L'Ulivo, l'ormai attuale padre putativo del Pd. "E' necessario che esperienze diverse come quella del cattolicesimo democratico e quelle della sinistra, nelle sue fin troppo articolate forme ed espressioni, trovino un terreno comune per porre argine a questa destra (Berlusconi, si apprestava a tornare per la seconda volta al governo, nel 2001 ndr) che racchiude in sé i germi dell'intolleranza e dell'egoismo". "Tuttavia, - aggiunse - l'idea di costruire un unico partito che contenga tutte queste culture, non mi convince".

Potrei ancora ricordare altri aneddoti legati a quell'intervista; ma credo, per quel poco che l'ho conosciuto, che gli farei un torto: una semplificazione banale del suo modo genuino e leale di vivere la politica. Liberato De Filippo restò fino alla fine (morì nel 2000) un comunista e una persona perbene.


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Ci sono 5 commenti all'articolo

antonio scrive: da un non comunista

non sono mai stato un comunista, almeno non un militante tesserato, ma da un po' vivo il rammarico di non aver vissuto in maniera attiva quel periodo.sarebbe stato per me un grande onore e un piacere gratificante avere contatti con personaggi come il sindaco De Filippo, un comunista per bene! oggi senza distinzioni di credo politico c'e' molta personalizzazione e poca(?) politica, quelli erano personaggi politici con ideali ben radicati e con l'onesta intellettuale, pronti a tutto pur difendere le proprie idee sopratutto con la dignita' di appartenere ad un partito, ad un ideale.

davide scrive: Poco ci resta!

Persone come Liberato De Filippo sono ormai rare. In Italia, dove la chiesa cattolica prende le distanze da se stessa, sconfessando le parole di buon senso espresse liberamente da un settimanale. Per puro interesse "particolare", come faceva notare c r in un commento. Nel frattempo si nega un innocuo pic-nic a un gruppo di africani. Speriamo che lo stato del Vaticano rifletta su quello che accade (non si preoccupi di salvare solo i ponti di Roma come accadde nel ventennio precedente). In tutto questo le persone come de Filippo devono ricordarci cosa e' stato il fascismo, come il sistema politico attuale sta degenerando in tal senso. Questo lo vediamo anche a C.mare, dove taluni politici, convinti di poter tornare a governare in citta' , cercano di riaccreditarsi con letture distorte del passato, approfittando della morte di Antonio Gava. La Stalingrado che non c' e' piu', deve trovare nel presente le storture che stanno facendo degenerare l' attuale sistema politico sta biese. Purtroppo senza l' ausilio di uomini come De Filippo.

Luca scrive: un bel esempio

Beh.. sentire parlare di un esempio di coerenza del genere fa sicuramente piacere. Ma confrontato con gli "uomini di sinistra" attuali, mi fa venire una rabbia tremenda... - iltestamentodiunbuffone blog

corsaro rosso scrive: Altra generazione

Bell'articolo Leftorium. Io l'ho conosciuto Liberato De Filippo. Era davvero, come hai scritto, una persona perbene. Era uno di quei 'vecchi' comunisti stabiesi che potremmo definire allo stesso tempo 'leninista' e 'gramsciano': nel senso che per lui veniva per primo il partito, l'impegno politico a tutto tondo, le qualita' morali e poi il privato. In un certo senso e' stato uno degli ultimi comunisti stabiesi a farsi portatore di quell'idea 'totalitaria' (in senso positivo) di vivere la politica. Infatti, dopo la sua sfortunata esperienza di sindaco, con l'avanzare della sua eta' e dei suoi acciacchi, fini' accantonato dai suoi stessi compagni di partito. Compagni di 'nuovo conio' (per parafrasare Rutelli), molto piu' interessati al 'privato' che alla funzione del partito come soggetto pubblico. A questi, sia chiaro, non gliene faccio una colpa. E' stato il segno dei tempi che cambiavano. Cambiava il paese, cambiava la politica e cambiava, pure, il modo di farla. Peccato che a nessuno dei suoi compagni di allora sia mai venuto in mente di dedicargli, almeno, una sezione del partito.

davide scrive: Dedicare una sezione a De Filippo!?

Ricordo il periodo che sono stato segretario della sezione Saul Cosenza (Moscarella). Ho dovuto resistere non poco affinche' non ne fosse cambiato il nome. Pensate volevano intitolare la sezione del pds a JFK. Ricordo che riusci a parlare con De Filippo telefonicamente nel 99, mi diede parecchi riferimenti storici sul compagno Saul, così ebbi la meglio sugli "innovatori".

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