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02.05.2008 web stats Feed RSS

Poteva andare peggio? No!

In occasione di un'altra storica sconfitta (quella de L'Ulivo nel 2001 e la conseguente salita a Palazzo Chigi di Berlusconi... corsi e ricorsi della storia) Altan, il bravo vignettista di Repubblica, disegnò il suo noto personaggio con "l'ombrello nel didietro" sotto l'eloquente epigrafe: "Poteva andare peggio? No!"

In questi giorni le analisi dei commentatori politici sull'esito nefasto, per il Pd e per la sinistra tutta, delle elezioni politiche ed amministrative, si sono sprecate. Una sconfitta dura, cocente che ha colpito impietosamente sia il livello centrale sia quello periferico di un intero schieramento politico, le sue leadership e le sue "incrollabili" certezze.

Per l'editorialista de La Stampa Andrea Romano "Far finta che non sia successo niente sarebbe un atto di supremo autolesionismo, per Walter Veltroni e per tutto il gruppo dirigente che con Veltroni ha condiviso scelte e strategie". E proprio a quel gruppo dirigente il giornalista imputa gran parte delle responsabilità della sconfitta quando chiosa: "Da oggi la verità è che la strada del Pd è ingombra di una generazione politica che ha tentato di sopravvivere a se stessa, finendo per consegnare Palazzo Chigi a Silvio Berlusconi (per la terza volta) e il Campidoglio a Gianni Alemanno".

Anche il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini assegna a Veltroni precise responsabilità. "Il leader del Pd ha scontato un deficit oggettivo: nella partita sulla sicurezza, determinante nel giudizio degli elettori in tutta Italia e nelle singole città, ha dovuto inseguire il Pdl. E da sempre su questo tema la destra eccelle storicamente sulla sinistra. Semplicemente perché, nella percezione dei cittadini impauriti (giusta o sbagliata che sia) può farlo meglio. Ma il leader del Pd ha pagato anche un errore soggettivo: non ha capito che la sfida su Roma avrebbe richiesto un altro metodo di selezione, più consono all'idea del Partito democratico costruito dal basso, che gli elettori avevano iniziato a conoscere e ad apprezzare con le primarie". Errore "diabolico" - aggiungo - che tenta pure molti dirigenti locali, come ho scritto qualche giorno fa in un altro articolo...

Non è più solo una questione di persone però. Le dimensioni della sconfitta non si spiegano così. A questo punto diventerà fondamentale la strategia che il Pd saprà mettere in campo. Strategia da stendere al più presto senza tentennamenti e dubbi di sorta. L' espansione a sinistra appare non solo difficile ma forse addirittura inutile. Da quella parte, ormai, il Pd è come appoggiato a un muro. Quello che poteva raccogliere dalla disfatta della sinistra arcobaleno l'ha, con tutta probabilità, già raccolto. Il vero fallimento, come evidenziano impietose le analisi dei flussi elettorali, è stato sull'altro versante. Non si è riuscito ad erodere un voto al Pdl -perdendone nel contempo molti, in particolare verso la Lega - e nemmeno alla solitaria Udc di Casini.

Marco Rossi Doria sulle colonne napoletane di Repubblica, invece, scrive una piccata analisi che trovo largamente condivisibile quando sostiene che il voto alla destra è un cambiamento nell'atmosfera generale, nel sentire del Paese. A Nord e a Sud. Che dà voce a umori profondi. Perché è sospinto da un risentimento e da una rivendicazione. Primitivi. Essenziali. "Perché voi "di sinistra" - Scrive Rossi Doria, personificando un immaginario elettore deluso che ha votato Berlusconi - vi dichiarate dalla mia parte e parlate in mio nome e tuttavia poi non riesco a immaginare alcun percorso credibile per migliorare la mia condizione tali da farmi vedere adesso, e non nel generico tempo che sarà, un cambio di vita a reale portata di mano. E voto a destra perché non ho quasi mai rapida, costante e concreta risposta dai servizi pubblici per i quali pago le tasse né accesso alle decisioni che riguardano il mio quartiere, la vita di mio figlio, un mio progetto".

"E allora - Prosegue Rossi Doria - io voto chi mi lascia almeno sbarcare il lunario senza mettermi i vincoli a ogni piè sospinto. Confido sul mio privato, sulla rete informale delle amicizie, così come ho sempre fatto, sul do ut des del clientelismo diffuso. O cerco di far denaro come si può e si fa dove vivo. E mando a quel paese le regole che mi impediscono di farlo ma anche la dimensione allargata, collettiva, sociale, pubblica perché mi suona falsa, inconcludente, un paese di Bengodi che non esiste, che non viene attuato. E voto a destra perché voglio punirvi, voi di centrosinistra e di sinistra, per la vostra mancata autenticità, perché dichiarate una cosa e ne fate un'altra".

"Dite che dobbiamo tutti lavorare insieme per la cittadinanza ma, intanto, io sto qui, solo, nella giungla della vita vera e voi state lì, protetti, parte della casta. E abitate luoghi, linguaggi, atteggiamenti, abitudini che sono solo vostri, a cui non ho accesso. Se non li conosco già o se qualcuno non mi ci accompagna".

"Non è un fatto facile da accettare - scrive Rossi Doria - ma bisogna pur capirlo: è una domanda pre-civile quella che monta. Che è fondata su bisogni e istinti. E sulla sfiducia nel diritto che diventa atto, nella legge certa e dunque nella cittadinanza. Perché gli esempi di queste cose sono troppo rari o discontinui e spesso smentiti e perché costa fatica fare i cittadini. Soprattutto al Sud. Così mi rivolgo a chi mi propina risposte secche, semplici, come nei quiz in tv. Perché la complessità mi dà fastidio, annoia, irrita; perché mi appare un alibi per non sostenermi, ascoltarmi e soprattutto trovare soluzioni effettive".

Ecco il vento che spira da noi. Anche se quasi tutti gli esponenti del centrosinistra campano, come il pianista del Titanic, fingono di non sentirlo e si sottraggono anche quell'elementare esercizio democratico che è l'analisi del voto e la sua pubblica riflessione. Eppure è stata davvero una tempesta che ha sradicato alberi e scoperchiato tetti. Il famoso laboratorio campano del centrosinistra ha perso quasi mezzo milione di voti in soli due anni.

Da questa tornata elettorale appare evidente che l'Italia è altrove: che l'Italia è altro. La sconfitta è una disfatta culturale e sociale prima ancora che politica. Fin quando non lo capiremo sarà impossibile non solo vincere ma anche immaginare di essere capaci di farlo.


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Ci sono 2 commenti all'articolo

davide scrive: Left continua così!!!

Condivido in pieno l' analisi e le affermazioni riportate nell' articolo di oggi e quello precedente. Se il Pd, la sinistra "riusciranno da ieri" a mettere in campo una svolta politica, filosofica, generazionale(mi riferisco non solo ai giovani ma anche a facce nuove, come dice un amico). Allora potremo presto risalire la china. Perche' un voto di cambiamento e protesta, non fanno un Buon governo di destra.

Antonio scrive: l'isola che non c'e'

seconda stella a destra(sinistra!) questo è il cammino... cosi' iniziava la stupenda canzone di Bennato,e credo che questo sia il nostro percorso per poter ricominciare a cercare la nostra isola che non c'è, con la speranza che alla fine riusciremo a trovarla per davvero. La situazione è delle più serie e se non si ritorna alla politica con la P maiuscola, fatta del quotidiano, del rapporto diretto con la gente, con l'abbandono di posizioni feudalistiche e sopratutto smettendola con l'ipocrisia, questa sarà la nostra situazione per i prossimi 20 anni.

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