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09.04.2007 web stats Feed RSS
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Morire per Fortapāsc

Nei film western pių datati, due erano gli stereotipi obbligatori da rispettare. La strenua difesa di "Fort Apache", per opera di un manipolo di eroici ed impavidi "bianchi" accerchiati da perfide tribų indiane, e l'arrivo, quando tutto sembrava perduto, del VII° Cavalleria che con la sua "carica" sbaragliava e metteva in fuga i "pellerossa". La storia, in realtā, fu assai diversa. I "buoni" si comportarono da cattivi e i "cattivi" furono semplicemente annientati, senza troppi scrupoli.

Nel nostro immaginario collettivo, proprio grazie alla lente deformante del cinema, tutti avremmo voluti essere lā a combattere per difendere il forte. Non tutti, invece, hanno deciso di combattere dalla parte giusta a "Fortapāsc". Dove si trova Fortapāsc? E' in mezzo a noi, forse persino dentro di noi. Lo trovi nelle vie delle nostre periferie o nei vicoli dei "centri storici" dove "baby pusher" spacciano ogni genere di droga. Lo scorgi magari in un Ufficio pubblico dove "qualcuno" corrompe e "qualche altro" si fa corrompere. Ed č lė, persino davanti ad una scuola, dove i ragazzini si atteggiano a "boss" e giā fanno sfoggio del "fierro", la pistola.

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Se qualcuno ha il coraggio di denunciare questi nuovi e moderni "campi di battaglia" allora sė, anche lui combatte sulla palizzata di "Fortapāsc". Cosė come combatteva Giancarlo Siani, il giovane cronista de "Il Mattino" che provō a scavare nelle veritā nascoste di un mondo in cui camorra e potere politico erano tutt'uno. Giancarlo Siani fu un giornalista che, con la sola passione e dedizione al lavoro, firmō la sua condanna a morte a soli 26 anni.

A determinare l'assassinio di Siani (nel film ottimamente interpretato da Libero De Rienzo), quel lontano 10 giugno 1985, fu l'episodio dell'arresto del boss torrese Valentino Gionta. Siani era venuto a conoscenza che il blitz delle forze dell'ordine fu frutto di una "soffiata" del clan "alleato" dei Nuvoletta. La vendetta dei clan fu spietata. il 10 giugno, nei pressi della sua casa al Vomero, Siani fu ammazzato a colpi d'arma da fuoco. Non fece nemmeno in tempo a firmare il suo primo contratto per "Il Mattino". Infatti, fino ad allora aveva collaborato presso la redazione distaccata di Castellammare di Stabia (che oggi, peraltro, non esiste pių).

Torre Annunziata. Napoli. Italia. Sono questi i sottotitoli che appaiono sulla locandina di Fortapāsc, il film di Marco Risi. Parole che servono a chi non conosce la realtā di queste parti oggi e tanto meno la conosceva venticinque anni fa, in quegli anni bui in cui, tra Napoli e provincia, ci scappava un morto al giorno per mano della camorra.

Ma il film "Fortapāsc" non č solo il racconto celebrativo e rituale di uno dei tanti "martiri dell'informazione" che poi diventa fiction. E' molto altro. Certo, c'č la rappresentazione plastica di un mondo infame, violento e rivoltante. Le azioni "militari" dell'esercito del male camorrista, l'opacitā e la connivenza della politica e del pubblico malaffare. Ma c'č pure la denuncia cruda e senza mediazioni di tutta quell'ipocrisia che circonda il mondo dei giornali e dei giornalisti.

Le scene pių salienti sono proprio quelle che rappresentano il difficile rapporto col "Mattino", l'ipocrita preoccupazione verso un giovane cronista (nemmeno regolare) che si dava "troppo da fare" al punto da arrivare a capire quanto gravi fossero le collusioni tra l'ex sindaco socialista poi condannato per associazione mafiosa (ma assolto dall'accusa di essere stato uno dei mandanti) e i clan di Valentino Gionta, dei Nuvoletta e dei Bardellino.

Un bel film, in conclusione. Ben diretto da Marco Risi, Ben recitato da tutto il cast. A me ha ricordato pių "I cento passi" di Giordana che "Gomorra". Forse, anche merito delle due storie, per certi versi quasi "parallele", dei due giovani "protagonisti" (Siani ed Impastato) , eroi veri e non di celluloide.


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