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Leftorium

01.10.2008 web stats Feed RSS
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Gli schiavi di Wall Street

Diamine, aveva proprio ragione Jack Folla, il DJ maledetto. "Un uomo solo che guarda il muro è un uomo solo". Ed oggi un po' tutti ci sentiamo soli, mentre guardiamo le vistose crepe che si aprono sul muro su cui poggia tutta l'economia mondiale. Wall Street, appunto.

Proprio al tempio pagano dell'economia mondiale Folla dedicò, dai microfoni della sua radio che trasmetteva dall'interno del "braccio della morte" di Alcatraz, questo suo feroce apologo.

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"Wall Street. Sapete perché si chiama Wall Street? Wall. Il muro. Il nome della strada delle mura, costruite perché gli schiavi negri non scappassero. Bella vita facevano gli schiavi in America. Tutti a Wall Street, New York o Nuova Amsterdam come si chiamava nel 1600.

New York l'avevano comprata gli olandesi dagli indios per sessanta fiorini e due bottiglie di whisky. Avevano comprato quello che sarebbe diventato il mercato degli schiavi più importante dell'America del Nord: Wall Street, la strada degli schiavi.

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Sono stati i preti poi a sostenere la schiavitù da quelle parti. "Senza schiavi non si coltivano i campi", dicevano. E se non c'è chi coltiva i campi chi coltiverà gli spiriti? Leggetevi l'Explicatio Apologetica del Vescovo Enrìquez de Ribera, se non mi credete".

Oggi come allora, Wall Street è ancora un mercato di schiavi. Un mercato sempre più grande, sempre più globale. Schiavi non più in catene ma in doppio petto.

Solo la morale resta sempre la stessa: l'azione minima col fine massimo. Senza troppi scrupoli.


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Ci sono 7 commenti all'articolo

corsaro rosso scrive: "Ma chi pensa mai al lavoratore?

Se il capitalista si occupa di lui, è solamente per studiare il modo migliore di sfruttarlo". - Karl Marx, Il Capitale cap. XV

Tess scrive: A proposito di muri,

Left che ne pensi dell' ultimo articolo di Giavazzi sul Corriere?

antonio scrive: schiavi!

Noi tutti siamo schiavi,solo che fanno in modo che non ce ne accorgiamo. Come definire per esempio la marea di tifosi che ogni domenica fanno di tutto fino ad arivare alla rissa per difendere la propria squadra, squadra composta da giocatori al 99% non legati al territorio o addirittura stranieri, che guadagnano in un anno quello che noi non guadagneremo in una vita. L'uomo o nasce schiavo o padrone, io sono nato schiavo, pero' un po' mi compiaccio di quello che sta' avvenendo: sicuramente chi sta perdendo soldi in questo momento in grandissima parte sono i padroni investitori. E sono del parere che solo da un enorme crack puo' rinascere una nuova e piu' equa distribuzione del benessere economico.

Primaticcio scrive: Ah, ma ieri Nancy Pelosi

gliel'ha detto chiaro e tondo a quelli di Wall Street: «La festa e' finita!». Infatti: quelli che hanno fatto baldoria finora stanno smaltendo la sbornia al calduccio, e noi con la ramazza in mano a pulire l'immondezzaio che hanno lasciato... - lacriptadeicappuccini

Leftorium (ADM) scrive: @Primaticcio

Beh, in fondo, Berlusconi ha dato l'esempio... :-D

Leftorium (ADM) scrive: @Tess

In tutta onesta’, l’articolo di Giavazzi non mi convince. Lo trovo un po’ contraddittorio. Dice che l’intervento diretto dello Stato in economia non e’ sbagliato, anzi puo’ essere addirittura vantaggioso poiche’ oggi compra a prezzi stracciati e domani potra’ vendere a prezzi piu’ convenienti e quindi introitare piu’ soldi da poter reinvestire in futuro, magari per opere pubbliche senza aumentare cosi’ il debito pubblico. Pero’, allo stesso tempo, difende la “deregulation” cioe’ l’elemento che sta alla base dell’attuale crisi. Giavazzi, addirittura, arriva a sostenere che la deregulation ha permesso alle aziende di ''ristrutturarsi''. Queste ristrutturazioni, pero’, (e Giavazzi l’omette di dire) hanno avuto un enorme costo sociale. Milioni di persone hanno perso il proprio posto di lavoro. Ma pure le stesse aziende si sono snaturate. Hanno spostato enormi risorse dal Capitale alla Finanza. Hanno, in poche parole, gonfiato una bolla speculativa che ha messo col sedere per terra, non tanto i top manager fautori di questa strategia poco lungimirante, ma il cittadino comune che si era fidato degli edge founds, delle obbligazioni ''sicure'' e dell’idea ''reganiana'' dell’arricchitevi presto e subito. ''Il mondo delle imprese ha a lungo operato sotto l’ipotesi che i guadagni di produttivita’ realizzati attraverso l’introduzione di innovazioni tecnologiche e finanziarie debbano essere distribuiti agli azionisti e ai manager, in forma di dividendi piu’ alti, stock option, stipendi piu’ elevati e benefici di altra natura. Le rivendicazioni dei lavoratori sui profitti, in forma di salari piu’ alti e riduzione di orario, sono sempre state considerate illegittime e perfino parassitarie''. Questo non lo ha scritto qualche pericoloso sovversivo della Cgil, ma Jeremy Rifkin nel suo libro ''La fine del Lavoro'', uscito nel 2002. Meditiamo, gente… meditiamo.

davide scrive: Dopo la caduta del muro di Berlino

e conseguentemente del comunismo reale, il liberismo si e' avvertito come bene supremo che poteva funzionare anche senza la politica. Oggi piu' che mai abbiamo bisogno di un ordine nuovo mondiale. Come scriveva Machiavelli: "i vecchi ordini, col tempo, diventano disordine. E creare un nuovo ordine non e' impresa facile. Avra' sostenitori tiepidi in coloro che ne potranno beneficiare (in quanto non sanno che ne potranno beneficiare) e avra' nemici agguerriti in coloro che perderanno i loro vantaggi." Questo e' quello che potrebbe nascere dal disastro americano, baluardo del liberismo. Ma solo con una seria presa di coscienza della politica.

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