[Torna all'indice]

  Taccuini

MASSIMO FANTONI e FRANCESCO TOMEI

"Barra A Dritto"
(C.P.I./Mercury) Collana Taccuini Vol. 17

Barra a DrittoCapita che a due musicisti, ad un certo punto della loro carriera, dopo che ognuno di loro ha partecipato a numerose "spedizioni" musicali di vario tipo, venga offerta una piccola ma efficiente nave da gestire in modo totalmente autosufficiente, per salpare verso una rotta indefinita.
E capita anche che i due musicisti decidano di intraprendere questo viaggio in maniera abbastanza sconsiderata, senza un preciso punto di partenza, se non quello delle conoscenze musicali da loro acquisite nei loro piccoli porti e il desiderio di navigare verso acque finora non completamente esplorate, calme o tempestose che siano. Questo Ë successo, una volta imbarcati i viveri e gli attrezzi necessari siamo salpati da uno studio di registrazione aretino nell'afoso agosto del 1997 e nonostante le prime piccole difficoltý ognuno dei due ha preso via via confidenza con la plancia di comando ed ha saputo apportare la propria esperienza e conoscenza dei venti.
I nostri attrezzi sono costituiti essenzialmente da una chitarra elettrica per Massimo Fantoni, che puÚ produrre sonoritý elettriche, acustiche o virtuali, mentre per Francesco Tomei uno stick ed un contrabbasso sfregato, pizzicato e talvolta picchiato.
La nave era investita dai venti pi˜ diversi, a momenti impetuosi che attraverso gli oblÚ e i boccaporti producevano sonoritý dure, spigolose e irregolari, venti sinuosi e ammalianti, e altri calmi e tranquilli, quasi riposanti.
Ed era incredibile constatare come ognuno di questi venti, pur nella sua totale diversitý degli altri, riusciva, in qualche modo a noi sconosciuto, a imprimere alla nave un movimento sempre pi˜ spedito senza farle perdere la rotta neanche per un minuto.
Hanno partecipato ad alcuni momenti della navigazione anche due nostri amici, uno molto esperto di spostamenti d'aria all'interno di clarinetti e l'altro pi˜ specializzato in sfregamenti di corde applicate ad una viola.
Abbiamo invece deciso di lasciare in porto qualsiasi tipo di rullo di tamburi, visto che gli ingranaggi della nave ci sembrano oliati a tal punto da non aver bisogno di un ulteriore incitamento.
Il nostro veloce viaggio Ë cosÏ appena cominciato e le rotte che fino ad ora abbiamo esplorato ci interessano molto; tanto che l'unica intenzione possibile in questo momento non puÚ essere altro che:

BARRA A DRITTO!

Massimo Fantoni e Francesco Tomei

[Torna all'indice]


MARCO PAOLINIIl Milione


"Il Milione - Quaderno Veneziano"
(C.P.I./Mercury) Collana Taccuini Vol. 18

MARCO PAOLINI
"Il Milione quaderno veneziano di Marco Paolini"

Volevo raccontare una geografia, disegnare una carta per viaggiarci sopra, avevo voglia di andarmene lontano, verso l'altrove...mano a mano che leggevo e che cercavo una storia per legare insieme questi materiali sfuggenti avevo la sensazione di girare. In tondo mentre l'obiettivo non si avvicinava...

Cos'Ë questo
Quaderno Veneziano.

[Image] ...Invece che nell'oriente Poliano finivo sempre pi˜ per addormentarmi nei canali, rii, barene, isole disabitate... l'orizzonte della cittý di Marco Polo...CosÏ ho capito che non sarei mai riuscito a narrare qualcosa di cui non potevo fare esperienza, i libri in sÈ non bastano se non si appoggiano, se non si associano a quell'esperienza. Mentre steppe e deserti si allontanavano, a malincuore si faceva largo la geografia degli attraversamenti in laguna, la cronaca dei giorni passati a Venezia e dintorni... Questa Ë infine la carta su cui ho viaggiato e di questo dý conto il Quaderno. Cercavo una mappa altrove, l'ho trovata vicino. Mi hanno aiutato i sogni dei Veneziani. "Il Milione" di Marco Polo oppure Corte Sconta detta Arcana di Ugo Part, mi ha aiutato la forma in urbis di Venezia. Per me Ë una balena con un arpione nella fronte come Moby Dick, una cittý Balena Bianca coperta di segni, un altro mito della cittý dei miti... No, non c'Ë peggior inizio per avvicinarsi a Venezia che partire dai miti vecchi e nuovi che sulla cittý si intrecciano...cosÏ, a malincuore, ho lasciato anche Moby Dick e ho provato a ripartire da vicino nella quotidianitý della terraferma. Il protagonista di questo viaggio sulla carta si chiama Marco, ma gli altri lo chiamano Campagne. Il viaggio di campagne Ë uno spostamento nel tempo e nello spazio che percorre la genesi faticosa della cittý d'acqua, il traffico quotidiano che segue il tortuoso andamento dei canali, i pali, l'acqua e le sue bestie (i mototopi e i cavalli di vetro di Murano) le storie di altre isole raccolte in una mappa che cerco di portar con me nel tempo, per ricominciare ogni sera a teatro a viaggiare su quel basso mare di pianura.

Marco Paolini

[Torna all'indice]


FRANCOIS REGIS CAMBUZAT
ET LES ENFANTS ROUGES

"Taurisano-Cajarc"
(C.P.I./Mercury) Collana Taccuini Vol. 19

Taurisano-Cajarc"Taurisano - Cajarc" Ë uscita dalle stesse session di registrazione umbre di "Reus - Ljubljana", pubblicato questa primavera dall’Enfance Rouge. Sono per noi canzoni storiche. Siamo sempre in viaggio. Abbiamo sempre voluto cosÏ. Non siamo un gruppo grasso in nessun posto, ma lavoriamo e viviamo - realmente - in tanti paesi. Cento concerti all’anno, tra Swinoujscie (Polonia) e Tunisi (Catalogna) e Ljubljana, Taurisano (Salento) e Cajarc (Lot). E cosÏ, non ci troverete mai dove ci aspettavate. Pensiamo che il pubblico che ci segue l’abbia sempre saputo. Nel giro di poche settimane siamo sempre giý altrove, fisicamente e musicalmente.
Un fatto: la terra conta ora 5 miliardi di essere umani. 500 milioni vivono confortevolmente. 4,5 miliardi soffrono di povertý. Da sola, la fortuna delle 358 persone pi˜ ricche del mondo, miliardi in dollari, Ë superiore al guadagno annuale della metý degli abitanti del pianeta, ossia 2,6 miliardi di persone (Le Monde Diplomatique, 1997). Chi lo ignora fa il gioco del neoliberismo, entra a far parte ed Ë pedina della strapotenza dei mercati mondiali. L’ignoranza dei benestanti Ë una vergogna. La loro noncuranza un crimine. Francois Regis Cambuzat et les Enfants RougesE passiamo all’artista. se c’Ë un ruolo sociale di quest’ultimo. Ovvio, che c’Ë. E cosÏ, ci fanno strane le parole dei gruppi detti di sinistra (sarý una moda?), in confronto alle loro azioni, ovvero cachets, scelte artistiche, scelte manageriali. Non vediamo nessun altruismo. Non vediamo nessun altruismo. Il terzo mondo aspetterý.
Adesso distruggeremo tutto. proveremo ad uscire dalla periferia americana che Ë l’Europa. I Sonic Youth, Nick Cave e i loro cloni ci disgustano. Idem il post-rock, l’elettronica e volendo anche i C.S.I.. L’autocelebrazione Ë una miseria. Non siamo comunisti ma anarchici. Alla fine, siamo seri: Ë proprio ora di essere se stessi.
"Taurisano-Cajarc" Ë prodotto dall’Enfance Rouge e dato in licenza al C.P.I..

Francois Regis Cambuzat

[Torna all'indice]


ANTENNAH INTERVISTA

di Giuseppe PioncaIl Nostro Labile Equilibrio

Incontro Tullio e Valentino, in una splendida serata cagliaritana, preludio alla bella stagione che incalza. Accovacciati sopra alcuni cuscinoni e di fronte a del buon vino, cerchiamo di evitare che Antonio, il cane di Tullio, ci sottragga i nostri antipasti...

Come siete arrivati al Consorzio?
V. Esistevano giý dei contatti con Gianni Maroccolo, antecedenti alla nascita degli Antennah, nascita datata tra la fine del ‘94 e gli inizi del ‘95. I primi demotape furono quindi spediti a Gianni con il quale si Ë consolidato sempre di pi˜ un rapporto di stima e collaborazione.

Come vi vedete inseriti nel contesto del "nuovo rock italiano" e nel catalogo del Consorzio?
T. Spesso ci dicono che siamo un prodotto anomalo per il Consorzio, e per certi versi ci fa sentire ancora pi˜ liberi da costrizioni, perchÈ gli Antennah vogliono suonare musica a 360ƒ senza escludere nulla, ci piace viaggiare senza preclusioni di sorta.

La concezione, la composizione, preproduzione e registrazione del vostro primo album, "Il nostro labile equilibrio", alla fine rispecchia le vostre intenzioni iniziali?
T. Certamente. Bruce ci aveva avvisati che nessun pezzo sarebbe stato come in origine e il primo ascolto del disco ci avrebbe dato un effetto immediatamente negativo; mentre dopo con la sua assimilazione, vediamo in certe cose che prima ritenevamo troppo forzate, i punti di forza di questo disco. Insomma, il nostro giudizio Ë completamente positivo.

Il lavoro di composizione parte necessariamente dai testi di Tullio o Valentino ?
V. Sia Tullio che io scriviamo le liriche in perfetta solitudine; testi che riguardano la nostra intimitý e che possono scaturire anche da un film visto o da un libro letto. Successivamente e in fase di composizione abbiamo un approccio puramente istintivo, poi subentra il lato razionale col quale gli elementi pi˜ validi e interessanti confluiscono in una struttura pi˜ definita o comunque in una canzone.
T. Il lavoro in sala puÚ scaturire da uno spunto, che puÚ essere un mio riff o di Marco, un tempo di batteria di Valentino o un giro di Riccardo. Talvolta lo spunto musicale si associa a un testo particolare, anche sotto consiglio di Valentino. Insomma molte della canzoni degli Antennah sono nate dalla nostra spontaneitý.

Il comunicato stampa di presentazione al disco, conclude con: "Comunque sia, canzoni e soltanto canzoni...", Ë anche questa una chiave di lettura al vostro lavoro?
V. In effetti la nostra aspirazione Ë quella di scrivere soprattutto delle belle canzoni anche se per sua definizione non intendiamo necessariamente la struttura strofa/ritornello, ma anche il non superare mai i quattro/cinque minuti di durata. Un brano come "Jamaica" ne Ë la rappresentazione, Ë quasi un "parlato".

L’impatto sonoro di un vostro concerto non corrisponde ai suoni del disco, molto pi˜ fluidi e a tratti acustici, come mai?
T. Indubbiamente le due cose sono diverse, se nell’ascolto del disco desideriamo che la gente ci si immerga, in un concerto ci piace che lo spettatore ne sia coinvolto anche fisicamente, come Ë fisica la presentazione di un live. All’apertura del concerto cagliaritano dei C.S.I. di quest’ultimo tour, abbiamo scelto i pezzi pi˜ d’impatto anche perchÈ paragoniamo il tutto ad una fotografia, e questa la si ricorda meglio se Ë a tinte forti.

Anche se non dedichiamo particolare attenzione alla "durezza" di un pezzo, sia in fase compositiva e d’arrangiamento, o come questa verrý presentata dal vivo.
V. L’impatto di un pezzo non Ë sempre da associare alla sua velocitý, i nostri brani pi˜ duri non sono necessariamente veloci e il disco ne È l’esatta rappresentazione.

Quali sono i riferimenti pi˜ evidenti alla Sardegna dentro "Il nostro labile equilibrio"?
T. I testi di Valentino, al cospetto dei miei, sono zeppi di riferimenti non necessariamente espliciti alla Sardegna, io sono sardo come gli altri ma di origine genovese quindi non mi ci sento legato quanto lui.....
V. Io sono di origine barbaricina (la Barbagia Ë la zona pi˜ interna e impervia della Sardegna N.d.R.) pur essendo nato e cresciuto in cittý, quindi tutto quel bagaglio fatto di aneddoti, storie e racconti di genitori e nonni su personaggi realmente esistiti, hanno ispirato molte delle immagini presenti nei miei testi.
Invece il fatto di vivere a Cagliari, cittý ventosissima e intrisa di colori e odori particolari, ha fatto il resto.

Il vostro "background" musicale, invece, pare essere piuttosto variegato...
T. Si spazia dai "miei" Genesis di Peter Gabriel e Neil Young ai Velvet Underground e Gong di Marco, ai Syd Barret e Frank Zappa di Valentino, ai Nine Inch Nails di Riccardo, anche se poi tutti e quattro consumiamo valanghe di dischi non necessariamente legati al rock o alla scuola chitarristica.Antennah

Cosa pi˜ vi colpisce della scena italiana ?
V. Attualmente ci piacciono tantissimo i La Crus, i Santa Sangre, Andrea Chimenti, i C.S.I., i Casino Royale e gli Almamegretta, i lavori di Teho Teardo, i Marlene e i grandissimi Uzeda.

Oramai i riscontri degli "addetti ai lavori" giungono da pi˜ fronti. Forse la pi˜ "spiazzante" potrebbe essere l’interessamento di Gianluca Grignani che non smette mai di elogiare voi e in particolar modo la vostra "Ape giglio"...
T. Gianluca si Ë rivelata una persona vera e sensibile, e soprattutto un ottimo musicista, e non puÚ far che piacere e inorgoglire un suo giudizio spassionato e sincero. Abbiamo avuto l’umiltý di avvicinarci ai suoi lavori, dopo che ci siamo conosciuti, soprattutto gli ultimi in ordine di tempo. Riteniamo che in Italia sia uno dei pochi ,se non l’unico, cantautore rock, e apprezziamo il fatto che si sia allontanato da quello che poteva essere un discorso puramente commerciale e "sanremese".
V. C’Ë da aggiungere anche il riscontro del pubblico ai nostri concerti a spasso per la penisola. E’ davvero molto piacevole suonare con la gente sempre presente sotto il palco e che dopo il concerto ti si avvicina per le congratulazioni. Come la risposta del pubblico al concerto dei C.S.I. di Cagliari, aperto da noi. Circa 3.600 persone che ci hanno accolto con un boato e incitato fino al termine. Un’altra importante ascoltatrice degli Antennah Ë Cia, la cantante di un gruppo svedese, gli Whale. Tra lei e gli Antennah Ë nata un’amicizia sincera e duratura. Tutto questo grazie ad un nostro concerto.

E’ giý delineata la direzione che intraprenderete per il prossimo lavoro?
V. E’ prematuro parlarne, anche perchÈ si sta lavorando senza fretta ma sicuramente il suono Antennah si sta evolvendo verso nuove direzioni, soprattutto per ciÚ che riguarda le trame chitarristiche.

[Torna all'indice]


DUNE

ELETTRONICAMENTE

DUNE

di Rossano Profili e Fabio Baini

"Noi abbiamo case del suono dove vengono generati tutti i suoni, e armonie che voi non avete e infinite note che scivolano leggere e continue, e diversi strumenti che voi non conoscete simili all’ascolto a piccole campane e cembali o a rombi profondi e potenti come onde del mare. Noi produciamo tutti i suoi articolati e le lettere e le voci e il canto degli uccelli. Possediamo anche parecchi e strani echi artificiali che riflettono la voce per molto tempo nello stesso modo in cui essa È emessa e altri che la restituiscono pi˜ forte e ancora altri che la rendono con un suono differente da come l’hanno ricevuta."

Francis Bacon in New Atlantis, 1624

 

Parlare di musica elettronica in Italia non Ë facile nÈ usuale. La confusione attorno al termine ed alle sue diverse applicazioni non aiuta certo a comprendere di cosa si tratta.
Elettronica puÚ essere un certo tipo di musica ‘colta’, come un brano di dance commerciale oppure un vecchio album dei Tangerine Dream. Se Ë il mezzo utilizzato per realizzare la composizione a definire il genere a cui appartiene, allora pressochÈ tutta la musica riprodotta Ë elettronica, viste le tecnologie impiegate in uno studio di registrazione anche solo per incidere la voce od un qualsiasi strumento: effetti e processori di segnale, registratori digitali ed editing in postproduzione. Quindi bisogna intendere qualcosa d’altro, un atteggiamento, una propensione culturale.
Il mezzo comunque non Ë secondario per un genere che fa della elaborazione del suono uno dei suoi punti cardine, il proprio laboratorio di ricerca. L’attuale concetto di musica elettronica Ë infatti legato pi˜ alla sperimentazione timbrica e ritmica che all’armonia o alla melodia. Le potenzialitý intrinseche delle macchine risiedono infatti nella possibilitý di creare dal nulla suoni mai uditi prima, di riprodurre fedelmente suoni della realtý da poter poi manipolare e/o aggiungere a contesti inusuali in una sorta di cut-up sonico, nella possibilitý di scambiare, mescolare o scomporre in tempo reale cellule ritmiche, melodiche o quant’altro ricercando non l’imitazione, bensÏ il superamento del consueto, del giý conosciuto, del giý sentito.


Sviluppando l’idea di avanguardie progenitrici (Schulze, Eno, Kraftwerk, Cabaret Voltaire) la musica elettronica dell’ultimo decennio Ë riuscita ad affrancarsi dalla logora polemica dell’elettronica come musica delle macchine grazie anche a teorie di movimenti culturali antagonisti (cyber, industrial) in aperta polemica e reazione alla tecnologia del potere ufficiale dei governi, dei militari e dell’informazione, combattendo al fianco di hackers, zippies e technoanarchici, facendo proprie teorie ed analisi di certa letteratura cyberpunk e psichedelico-elettronica (W. Gibson, B. Stearling, T. Leary). Gruppi come Front 242, Clock DVA, Skinny Puppy, gli italiani Pankow, e a seguire band crossover come Ministry, N.I.N., Young Gods hanno scritto pagine che hanno posto le basi di una scena tra le pi˜ variegate e ricche di novitý e sperimentazione.
Lo sviluppo di tali basi Ë stato possibile grazie alla scena techno-house-breakbeat che dai rave degli anni ‘80 alla club culture degli anni ‘90 ha formato generazioni di neo-musicisti, dj e techno-kids, inventato nuove fomule ed alchimie sonore, favorito numerose collaborazioni e contaminazioni accellerando sempre pi˜ la sperimentazione: una sorta di rivoluzione paragonabile al ‘fenomeno punk’ del ‘77.
I tempi della diffidenza nei confronti delle nuove tecnologie hanno lasciato il campo ad un loro uso ragionato. La conoscenza del mezzo fa sÏ che questo non ci venga imposto: siamo noi che lo scegliamo e lo usiamo, a volte come semplice strumento, a volte come complice delle nostre fantasie.

La Dune Records ha iniziato nei primi anni ‘90 con produzioni in sintonia con gli interessi di Paolo Favati, suo fondatore, membro dei Pankow ed attivo produttore di gruppi ed artisti legati alle sonoritý di quegli anni.
In seguito Paolo Favati si Ë concentrato su produzioni di techno, crossover industriale ed altro segnando la propria presenza con artisti e band tra le quali Templebeat, Attrition, Lassigue Bendthaus, Distant Locust, Dive, e collaborando con produttori quali Adrian Sherwood, Rico Conning, Paul Kendall, Goh Hotoda, Roli Mosimann.
Oggi insieme ad un gruppo di produttori che, attenti alle nuove sonoritý, formano la Dune Crew, Paolo Favati ha ricostituito la Dune Records e con la collaborazione artistico-professionale di Gianni Maroccolo e del Consorzio Produttori Indipendenti (giý avviata con la produzione di Otero ed i remix dei Marlene Kuntz) sono state poste le basi per la realizzazione di un’etichetta di musica elettronica che affrontasse la materia sonora con un approccio overground, come da anni avviene in Europa, a favore comunque di una sensibilitý compositiva d’autore.

Le nuove produzioni riflettono la scena elettronica odierna e si propongono anche come nuove possibili linee di sviluppo per la musica di confine e d’autore, mettendo in luce inoltre la variegata formazione artistica e professionale della Dune Crew e le differenti influenze e passioni che la costituiscono. Una passione per suoni e ritmi elettronici, per il campionamento e la sintesi sonora, per la voglia di fare quello che normalmente una produzione ‘classica’ non farebbe mai, per quei groove che hanno un calore e una forza non inferiore alla musica ‘suonata’.
Come prima uscita sul mercato discografico la Dune Records ha deciso di proporre una compilation di artisti Dune Records/CPI che esprimono ampiamente le sonoritý che verranno proposte nelle prossime produzioni.
Metatoys, titolo scelto per la compilation, Ë stata progettata e realizzata da Paolo Favati che si Ë avvalso della collaborazione della Dune Crew a seconda dei contesti e delle specifiche sonoritý.
Metatoys sarý inoltre una serie di concerti/performance che vedranno impegnati gli artisti proposti nella compilation, la stessa Dune Crew, ed ospiti quali dj, videomaker, performer.
A risentirci, a rivederci.

 

METATOYS

MetaToysMeta: meta
Oltre, dopo. Prefisso di composti indicanti partecipazione, successione, cambiamento.

Toy: Gioco, balocco.

 

Dunque giocattoli mutanti. Od una partecipazione al giocare.
Solo una parola inesistente, un neologismo, poteva descrivere il contenuto di questa raccolta. Il concetto del gioco, atavico e contemporaneamente ipermoderno, unito al cambiamento ed alla partecipazione, definisce in maniera eloquente l’intenzione delle tredici tracce presenti su Metatoys.
A partire dall’immagine di copertina, un bambino inquietantemente ‘adulto’, si viene introdotti nell’universo puro ma disincantato dell’esplorazione sintetica della realtý.
Dai richiami orbitali dei Transonia che aprono il disco veniamo calati nel ricordo di orrori terreni con Lagerblumen di Otero, metafisica jungle; inghiottiti successivamente nei vortici sonori dei WWF (Bruce Morrison alla voce, Paolo Favati alla regia) ci si placa momentaneamente con il lirismo soffocato degli Here: M.T.T. (Meathead, Matera), Martin Atkins (PIL, Ministry), Lydia Lunch (Teenage Jesus, Sonic Youth).
Sorprendentemente scattante e nervosa Ë la jungle di Fabba, mentre una calma apparente regna nell’incrocio di frequenze per Alex D. Steak; dalle eteree parole nell’electro-dub dei Left-Right si passa all’idioma quasi infantile nel lo-fi elettronico di Indefatigable Neural System.
Il laser continua a sondare il disco argentato codificando i trascinanti beatz chimici dei Weird Uncle Betty e dei L.I.N., incontrando la deviante energia di Kiloton, analizzando l’impeto metal in singolare fusione drum’n’bass dei Manergy.
La sperimentazione rumorista industriale di Dkea infine pone l’aura dell’indefinito, quale enigma irrisolto, all’ascoltatore che come in qualsiasi gioco ha giý voglia di ricominciare.

[Torna all'indice]


AGEOTrashCan

Biografia di Ageo

20 maggio 1958 - Villa Minozzo (RE)
Nasco nella casa del calzolaio da una pastora poi casalinga.
E’ lunedÏ, ho poca voglia di dire anche perchÈ 3 fratelli + grandi dicono anche troppo.
Di spirito frugivoro la necessitý mi fa onnivoro, cosÏ mi trovano linfatico e mi apparento agli alberi, o almeno mi sembra di capirli.
Tranquillo li osservo a lungo.

31 marzo 1966
Rimango orfano, per ora solo di padre, pi˜ tardi anche di dio e dei maestri.

1 ottobre 1969 - Marola (RE)
Mentre lontani echi di fratelli + grandi parlano di rivolta, entro in collegio a Marola.
Corridoi, lunghi corridoi come il carcere e l’ospedale.
Il 20 maggio mi regalano una chitarra. Per i successivi tre anni mi sarý d’aiuto.

1 ottobre 1973 - Reggio Emilia
Dada Ë grande almeno come da Porta Castello a Piazza S. Prospero, ed E. A. Poe Ë il suo profeta.
Ascolto Fausto Papetti e leggo Steimbeck.
Pi˜ tardi imparo la fantascienza. Amo i fumetti.

5 novembre 1978 - Bologna
Ho 20 anni, mi agito in tutte le direzioni. Bologna Ë viva.
DAMS? Chi era costui? Preferisco Nillo, Gingi, Franco, Il sud America di Munoz e Sampajo, dei Breccia e di Mandrafina; o la Parigi di Metal Urlant, di Drillet, di Girot, o la Grecia dei buzuki e dell’uzo.
Il giradischi del libanese in via S. Stefano suona i Velvet, la classica, De AndrË, i Devo, Zappa...Radio Cittý, poi del Capo...La birra, le donne, il fumo il blues di Bologna finisce a Porta Mazzini, poi fuori S. Vitale, poi fuori anch’io...

1986
Torno a casa, siamo in tanti sul treno...

1988
Murgai suna
Pinin Mardus
Radio Bilsga
Sono il campionatore umano di UstmamÚ

1997
Il mondo Ë piccolo, anzi microscopico in quanto monitor tastiera Apple/Akai che ha aperto una finestra sul mondo delle forme musicali.
Io sto qui nella mia scatola, e voi?

1998
Ho quasi 40 anni, comincia la vita, dicono.
Ma se mi se ne chiede il riassunto, la biografia, non sarý perchÈ si Ë deciso che Ë finita?!

 

AGEO "TRASHCAN"Ageo

Se non fosse colpa di un campionatore, di un resample e del sequencer, dovrei incolpare Tristan Tzara "Come si fa una poesia dadaista" e il cut up di W. Burroughs; ma trattandosi di musica elettronica preferisco citare gli strumenti della sartoria, ed in particolare del ricamo: l’ago, il ditale, le forbicine, i molti fili colorati, talora il tombolo, e poi le figurine multicolori, l’orlo a giorno, le cifre, il punto e croce, il punto erba, il punto pieno.
Non Ë algomusic, non ci sono algoritmi dietro le mie scelte; potrebbe essere etno-funk-trance-ambient, se fosse distribuita nei coffÈe shop e pagata in Euro; di fatto Ë il frutto maturo della mia esperienza adolescenziale dell’immondezzaio.
Dalla grande pattumiera sonora planetaria ho prima separato il rusco dal brusco, poi risistemato il brusco ho rimasticato il rusco et voilý!...
La mia musica marziana per gli adolescenti del terzo millennio.
Udire per credere.
Scommettere o tacere.

(Il disco Ë stato prodotto da Luca Rossi degli UstmamÚ.)

[Torna all'indice]