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City Lights Italia - Firenze 7 novembre 1998

Incontro con
ALEJANDRO JODOROWSKY

Guardo Alejandro negli occhi e trovo la dimora dell'innocenza, lungo incontrato, puro, accessibile. E' da molto che lo cerco.
Alejandro comprende senza forzare la parola, a che nel volto di una persona Ë impressa la storia di una vita e che dallo stesso volto affiorano veritý insondabili; quelle che volentieri recludiamo per viltý.
Con rara dolcezza mi invita ad entrare nella sua casa, non pongo resistenze: riconosco in quel tempio di umanitý i miei sogni, cosÏ felici d'incontrare altri sogni e poi altri ancora Ö.
Dove abita la poesia tutto accade.
Con la poesia Jodorowsky trova una Stella meravigliosa, la prende fra le mani e la trasforma nel sentimento pi˜ puro senza paura nÈ reticenze. L'amore Ë il vincolo che lo lega agli altri esseri umani, Ë il motivo per cui ogni settimana al "Cabaret Mystique" di Parigi tiene conferenze in cui affronta argomenti terapeutici.
Dove abita la poesia tutto accade.
Nel luogo dell'anima inarrestabile Ë la via della creazione e del mutamento: "Ö. Se quello che cerchiamo non Ë qui, non Ë da nessuna parte!Ö!"*,
di lucide consapevolezze:
"Nella culla abbiamo scelte la nevrosi che ci conviene"*,
e della vita:
"Vivere sperimentando simultaneamente la felicitý con l'angoscia della sua perduta
mai realmente saremo esistenti"
*
DI CIO' DI CUI NON SI PUO' PARLARE bisogna parlare ..;con Alejandro.

Nina Maroccolo

* alcuni passi tratti dal libro di A.Jodorowsky
"Di Ciò Di Cui Non Si Può Parlare".

 

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El Traje Del Poeta


Le Mat(Il vestito del poeta: nota a margine di un incontro, viaggio, tournée e libro con Alejandro Jodorowsky)

No, Ë davvero senza alcun esempio che pur illuminati da un grande fuoco il buio e l'oscuritý tardino ad andarsene, non se ne vadano che lentamente e controvoglia. L'uomo fonda da sempre la propria sicurezza su tali questioni e non sul concetto di bene e di male. Non solo il giorno Ë sempre pronto a sorgere, e non aspetta altro che passi la note, ma la vita stessa non ha altra forma che quella del letto di stelle da cui ci si alza e dalla tovaglia imbandita del giorno che ci riporta allo stesso meraviglioso letto. Il resto sono solo scalfitture del ventoÖ
"Mira: el traje del poeta": dal giorno in cui sono arrivati a Parigi, ogni giorno per quasi un mese, Alejandro mi ha ripetuto questa frase. Era il momento in cui lasciavamo la piazza dove sfilava il mondo, quando bisognava ritrovarsi senza i viali e i palazzi e gli alberi della giornata rosicchinte, senza le mille scatole da riempire del giorno, quando bisognava lasciare i grande vuoto dove comunemente si alloggia. Si trattava di non ridiscendere pi˜. Di non umiliarsi, forse. Di non ritrovare pi˜ la propria sconfitta, quella quotidianitý su cui troppo spesso s'inciampa.
"El traje del poeta"Ö Abbiamo comprato calzini e mutande a un grande magazzino di Parigi, prima di partire per il Cile, parlando del suo primo e ultimo incontro con Neruda (neruda: "Jodorowsky, ho sentito molto parlare di te", Jodo: "Io pure!"). Un caffË con i benevoli e scherniti fantasmi di Breton, Schuster, Duchamp e dal nostro amico Arrabal. Un viaggio di tre giorni passando da Madrid e da Lima. Santiago e subito una conferenza, un libro, una tavola rotonda, la fiera del libro, la televisione, Pinochet arrestato (che bella storia!), il Cile senza padre, con un padre castrato, l'esercito a coltivare il deserto del nord, il pesce e l'estate, il caldo, i tarocchi, la psicomagia, la poesia. E poi Roma, Venezia, Firenze, Bologna, Cagliari, Ferrara, Salerno, Napoli, Lucca, MilanoÖ
"El traje del poeta": era sempre la difesa e al tempo steso l'attacco. Il nostro vestito per abbandonare la famiglia, quei parenti celesti per tornare tra estranei che si dicevano nostri amici e non i conoscevano.
Ci guardavano intorno tutte le sere, tutti i giorni, d'un tratto contenti nei nostri vestiti. La giornata non ci aveva preso come un autobus prende il suo quotidiano carico di passeggeri. Ancora una volta eravamo lÏ, in quel luogo, ed eravamo comunque in viaggio. In viaggio. In quel luogo ma in viaggio, via!, ogni volta fermarsi per poi subito allontanarsi. Essendoci sempre, sempre, nel nostro "traje del poeta", nella nostra costante presenza, con un vestito che era ormai la nostra pelle.
Che era ormai noi stessi.
Nel frattempo ci si domandava in quale maniera potevamo rientrare in paradiso, meditando l'evasione senza lasciarci nÈ piegare nÈ convincere, costantemente riformandoci intatti e accresciuti, presi nel vortice della danza della realtý (perchÈ la realtý Ë davvero una danza). Ogni mezzo e pretesto erano buoni. Non avevamo bisogno di oppio, mescalina, coca. No. Tutto Ë droga per chi da un'altra parte. L'attenzione emotiva, il risveglio. Solo questo.
Attaccando il cuore con grossi chicchi di CaffË o semplicemente con la fatica o anche semplicemente con l'immaginazione o col fluido intenso del desiderio, spiccavamo il volo nel nostro vestito. E cosÏ potevamo osservare il mondo degli oggetti immobili, che ora iniziavano a cantare. Gli oggetti e gli uomini. Palazzi che cominciavano a disincagliarsi come battelli dalle secche, tra le volte dei monumenti angeli che si mettono a oscillare lentamente, soffitti che si abbassavano spesso senza pi˜ risalire e volti rivelati dai nostri che ci osservano dovunque, in ogni cittý. Le tempie cantavano forte, le vele interiori si spingevano.
E' stata cosÏ per ogni presentazione del libro, in ogni posto e cittý: "el traje del poeta", una bellissima tempesta da cui si ascolta il Mondo, come suona veramente. Lo si vede cosÏ com'Ë, essenzialmente d'un bel colore azzurro mescolato col blu.
Si Ë nella traiettoria, si insegue vertiginosamente qualcosa che c'Ë giý, che Ë giý qui senza rete e senza ponti perchÈ non si dý rete nÈ ponte, mai. E la vita ha tutto un altro senso per davvero. La vita ha tutto un altro senso. Ognuno sta dietro un'altra candela.
Isolati in corazze di brividi e nella calma perfetta che precede le apparizioni si aspetta la rivelazione. Che viene oppure no, dipende da altro.
Si distruggono le ultime impalcature del senso comune, di quell'umiliazione meschina chiamata quotidianitý. E cosÏ il vestito del poeta diventa un grande costruttore.
Senza muovere un dito diventa un grande avventuriero.
PerchÈ bisogna saper precipitare e risalire senza bersaglio, nÈ mira, nel semplice gioco della pietra che rotola.

Dopo un momento appena, torna da molto lontano.
Questo Ë il tempo per Jodo. Questa la sua poesia, il suo vestito, "el traje del poeta". AffinchÈ la ferita sia solamente ferita / in una carne che d'essere necessitý dell'anima rifiuta. *

Antonio Bertoli

* (A Jodorowsky, Di Ciò Di Cui Non Si Può Parlare, City Lights Italia, p.29)

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Ci è apparso l'Alejandro

Alejandro JodorowskyE' il sabato pi˜ freddo del mese di novembre e Firenze Ë coperta da un manto nevoso color cremisi. Dicono che sia colpa di un microrganismo mutante di nuova generazione, cioË uno di quei mostriciattoli creati in qualche laboratorio di ricerca militare e incidentalmente sfuggito al controllo dei tecno-bio-ingegnieri svizzeri.
Nevica rosso sangue.
Alla Flog siamo tutti in attesa del Maestro.
Ognuno di noi, a turno, si esibisce nei propri piccoli rituali scaramantici, giusto per allentare la tensione nervosa. Girano voci strane su questo personaggio. Chi ha visto tutti i suoi film giura che sia un fanatico pervertito feticista con un morboso interesse per i corpi mutilati ed ogni genere di freaks. Alcuni dicono di averlo incontrato in qualche bar parigino travestito da mago intento nel fare i tarocchi a qualche sprovveduto ed ignaro cliente. Altri ancora mostrano strane dediche geroglifiche in cui si colgono gli echi di patti diabolici, storie di anime pese per il mondo e riunite come per magia tra le pagine di un libro. Vedo i miei compagni tracciare le sottili linee dei percorsi propiziatori con ghirigori impressi sul pavimento del locale. AffinchÈ tutto funzioni nulla deve essere fuori posto perchÈ ogni minimo mutamento nell'ordine degli eventi potrebbe creare una vera catastrofe. Qualcuno la chiama nevrosi ma per noi Ë semplicemente la legge del karma.
Siamo reduci da un paio di ore di discussione con il fonico pi˜ metafisico d'Italia.
Sostiene di essere la reincarnazione di James Dean e ci regala perle d'inimmaginabile saggezza quasi tutte incentrate sulla massima "la topa la si tromba parecchio". Paolo Ë letteralmente rapito dal carisma di quell'uomo e in un impeto di devozione si tatua sull'avambraccio la frase del suo nuovo guru che perÚ, causa la sarditý del nostro, suona come "Parecchio si tromba la toppa", che non Ë esattamente la stessa cosa.
Maurizio naviga come un vecchio lupo di mare in forza sette, vale a dire pi˜ o meno cinque medie di birra o, se si preferisce, una bottiglia e mezzo di vino rosso e due limoncelli, a scelta.
Lo vedo intonare canzonacce e avventurarsi a vele spiegate verso i gelidi mari del nord, che nella circostanza portano le minigonne e rispondono al nome di Ingrid, Tatjana, Gunne. Scorgo di sfuggita Mox, intento a lucidare le bacchette di scorta. Sta tenendo un comizio sulla sua nuova fisima salutista dal titolo "L'acaro, da dove viene, come prevenirlo, come curarlo" citando pi˜ volte se stesso con frasi del tipo "come dice Mox Ö ", oppure "Ö una volta Mox mi ha detto che Ö ", che Ë ancor peggio.
Ta una feroce invettiva contro il parassita e l'altra ha anche il tempo di ricordare a tutti che tra un po' incontrerý il maestro, "Jodo" come dice lui, quasi si conoscesse personalmente da anni e mi vengono in mente le ragazze di "Non Ë la Rai", " Ö io e il Gianni", o "Io e il Bonco". Il meno allegro di tutti mi sembra invece proprio Paolo che ora si sta provando la nuova divisa di ordinanza, una sobria canottiera fucsia molto scollata e che mette ben in risalto il suo peto villoso. "Non Ë male", dice anche se in realtý non sembra molto soddisfatto della scritta a tergo, "Pizzeria Marechiaro - Cologno Monzese".
Mentre impreca su ciÚ che passa il convento si tira manate di abbondante gel tra i capelli.
Arriva? No, falso allarme. Scrutato l'orizzonte cercano qualche riverbero bianco di capello canuto, perchÈ Jodorowsky lo immagno cosÏ, un p' tetro, un po' schivo, un po' vecchio.
Niente.
Alejandro Jodorowsky & Santa SangreDietro le mie spalle sento Gabriele urlare: "Paolo ha fatto partorire una vacca con i denti". "Quella frase suona come un presentimento. Arriva Maurizio aggrappato ad una scialuppa di salvataggio dalla forma di libro tascabile. "To nono", mi dice mostrandomelo con l'autografo del Maestro. E' giunto, il Maestro Ë finalmente giunto. Corriamo in ufficio, ognuno con una pila di testi da sottoporgli. Mi chiedo se in quel momento, vedendo quattro pirla usciti dal peggior film di Scorsese non abbia pensato: "I soliti fanatici feticistiÖ". Esce dalla poltroncina del guardaroba. Non Ë come immaginavo. Un signore distinto che dimostra meno anni rispetto a quelli anagrafici contati dell'ultima reincarnazione. Si accinge parzialmente a porre una firma su tutti i libri suoi/nostri, sorride cordialmente, non lesina strette di mano e ci chiede se siamo noi la band che si chiama Santa Sangre. Appare divertito. Gli diciamo di si con la test, un po' inebetiti, e sarebbe stato uguale anche se ci avesse chiesto: "Qualcuno di voi ha voglia di fare una camminata di diciotto chilometri a piedi nudi sotto la neve con la bora con il bastone nel culo cantando uno yodel?". Quello non Ë un semplice regista, saltimbanco, scrittore, poeta, mago, fumettaro. Quello Ë Alejandro Jodorowsky. Il Maestro. Non Ë affatto inquietante, sembra anzi paterno e affabile. Insomma non assomiglia affatto ai suoi film. "Salite con me sul palco, dirÚ un paio di cose al microfono e poi potrete cominciare a suonare. E' questione di pochi minuti". Sul palco sembriamo tanti soldatini che scortano il loro capo guerriero. Noi con i nostri fucili di legno e lui con la parola, prima nella traduzione italiana e poi nell'originale spagnola, semplicemente toccante. Lo ascoltiamo in devoto silenzio, anche consci del fatto che momenti del genere saranno realmente irripetibili. "ÖA mi y a la mosca sÚlo nos importa la danza". E girandosi verso di noi ripete questa frase salutando il pubblico. Lo vediamo allontanarsi tra la folla, cosÏ come era arrivato scompare e dietro di sÈ lascia una scia di vuoto luminescente. Peccato, se non c'eravate, Ad ogni modo il Maestro Ë ancora in giro per l'Europa e se siete stati buoni e anche un po' fortunati, prima o poi capirete anche sulla vostra strada. E questo Ë semplicemente il nostro augurio.

Santa Sangre

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Le Vie Dei Canti

Le Vie Dei CantiCari lettori del Maciste, mi chiamo Erica e nella vita faccio la giovane componente de "Le Vie Dei Canti" una associazione che si occupa di produzioni discografiche che riguardano non solo l'ambito della musica, ma anche della "parola" strettamente unita al suono. "Per capirsi meglio" vi farÚ degli esempi di alcune nostre neonate idee che sono giý nel mercato attraverso il CPI o che sono ancor in fase di realizzazione: "Il Milione" di Marco Paolini che fa parte del primo gruppo, "Giovanni Episcopo", elaborazione e interpretazione di Franco Di Francescantonio tratto dal romanzo di D'Annunzio e "Cronache Celesti" che vede impegnati sia Fernando Maraghini nella parte recitata, sia Andrea Chimenti e Marco Parente che hanno curato la parte musicale. I due mascheroni (Ferdinando e Andrea) si dý il caso siano anche i soci di questo meccanismo che mi vede un po' mascotte e un po' tutto fare nell'ettesa di dare alla luce un mio personale progetto che presto mi vedrý impegnata in ambito teatrale. Ebbene si!!!! Le Vie Dei Canti si occupa anche di teatro, ma in realtý l'associazione vorrebbe raggiungere sotto il suo nome tutte le forme che vogliano esprimere l'espressione dell'espressivitý dell'espressivo nell'esprÖ insomma tutto ciÚ che ha come centro l'uomo, la sua esistenza, la sua felicitý o infelicitý di vivere = il quotidiano = il Divino. Per quanto riguarda tale tipo di produzioni che saranno presenti sul mercato prossimamente, entro cioË i primi mesi del 1999, vorrei parlarvi di "Margini Abitabili" e del "Cantico Dei Cantici".

 

Giovanni SenecaGiovanni Seneca Ë l'autore di "Margini Abitabili "in cui si traducono in musica i movimenti della provincia. Il disco Ë composto da canzoni e da brani strumentali che descrivono in maniera sorridente una "provincia" marginale dove tuttavia si celebrano i riti e i vezzi del "villaggio globale": dal consumo con cui si riempiono i fine settimana alla tendenza a diventare sempre meno protagonisti e sempre pi˜ spettatori. Seneca ha deciso di coinvolgere in questa storia un amico polistrumentista (Marco Agostinelli) e un fisarmonicista (Roberto Lucanero) assieme allo scrittore Gilberto Saverini (autore delle liriche). In questo lavoro Ë presente anche la voce di Rossana Casale che ha accettato vivamente di partecipare dopo aver ascoltato un concerto di Seneca che si esibiva insieme ai suoi collaboratori.
Giovanni SenecaIl Cantico Dei Cantici Ë invece il testo del Vecchio Testamento in cui l'amore tra Dio e uomini Ë reso metaforicamente attraverso l'amore tra uomo e donna che nella loro Passione arrivano a sfiorare in alcuni momenti una carnalitý tanto forte, quanto terrena. La protagonista dell'operazione Ë la voce di Anita Laurenzi che si alza pi˜ forte in mezzo ad un coro di altre voci e Ö si fa sentire Ö con il suo lamento. Un velato lamento d'amore e morte che da lontano a poco a poco seguendo l'andamento di una vita giý vissuta si avvicina al nostro ascoltatore. Il Cantico dei Cantici diventa in quest'ottica preghiera libera racconta da una donna al proprio uomo che sta morendo. La musica composta da Andrea Chimenti, ha il compito di accompagnare l'ascoltatore all'incontro di parole cosÏ importanti ora mescolandosi al testo, ora proseguendo lo stesso con il solo tessuto armonioso. In questo progetto la musica non rappresenta un semplice sottofondo alle parole, ma diventa l'anima delle stesse. Anita Laurenzi oltre a confermare nell'interpretazione del testo la sua straordinaria bravura d'attrice, avvalora la potenza della parola imbevendola di quella umanitý senza la quale non si puÚ parlare di amore e di arte. Il testo Ë la lettura integrale delle pagine del Cantico Dei Cantici per la traduzione di Gianfranco Ravasi.

Maria Erica Pacile

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VENUS

RoyalsuckerVi siete mai chiesti quale sia la nazione europea, Italia a parte, che si puÚ fregiare del titolo di nuovo eldorado del rock? La risposta a seconda dell'interlocutore sarý: Inghilterra, Francia, o Germania, mentre i pi˜ arditi diranno Spagna, Olanda, o Grecia. Peccato, perchÈ nessuno avrý indovinato il vero Paese del Vecchio Continente che attualmente tiene testa ai pi˜ blasonati Inghilterra e Francia, stiamo infatti parlando del Belgio, patria di una band che sembra seriamente intenzionata a stravolgere il mondo del rock. Il gruppo in questione si Ë affibbiato il nome altisonante di Venus.
I Venus hanno debuttato con un singolo, "Royalsucker", prodotto da Mike Butcher, che ha fatto spargere in lungo e largo per l'Europa giudizi pi˜ che lusinghieri. Se poi veniamo a conoscenza del fatto che i Venus non utilizzano le chitarre nel loro sound, il nostro stupore salirý alle stelle. Come corbeccolina faranno a tirar fuori la forza distruttiva dei loro brani? Sarý forse attraverso un violino, un contrabbasso ed una piccola batteri? Pare proprio di si.Venus Questi inusuali strumenti si intrecciano infatti alla perfezione con la voce di Marc Huygens, dando corpo a canzoni che possono essere inserite nel filone del pop intimista o del rock minimalista. Le linee melodiche dei Venus possono anche ricordare per intensitý e vigore i Radiohead pi˜ ispirati o i Deus pi˜ animalisti. Scegliete voi a vostra discrezione.
Sappiate inoltre che tutti i componenti del gruppo proseguono per strade parallele a quella del combo, chi in veste di attore, chi di musicista, o di scenografo, o di tecnico dl suono.
Questa doppia attivitý permette ai Venus di vedere una esistenza tesa al massimo, nella quale confluiscono esperienze diverse e disparate. Dal vivo le performance dei Venus sono un qualcosa di travolgente. Un vero e proprio momento di alto lirismo. Ascoltate "Royalsucker" e sappiateci dire. Siamo molto curiosi del vostro giudizio!!

 

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