E' sempre difficile presentare il primo numero di un progetto editoriale, perchÈ si rischia di cadere (e capita di sovente) nel sensazionalismo, negli elogi sperticati, nel vogliamoci bene, nel dimostrare quanto si Ë bravi ad assemblare qualche pagina con foto e testi. Inoltre la presentazione de "Il Maciste" risulta ancora pi˜ ostica rispetto ad una nuova rivista di qualsiasi argomento e target. Risulta ostica per la natura stessa di questa idea cartacea che vuole essere una finestra aperta sul mondo del Consorzio Produttori Indipendenti e non solo. "Il Maciste" Ë un trimestrale gratuito che giunge direttamente nelle case di coloro che hanno espressamente richiesto di far parte di questa "Ëlite". "Il Maciste" non viole essere la C.P.I. Army e nemmeno la fanzine che aggiorna i fanatici in tutto e per tutto del proprio idolo. Ai fanclub manca, secondo il mio modestissimo parere, un elemento importantissimo e fondamentale, l'ironia. Tutto Ë visto con occhi seriosi e mai nulla deve ledere in minima parte la figura della band, o del cantante. "Il Maciste" invece scherzerý con i protagonisti, cercando di mostrarli attraverso lenti deformanti, anche se, naturalmente, non mancherý l'aspetto informativo. "Il Maciste" Ë aperto a qualsiasi tipo di proposta e suggerimento, ma non vedrete mai la rubrica della posta con richieste di aiuto e conforto a Giovanni Ferretti o a Gianni Maroccolo. Infine "Il Maciste" offrirý l'opportunitý di acquistare in anteprima, o in edizioni speciali e differenti da quelle immesse sul mercato ufficiale, tutte le produzioni del C.P.I. ed in futuro, speriamo, anche lavori che ci piacciono sia italiani, che esteri. "Il Maciste" ha preso forma e trasuda, nelle sue otto pagine, una irrefrenabile voglia di sgomitare e farsi vedere. Leggertelo tutto d'un fiato, o gustatevelo piano piano, insomma consumatevelo come pi˜ vi aggrada. L'appuntamento Ë fra tre mesi, sempre pi˜ incÖ.
Andrea Tinti
La voce di Giovanni Ferretti e Ginevra Di Marco comincia a rincorrersi, mentre
Francesco Magnelli sostiene questo incontro di corde vocali. L'atmosfera che
si percepisce Ë di quiete e rilassatezza, le parole escono naturali dal profondo
del cuore e ti scuotono come foglie al vento. I C.S.I. cominciano cosÏ il loro
omaggio acustico ai propri ascoltatori. Il disco, intitolato con acume e senso
civico "In Quiete", Ë stato registrato negli studi di VideoMusic in occasione
della trasmissione "Acoustica", dedicata a performance realizzate senza l'ausilio
di elettroni e neuroni, ossia senza la presenza della corrente elettrica. La
sfida in atto da qualche tempo in mezzo mondo, complice l'idea di MTV America
di "obbligare" i pi˜ famosi artisti ad esibirsi in unplugged (forse anche da
quelle parti spira aria di recessione e cosÏ facendo si cerca di contenere i
costi di produzione), Ë stata raccolta da moltissime band e solisti, che perÚ
il pi˜ delle volte sono usciti "massacrati" da questa singolare tenzone. Il
consorzio invece Ë riuscito nell'intento di mantenere un phatos (a volte maggiormente
rimarcato) in tutte le canzoni proposte all'interno di "In Quiete", dimostrando
la propria camaleonticitý nell'adattarsi alle esigenze artistiche pi˜ disparate,
senza per questo scendere a compromessi qualitativi. La scaletta presenta una
ampia selezione di brani estratti da "Ko De Mondo" ("In Viaggio", "Memorie Di
Una Testa Tagliata", "Palpitazione Tenue", "Occidente", "Fuochi Nella Notte"
e Del Mondo"), di vecchi lavori ripescati nella memoria collettiva dei CCCP
Fedeli Alla Linea ("Stati Di Agitazione", "Io Sto Bene", "Allarme", e "And The
Radio Plays") e di una rivisitazione a dir poco sublime di "Lieve" dei Marlene
Kuntz. Tra i brani bisogna ricordare l'inedito, "in Quiete", che ha regalato
il titolo all'album, canzone semplicemente sublime e l'uscita in contemporanea
di una videocassetta con l'intera registrazione del concerto tenuto ad "Acoustica",
a differenza della sezione trasmessa da Videomusic, Gli applausi che intercalano
i pezzi danno quel tocco live al disco, come la breve presentazione del brano
dei Marlene Kuntz e della band alla fine del concerto. Rick Hutton invita Giovanni
a rendere pubblico i nomi del Consorzio Suonatori Indipendenti e Ferretti con
una riservatezza naturale presenta questa Cooperativa di suoni e parole che
ha avuto il pregio di registrare il disco italiano dell'anno, "Ko De Mondo",
e di continuare a produrre eccellenti dischi. Niente puÚ ormai fermare i C.S.I.,
neanche l'assenza della corrente, elemento primario per la musica rock. Ma I
C.S.I. fanno del rock?
Una volta, si dice, eravamo pi˜ poveri, ma si cantava. Oggi siamo pi˜ ricchi, ma si suona. Non va cosÏ male, in fin dei conti. Gli addetti alla consolazione lavorano a tempo pieno. Qua e lý, tra l vigne, Mercatoni, e urlatrici televisive che strillano alla folla dei ciccioni. In una qualche parcheggio una qualche Giovanna Daffini con la chitarraccia scordata, il piattino e l'ampli alla cintura, a guardare i figli delle stelle affaccendarsi negli scambi: progetti e programmi, e una gita-viaggio-cena a Semeraro. Lei, che non si assicura neanche il pane, e Loro, che assicurano anche il cane. Cantori, santoni e venditori, amuleti e fatture (da pagare), dosi, intrugli, pozioni, ges˜, Voodoo, Hat˜. Domeniche bestiali, Tensione all'insoluto. E' la pianura distorta degli A.F.A., chiatarracce, effettistica di altri tempi, batterie in4/4 come un motore a scoppio, arrangiamenti bandistici per un'orchestra di Kolossal a budget-zero, fiati iperbolici degni di cause pi˜ degne. "Fumana Mandala" Ë musica per un rituale denso: la fumana, la nebbia, il fumo, lo smog, la nube tossica, l'immaginario colletivo ha di che nascondersi nella simbologia dell'avvolgente, l'Uomo Invisibile Ë finalmente realizzato: qua l'impalpabile consiste. Non sembri forzoso il presentare assieme A.F.A. e Giovanna Daffini. Li divide, Ë ovvio, la pratica di vita, la scuola dell'obbligo, il Servizio Sanitario Nazionale, l'accesso ai consumi, tutto quello che galleggia nella manciata di anni che li separa anagraficamente. Li lega una continuitý geografica (10 Km di intasate strade comunali) fatta di pioppi e di suini, orride villette a schiera e rovine rurali. Li lega una contiguitý di preoccupazioni: il nuovo che avanza, il vecchio che rimane, la destra (i fascisti!), la piccolezza dell'immenso Uman Carname di fronte alla storia e all'Aquafun di Riccione. Li lega una continuitý metereologica fatta di vapore in sospensione e calure che piegano e ti fanno bollire i polpacci. "Aria stagnante, per niente ventilato" sentite cosa dicono questi poveri stemati.
L'apparato
voce Ë l'organo principale ed originario della musica ed il parlare ritmato
Ë la forma pi˜ semplice ed accessibile del fare musica. La cantilena, il salmodiare
sono anche l'origine della letteratura che rimane una variante precocemente
impazzita, ma impazzita bene, con razionalitý, della musica. Fior di civiltý
non hanno sperimentato la letteratura, ma non c'Ë gruppo umano per quanto miserabile
che non pratichi la musica. Che Ë una, indivisibile, essenziale alla vita, come
il mangiare, il dormire, paragonabile solo alla sessualitý, quella sessualitý
che ci piace continuare chiamare amore. Tormenta, consola, agita, rilassa, fa
dormire sereni, tiene svegli, rabbiosi, anela l'armonia e pratica il disordine.
Amore e musica trovano ragione d'essere nella vita e nella morte, nella gioia
e nel dolore, conciliano gli opposti e dividono i simili, sono, nell'uomo, la
parte che tende all'assoluto. La possibilitý di sperimentare sul concreto, pur
nella pochezza dell'uomo, quell'immagine e somiglianza di cui siamo dotati.
Si dice: "Ma la musica Ë un'industria";. Anche l'amore lo Ë. Chi gode della
musica e dell'amore se ne frega. Solo in un punto divergono, si oppongono: l'amore
Ë il privato, la musica Ë il pubblico, l'amore Ë individuale, la musica Ë sociale
(che si scopi in pubblico o si canti in privato Ë insignificante). Da qui un'ulteriore
differenza che pesa coem un macigno: nell'amore ognuno puÚ essere il meglio,
lo Ë; nella musica pochi sono significativi, pochissimi sono essenziali, qualcuno
Ë dolorosamente inevitabile. Come ogni arte codificabile Ë inscindibile dall'artista,
dalla capacitý, dalla genialitý del singolo.
Giovanna Daffini "L'Amata Genitrice"
Lei Sol Mi Rende Consolazion
GIOVANNA DAFFINI (Villa Saviola 1914 - Gualtieri 1969), il lavoro massacrante
di risaia, i mercati e le fiere della Bassa Padana, una chitarra da robivecchi
ed un piattino per fare il giro dopo le canzoni. L'incontro con R. Leydi, il
pi˜ autorevole etnomusicologo del nostro paese, ci ha consegnato un vago ma
forte riflesso di questa FORZA VITALE. A Leydi dobbiamo la scoperta e la presentazione
al pubblico di Giovanna Daffini e la registrazione, ottima, di quasi tutto ciÚ
che possediamo di lei. Paragoni possibili? Billie Holiday, anche lei voce di
un continente, il nuovo, anche lei gravida di ciÚ che la precede e di ciÚ che
la seguirý. Maria Callas, grandissima interprete di una tradizione musicale
che continua a ripertersi perchÈ continua a nutrire l'anima. Maria Callas ha
avuto tutto ciÚ che nella musica Ë contorni: star system, ricchezza, professionalitý,
mezzi tecnici. Billie Holiday, una vita faticosa e rovinata, ma un ambiente
musicale eccellente. Giovanna Daffini, signori, Ë la voce di un secolo, il XXo,
di un continente, il vecchio. Contiene bagliori di ciÚ che la precede e anticipa
ciÚ che la seguirý fino alla rivolta del punk. Incapace e impossibilitý a definirsi
nel suo valore, ma ben consapevole della sua dignitý e legittimitý, vittima
della situazione sociale e personale in cui vive. Benedetta e maledetta da una
voce struggente e tagliente come la lama di un giustiziere. Voce inadatta ai
tempi, divisi tra la canzonetta alla Sanremo e la ricerca colta e sterile di
moduli popolari puri. Lei si vedrebbe volentieri a Sanremo e si ritrova sui
nascenti palchi alternativi, da cui straripa, perchÈ la sua voce, il suo modo
di cantare fagocita e purifica tutto. Affonda "nella notte dei dolori e della
fame", si innalza "sull'immenso uman carname".
CosÏ ormai anziana passa dal mercato di Gualtieri, di Luzzara, di Guastalla
al prestigioso Festival di Spoleto con "Bella Ciao", querelle musicale, ma non
solo, degli anni '60. Scandalo, provocazione, applausi, discussioni a non finire.
Lei la pi˜ grande, fuori posto, dirompente e intrattenibile. Le chiedono di
imparare canzoni politiche, note retoriche e obsolete e lei le restituisce vive,
di carne, di piaghe, di speranza, di vita. La costringono in tonalutý pseudo
colte e lei le accetta e le fa vibrare. Le tolgono la chitarra scordata e le
affiancano professionisti volitivi, lei li sovrasta indifferente e rende palpabile
la pochezza della tecnica di fronte alla grazia. La fotografano alla fine, seduta,
compressa in un'attesa che non avrý mai consolazione ormai, o in piedi, incapace
di relax, le gambe pesanti, le braccia inerti, le mani che non sanno dove stare.
L'immagine della sconfitta. Una sconfitta combattuta, contrastata, accettata
alla fine. E' nella sconfitta che la dignitý umana puÚ rivelare la sua grandezza
assoluta. Giovanna Daffini, l'amata genitrice, canta ai rovinati di oggi come
a quelli di ieri: voce e chitarra, 1.000 volte pi˜ potenti del brusio di 1.000
ruspe (automobili) (televisori). Canzoni che affratellano e consolano, e liberano
memorie. Questa non Ë musica per parassiti. Che, anzi, ne proveranno vergogna.