I Marlene Kuntz
questi sconosciuti!!

Di loro si Ë letto dovunque e comunque. Di loro si sono ascoltati i dischi. Di loro si sono visti i concerti. Di loro "Il Maciste" non ha mai pubblicato una intervista. PerchË? Mah!! Oggi perÚ Ë giunto il momento, i M.K. hanno alle spalle due album, uno pi˜ bello dell'altro (all'aggettivo "bello" potete sostituire a piacimento maturo, intelligente, superbo, eccezionale, originale, fantastico, ecc.), un nutrito numero di concerti che hanno registrato una alta presenza di spettatori, una carica al di fuori del comune, una militanza di tutto rispetto, quindi........ Quindi mi ritrovo a chiamare Cristiano e fissare con lui una chiacchierata, mi chiede se Ë possibile rispondere per iscritto perchË pensa che questa sia una intervista importante, non ci sono problemi. Le domande partono e le risposte arrivano.

Per quale motivo credi che questa intervista sia importante? "Il Maciste" non Ë certo i vari "Rockerilla", "Rumore", "Mucchio Selvaggio", "Fare Musica", "Rockstar" e via discorrendo.
Rileggendo le mie risposte a interviste varie, spesso le libere interpretazioni del mio interlocutore travisano e deformano senso, significato, costruzioni logico-grammaticali di ciÚ che ho detto, con risultati risibili che mettono in dubbio le mie attitudini a conversare. Per un'intervista all'organo ufficiale della nostra etichetta discografica non vedevo grosse difficoltý a livello pratico per concordare una serie di risposte scritte da parte mia, e ne ho approfittato!

Cosa ne pensi dell'esperienza de "Il Maciste"? Da alcune parti si vocifera che siamo troppo bravi (dalle pagine di questo bollettino d'informazione) nel dire di essere bravi.
Io penso che va bene cosÏ com'Ë. In quanto bollettino d'informazione, svolge il suo compito e disseta gli assetati. Non mi soffermerei a commentare le invidie altrui.

Dopo un periodo relativamente lungo di lavoro nel C.P.I. quale opinione vi siete fatti del Consorzio Produttori Indipendenti?
Ogni volta che rispondo a questa domanda, giacchÈ ricorre sovente, sostengo con sinceritý e senza enfasi che in Italia non puÚ esserci accomodamento migliore per un gruppo vagamente ambizioso di fare musica partendo da presupposti di natura artistica. Il controllo sulle proprie creazioni Ë totale (prima, durante, dopo), la gestione della propria estetica, se c'Ë, Ë assolutamente autonoma, e il clima di sincera amicizia Ë piacevole e rassicurante.

Vi sentite in qualche modo il peso sulle spalle di essere al momento il gruppo che vende il maggior numero di dischi all'interno del C.P.I.?
L'unico senso di responsabilitý esistente Ë quello che informa la nostra idea di onestý verso noi stessi e quello che facciamo, artisticamente. Va da sÈ che questo sottende una serie nutrita di corollari tra cui il senso esplicito di questa tua domanda, ma non c'Ë panico......

Come vi trovate a lavorare con Gianni Maroccolo?
E' un confidente preziosissimo, che Ë uguale a dire una fortuna incalcolabile.

Cosa ne pensate della festa organizzata al Cencio's?
Che a ben lavorare le soddisfazioni sono sempre assai liete di dispensare con generositý la loro polpa succosa, e questo Ë esattamente ciÚ che Ë successo quella sera, a Prato......

Mi puoi dare un tuo giudizio critico, ora che un certo lasso di tempo Ë trascorso dalle pubblicazioni degli album, sui due lp dei Marlene?
Fortunatamente siamo a nostro agio con le 25 canzoni di "Catartica" e "Il Vile". Fin da subito ci siamo ritrovati impantanati in un eccitantissimo gorgo di pressione "intellettuale" su noi stessi e sul nostro lavoro, che ci obbligava a pretendere il massimo da ogni nota e da ogni sillaba. I difetti sparsi qua e lý sono il proverbiale debito pagato all'inesperienza e all'entusiasmo, ma Ë normale. L'attitudine, invece, Ë salva.

Vi aspettavate l'unanime consenso della stampa specializzata che vi ha eletto paladini del nuovo rock italiano?
Mi sa di no. Intanto vale parzialmente la risposta alla prima domanda. E' chiaro che il consenso di cui sopra ci dispone bene (con qualche granello di sale...). Pi˜ che altro il problema Ë, rimanendo sui toni generici di "chiacchiere a proposito dello stato di salute dei mass-media blablabla", il grosso numero di impostori, al limite anche "simpatici", che ne rinfoltiscono le fila: gente che si appropria della possibilitý ahimÈ gratuita di cianciare senza cognizione di sorta su cose s-conosciute. Fra i pi˜ specializzati, poi, il parametro di riferimento Ë una specie di canone estetico del tutto anonimo, inopportuno e contestabilissimo, attraverso cui proferire e dettare coordinate addirittura comportamentali. In realtý la critica, se esiste, Ë ben altra, un qualcosa in grado di apprezzare i particolari, e non le "grandi" idee. Invero ben pochi ci sanno fare.

Mi sono sempre chiesto da dove nasce la rabbia che sprigionate dal vivo.
Pi˜ che rabbia Ë determinazione, e in fondo sinceritý. Sul palco ci andiamo per suonare la nostra musica e interpretarla al meglio, sapendo che c'Ë gente, anche dieci persone, che hanno pagato e magari fatto dei chilometri per vederci.

Il mondo Ë cosÏ grigio come ci vogliono far credere i mass media (giornali, radio, televisioni)?
Il mondo Ë grigio per tanti motivi, molti dei quali non oggetto di trattazione dei simboli da te citati. Ci si puÚ incupire per milioni di cose, non ultimo l'appiattimento culturale che gli stessi provocano e in cui troppi cascano.

Ho saputo che siete stati contattati da una etichetta discografica. C'Ë stata qualche trattativa o tutto si Ë smorzato all'inizio?
Tutto clamorosamente smorzato, ab originis.

Non pensate che ora sia giusto prendersi un momento di pausa dai palchi Italiani? Non avete timore di inflazionare in qualche modo un mercato per altro abbastanza contratto?
SÏ, dai primi di marzo scompariremo e si parlerý di noi solo in occasione del terzo parto.

Cosa vi aspettate dal tour in terre straniere dei prossimi mesi?
Se avremo quella determinazione che ti dicevo prima, ci aspettiamo lo stupore di chi non si aspettava un gruppo italiano cosÏ......

E' giunta la notizia dello scioglimento dei Disciplinatha, un vostro commento in merito.
Profondo rammarico. Ne ho parlato con loro e gli ho chiesto di ripensarci milioni di volte. Ho un ricordo incancellabile di un loro concerto di almeno 5-6 anni fa a Bra, dalle mie parti, quando venivano banalmente tacciati di filofascismo (o chissý quale altra amenitý): all'epoca erano davvero speciali e Dario alla chitarra mi aveva folgorato. Bellissimo (il concerto e Dario).

Il Festival di Sanremo ed i Marlene Kuntz. Cosa si prova a suonare dal vivo nei giorni durante i quali mezza Italia Ë incollata allo schermo televisivo ed assiste alla kermesse sanremese?
Non riusciamo a vederlo e ci dispiace un casino!!

Andrea Tinti

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Tutti gi˜ per terra

"Tutti Gi˜ Per Terra" Ë un film di Davide Ferrario, prodotto da Gianfranco Piccioli. Le musiche originali sono state scritte dai C.S.I., la colonna sonora vede la partecipazione degli Africa Unite, CCCP Fedeli Alla Linea, Corman & Tuscadu, C.S.I., Disciplinatha, Lou Dalfin, Madaski, Marlene Kuntz, Santo Niente e UstmamÚ. "Tutti Gi˜ Per Terra" Ë oggi un film, ma anche un cd e prima di tutto questo Ë stato un romanzo. Cerchiamo quindi di addentrarci nelle sue pieghe, nei suoi fotogrammi attraverso le parole di chi ha lavorato e creduto in questo progetto. E se vi dicessi che i C.S.I., oltre ad aver composto le musiche originali, hanno partecipato anche in qualitý di comparse, voi cosa pensereste? Io non vedo l'ora di sprofondare in una comoda poltrona di un cinematografo e vederli sul grande schermo. PerÚ, per favore, smettete di sgranocchiarmi nelle orecchie le vostre patatine quando comparirý il Consorzio Suonatori Indipendenti al gran completo. Non mi voglio perdere neanche una battuta.

IL PRODUTTORE

Quando uscÏ il romanzo rimasi piacevolmente impressionato dalla capacitý di analisi con cui Giuseppe Culicchia aveva saputo raccontare in modo semplice ed ironico, quel certo disagio giovanile narrato lungo un percorso di vita senza dover costruire una vera storia compiuta.
Walter era sicuramente un personaggio strano da analizzare. Un personaggio non certamente chiuso in una problematica minimalista. Un giovane capace di esprimere la propria protesta commentando le ansie, le amarezze, i sogni e le banalitý della quotidianitý. E da tutti i vari pregiudizi del nostro quotidiano, lui, Walter, emerge distaccato e sarcastico, con una geniale autoironia. Il Walter di Culicchia mi Ë sembrato un pÚ come il brutto anatroccolo che innamora e provoca simpatica partecipazione. Sotto sotto perÚ c'Ë un freddo rimprovero: se non diventerý un cigno sarý colpa sua. Queste sono state le sensazioni che mi hanno portato a pensare di tradurre in cinema il romanzo di Culicchia. Dopo alcuni tentativi l'incontro con Davide Ferrario Ë stato determinante. Ci siamo trovati subito d'accordo e ci siamo convinti entrambi che il tentativo era senz'altro stimolante. Oggi "Tutti Gi˜ Per Terra" Ë una sceneggiatura cinematografica che sta diventando "film" e quindi cinema. Sono certo che il film conserverý e rappresenterý al meglio l'originalitý ambientale del romanzo. Ho lavorato perchÈ il film non venisse realizzato con il solito budget di basso costo e sono riuscito grazie al contributo dello Stato a dare al film la giusta e necessaria consistenza di un film medio. L'investimento? Circa tre miliardi.
Gianfranco Piccioli

IL REGISTA

Non ascoltavo tanto i CCCP, negli ottanta. Quando ho chiesto a Giovanni Ferretti di interpretare una parte nel mio primo film, "La Fine Della Notte", non era per le sue canzoni, ma perchÈ aveva una faccia stupenda. Fu da allora, perÚ, che cominciai ad ascoltare i CCCP e i gruppi a loro collegati, come Disciplinatha e UstmamÚ, pi˜ regolarmente.Fino a che "Epica Etica Etnica Pathos", l'album d'addio, mi fece piangere. Ma naturalmente, a quel punto, i CCCP non c'erano pi˜. Quando comparsero i C.S.I., ai tempi della tournÈe di "Maciste Contro Tutti", andai a sentirli al Rolling Stone di Milano. Mi vennero i brividi a riascoltare "Emilia Paranoica", non per la nostalgia, ma per la sensazione di forza che emanava da quel gruppo apparentemente temporaneo. Chiesi di nuovo a Giovanni di partecipare ad "Anime Fiammeggianti", questa volta non come attore ma come sÈ stesso - un angelo cantante che segnava come un'apparizione il momento pi˜ sentimentale del film. Diventammo amici davvero, prima con lui e poi con tutti gli altri. Ci univano cose poco artistiche, come l'idea che - ciascuno nel suo campo - non ci sentivamo professionisti, ma solo esseri umani che, ogni tanto, sentivano di avere qualcosa da dire. Poi arrivÚ "Materiale Resistente". Loro avevano avuto l'idea del disco e del concerto, io non ci misi due minuti a decidere di produrre e dirigere - con Guido Chiesa - il film. Il successo del progetto in tutte le sue forme ci ha incoraggiato a credere che quello che abbiamo da dire non interessa solo a noi. Da allora abbiamo elaborato altri progetti. Alcuni realizzati, altri no, altri forse, nel futuro. Continuo a pensare che quello che ci lega non Ë un manifesto artistico, ma una sensazione molto quotidiana di essere uomini in un certo periodo storico e di doverne testimoniare le contraddizioni. "Tutti Gi˜ Per Terra" Ë insieme una collaborazione e un omaggio ai CCCP, ai CSI e al Consorzio Produttori Indipendenti. I CCCP perchÈ sono una band che dimostra la sua sostanza ogni anno che passa. Ascoltate "Live In Punkow". I CSI perchÈ fanno la musica che vorrei fare io, se sapessi suonare. Il Consorzio perchÈ Ë la dimostrazione pratica di come si puÚ insieme essere artisticamente autonomi e vincenti. La musica - vecchia e nuova - mi ha consentito di fare, spero, qualcosa di originale anche dal punto di vista visivo. E' un mio vecchio pallino che al cinema la musica sia molto spesso pi˜ importante dei dialoghi (Ë anche la mia anima di sceneggiatore e di romanziere che parla...). E non finisce qui. Alla fine di febbraio, io e i CSI ci rimetteremo insieme in occasione del nuovo cd, dedicato alla Mongolia. Loro al piano di sotto con gli strumenti, io al piano di sopra con la moviola vedremo di produrre un film che sia una specie di diario-meditazione sulla fine del millennio, in bilico tra Oriente e Occidente, tra passato e futuro. Una cosa totalmente diversa da "Tutti Gi˜ Per Terra", ma fare sempre le stesse cose perchÈ qualcuno ci appiccicasse un'etichetta non Ë mai piaciuto a nessuno di noi.

Note Di Regia

"Tutti Gi˜ Per Terra" Ë stato uno dei pi˜ clamorosi casi editoriali della scorsa stagione. Supervenduto e superpremiato, il libro di Giuseppe Culicchia ha numerose spiegazioni del suo successo. Innanzitutto, rivela il talento di un vero scrittore, ma soprattutto, ed Ë quello che pi˜ m'interessa, racconta la storia di una generazione in modo originale e fuori dai sociologismi. Adattare il libro per lo schermo significa ambire a realizzare il film sui giovani dell'Italia contemporanea che non Ë ancora stato fatto. Il film che racconti il loro disagio, i loro desideri, la loro impacciata disperazione senza moralismi nÈ pregiudizi, ma con sinceritý e ironia.
Il tema del disagio giovanile non Ë per me nÈ una moda nÈ una scoperta dell'ultima ora. Giý sei anni fa, col mio film d'esordio, "La Fine Della Notte", avevo preso spunto da un fatto di cronaca per descrivere le contraddizioni del crescere in una ricca cittadina di provincia. E il documentario girato nel 1991 sulla Lega Lombarda dedicava grande spazio al perchÈ dell'adesione dei giovani settentrionali a quel movimento. Credo perciÚ di potermi avvicinare al tema senza ideologismi, ma in modo semplice e personale.
Nel pensare all'adattamento di un libro per il cinema di solito si dý grande preminenza alla 'storia'. La natura di "Tutti Gi˜ Per Terra" Ë diversa. Lo stile di Culicchia, stringato e secco, crea pi˜ un'atmosfera e uno stato d'animo che un'accumulazione narrativa verso il finale. PerciÚ, nella sceneggiatura, il mio sforzo Ë stato di rendere il libro (il film) il pi˜ visivo possibile, integrando nello stile molti di quei linguaggi audiovisivi che sono il pane quotidiano delle giovani generazioni.
Sono profondamente convinto che "Tutti Gi˜ Per Terra" sia un film culturalmente 'necessario' e, proprio perchÈ si rivolge a un pubblico che ha giý premiato il libro con un grande successo di pubblico, un film che potrý interessare una platea molto vasta.
Davide Ferrario

L'ATTORE PROTAGONISTA

E' difficile essere buoni in un mondo cattivo. Walter Ë dentro ognuno di noi. Tutti gi˜ per terra, la nostra terra. Evviva il luogo comune. In realtý non ho molto da dire ma molto da imparare. Titolo di queste due righe, falsitý di un falso umile.
Valerio Mastandrea

LO SCRITTORE

D'accordo. State leggendo il disco che vi farý ascoltare il film. Se leggete il disco e ascoltate il film, probabilmente guarderete il libro. Ecco, il mio messaggio Ë: non limitatevi a guardare il libro. Compratelo.
Giuseppe Culicchia

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IL GRANDE OMI
"Il Grande Omi"

I casi sono due. Ipotesi numero uno: il C.P.I. Ë formato da persone molto in gamba che riescono a scovare tutti i gruppi pi˜ interessanti del panorama underground italiano. Ipotesi numero due: il C.P.I. Ë formato da persone che possiedono una fortuna sfacciata, capace di farli imbattere nei gruppi pi˜ interessanti del panorama underground italiano. Ipotesi numero tre (anche se non prevista): il C.P.I. Ë composto per metý da persone molto in gamba e per metý da persone molto fortunate.

Sta di fatto che Il Grande Omi potrebbe essere la rivelazione del 1997.

L'ho detto, l'ho scritto ed ora devo assumermi tutte le responsabilitý del caso. Il Grande Omi Ë una girandola di suoni, un personaggio tatuato che spazia con disinvoltura tra lo sferragliante "rumore" delle chitarre lanciate a mille all'ora ("Dieci"), o in delicati fraseggi dai giri tenui e soffici ("Abbandonati"). Il Grande Omi Ë una entitý artistica che si potrebbe ricondurre alla mamma di tutti i generi musicali: il pop-rock. Ma attenzione pop-rock inteso nella sua accezione anglosassone, perchÈ il significato che questo genere assume dalle nostri parti Ë completamente diverso da quello che le popolazioni anglofone gli attribuiscono. Pop-rock in Italia Ë sinonimo di gruppi melensi che raccontano storie banali, vestiti con i loro completi appena stirati ed i capelli in perfetto ordine. All'estero pop-rock Ë una miscela di artisti stravaganti, idee, trovate, genialitý, tendenze, testi originali, musiche a volte anche sperimentali. Il Grande Omi Ë questo, pop rock anglofono, ma con testi in italiano. "ORRORE", penserý qualcuno, "SOMMO GAUDIO", diranno altri. Il Grande Omi Ë psichedelia. Il Grande Omi Ë un bambino dal faccino pulito con in mano un grande coltello. Il Grande Omi Ë un soldato con un fiore nella canna del fucile. Il disco de Il Grande Omi sprigiona positivitý, mentre lo ascolti ti assale un senso di benessere fisico. "Dieci", "Neve", "Languido", "La Mano Nel Cielo", "Pallina Blu", "Uno" sono alcuni titoli da cercare e ascoltare. Il Grande Omi sarý la rivelazione del '97. Ma che cul. (fortuna) hanno quelli del C.P.I.?

Andrea Tinti

Tutto quanto scritto sotto Ë vero.

In questo disco Il Grande Omi Ë stato prima di tutto onesto. Come altri dischi di altri artisti prima di questo (ma certo non la maggioranza degli uni o degli altri), non Ë altro che la fotografia delle canzoni scritte dal Grande Omi in un lasso di tempo che potremo definire ics, un'istantanea che fissa una serie di idee che si sono stratificate in modo non sempre indolore.

Il disco Ë suonato con batteria, basso, viola, chitarra e voci perchÈ questi sono gli strumenti che in questo momento Il Grande Omi sa e vuole suonare, ma alla base di questo non c'Ë nessun giuramento su nessuna bandiera.

Il Grande Omi, nella sua attuale incarnazione, vive e performa in Italia e quindi canta nella lingua che gli offre la maggiore possibilitý di essere compreso dal maggior numero di persone a sÈ vicine ma, anche in questo caso, niente patti di sangue o vocazioni irrinunciabili.

Nella sua precedente incarnazione Il Grande Omi diventÚ un'altra persona verso la metý della sua esistenza, lavorÚ a diventare un'icona forte, divertente e sottilmente inquietante nello stesso tempo, volutamente priva (all'apparenza) di significati profondi. Un altro ciclo di esistenza Ë passato ma questo intento Ë rimasto per lui invariato.

Il divertimento puÚ essere collegato all'inquietudine (la dicotomia Ë solo apparente) e questa mistura puÚ diventare un virus destinato ad installarsi nel tessuto connettivo della coscienza collettiva, se miscelata bene ed inoculata con la dovuta cautela.

Il Grande Omi non puÚ dirsi certo di esserci riuscito, ma puÚ orgogliosamente affermare di averci provato.

Tutto quanto scritto sopra Ë falso.


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MIRASPINOSA

La meta pi˜ difficile Ë riuscire ad essere coerenti, percorrere "la tortuosa via dell'anima" senza farsi del male, riuscire a capire se stessi...cos'Ë che ci fa percorrere questo filo invisibile dal settembre 1994? Non ho mai capito perchÈ ho deciso di cominciare a cantare; forse Ë stato un istinto animale, un bisogno vitale......
Mira Spinosa: la mia cura, la mia malattia. Forse Ë stato Filippo a convincermi con la sua insistenza e la sua infinita fiducia nelle mie possibilitý. A lui non posso che essere grata per avermi accompagnata (o trascinata?) in questo percorso. Forse Ë stata una persona cara che non c'Ë pi˜, a guidarmi nel fare questa scelta. Di sicuro, sono contenta di averla fatta: anche se Ë un cammino in salita, vale la pena; anche se si deve lottare contro le incomprensioni della gente, contro le proprie timidezze, anche se a volte ti spogli di ogni difesa ed Ë la tua anima che si mostra e diventa vulnerabile. Molta gente pensa che la musica non serva a nulla perchÈ non produce nulla di tangibile. Io nella musica ho trovato la mia linfa, e se anche una sola volta porta qualcuno a riflettere Ë un gran risultato: troppo spesso si parla e si agisce senza aver riflettuto prima.
Pubblicare un disco o due o quattro, non Ë la cosa pi˜ importante. Quello che ti arricchisce Ë il fatto di provare alcune sensazioni e riuscire a trasformarle in suoni e parole e trasmetterle a chi ti ascolta. "Aghýr Piýr Milegha" per me Ë molto importante perchÈ rappresenta la mia prima esperienza, la mia prima sfida, non in quanto disco fine a sÈ stesso. Inoltre, mi ritengo molto fortunata ad aver lavorato con persone che ci hanno permesso di esprimere noi stessi senza forzature. Primo tra tutti Gianni Maroccolo che ci consiglia (anche litigando), senza perÚ imporci il cammino da percorrere. Ricordo la sua prima telefonata: sembrava impossibile, dopo nemmeno due anni che cantavo e dopo qualche concorso, puntualmente non superato, non potevo credere che fosse proprio lui al telefono. Ed ora, eccomi qui a parlare della prima fatica dei Mira Spinosa: Ë successo tutto cosÏ in fretta che ancora stento a rendermene conto. Ringrazio me stessa per averci creduto profondamente e Filippo e Gianni per avermi dato la possibilitý di farlo.
Mirka Valente

Tutto Ë nato quando ascoltai Mirka cantare "Troy" di SinÈad O' Connor, dopo le dure giornate di lavoro in fabbrica, sfruttata ed umiliata. Era l'autunno del 1991, ed in quel periodo suonavo in un gruppo dai progetti ambiziosi all'interno del quale soccombevo sia come musicista sia come persona: l'immaturitý e la presunzione si facevano strada a scapito del mio vero modo d'essere. Attraversavo un periodo di "transizione". A cavallo tra il 1993 e il 1994, ormai stanco della staticitý e dell'apatia raggiunta, decisi di mollare tutto e di dedicarmi completamente a Mirka. Non fu facile per lei, convincersi delle sue capacitý (e ad essere sincero neanche per me) del fatto che s'illuminavano di gioia fino ad accecarmi. Non fu facile nemmeno quando impegnammo i sei mesi successivi a trasformare un vecchio garage in una sala prove, spendendo i nostri risparmi in cemento e strumenti musicali. Quando fummo pronti a partire con le prove (settembre 1994), capimmo insieme il nome da dare al progetto. Eravamo contenti per quello che eravamo riusciti a fare con tanto sforzo. PuÚ sembrare banale, ma tutto quello che si riesce ad ottenere dopo duro lavoro, ti ricompensa sempre. Da qui Mira Spinosa, ovvero meta difficile. Immediatamente, perÚ, ricominciÚ la sfiducia in noi stessi, perchÈ ci rendevamo conto che la strada era ancora lunga e difficile. Ma ci bastava fare musica, soprattutto per Mirka che, giorno dopo giorno, capiva che stava diventando l'unica cosa della sua vita, che poteva esprimere quello che provava in musica. Vedere Mirka licenziarsi, alla fine del 1995, da quella odiata fabbrica che la stava consumando oltre che nelle ossa nell'anima, fu per me una gioia incredibile e provai tanta ammirazione per il suo coraggio. Certo, stavamo acquistando fiducia in noi stessi, ma soprattutto avevamo voglia di continuare a suonare.
Quando nel marzo 1996, Gianni Maroccolo telefonÚ a Mirka per dirle che il nostro demotape (speditogli qualche settimana prima) gli era piaciuto e voleva iniziare a lavorare con noi, capii che era giunto anche per me il momento di fare una scelta: mi licenziai, e vi assicuro non per denaro ma perchÈ era un altro "momento" per rischiare e provare. Dovetti lasciare Mestre per trasferirmi a casa di Mirka nel bassanese: da quel giorno potemmo (fino a quando non so) dedicarci alla musica senza dover aspettare il fine settimana, i giorni di festa oppure le ferie di lavoro. Oggi, ormai prossimi all'uscita del nostro, allora insperato, primo lavoro, il nostro punto di vista non Ë mutato da quel settembre 1994. Anzi, ancor di pi˜ oggi, ci rendiamo conto di quanto la musica (e pi˜ in generale la vita stessa) sia una sfida continua, una ricerca di noi stessi, una meta da conquistare giorno dopo giorno, con sudore ed umiltý, con amore e con il cuore. Il Consorzio ci riconosce questo e gliene saremo sempre grati, perchÈ anche loro, come noi e molti altri, ricercano la loro mira spinosa.
Filippo D'Este

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