Nomade Psichico

SCIAMANESIMO IN MONGOLIA

La religione attualmente dominante in Mongolia Ë il buddismo, nella sua forma chiamata lamaista, di origine tibetana, e magistralmente descritta dal Professor Tucci nella sua opera "Le Religioni del Tibet", ma lo sciamanesimo ancora presente in Mongolia, specialmente al Nord, quale mai sopito residuo della religione tradizionale, raffiora costantemente sotto la pelle delle popolazioni mongole.
Fin dai tempi pi˜ remoti lo sciamanesimo ha rappresentato per i popoli centro-asiatici e siberiani in particolare, asiatici in generale, la formula pi˜ comune di religiositý.
Non dobbiamo infatti credere che lo sciamanesimo fosse un fenomeno personale, astratto del pi˜ complesso tessuto sociale. Al contrario il fenomeno rappresentava, ed in parte rappresenta tutt'ora, una vera e propria chiesa, espressione di un ben preciso radicato sistema religioso e sociale.
Il Buddismo nel suo procedere, da quando nel XVI sec. fu dichiarato in Mongolia religione ufficiale da Altam Khan, ha dovuto duramente combattere per imporsi come religione dei Mongoli, giungendo, rara eccezione in questa religione, anche a perseguitare i fedeli della religione ancestrale e dello sciamanesimo.
Ma Ë stato costretto a sua volta a sincretizzare: aspetti e credenze, deitý ed eroi della sua antagonista nonostante l'enorme successo conseguito in seguito dal Buddismo, come riferisce Walther Heissig nella sua opera "Le Religioni della Mongolia: Nel diciannovesimo secolo vi erano circa 1200 templi lamaisti e monasteri della Mongolia Interna, la parte della Mongolia oggi incorporata nella Repubblica Popolare Cinese, e pi˜ di 700 in Mongolia esterna, il territorio dell'attuale Repubblica Mongola. Un figlio di, praticamente , ogni famiglia faceva parte del clero che comprendeva circa un terzo dell'intera popolazioni".
Nei primi del 1900 vi erano almeno 243 lama incarnati che vivevano nei territori dei Mongoli: di questi 157 risiedevano in Mongolia esterna. Nonostante, perÚ, l'indubbio successo di questa religione proveniente, attraverso il Tibet, dall'India, la religione indigena e la sua espressione sciamanica non sono mai completamente scomparse come attesta anche Tucci nella sua opera precedentemente citata, dove afferma che le vecchie deitý rimasero sotto forma di antenati dell'aristocrazia o si trasformarono in dei Buddisti con incarichi, ad esempio, di guardiani di templi.
BenchÈ lo sciamanesimo Mongolo abbia, nelle sue linee essenziali, caratteristiche impressionantemente simili alle forme sciamaniche presenti in tutte le parti del mondo, non ultima l'antica Europa; alcune caratteristiche, per essere comprese, non possono essere illustrate, se non dopo una breve sintesi delle credenze della religione ancestrale, della Mongolia.


LA RELIGIONE ANCESTRALE

Sicura fonte di cultura mongola, la Storia Segreta dei Mongoli, scritta da un anonimo cronista attorno al 1240 menziona spesso invocazioni all'eterno Cielo Azzurro (Khokh Mongk tngr), dio supremo del pantheon mongolo.
La Storia segreta dei Mongoli descrive, ad esempio, Cinghiz Khaan salire su un'alta montagna, togliersi il copricapo, slacciarsi la cintura in segno di rispetto, appenderla al collo e quindi inginocchiarsi nove volte (nove Ë un numero sacro per i Mongoli, ricordate il numero perfetto dei poli in una yurta? 81, cioË 9x9).L'Eterno Cielo Azzurro dimora in cielo (Tngr in mongolo ha il doppio significato di Dio e cielo) ed Ë il padre degli altri dei; novantanove in totale, quarantaquattro ad oriente e cinquantacinque ad occidente, benchÈ in alcune preghiere vengono citati anche tre tngr a nord, portando cosÏ il totale a centodue. Tra i novantanove dei, v'Ë anche un gruppo speciale di trentatre comandato da Khormusta, che per alcuni studiosi, altro non sarebbe che una deformazione di Ahura Mazda, dio supremo degli Iranici, ed Ë spesso collegato con l'origine del fuoco. Gli dei sono spesso raggruppati in gruppi speciali, come ad esempio i 5 dei dei venti, o i 7 dei del tuono. Tra i tanti dei uno in particolare Ë importante citare Tsagan Ebughen tngr (dio vecchio uomo bianco) che pi˜ tardi verrý arruolato tra le classiche divinitý buddiste anche presenti nelle danze rituali Tzam (cham in Tibetano). Questa figura di vecchio (saggio) patrono del bestiame e della fertilitý, puÚ essere letta in chiave junghiana quale "archetipo". Essa infatti Ë presente in moltissime altre culture, tra cui quella europea, con la figura del nostro Babbo Natale. Pi˜ tardi con il sopraggiungere del Buddismo alcune deitý di questo verranno aggiunte al pantheon indigeno a cominciare da Burgan tngr (Buddha) e Bisnu tngr (Visn˜). L'eterno Cielo Azzurro, che spesso viene citato anche con altri appellativi, come ad esempio "Erketu Tngr" (ingenerando confusione, se si tratti solo di un appellativo o di altro dio) Ë ad ogni modo autogenerato, assumendo perciÚ una statura nettamente superiore agli altri che, pi˜ che dei, debbono essere forse considerati spiriti o manifestazioni di un'unica deitý. Anche gli spiriti degli antenati sono venerati: anche Cinghiz Khaan, dopo la morte, ricevette la venerazione del suo popolo e gli vennero eretti quattro altari ai quattro angoli dell'impero mongolo, oggigiorno solo l'altare dei mongoli Ordos, che abitano il territorio occupato dai cinesi, accomodato in un museo, Ë ancora esistente e riceve la venerazione dei mongoli. Il panteismo ancestrale mongolo dedica un particolare culto alla natura, cominciando dalla dea terra per giungere alla speciale devozione della montagne. Sempre la Storia Segreta dei Mongoli ci parla di Cinghiz Khaan che promette solennemente di rivolgere, ogni giorno, una preghiera alla montagna Burkhan Galdn sua protettrice. Particolare attenzione occorre dedicare al culto degli Obo, cumuli di pietre posti generalmente ad una certa altitudine, luoghi di grande passaggio, crocevia, ecc., che vengono arricchiti da ogni passante che li incontri con un nuovo sasso o un piccolo oggetto e perfino sigarette e denaro. Il viandante dopo aver deposto il suo dono, a questa dimora di Spiriti Protettori, compirý tre giri completi intorno ad esso, prima di proseguire il viaggio. Anche laghi, fiumi e sorgenti sono oggetto di venerazione e devozione fin dai tempi pi˜ antichi. La Yassah, il preciso codice di Cinghiz Khaan proibiva, pena la morte, di insozzare in alcun modo i fiumi ed i laghi. Il culto forse pi˜ importante per poter meglio conoscere la funzione degli Sciamani Ë perÚ quello del fuoco. Il culto del fuoco in quanto deitý Ë uno dei pi˜ antichi concetti religiosi dei mongoli, d'altronde comune a quasi tutte le popolazioni centro-asiatiche, siberiane ed iraniche. L'adorazione del fuoco oggi, come nei tempi pi˜ remoti, Ë chiaramente simboleggiata da una cerimonia che avviene gli ultimi giorni dell'anno lunare con l'offerta in sacrificio di un osso di pecora e con la recitazione di speciali inni ed invocazioni. Il fuoco presiede inoltre ad altri importanti momenti della vita del nomade, come ad esempio alle speciali libagioni durante il solstizio d'estate o durante le cerimonie matrimoniali. Un culto cosÏ antico, profondo e mistico come quello del "fuoco" non poteva non essere ghiotta preda per il nascente Buddismo, che infatti se ne impossessÚ. E' bene ricordare, ad ogni modo, come il fuoco goda tuttora, anche dove il concetto religioso non esiste pi˜, di un particolare "rispetto" nella vita comune delle popolazioni della Mongolia. Il fuoco non puÚ essere calpestato, non vi si puÚ orinare sopra, non vi si possono gettare rifiuti di cibo ed, in ultima analisi, rappresenta il popolo mongolo: come appare chiaro nella fiamma a tre punte che appare alla sommitý del Soyombo.

Associazione Culturale per la
diffusione della cultura Mongola
Soyombo
viale Gorizia, 20 - 20144 Milano - Italia - Tel.: 02-8394920
Fax: 02-70634616

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LO SCIAMANO

Dopo aver trattato, se pur brevemente, della religione indigena della Mongolia, possiamo ora tracciare un profilo dello sciamano; tenendo ben presente che, in qualsiasi modo, il fenomeno sciamanico non dipende dalla religione, che puÚ apparire in contesti etici o religiosi tutt'affatto differenti. Occorre oltretutto precisare che lo sciamano non Ë un semplice stregone o medicine-man, egli Ë qualcosa di pi˜, poichÈ oltre a questo egli Ë pure sacerdote, mistico, psico pompo. Lo sciamano puÚ essere uomo e si chiama bog o bo oppure donna, nidugan. Nelle popolazioni mongole, lo sciamano non Ë una persona qualsiasi, egli viene chiamato a questo alto compiuto di intermediario tra gli uomini e gli spiriti, da una entitý superiore. La predisposizione puÚ essere ereditaria, ma comunque, egli dovrý essere scelto e chiamato a svolgere il suo compito.

La Vocazione

Sia che il futuro sciamano erediti i suoi poteri, sia che lo diventi indipendentemente, la sua "vocazione" sciamanica viene segnalata da una variazione del suo comportamento. Egli comincia ad avere un comportamento strano, si allontana dagli altri, cerca la solitudine, fin da bambino egli Ë introverso e taciturno. Il giovane comincia a prendere coscienza della sua diversitý e spesso Ë vittima di attacchi di tipo epilettoide o manifestazioni isteriche, spesso Ë ossessionato da visioni o sogni in cui compaiono i suoi avi. Nel caso di trasmissione ereditaria dei poteri Ë il padre sciamano o la madre sciamano che iniziano la sua istruzione. In alcuni casi perÚ la vocazione avviene repentinamente dopo un avvenimento traumatico. Alcuni studiosi, peraltro smentiti da studi pi˜ recenti, hanno ipotizzato che le manifestazioni somatiche dei futuri sciamani altro non siano che manifestazioni di una malattia morbosa chiamata isterismo artico dovuto alla incompletezza dell'alimentazione ed al rigido clima. Mircea Eliade nella sua ponderosa opera sullo sciamanesimo fa perÚ una considerazione che escluderebbe l'ipotesi di cui sopra, poichÈ infatti gli sciamani al contrario degli epilettici o degli isterici possono provocare la "trance" a volontý.

L'iniziazione simbolica

Una volta che lo sciamano Ë stato "chiamato" egli deve subire l'iniziazione. Questo punto Ë molto interessante poichÈ la "iniziazione sciamanica" ha aspetti simili presso tutti i popoli del mondo, dove Ë esistito o esiste tale fenomeno. Ancora pi˜ interessante Ë il fatto che la iniziazione dello sciamano, nelle sue linee generali simboliche sia uguale a qualsiasi tipo di "iniziazione"; cioË la morte simbolica e rituale per rinascere a nuova vita. Il futuro sciamano si ammalerý e, durante questa lunga malattia, le anime degli antichi sciamani lo circonderanno, lo tortureranno, taglieranno il suo corpo a pezzi. Alle volte rapiranno la sua anima e la porteranno in cielo ove riceverý l'istruzione sui misteri. Il suo corpo verrý poi bollito in un grande calderone, per mettere a nudo le sue ossa. Poi il corpo del candidato verrý ricomposto, ed egli risorgerý a nuova vita!
Durante tutto il periodo di questa "malattia" il corpo del futuro "signore del fuoco" resterý inanimato in uno stato catalettico senza cibo nÈ bevande.

L'iniziazione rituale

Il risorto sarý allora circondato dai suoi parenti, a cui egli racconterý la sua terribile esperienza. Quindi, il futuro sciamano, verrý affidato alla istruzione di uno sciamano esperto che lo preparerý alla iniziazione rituale o consacrazione. le popolazioni Mongole Buriate hanno cerimonie molto spettacolari e ben documentate. Il candidato verrý purificato con acqua di sorgente raccolta dal Maestro-Sciamano e nove aiutanti, che viene bollita e profumata con piante aromatiche. Il Maestro invocherý allora gli Avi del candidato e lo farý giurare, quindi avrý luogo la cerimonia dell'ascensione! Nella yurta del futuro sciamano viene piantata una betulla la cui cima esce dal foro alla sommitý della gher e, con nastri colorati verrý unita ad altre betulle. Ai piedi dell'albero il maestro, il candidato e i nove aiutanti sacrificano un montone, con il cui sangue verrý bagnato il capo, gli occhi e gli orecchi del candidato. Vengono sacrificati altri nove animali ed intanto il maestro si arrampica sulla betulla praticandovi nove incisioni rappresentanti i nove piani celesti. Sarý quindi la volta del candidato che ascenderý l'albero raggiungendo l'estasi. Come risulterý evidente da quanto suddetto abbiamo visto pi˜ volte apparire il sacro numero "nove". Il nove, non solo tra i Mongoli, ha un fortissimo valore simbolico-esoterico. Presso tutti i popoli dell'Asia settentrionale e centrale il nove corrisponde ai nove piani celesti e ai nove piani infernali, e anche il multiplo del sacro triangolo Cielo-Terra-Inferi. E' bene ricordare che presso gli Egizi il nove rappresentava la sacra Trinitý Iside-Osiride-Horus.

L'abito e gli strumenti dello sciamano

Come dice Mircea Eliade: "Il costume sciamanico costituisce di per sÈ una ierofania e una cosmografia religiosa: esso non rivela soltanto una presenza sacra, ma anche simboli cosmici e itinerari metapsichici. Ove lo si esamini attentamente, il costume ci dý a conoscere il sistema dello sciamanismo nella stessa trasparenza propria ai miti e alle tecniche sciamaniche".
L'abito sciamanico Ë generalmente costituito da un lungo caftano di pelle, generalmente bianco (per gli "sciamani bianchi" che invocano gli spiriti positivi), a questo caftano sono appesi innumerevoli oggetti metallici a forma di uomini o animali e campanellini, pendono inoltre fettucce colorate a forma di serpente. Queste ultime possono rappresentare appunto dei serpenti oppure piume d'uccello, in qualsiasi modo rappresentano il mondo animale perchÈ lo sciamano Ë sempre in sintonia con la natura e puÚ trasformarsi in animale egli stesso, in uccello per esempio, per compiere il "volo magico". Sopra il caftano viene portato anche una specie di grembiule a cui sono appesi nove specchietti, la cui funzione Ë quella di spaventare gli spiriti maligni oltre a riflettere tutto all'interno ed all'esterno le cose pi˜ segrete, ed Ë proprio per mezzo di questi specchi e del loro potere che lo sciamano diviene onnisciente, ma gli specchi respingono anche gli strali degli spiriti maligni. Il copricapo puÚ avere forme differenti: elmetti ornati di corna oppure cappucci di pelle con pezzi di tessuto colorato o altri ornati da penne o piume. In assoluto lo strumento pi˜ importante per lo sciamano Ë il tamburo. Nel centro del mondo, v'Ë l'albero cosmico, ed Ë da un ramo di questo ipotetico, simbolico albero che viene tratto il legno con cui Ë fatta la cassa del tamburo. Il tamburo Ë perciÚ simbolicamente, fatto con il legno di quell'albero che unisce il cielo alla terra, l'asse del mondo. Come durante l'iniziazione, lo sciamano scala la betulla, cosÏ suonando il suo tamburo lo sciamano sale sull'Albero Cosmico.
All'inizio di ogni seduta sciamanica, il tamburo viene suonato per evocare gli spiriti, ed Ë continuando a suonare che lo sciamano cadrý in "trance" e inizierý il suo volo estatico. Il tamburo viene suonato battendo con un bastoncino chiamato lo scettro dello sciamano. Due sono i tipi di bastoni: uno con la sommitý a forma di testa di cavallo, l'altro a forma di zoccolo. Al centro dei bastoncini spesso c'È una incavatura che simboleggia una sella. Questi strumenti servono allo sciamano per compiere la cavalcata magica per giungere al luogo immaginario dove combatterý contro gli spiriti maligni.

Sciamanizzare

Danzando e suonando il tamburo lo sciamano entra in trance, Ë quindi pronto a svolgere la sua funzione, cioË "sciamanizzare". Nel suo stato di trance lo sciamano acquista il potere di volare, di giungere nel luogo ove dimorano gli spiriti: lÏ potrý combattere con gli spiriti maligni e strappare loro l'anima del malato che essi hanno carpito, lý nell'Eterno Cielo Azzurro accompagnerý l'anima del morto, e sempre nel luogo dove dimorano gli spiriti "volerý" per convincerli ad accordare buona caccia al protetto o a scrutare nel futuro del medesimo.

Bibliografia
The Religious Of Mongolia - Walther Heissig. USA 1980
Lo Sciamanismo - Mircea Eliade - Roma 1974
ProblËmes De L'Ame Moderne - C.G. Jung - Gauthier 1974
La Chasse ý l"ame - Roberta Hamayon - Paris 1990

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A NORD DI NESSUN SUD

Capita di vedere gli aironi che se ne stanno in piedi lungo i fossi in attesa che qualche raganella arrivi a tiro del loro becco. Quando sono disturbati, o soltanto annoiati, piegano poco le ginocchia e si alzano da terra come per un salto sull'altra sponda; poi perÚ aprono le ali, ripiegano il collo fino a farne una esse schiacciata e, con un volo placido, si allontanano mai deviando da una direzione certa che ho sempre pensato sia il sud.
A sud vanno anche le anatre (anche loro, adesso si fanno vedere nei fossi e perfino nei fiumi torbidi delle cittý) e il sud verso cui si dirigono pure loro, in formazioni ordinate, Ë lo stesso luogo luminoso di serena, biblica abbondanza che anche a noi piacerebbe raggiungere. A proposito di anatre e di sud, Giorgio si Ë innamorato proprio per merito loro di una affascinante e assorta signora che affitta camere in una bella casa fra i mille stagni fuori Saintes-Maries-de-la-Mer; una sera lei gli ha raccontato della malinconia che la sommerge quando un giorno a caso, dopo il chiasso dei richiami, il volo rapido e ordinato porta le anatre verso il lontano sud lasciando le acque e l'aria della Camargue immobili, lisce e vuote, in desolata attesa dell'inverno. Giorgio, che per la veritý si innamora facilmente, ha sentito il dovere di compensare quell'abbandono cosÏ incolpevolmente subito, e tutti gli anni a settembre va a trovare la sua amica a cui non si Ë ancora dichiarato.
Anche Stefano, una decina di anni fa, ha deciso che il sud faceva per lui ed ha cominciato ad esplorarlo, cominciando dall'isola di Ventotene, su cui si sbarca entrando in un porticciolo costruito dagli antichi romani, ancora intatto, i pescatori ormeggiano i loro colorati gozzi di legno alle bitte scolpite nella roccia e ricoverano gli attrezzi e le reti nei magazzini scavati nel dirupo sopra il quale Ë appoggiato il paese. Il mare Ë verde e blu; i fondali sono pieni di relitti, e le anfore - un tempo piene di vino speziato ottenuto dalle preziose vigne di Ischia - sono molto richieste da chi desidera un portaombrelli di discutibile gusto. Stefano ha cosÏ potuto mettere a frutto la sua esperienza di pescatore subacqueo; ha comprato una casetta dietro il faro e ha cessato le sue esplorazioni meridionali.
Pure Luca ha trovato il suo sud: da anni, appena puÚ, scende in Marocco ad Agadir o Marrakech, dove, dice, i ragazzi hanno gli occhi pi˜ scuri e intensi e sono pi˜ semplici e dolci, o forse solo pi˜ docili. Ma Ë Fausto quello che ha girato il sud pi˜ di tutti; Ë arrivato fino alla Terra del Fuoco, percorrendo le Ande a zig zag tra Cile e Argentina. Come tutti noi ha letto "In Patagonia" e ha voluto vedere le terre del primo, grande viaggio di Bruce Chatwin, che dure e indifferenti hanno accolto anarchici e cercatori d'oro, allevatori e indios, Butch Cassidy con Sundance Kid ed enormi animali antichi. Per tutti noi Chatwin Ë stato il testimone di un modo di vivere che miracolosamente ha sintetizzato intellettualitý, emotivitý e azione: sempre ansioso di conoscere e raccontare persone e luoghi, non ha mai trascurato di capire le societý e le culture. E' stato un viandante, e ci piaceva che fosse abbastanza debole da deviare dai suoi itinerari per vedere un posto di cui qualcuno per strada gli aveva parlato (in realtý si dimostrava talmente forte da essere un vero e proprio esploratore contemporaneo), diversamente da tutti quelli che nel decennio passato partivano per vedere quello che altri avevano giý confezionato.
Non siamo sempre riusciti a mettere in opera questo suo involontario insegnamento, e tutti, chi pi˜ chi meno, ci siamo trovati a ripercorrere itinerari altrui; d'altra parte lo stesso Chatwin ha sempre desiderato andare in Patagonia perchÈ al centro del suo bestiario infantile, fra gli oggetti di casa sua, c'era un leggendario brandello di pelle di brontosauro (che tale in realtý non era) trovato da un suo cugino in una grotta di Punta Arenas. PerÚ Ë lui che ci ha quasi convinto che non possiamo sbarazzarci di un bisogno biologico di muoverci che, se represso, trova sfogo nella violenza, nell'aviditý, nella ricerca di prestigio e potere, nella smania ossessiva del nuovo; che per questo tutti i profeti che hanno cercato di ristabilire una primigenia armonia tra individuo e natura - Lao Tse, Buddha, San Francesco - hanno esortato i discepoli al pellegrinaggio; e che non per caso il maledetto Caino fu seminatore e fondatore della prima Cittý, mentre il buon Abele, i cui sacrifici erano graditi al Signore, fu pastore e nomade.
Chatwin Ë morto pochi anni fa, non vecchio, lasciandoci molto entusiasmo per la sua vita e le sue opere, ma anche molti dubbi (a Werner Herzog, un altro grande nomade, ha invece lasciato il suo zaino): abbiamo passato nottate intere a discutere di quello che avremmo voluto essere: viaggiatori? pellegrini?nomadi?turisti?viandanti? vagabondi? semplicemente irrequieti?
Molti di noi hanno poi smesso di cercare il Sud, riconoscendosi incapaci di soste e rassegnandosi al fatto che Ë l'unico Sud possibile Ë il movimento incessante. Anch'io, nel mio piccolo, ho scoperto che lasciando la bicicletta all'inizio di un certo stradello nella zona di Coviolo si puÚ iniziare a vagabondare per la campagna, e ho giý trovato, al confine del campo di barbabietole (che perÚ, ruotando le colture, cambia d'aspetto ogni anno) di Catozzi (che racconta formidabili storie del periodo della guerra, tutte realmente successe a lui o a uno dei suoi otto fratelli) c'Ë una bella quercia (che a giudicare dalle dimensioni ha visto nascere i socialisti e le cooperative) sotto cui posso rileggere Chatwin, e al di lý del rio Modolena c'Ë un vasto territorio da esplorare.

Alessandro Pelli

Libri centrali e periferici:

Bruce Chatwin
"In Patagonia"
"Il VicerË Di Ouidah"
"Sulla Collina Nera"
"Utz"
"Le Vie Dei Canti"
"Ritorno In Patagonia"
"Che Ci Faccio Qui?"
"L'Occhio Assoluto"
"Anatomia Dell'Irrequietezza"
Casa Editrice Adelphi

Luis Sepulveda
"Il Mondo Alla Fine Del Mondo"
"Un Nome Da Torero"
Casa Editrice Guanda
"Patagonia Express"
Casa editrice Feltrinelli

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ALLA FINE DEL MONDO

VIAGGIO IN PATAGONIA

Non so descrivere con precisione la sensazione che ho provato la prima volta che ho sentito nominare la parola "Patagonia" e nemmeno capii l'utilizzo di quel nome proprio "Patagonia" che era stata riferita ad un mio giovane parente, un pÚ trasandato e sporco, che ritornava da non so quale viaggio o posto, e che veniva accolto dagli altri componenti della famiglia con la frase "ma induit este in Patagonia?". Da quel giorno cominciai a pensare con un certo interesse a quella parola, che doveva essere riferita ad un posto o ad un luogo che si doveva trovare pressappoco "alla fine del mondo", un luogo che era un'impresa raggiungere, da cui era difficilissimo ritornare, ed impossibile vivere. Ma pensai anche, che poteva essere riferita ad un luogo inesistente, inventato, creato dalla fantasia e raggiungibile solo con il pensiero o con l'anima, un posto che non si trovava su nessuna cartina geografica, ma tra il Paradiso e l"Inferno, Patagonia=Purgatorio, e questa tesi poteva essere confermata anche dalla chiara mancanza di indicazioni geografiche da parte dei parenti stessi, che alla mia domanda di chiarimenti: dove si trovasse la Patagonia?, loro rispondevano: "Luntan dimondi luntan!".
Per molti anni ho continuato a pensare alla Patagonia come ad un posto fantastico o comunque non terreno, fino al momento in cui non la ritrovai chiaramente descritta nei lavori di alcuni scrittori molto legati a quella terra; come Coloane, Sepulveda, Chatwin, che la ricollocarono al giusto posto geografico, rompendo un pÚ tutti i miei sogni e viaggi mentali su quel luogo, ma allo stesso tempo, rendendolo pi˜ vicino fisicamente e raggiungibile.
Inoltre mi resi conto che le loro descrizioni, i loro racconti, nel loro viaggiare, non era poi cosÏ diverso da come lo immaginavo io, quando non confinata geograficamente, continuavo a pensare alla Patagonia in modo irreale e fantasioso. Quindi "quale posto migliore" per un viaggio ai confini, un viaggio nella frontiera dove l'avventura fa parte del quotidiano, dove l'uomo sopravvive con la natura in condizioni estreme, un luogo dove la terra Ë dura ed inospitale, ma che allo stesso tempo si manifesta in tutta la sua grandezza; a partire dalle sconfinate pianure desertiche, aride e desolate, spazzate dal forte vento patagonico, dove puoi viaggiare per km e km senza incontrare anima viva e le cittý distano centinaia di miglia l'una dall'altra, dove la desolazione viene interrotta solamente da qualche "estancia" solitaria.Un posto dove non Ë difficile immaginare quei due banditi o anarchici, a seconda delle vedute, venuti dal nord e scappati dalla legge e dalle leggi, cavalcare liberi nel loro ranch, mentre cercano di organizzare nuovi colpi in qualche banca sudamericana, ripassandosi a memoria lo spagnolo!
Oppure trovarti di fronte all'immensitý silenziosa dei ghiacciai perenni, circondati da laghi color smeraldo, per osservare la lenta ma inesorabile avanzata del Perito Moreno che causerý l'esplosione di ghiaccio, quando riuscirý di nuovo a bloccare il corso dei due laghi che lo circondano! e da dove ha origine una delle catene montuose pi˜ famosa del mondo con montagne dalle vette inarrivabili quali Fitzroy o Cerro Torre, trovandoti all'interno di Parchi Nazionali dalla bellezza mozzafiato, come il Parco Naturale dei Ghiacciai, o il Parco Nazionale del Torres del Paine.
Ma se uno preferisce, si puÚ attraversare la Cordigliera delle Ande per ritrovarsi in Cile e prendere una nave mercantile che attraverserý per l'intera lunghezza, la frastagliata costa cilena passando all'interno di splendidi fiordi, in un viaggio che dura 4/5 giorni a secondo delle condizioni climatiche, sfiorando "iceberg" che scivolano lenti sulle calme acque dei canali dalle strette pareti, ripercorrendo famose rotte, come quella del Beagle di Darwin, o navi fantasma di pirati vissuti secoli fa e quelle pi˜ tristemente famose delle baleniere!
Una terra dove Ë possibile incontrare viaggiatori-nomadi, di quelle persone che hanno fatto del "viaggiare" una forma di vita, un modo di essere, un popolo nomade formato da gente comune, o semplicemente viaggiatori solitari che con spirito d'avventura, voglia di conoscenza e libertý, girano il mondo con due soldi, un pÚ di regole, ed una fitta rete d'informazione fatta del tradizionale passaparola, capaci di sviluppare forme di sopravvivenza che possono apparire ai nostri occhi impossibili.
Insomma la Patagonia come viaggio estremo, ma anche come rigeneratore psicofisico, partendo con zaino e sacco-pelo e con una macchina fotografica, lasciando a casa il superfluo, stress, orologi e calendari per una immersione totale nella natura, alla scoperta dell'avventura, dei propri limiti e del dolore; magari in compagnia di qualche buon libro!!
Buon Viaggio!
Cisco

Libri consigliati per il viaggio:
B. Chatwin "In Patagonia"
L. Sepulveda "Patagonia Express"
L. Sepulveda "Il Mondo Alla Fine Del Mondo"
Che Guevara "Latinoamericana"
F. Coloane "Terra Del Fuoco!"

OBSOLESCENZA DELLA T.A.Z.E LA NUOVA FRONTIERA DEI NON LUOGHI

Assioma: le zone temporaneamente autonome si sono dimostrate un fallimento. Urge cambiare. La rete e la tela a cui fa riferimento Bey in "The Temporary Autonomous Zone", "Ontological Anarchy", "Poetic Terrorism", ha giý fatto il suo tempo, o meglio, non hanno fatto in tempo a diventare rivoluzionarie che giý erano state monopolizzate dalle multinazionali. Si penserebbe che banche dati pubbliche, internet, telefoni, sistemi postali che indicano la rete, siano aperti a chiunque, e che la tela sia una sorta di struttura aperta, orizzontale di scambio informatico, ossia che la rete non gerarchica in poche parole sia una contro-rete illegale, clandestina, ribelle, comprendente la pirateria dati e altre forme di parassitismo a spese della rete stessa. Ma non Ë cosÏ. In veritý tutto ciÚ oggi, a differenza di quanto diceva negli anni '80 Bey, in maniera un pÚ exotica, risulta nel pieno della surmodernitý anacronistico. S'Ë dimostrato che Hackers, Zippy, tecnovillani, jamming, modern primitivs, cyberpunx, ravers, surfisti atari, phreakers, new jackers utilizzando e concretizzando gli scritti sulla Taz, hanno visto svanire l'efficacia di tutto ciÚ che era stato detto e molti di essi continuano a tenerlo per buono tutt'oggi. S'Ë dimostrato che Internet Ë solo uno specchietto per le allodole e le multinazionali perpetuano una vera e propria guerriglia telematica a colpi di rete e di fibre ottiche a scapito di nerds che rincorrono una finta modernitý facendosi riempire la bocca da parole quali: navigazione nella rete, cyber-net, siti, posta elettronica, villaggio globale computerizzato eccetera, senza rendersi conto di fare esattamente il gioco di chi gli propina codesti sistemi massmediologici come l'archetipo della libertý dell'individuo. No! d'ora innanzi non staremo pi˜ al gioco, Taz voleva essere una tattica di scomparsa, ma il miglior modo per farsi riconoscere Ë quello di viaggiare nelle obsolete zone temporaneamente autonome. Dispiace dirlo, ma la sconfitta dell'insurrezione a scapito della rivoluzione del cosmopolismo senza radici porta tutte le categorie sopra menzionate a rivedere in nuce il sistema di organizzazione radicale degli scopi golemici. E' impensabile oggi continuare a fare circolare dati, comunicati, messaggi e quant'altro tra rete e tela, hackers, modern primitivs, cyberpunks, tecnovillani, giovani virtuali hanno la necessitý di ristabilire il corpo al centro dell'universo cerebrale essendo il media meno mediato. Facendo ciÚ Ë inevitabile nell'epoca del post-post-moderno prendere in considerazione i nonluoghi reputandoli come i possibili sostitutivi-efficaci-alle taz imperanti. I nonluoghi non sono altro che spazi anonimi, concepiti come zone di passaggio, esistenti in tutto il mondo evoluto e potenzialmente rivoluzionari. I nonluoghi sono l'alternativa sinergizzante con l'immediatismo, sono le infrastrutture per il trasporto veloce, quindi autostrade, aeroporti, stazioni, automobili, aerei, treni, supermercati, centri commerciali, hard disk, catene alberghiere e la loro potenzialitý, supportata da altri mezzi che ne garantiscono la propedeuticitý ne costituiscono un vero potenziale da sfruttare. I nonluoghi sono le taz del 21ƒ secolo, bisogna agire nei nonluoghi per scambiarsi informazioni, notizie, tecnologie, musiche, video, messaggi, bisogna includere all'interno della propria filosofia nomade anche i nonluoghi come alternative potenzialmente valide, considerando la parte materiale, la presenza fisica, l'individuo, parte importante ed integrante del tutto. Il motto Ë: pensare in grande, agire in piccolo. I nonluoghi devono essere frequentati da individui simili, soli, con uno scopo ben preciso e nella massa dei nonluoghi ci si puÚ nascondere, si puÚ passare inosservati perchÈ dove il numero di individui Ë alto, l'anonimato Ë garantito, mentre nelle reti e nelle controreti si era pi˜ visibili perchË le maglie erano pi˜ larghe, pi˜ nitide. Caos, anarchismo ontologico, T.P., bambini selvaggi, sabotatori blissettiani, hanno questo sbocco, questa corsia di emergenza da prendere in considerazione al pi˜ presto, perchË la surmodernitý rischia di riuscire nell'intento di guidare le opinioni e di marchiare tutti a "barre ottiche" facendo perdere l'anonimato all'individuo.
Poetic terrorism
Davide Bregola

DIRITTI DELL'UOMO MUTANTE

Le attivitý cerebrali dell'intera specie umana sono giý state colonizzate da entitý aliene, oppure tale timore Ë solamente il prodotto della nostra fervida autosuggestione? O ancora, l'invasione Ë ritenuta imminente? Il dibattito attorno a questo argomento non si Ë mai spento, e in questo contesto la comparsa della rivista "Diritti Dell'Uomo", edita dalla Chiesa di Scientology, puÚ essere valutata in modi diametralmente opposti: estrema ancora di salvataggio o cavallo di Troia delle forze extraterrestri. Di fatto, la diffusione della rivista testimonia la radicata presenza dei seguaci di L. Ron Hubbard anche in Italia, per la precisione in undici cittý: Milano, Brescia, Lissone (MI), Novara, Padova, Pordenone, Torino, Verona, Roma, Nuoro e Catania. Posto che nessuno di noi sia disposto a considerarsi perduto, quindi giý trasformato in ultracorpo, darÚ per scontato, quantomeno dal punto di vista teoretico, la provenienza spaziale del reperto "Diritto Dell'Uomo" . Una sua attenta lettura ci illumina su come Loro vedono Noi. Risultato: visti da quest'ottica, non stiamo per niente bene.
Innanzitutto non ci avvediamo del fatto che nella copia di "Diritti" (non numerata), recuperata a Verona, si carpisce l'attenzione del pi˜ alto numero di umani utilizzando la tattica dei partiti politici post-ideologici:l'invio di input a pioggia. Sono presenti redazionali che denunciano i maltrattamenti subiti dai "pazienti" nei manicomi, o appelli a non sottovalutare il pericolo dei rigurgiti nazionalsocialisti in Germania. Parallelamente, Scientology attacca la campagna informativa sull'AIDS del governo tedesco, definita pornografica; invita il lettore a partecipare attivamente alla campagna "Dico no alla droga". Sotto sotto, Ë questo asettico perbenismo a costituire il nucleo fondante di "Diritti". Tre articoli ci invitano a dire no alla "droga". Anche qui con uno stratagemma conosciuto: la ripetizione continua, ritmata della Parola, in una movenza quasi musicale, certamente a-razionale (bravi!!). Nei tre articoli dedicati al tema, il termine droga/droghe compare 61 volte, spesso accostata a termini negativi quali no, anti, problema. Sul totale di 61, la definizione di droga compare 0 (zero) volte. La differenziazione tra droghe leggere e pesanti Ë operata in 2 (due) casi (pag.6). Nel primo il rallysta Giovanni Banderini spiega che "l'apparente basso livello di tossicitý della marijuana, ad esempio, fa passare inosservato il vero pericolo che comporta, che Ë la perdita di ambizione". Accanto alla foto di Banderini, la foto di una fuoristrada fiammante. Nel secondo caso la cantante Elena Roggero assicura che dobbiamo smetterla con le droghe leggere, senza spiegarci perchÈ.
La scansione, il ritmo, il "tempo", ci trasportano, ci fanno lievitare, viaggiare (paradossalmente). Per condurci dove? Verso la costruzione di un nuovo mondo, noi esseri sradicati, che abbiamo perso quello vecchio. Siamo sconfinati nel vuoto immenso e pauroso, e gli alieni gentilmente ci propongono un auto-ingabbiamento tra quattro mura, per non vedere cosa c'Ë fuori. Come antidoto, Scientology offre le sue otto dinamiche, recanti "Ordine e chiarezza nell'esistenza" (art. "Una Descrizione Di Scientology" pag. 15). L'esistenza in questione Ë quella dell'uomo moderno, anzi ultramoderno, solo e abbandonato a se stesso come non mai, senza radici. CosÏ "Diritti Dell'Uomo" Ë singolarmente inodore, senza sapore, fredda, sa di consolle, Ë adatta a un popolo giovane come quello americano, senza terra. Ma noi, buoni europei? Ci basta concentrare il Male nel cestino pieno di siringhe (foto pag. 11)? Fidarci di Mr. Hubbard solo perchÈ sorride dinnanzi a un mare scintillante (pag. 16)? Oppure la calda vita parla ancora alle nostre orecchie.....
Il mondo alieno Ë freddo. CiÚ non significa che non tentino la seduzione, al fine di convertire. Ogni rapporto umano Ë basato sulla seduzione, in sua mancanza non vi sarebbe alcun contatto umano, solo isolamento. La seduzione fredda di Scientology (e di tanti altri...) Ë la chiarezza, mille anni luce lontana, ad esempio, dalla soffusa ambiguitý del cattolicesimo mediterraneo. Mr Hubbard posiziona un determinato ordine morale e crea una determinata linea di demarcazione, di qua il bene, di lý il male. I seguaci del bene sono felici e sorridono: in "Diritti" 11 foto (*) raffigurano 83 volti sorridenti: 78 sono adepti di Scientology. E voi, ridete ancora?
Marco Boni

NB: se avete inventato una nuova saponetta e volete darle un nome simpatico, attenzione: Scientology R Ë un marchio d'impresa.

(*) Altre quattro foto con gente sorridente sono da spot, non definibili.

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