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Santa Sangre: "Ogni cittý avrý il tuo
nome"
CP.I.: "Peccato che Fenoglio non
c'era"
"Ogni Citta Avrý Il Tuo Nome"
(Sonica / C.P.I.)
La prima volta che ho ascoltato questo disco ho subito visualizzato
la situazione live delle canzoni come se venissero suonate per me in quel momento
dentro un locale fumoso con il solito vociferare e l'odore di alcolici a sottolineare
certe linee melodiche fatte ad hoc per gli occhi stralunati di chi vive solo
la notte. I Santa Sangre hanno il potere immediato di farvi scendere la scala
ripida che porta al pi˜ notturno dei locali tappezzato di rumori di vetro; la
loro intenzione perÚ non Ë quella di stordirvi con il fracasso metropolitano,
ma di raccontarvi storie e di suonarvi musica carezzevole. Lo stile attinge
sicuramente dagli anni '60, gli spunti pi˜ dark sfiorano un Mark Lanegan di
"Whiskey For The Holy Ghost" e il pi˜ ironico e ululante Tom Waits
o ancora certe oscuritý dei Morphine (citare solo Nick Cave forse sarebbe troppo
facile). Dicevamo....spazzole, rullante, chitarra elettrica (slide) alla Sergio
Leone, qualche nota d'armonica, basso e una voce vellutata che pronuncia frasi
disperate alleggerite da un'ironia ben dosata e tonalitý rigorosamente in minore.
La sognante "Canta Per Me Maria" sfodera cori in pieno accordo con
quelli di alcune ciurme di pirati: "Aigodaloviu" (tradotto per chi
mastica solo l'inglese "I God I Love You") cambia la disposizione
del gruppo relegando Mox Cristadoro con la sua batteria minimale in fondo alla
stanza mentre Luca Talamazzi (voce) si dirige verso il vostro tavolo con la
sua chitarra ciondolante. Tutto avanza dolcemente sino al pezzo forse pi˜ bello
dell'album "Il Mercato Di Saint Soulpice" che precede la chicca "24000
Baci", azzeccatissima cover strumentale del sempreverde Celentano. E' bello
vedere qualcuno interessato a scrivere canzoni senza pretesa se non quella di
far ascoltare dei bei suoni distinti e dei frammenti di vita raccolti qua e
lý sulla strada, il tutto miracolosamente confezionato in casa (o quasi) dallo
stesso Maurizio Raspante, bassista e coproduttore del gruppo. Come dicevo "Ogni
Cittý Avrý Il Tuo Nome" Ë memoria nostalgica dei suoni e delle atmosfere
dei '60 e non fa nulla per nasconderlo; sappiate perÚ che i ragazzi masticano
il genere da una decina d'anni e se desiderate saperne di pi˜ provate a chiedere
dei Carnival Of Fools! A questo punto auguro un buon ascolto non solo a chiunque
voglia passare un po' del suo tempo in una delle cittý bagnate di pioggia dei
Sante Sangre, ma anche a tutti i proprietari di locali notturni in cerca di
un'atmosfera densa di magia. Prenotateli subito prima che il loro cachet salga
alle stelle!!!
Cristina Doný
Parlare di questo disco, non Ë molto facile per me. Innanzi tutto perchÈ scrivere
di persone, di compagni con cui hai condiviso bellissimi momenti di gioia, di
passione, di sofferenza, di entusiasmi, di duro lavoro per costruire un progetto
con una identitý precisa, Ë quanto meno arduo ed imbarazzante. Imbarazzante
Ë anche il fatto che dovrei recensire un disco di cui quando l'ho sentito finalmente
completato, la prima sensazione che ho avuto Ë stata quella che avrei voluto
cantare almeno la metý dei brani ("L'Amaro Niente", "Mare Crudele",
"Il Mercato Di San Sulpice", "Occhi Di Serpente", "Non
Prendo Rose Per Te", "La Fuga"). Brani che mi rimandano ad un
passato recente, che mi sembra lontanissimo e che mi ha lasciato un segno indelebile.
"Ogni Cittý Avrý Il Tuo Nome" Ë un disco affascinante, sobrio ed essenziale,
di delicata bellezza svelata sottovoce, di raffinate atmosfere con riferimenti
cinematografici e musicali ben precisi: Ennio Morricone sopra tutti. O per lo
meno la lezione imparata dal Maestro e reinterpretata, filtrandola con ascolti
che partono da Nick Cave a Tom Waits, oscuri chitarristi surf, arrivando fino
a Chris Isaak passando per Jeff Buckley. In tutto questo, l'immaginario letterario-cinematografico
che i Santa Sangre costruiscono e rincorrono Ë veramente azzeccato. Da vero
lonesome cowboy romanticone quale sono, ho sentito questo disco un sacco di
volte negli ultimi giorni, ed alcuni brani li ho anche imparati a memoria......(?).
Complimenti veri e sinceri.
Mauro Ermanno Giovanardi (GiÚ - La Crus)
BIOGRAFIA
I Santa Sangre nascono ufficialmente nell'estate del '95 dalle ceneri dei Carnival
Of Fools, band nella quale giý militavano Luca, Maurizio e Mox. Con l'inserimento
di Alex Ragni il gruppo si struttura in una line up tradizionale composta da
due chitarre, basso, batteria e voce.
Abbandonate le cupe atmosfere berlinesi dei Carnival Of Fools, i Santa Sangre
si ispirano a sonoritý di derivazione cinematografica legate ad un immaginario
latino, cruento e religioso, proprio come il cult movie di Jodorowsky da cui
traggono il nome.
Alla fine del '95 compaiono sulla ormai mitica compilation "Soniche Avventure"
della Fridge Records raccogliendo ampi consensi da parte della critica specializzata.
Tra la fine del '96 e l'inizio del '97 la band entra in studio per realizzare
"Ogni Cittý Avrý Il Tuo Nome", il disco d'esordio.
L'album, registrato da Paolo Mauri, coincide con l'abbandono del gruppo da parte
di Alex, sostituito dal giovane e talentuoso Gabriele.
Bisogna stare attenti a non prendersi troppo sul serio.
Non ricordo esattamente quando incominciai a scoprire Beppe Fenoglio. Liceo,
o gi˜ di lÏ. E poi, le date hanno ben poca importanza. Ricordo, invece, che
una cosa mi colpÏ fin dalle prime letture: la serietý. Fenoglio era uno scrittore
maledettamente serio. Serio, non serioso. Serio, cioË una persona che affrontava
con profondo rispetto l'oggetto del suo indagare. Massimo rispetto.
Una persona talmente seria da volerne sapere di pi˜.
Per chi di voi non ha voglia di consultare un manuale di storia della letteratura del
Novecento, una breve introduzione.
Beppe Fenoglio nacque ad Alba, nel nord-est della grande provincia cuneese, ai piedi delle
colline dette Langhe, il 1 marzo 1922. Durante gli anni del liceo classico scoprÏ, tra le
altre, tre passioni che gli avrebbero cambiato la vita. Le Langhe del ceppo paterno, la
letteratura inglese e l'antifascismo. La prima, segnata dai volti rugosi e dagli spiriti
liberi dei vecchi Fenoglio, lo condurrý a narrare miserie e ironie della dura vita
contadina in romanzi e racconti dall'incedere universale (La Malora, la raccolta Un giorno
di fuoco). La seconda coltivata sulle pagine di Shakespeare, Milton, Marlowe & co., lo
spingerý a stendere in inglese la prima versione di alcuni tra i suoi lavori pi˜ celebri
(Primavera di bellezza, Il partigiano Johnny). La terza, stimolata dalle aperte menti di
due professori poi divenuti partigiani (Pietro Chiodi, filosofo esistenzialista, e
Leonardo Cocito, appeso dai tedeschi a un gancio da macellaio), lo guiderý nell'inverno
del '44 a scegliere la strada delle colline.
I ruvidi saliscendi delle Langhe, il Liceo, con il suo bagaglio di amori adolescenziali e
infatuazioni immaginarie, e la guerra civile saranno i terreni-chiave dell'agire
letterario dello scrittore. Ma a dispetto di questo alto collocarsi ispirativo, la vita di
Fenoglio si Ë mossa su ben altri binari biografici. Deluso dall'esperienza post-bellica
(disoccupazione e rapida liquidazione dell'esperienza partigiana), impacciato dalla
balbuzie in presenza di estranei, dopo aver abbandonato gli studi universitari, nel '47
Fenoglio, cedendo alle pressioni della madre (una Margaret Thatcher dell'economia
domestica), accetterý un posto da impiegato in una ditta vinicola. Senza mai rinunciare
alla quotidiana frequentazione di bar, amici e ritmi provinciali, Fenoglio condurrý cosÏ
una schizofrenica esistenza tra genericitý diurne e esaltazioni notturne. Quando,
infatti, avrebbe potuto scrivere e riscrivere le migliaia di cartelle che di lui ci
restano, se non di notte? E quando, altrimenti, avrebbe potuto leggere e tradurre le
pagine di Coleridge, Hopkins, T.S. Eliot che ci sono giunte dopo la sua prematura morte
per cancro ai polmoni nel febbraio 1963? La spiegazione, certamente parziale, sta in
quelle ottanta e forse pi˜ sigarette consumate da quel fisico alto asciutto, da quegli
occhi intensi e indagatori che riscattavano il naso butterato. La spiegazione,
sicuramente, non esiste. E' il mistero di un uomo.
In vita, Fenoglio ha pubblicato solo tre libri. Tutti segnati da controversie. Il primo Ë
del 1952, I ventitrÈ giorni della cittý di Alba, ma lui lo avrebbe voluto intitolare I
racconti della guerra civile, solo che, all'epoca, erano i fascisti a parlare di guerra
civile, e la sinistra italiana mal digeriva la definizione. Il secondo, La Malora, fu
criticato nel risvolto di copertina dal suo stesso editore. Il terzo, Primavera di
bellezza, uscito nel '59, era la strana lobotomia applicata dalla casa editrice Garzanti a
un epico romanzo sulla guerra '40-'45 che mai vedrý la luce.
In sintonia con una vita irregolare e atipica, lontana dai salotti letterari e dalle
ortodossie ideologiche (partigiano con i monarchici, poi socialista non dogmatico, mai
mossosi da Alba), i lavori pi˜ celebri di Fenoglio usciranno post-mortem. Il giý citato
Un giorno di fuoco, l'inquietante Una questione privata e l'epico Il partigiano Johnny,
acefala e incompiuta odissea umana e linguistica che svelerý definitivamente lo
straordinario laboratorio linguistico di Fenoglio. Proprio in quelle pagine, non ancora
raffinate dallo sforzo editoriale, ricche di ingenuitý e dense di liberatori sfoghi
verbali, si potrý infine apprezzare tutto il faticoso e mai soddisfatto travaglio dello
scrittore alla ricerca di una lingua che raccontasse con il medesimo rispetto il contorno
di una collina e il sapore della prima battaglia, il cielo lastricato di nuvole e il
collant sdrucito di una ragazza invecchiata dalla barbarie dei tempi. Fenoglio diceva che
partigiano era una parola assoluta, come poeta. Lui ha fatto entrambe con la medesima
serietý.
Partigiano. Lingua. Universale. Serietý. Rispetto. Guerra civile. Irregolare. Vi basta?
Vi sembra abbastanza punk? Sufficientemente trendy? Cyber il giusto?
Giovanni Lindo Ferretti mi omaggia del merito di avergli fatto (ri)scoprire Fenoglio
all'epoca di "Materiale Resistente". Sinceramente non mi ricordo di averlo
fatto, ma puÚ benissimo darsi, dal momento in cui, come quei vecchietti rincitrulliti
dalle ossessioni di una vita, di Fenoglio parlo spesso e volentieri con tutti e sempre.
Ogni tanto, lo ammetto, mi trovo io stesso un po' ridicolo. Ma, d'altra parte, con l'etý
si impara ad accettarsi, e far virt˜ delle proprie idiosincrasie. Come a proporre ai
C.S.I. la serata di "Un giorno di fuoco", emotiva e necessaria scelta di un
modello letterario e umano che non ha bisogno di spiegazioni, ma di silenziosa indagine,
dentro e fuori di sÈ.
A dire il vero, tutto era iniziato in un ristorante. Margherita Fenoglio, la figlia, e gli
amici Piero Scaglione Negri e Stefano Campanello mi avevano raccontato della strana storia
della casa di Piazza Rossetti, in cui Fenoglio aveva vissuto e scritto, mezza demolita da
una mentalitý provinciale, inaridita da questi frettolosi tempi. Decidemmo, lÏ per lÏ,
di fare qualcosa, magari un concerto, magari un vero e proprio spettacolo, per dare un
senso al nostro orgoglioso sdegno.
Senza pensarci su telefonai a Giovanni. Non ebbe esitazioni.
Non abbiamo parlato troppo di quel che avremmo fatto quella sera del 5 ottobre 1996 in
quel di Alba. Quando poi i C.S.I. entrarono nella Chiesa di San Domenico capirono quel che
ci toccava fare. A Giovanni l'idea di suonare in una chiesa intimoriva, nonchÈ esaltava.
Curioso destino per un omaggio a uno scrittore laico, scandalosamente sposatosi in comune
e seppellito con rito civile nella cattolica e perbenista Alba. Belle contraddizioni,
ideali controversie mentali.
Ad Alba, dopo il 5 ottobre, abbiamo fondato un circolo: Fenoglio '96. Insieme, abbiamo
raccolto e filmato oltre cento testimonianze di persone che hanno conosciuto Fenoglio. Con
esse, realizzerÚ un documentario per Rai 3 che andrý in onda nella prossima primavera.
Ma intendiamo andare oltre: produrre una biografia che scavi al di lý delle opere
letterarie, per cercare nell'uomo quelle domande che non chiudano i misteri, ma aprano i
cuori e le menti. Una biografia che eviti le facili scorciatoie dei miti (invero Fenoglio
non fu gran combattente, benchÈ partigiano rigoroso) e non nasconda le contraddizioni.
Una biografia che parli a chi non conosce.
Non so se mai riuscirÚ a realizzare un film da Il partigiano Johnny. Sono seriamente
disposto a tutto per farlo. Ma non ho fretta.
Sono immodestamente orgoglioso di aver ideato, organizzato e filmato quella serata con i
C.S.I. e gli altri del Circolo, Gherardo Gossi, il direttore della fotografia, Mariano De
Tassis, il responsabile delle luci dei C.S.I., Fulvio Modena, il montatore, e tutti gli
altri che hanno reso possibile quello che io potevo solo immaginare. I C.S.I. hanno
suonato divinamente. Per me, rimarrý il loro pi˜ bel concerto. Riascoltarlo o rivedere
la cassetta Ë vivere un'emozione irripetibile, seria e rispettosa. Credo che a Fenoglio
sarebbe piaciuto.
Guido Chiesa
La testimonianza sonora di quella sera sarý pubblicata a gennaio in tiratura limitata su
compact disc, musicassetta e doppio album.
La scaletta di "La Terra. La Guerra. Una Questione
Privata" Ë cosÏ suddivisa:
La Terra: "Campestre" -
"Esco" - "Fuochi nella notte di San Giovanni" La Guerra: "Guardali Negli Occhi" - "Linea Gotica" - "Cupe Vampe" - "Memoria Di Una Testa Tagliata" Una Questione Privata: "In Viaggio" - " Del Mondo" - "Annarella" - "Guardali Negli Occhi (ripresa)" |