Famiglie
indigenti
e affidamenti
Lo
"strano" degli affidi dei figli di famiglie indigenti agli
istituti di accoglienza. Occorre innanzitutto precisare
che, a seguito dell'interessamento del Tribunale per i minorenni,
gli assistenti sociali dei Comuni o dei Consultori familiari
delle Aziende sanitarie vengono incaricati di redigere una
o più relazioni sullo stato di vita di alcuni nuclei familiari
nei quali vi sono minori in possibili situazioni problematiche.
Tralasciando,
in questo momento, qualsiasi commento sull'operato di alcuni
di questi assistenti sociali, ovvero sulle loro relazioni
scritte, vorrei soffermarmi sui casi in cui il Tribunale
per i minorenni dispone di affidare un figlio a un istituto
di accoglienza.
Occorre
ricordare che nei Tribunali per i minorenni italiani non
è assolutamente permesso il contraddittorio, dove il coinvolto
avrebbe la possibilità di difendersi da qualsiasi accusa,
contrariamente a quanto invece accade nei tribunali civili
italiani e in quelli di tutte le altre nazioni definite
"democratiche".
Tornando
quindi al caso in cui il Tribunale per i minorenni dispone
di togliere il bambino al suo nucleo familiare d'origine
e di affidarlo a un istituto di accoglienza, occorre sapere
che questi istituti di accoglienza per il 90\% dei casi
sono onlus, ovvero senza scopo di lucro e, quindi, con un
diverso trattamento fiscale, e percepiscono dal Comune di
residenza dei bambini affidati cifre mensili che raggiungono
anche i 3mila o 3mila e cento euro per ogni bambino ospitato.
La
domanda che allora ci sorge spontanea è la seguente: se
in Italia una famiglia media guadagna 1.500 euro al mese,
una indigente è sicuramente al disotto di tale cifra e quindi,
nei casi in cui all'interno del nucleo familiare si verifichino
situazioni problematiche determinate nel 99\% dei casi proprio
dall'indigenza (sporcizia dei vestiti dei figli, mancanza
del necessario per frequentare la scuola dell'obbligo, casi
di nervosismo tra i coniugi perché le loro preoccupazioni
sono eccessive a causa della loro condizione, ecc.), proprio
in questi casi il Tribunale per i minorenni, tramite gli
assistenti sociali, dovrebbe avere una particolare attenzione,
ovvero non togliere i figli a questi nuclei, ma attraverso
gli assistenti sociali favorire una integrazione economica
che porti questi nuclei familiari a livelli di vita accettabili.
Questo
in Italia non viene assolutamente fatto. Ci troviamo di
fronte a bambini letteralmente "strappati" dai loro nuclei
familiari d'origine, in maniera repentina, senza che i loro
familiari abbiano la possibilità di spiegare e di difendersi
da qualsiasi accusa, solo perché i bambini sono stati coinvolti
in situazioni problematiche legate principalmente a stati
di nervosismo tra i coniugi, magari preoccupati dalla loro
situazione economica.
Ecco
che gli stessi bambini vengono "affidati", ovvero rinchiusi,
non si sa per quanti anni e in quali condizioni di trattamento,
in istituti di accoglienza alla bella cifra mensile di tremila
euro e più per ognuno.
Allora
non era meglio lasciarli dove si trovavano e aiutare l'intero
nucleo familiare con cifre molto più modeste, ovvero quelle
della media delle famiglie di operai italiani di 1.500 euro
al mese?
Certo
che, dopo questa eventualità, gli assistenti sociali dovrebbero
impegnarsi a controllare l'andamento del nucleo familiare
aiutato, e soltanto nel caso in cui le problematiche non
fossero state risolte, relazionare negativamente al Tribunale
per i minorenni.
Perché
in Italia invece si passa subito alla fase finale? Perché
in Italia un bambino affidato rimane anni interi negli istituti
suddetti? Chi ci guadagna? Di sicuro non il bambino e il
suo nucleo familiare d'origine! Provi il lettore a darsi
una risposta.
Fausto
Paesani
Ge.Fi.S.
- Comitato Genitori di
Figli Sequestrati
UDINE
Comparto unico: quale futuro senza riforma? È ormai chiaro per la segreteria Fps Cisl regionale che, in merito alla vicenda del comparto unico, l'attuale maggioranza dimostra di essere allo stato di natura hobbesiano "tutti contro tutti", "homo homini lupus". Al suo interno c'è chi afferma, in modo superficiale, che non si può procedere senza il parere di conformità della corte dei conti (come Brussa, noto esponente della Margherita) e chi invece, a torto o a ragione, per noi a ragione, come Travanut (Ds), afferma che davanti al parere negativo della Corte dei Conti la giunta dovrebbe andare avanti. Alcuni eminenti esponenti della maggioranza eludono un fatto: la certificazione negativa da parte dell'organismo di controllo contabile apre due strade: 1- il governo dà mandato all'Areran di firmare 2- se proprio necessario, si riaprono le trattative. In Friuli Venezia Giulia, il fatto diventa paradossale in quanto la Corte dei Conti non ha fatto rilievi sostanziali rispetto all'accordo siglato, ha espresso giudizi che si possono interpretare di tipo "politico", pare rivolti proprio al politico. Semplicemente, da un anno la maggioranza che è al governo non ha portato a termine nessuna riforma di decentramento come sventolato nel periodo prelettorale: si ricordano le dichiarazioni che riportavano promesse che entro cento giorni dall'insediamento di Riccardo Illy si sarebbe dovuto procedere all'approvazione di una riforma che avrebbe fatto del Friuli Venezia Giulia un modello di federalismo: ci pare che cento giorni siano di gran passati! È facile, populisticamente, dare acconti: si sa che i soldi nelle tasche fanno bene! Ma è meglio una gallina oggi o un uovo domani? In questa fase i soldi non bastano! Ciò che dà la garanzia per il futuro è soprattutto e ineludibilmente il contratto! Il contratto firmato è la pietra angolare per il proseguo del viaggio verso il contratto unico: questo vogliamo far comprendere ai dipendenti! Non denigriamo i soldi, ma vogliamo dare sicurezza al domani! La Fps del Friuli Venezia Giulia è fortemente convinta, prendendo lezione da Treu (esponente della Margherita) che, come lui sostiene, l'indennità di vacanza contrattuale serve da stimolo per il rinnovo di un contratto, in egual stregua anche la certificazione negativa della Corte dei Conti, nel nostro caso, può essere solo di stimolo allo stesso politico per completare il processo di decentramento, senza "colpi di mano" e senza travolgere i ruoli istituzionali. Anche in questo ci confortano le dichiarazioni di Travanut, che ritiene che la corte dei conti potrebbe piegarsi a un dovere politico se la politica facesse il suo mestiere. E con lui ci chiediamo se la riforma non viene attuata quale futuro? È chiaro che il pallino lo ha in mano Riccardo Illy e con il prossimo voto il cittadino, che in questa circostanza coincide anche coi dipendenti degli enti locali! Facile fare proclami di volontà di riforme. Le scelte vere rendono impopolari. Quindi, meglio non scegliere! Segreteria Fps Cisl
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