Mio fratello, aviatore "non volontario" in Iraq
La vittoria di Chavez: resistere si può
Agganciare l'indennità degli On. ai salari

genitori e figli


Perché promuoviamo
l'affido condiviso


Caro direttore, il nostro comitato (Ge. Fi. S Comitato genitori di figli sequestrati, ndr) è costituito da genitori che da anni lottano contro i soprusi del Tribunale per i Minorenni e contro la più assoluta mancanza di sensibilità di alcuni assistenti sociali che, incaricati dallo stesso a redigere relazioni, redigono relazioni drastiche che a volte determinano il distacco dei minori dal loro nucleo familiare d'origine. Lottiamo promuovendo l'affido condiviso in tutti i casi di separazione tra i genitori, ad esclusione di quelli in cui all'interno del nucleo vi è conclamata violenza o devianza dei genitori coinvolti. Lottiamo affinché gli assistenti aociali svolgano la loro reale attività, promuovendo in alcuni casi anche l'aiuto economico alle stesse. Lottiamo contro le iniquità delle attuali "applicazioni" della legge sugli affidi dei minori durante le separazioni e le lungaggini che i vari tribunali hanno nei giudizi.

Fausto Paesani, via e-mail

 

 

venezuela

La vittoria
contro gli oligarchi
Caro Curzi, è con grande gioia che apprendiamo della vittoria del Presidente venezuelano Hugo Chavez nel referendum revocatorio del 15 agosto. Il Comitato elettorale nazionale ha annunciato che a 94% delle schede scrutinate i "no" hanno ottenuto il 59% contro il 41% dei "sì". Vittoria schiacciante quindi che conferma il Presidente Hugo Chavez sino alla fine naturale del mandato. Ancora una volta il popolo venezuelano ha respinto i prepotenti attacchi dell'oligarchia venezuelana, ma soprattutto l'arrogante intervento dell'imperialismo Usa. Ancora una volta i popoli del cosiddetto "terzo mondo" dimostrano (a noi) che resistere si può e costruire un mondo diverso è possibile.

Associazione Pellerossa, Cesena

blair

Tu non
sei benvenuto!

Caro Sandro, ti invio il testo di un nostro manifesto murale affisso nella bacheca nell'occasione della vacanza nella nostra città di Tony Blair; manifesto che ha avuto molto risalto sia sulla stampa locale che su quella inglese, con intervista a me come segretario. Il testo è questo: «Caro Blair come turista sei benvenuto. Ma come capo di governo no! Tu che insieme a Bush hai iniziato una guerra illegittima costruita su bugie. Tu non sei benvenuto! Perché mentre sei qui in vacanza la tua guerra uccide!».

Roberto Corsoni, via e-mail

olimpiadi

Corri Ala,
il mondo è con te
Caro direttore, strane Olimpiadi del commercio e dell'abuso! 2700 anni fa segnavano un tempo di pace, i Romani chiudevano le porte del tempio di Giano signore degli inizi di ogni guerra. Oggi il mondo è devastato da guerre che si chiamano umanitarie o religiose. Si temono ritorsioni e attentati. 190 paesi! Avete visto la delegazione indiana? Il secondo paese più popoloso del mondo ha meno atleti del Lussemburgo. Lo sport è un lusso. Lo sport avvicina i popoli? Piuttosto avvicina le multinazionali, i signori del mercato. Lo sport fa bene? Non ha fatto bene ai 70 morti sui cantieri, a chi è stato costretto a lavorare senza condizioni di sicurezza, 18 ore al giorno per 7 giorni la settimana, né ha fatto bene ai bambini, alle donne, agli uomini in dieci paesi del mondo che hanno lavorato in schiavitù per produrre gli abiti, gli oggetti e le divise dello sport. Le Olimpiadi sono un grande evento sociale? Chiedetelo ai 17mila senzatetto, ai tossici, agli alcoolizzati, ai clandestini, alle prostitute, ai malati di mente... a tutti quelli che sono spariti nella grande pulizia sociale, non si sa dove. I più casinisti gli Italiani. La storia più bella: quella di Ala Hikmed, 19 anni, unica atleta irachena, che corre su 100 e 200 metri piani. Non potrà mostrare le gambe, ma dice: «Corro veloce, ma nel mio paese le pallottole corrono più veloci di me». Corri, Ala, corri infagottata in pantaloni larghi e vecchie scarpe, puoi arrivare anche ultima, noi ti aspetteremo e tutto il mondo femminile ti aspetterà e correrà con te!

Viviana, via e-mail

militari

Mio fratello in Iraq
non volontario
Caro direttore, mi rivolgo a te, e al nostro giornale, nella speranza di far uscire almeno una voce su quello che sta succedendo a mio fratello. Io sono un lavoratore dell'industria metalmeccanica, ingegnere, assessore di Prc in un paese del nord-est. Mio fratello, il più giovane, circa 40 anni, un figlio di 7 anni, lavora nella aviazione militare, è militare di professione, ed ha una specializzazione elevata. Detto in breve: lo mandano in Iraq, ma lui non è volontario. E' costretto a partire con il ricatto del lavoro: se non parti resti, ma a casa, disoccupato. Il superiore, richiesto da Roma, ha costretto i pochi qualificati (e non del tutto) che aveva a disposizione, a tirare a sorte chi dovesse partire, poi ha scritto sulla scheda: «segnalo il capitano Xy, che non possiede tutti i requisiti, e non è volontario». Cosìâ se ne è lavato le mani. Ai nostri genitori, ultraottantenni, è stato raccontato che deve andare in Kosovo, perché starà via più di quattro mesi. Tutto qui. L'opinione pubblica è convinta che i militari sul teatro di guerra siano tutti volontari. Ma non è vero, e c'è di più, l'Italia, in Iraq, ha lo status di nazione occupante, e i militari sono soggetti al codice di guerra. Forse tu lo sapevi già, per il lavoro che fai, io no, e non ho trovato nessuno, finora, che ne fosse a conoscenza.

Lettera firmata

parlamentari
Una ricetta
per gli stipendi
Caro compagno direttore, visto che è in corso una campagna demagogica sullo stipendio dei parlamentari e che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, perché non proponiamo in alternativa ad un taglio secco di agganciare la retribuzione dei parlamentari a quella reale del terzo livello metalmeccanico invece che a quella dei magistrati?

Giorgio Boiani, Genova Sestri Ponente

trieste
Istrianizzazione
di una città
Caro direttore, è stato sborsato oltre 1 milione di euro per la costruzione in tempo record di un vero e proprio musoleo sulla foiba di Basovizza, meta di pellegrinaggio per ogni turista italico che verrà opportunamente dirottato lontano dalla risiera di S. Sabba. Dopo aver scoperto che spostando altrove il monumento a Sissi appena ricollocato in piazza Libertà si rischiava di diventare leggermente impopolari, la destra al potere ha pensato bene di costruire nella stessa piazza un'enorme pietra (tombale?) sulla quale verrà affisso il simbolo della capra assieme agli stemmi dei popoli istriani e dalmati in esilio. Dovrà essere tutto pronto per l'arrivo del presidente Ciampi. A tutto ciò si aggiunge il museo della cultura istriana di prossima costruzione, il museo sull'esodo, e la mostra sulle baracche degli esuli. Intanto sul Castello di S. Giusto è sceso un silenzio di tomba. Dicono che non ci sono i soldi per rimetterlo e posto, ed hanno deciso di darlo in gestione ai privati, che hanno intenzione di ricavarne un enorme parcheggio. Può darsi però che sulle strutture superstiti venga costruito un ennesimo museo dedicato ai profughi.

Gianni Ursini, via e-mail