La Stampa

Un giudizio da accettare con serenità

4 dicembre 2003


di Michele Ainis

La legge sulle tv ha ottenuto infine il timbro delle Camere, e allora tocca a Ciampi. Ma sia che il presidente decida di promulgare la Gasparri, sia che viceversa la respinga al mittente, un fatto è certo fin da adesso: la sua scelta non corrisponde a un’ordalia, a un giudizio divino, e perciò a una scomunica per la maggioranza o per l'opposizione. Non può derivarne un trauma, né tantomeno uno scontro istituzionale. Non può per il semplice motivo che la promulgazione ovvero il rinvio presidenziale d'una legge sono entrambi fisiologici, ed entrambi - a loro modo - provvisori. Quante volte le leggi firmate dal capo dello Stato sono poi state annullate dalla Corte Costituzionale? E quante volte il Parlamento ha riapprovato una legge che il presidente gli aveva rispedito indietro, senza che per questo si scatenasse il finimondo?

È la grammatica non scritta di ogni sistema democratico: una grammatica intessuta d’equilibri fra i poteri dello Stato, di stanze di compensazione, d’opportunità per nuove riflessioni sulle delibere già assunte. Lo stesso bicameralismo si spiega in questa logica, altrimenti tanto varrebbe trasformare subito in legge ogni voto del Senato o della Camera. Quanto al potere di rinvio, s’iscrive anch'esso nella normalità costituzionale, e infatti Ciampi l’ha già esercitato 4 volte, mentre Cossiga giunse a rinviare 21 leggi durante il proprio settennato. Ed anzi in un caso (la legge sull’obiezione di coscienza, votata nel 1992) lo fece a Camere sciolte; in un'altra circostanza (nel 1994) Scalfaro rinviò una legge perché in contrasto con la giurisprudenza costituzionale; in un’altra ancora (nel 1980) Pertini revocò l'emanazione d’un decreto legge che aveva già firmato; infine Segni rinviava in media una legge ogni 3 mesi.

I precedenti, insomma, abbondano, e però l’oroscopo non è mai scontato. Non solo per il doveroso rispetto che si deve all’autonomia del presidente, ma altresì per la difficoltà che circonda il suo giudizio. Sta di fatto che per misurare l’incostituzionalità di questa o quella norma bisogna innanzitutto - nel gergo dei giuristi - coglierne la ratio, ossia l’interesse che protegge. Se offende un interesse tutelato dalla Costituzione, la norma è invalida; ma per saperlo occorrerebbe attendere la prova dei fatti, la resa concreta della norma. Ci sarà più o meno concentrazione nei media dopo la Gasparri? Lo saprà già la Consulta, se e quando la legge le arriverà sul tavolo; Ciampi però deve lavorare in vitro, senza nessuna esperienza in suo conforto. Accettiamone dunque con serenità il giudizio, quale che sia.