INDICE EDIZIONI Martedì 16 Dicembre 2003

Il rispetto
delle regole

Francesco Paolo Casavola
Il messaggio di rinvio alle Camere della legge Gasparri da parte del capo dello Stato era da gran parte della opposizione sollecitato come tempestivo rimedio ad una legge, che altrimenti avrebbe imposto il ricorso al referendum abrogativo o ad un giudizio di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta o di contrarietà al diritto comunitario dinanzi ad un organo dell’Unione europea. La maggioranza temeva il rinvio come l’inizio di una rotta di collisione tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Né l’un comportamento né l’altro era da condividere.
In primo luogo perché il presidente Ciampi non è uomo che possa accondiscendere a stati d’animo e istanze di questo o quello schieramento politico piuttosto che agire secondo coscienza. In secondo luogo perché dinanzi alla materia della legge Gasparri egli unisce due ordini di competenze, quella formale dell’articolo 74 della Costituzione, che lo abilita a chiedere con messaggio motivato alle Camere una nuova deliberazione, e quella sostanziale dell’indirizzo sul tema del pluralismo informativo di un messaggio programmatico al Parlamento nel 2002. In quel messaggio il capo dello Stato elencava sentenze della Corte costituzionale, leggi nazionali, direttive europee, insistendo sulla indispensabilità per la vita democratica che le fonti di informazione siano molteplici, ispirate al dovere della correttezza e della lealtà verso i cittadini, e che i diversi orientamenti politici abbiano pari opportunità di manifestarsi nel circuito dei media.
Il rinvio alle Camere in nessun modo è da considerarsi come un atto di contrarietà del capo dello Stato verso il Parlamento.
Esso è anzi una forma di collaborazione tra presidente della Repubblica e parlamento della Repubblica, dato il fine che il supremo organo dello Stato si propone di vedere emendata dalle Camere la legge approvata da ogni vizio di costituzionalità. Una fisiologica dialettica tra gli organi che concorrono alla formazione della volontà legislativa è anzi buon segno di vitalità democratica.
La storia costituzionale della Repubblica italiana registra quattro rinvii del presidente Einaudi, tre di Gronchi, otto di Segni, uno di Leone, sette di Pertini, ventidue di Cossiga, sei di Scalfaro, quattro di Ciampi.
Il Parlamento ha per lo più accolto i rilievi del capo dello Stato, anche se talvolta in parte, sempre migliorando il proprio prodotto legislativo. Una volta, il messaggio di rinvio di Einaudi dell’11 gennaio 1950, in tema di immissione nei ruoli della magistratura di incaricati di funzioni giudiziarie e di vice pretori onorari con semplice esame di idoneità, dette luogo ad una riapprovazione delle Camere del testo tal quale era stato in prima votazione licenziato. Einaudi non mancò di dolersene in una lettera privata con il presidente del Consiglio De Gasperi. Siamo spesso colti da nostalgie per i gesti dei nostri uomini di Stato e di Parlamento in quei tempi che furono l’alba della Repubblica. Piuttosto che indulgere a sentimentalismi o a moralismi, proviamoci a dimostrare che siamo sempre, dopo giornate difficili, in grado di attendere serenamente rinnovate albe della Repubblica.
Francesco Paolo Casavola