Applicazioni di spettroscopia
 

 

Teoria del prisma e del reticolo

 
 

 

Prisma o reticolo? ...questo è il dilemma

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Storicamente è stato usato per primo il prisma, ma appena si è consolidata la metodologia di fabbricazione del reticolo, questo ha avuto il sopravvento nell' impiego. I grande vantaggio del reticolo rispetto al prisma è quello di fornire una risposta lineare, ossia la dispersione, è direttamente proporzionale alla lunghezza d' onda stessa. Questo non è vero nei prismi, dove la dispersione dipende anche dall' indice di rifrazione del vetro, pertanto gli spettri che si ottengono sono difficilmente riproducibili e confrontabili.

Certamente l' astrofilo utilizza quello di cui dispone; diciamo per i più indecisi che esiste anche il "Grism", un dispositivo formato da un prisma ("Prism") su una delle cui facce è inciso un reticolo ("Grating"); è comunque alquanto costoso.

Il prisma

  in preparazione
     

 

 

Il reticolo di diffrazione

La teoria che sta alla base del funzionamento del reticolo è abbastanza semplice, per comprenderne il funzionamento è sufficiente avere una conoscenza scolastica di trigonometria e di ottica ondulatoria. Un reticolo genera sempre un numero dispari di spettri, questi sono detti ordine dello spettro. Più precisamente l' immagine generata dal reticolo con angolo di diffrazione uguale a zero è detta di ordine 0 e coincide con l' immagine della sorgente. Poi troviamo sempre, disposti simmetricamente rispetto all' asse normale del reticolo, gli spettri di ordine +1 e -1, +2 e -2, ecc.., generati da angoli di diffrazione via a via crescenti in valore assoluto.

   

I reticoli fondamentalmente sono di due tipi: quello a riflessione e quello a trasmissione.

Diciamo subito che il reticolo a trasmissione non è utilizzato nelle applicazioni professionali o perlomeno in quelle amatoriali che richiedono una risoluzione "spinta" perché non può superare il numero di 1200 linee/mm. E' tuttavia molto maneggevole, poco costoso, disponibile in diverso formato, dalla "diapositiva", al foglio formato A4 e si presta bene per gli astrofili. Il suo svantaggio, a mio avviso, è che obbliga alla costruzione di strumenti lunghi ed ingombranti, dimensioni che si dimezzano nel reticolo a riflessione.

Il reticolo a riflessione si colloca su tutt' altro livello e per questo motivo è quello che ha avuto maggior sviluppo ed applicazioni. Distiguiamo:

 
  • il reticolo inciso (ruled): è ottenuto per incisione di una matrice vergine, di lega metallica, con strato riflettente ottenuto per evaporazione. La costituzione dei metalli dipende dal tipo di applicazioni. Il "master" così ottenuto, per via delle difficoltà e dei tempi che si incontrano nella fabbricazione, è riservato a progetti eccezionali. Per aver un' idea dei costi di produzione di un master, basti pensare che le parti meccaniche della macchina di incisione sono lappate e tarate con metodi interferometrici. mentre l' utensile di incisione, una punta diamantata di particolare e specifico profilo, percorre decine di chilometri sulla matrice per diverse settimane!
 
  • la replica: dal reticolo primario vengono ottenute le "repliche" mediante sofisticate tecniche calcografiche. Solo quest' ultime sono reperibili sul mercato.
 
  • il reticolo olografico, dove l' insieme dei tratti, costituiti da solchi sinusoidali paralleli, è ottenuto tramite foto-incisioni mediante laser. Con questa tecnica è possibile, variando il profilo e la distanza dei solchi, di ottenere elevate efficienze per regioni specifiche dello spettro, concentrando tutta la luce diffratta nello spettro di ordine -1.

 

 


Formule fondamentali


I parametri che caratterizzano un reticolo sono:

 
  • il numero di tratti per mm.
 
  • l' angolo di "blaze", stabilisce per quale ordine e per quale lunghezza d' onda il reticolo è ottimizzato. Questa caratteristica si ottiene variando l' angolo di inclinazione dei solchi tracciati nella matrice.
 
  • le dimensioni, insieme al numero di tratti per mm, definiscono la risoluzione teorica dello strumento;
 
  • l' efficienza assoluta è la quantità di flusso luminoso incidente diffratto in un determinato ordine.


L' inverso del numero di tratti per mm, è detto "costante del reticolo" e, rappresenta la distanza tra due tratti. Viene espressa in Å o in nm.
es. per un reticolo da 1200 tratti/mm, abbiamo che, 1mm = 1000 micron = 10.000.000 di Å, pertanto 10.000.000 / 1200 = 8333 Å, che costituisce la distanza tra due tratti del reticolo.

 


Due concetti fondamentali: la risoluzione e la dispersione.

 
  • la risoluzione: è la capacità che ha lo strumento di separare due tratti (Dl) ad una certa lunghezza d' onda. Si parlerà di "potere risolutivo" dello strumento, definito dalla valore:
    R = Dl/l = k . N
  dove, k è l' ordine dello spettro e N il numero totale di tratti.
Esempio un reticolo quadrato di 55 mm di lato, con una densità di 1800 tratti/mm, avrà una risoluzione teorica di 86000 e potrà quindi risolvere due picchi, a 500nm, separati da 0,006 nm.
   
 
  • la dispersione angolare è la quantità di variazione dell' angolo di diffrazione a fronte di una variazione unitaria di lunghezza d' onda, in altre parole è la misura della separazione angolare tra due fasci di luce di lunghezza d' onda adiacenti.
    Db/Dl = K . n / cos b
  dove, n è il numero di tratti per mm.
Mano a mano che saliamo di ordine negli spettri, aumenta da dispersione, ma diminuisce l' intensità dello spettro. Inoltre gli spettri di ordine superiore hanno tendenza a sovrapporsi parzialmente e quindi bisogna fare uso di filtri selettivi.
   

 


Le formule fondamentali necessarie per calcolare il dimensionamento dello spettroscopio sono:

 
  • L' equazione del reticolo che definisce l' angolo del raggio diffratto b, in funzione dell' angolo di incidenza a. Attenzione alla convenzione dei segni; l' angolo si misura sempre partendo dalla normale al reticolo ed è positivo dal lato raggio incidente:
    sen a + sen b = -k . l / m
  dove m è la costante del reticolo. Per progettare la geometria di uno spettroscopio, conviene riportate questa formula su foglio elettronico, studiando la variazione di b in funzione di a.
es. un reticolo da 1200 tratti/mm di larghezza 30 mm , con costante di reticolo= 0,000833 mm, con un angolo di 10 °, darà un raggio diffratto di 37.9° a 7876Å e 25.2° a 5000Å
   
 
  • La risoluzione, può anche essere espressa in termine di:
    R = lunghezza d' onda / (larghezza del reticolo x tratti/mm x ordine)
  es. con un reticolo da 1200 tratti/mm dalle dimensioni di 32 x 30 mm, la riga Ha ha una risoluzione di 6563Å / (32mm x 1200 r/mm x 1) = 0.20Å
   
 
  • La dispersione angolare, per un reticolo a riflessione , è data da:
    seno b = 1/2 x lunghezza d' onda / costante e del reticolo
  es. per il reticolo di cui sopra, sen b = 0,5 x 6563 Å / 8333 Å = 0,392, che corrisponde a 23°,19
per un reticolo a trasmissione, vale la formula seno b = lunghezza d' onda / costante del reticolo
   
 
  • La dispersione lineare, costituisce l' estensione geometrica in cui un intervallo spettrale può essere esteso dalla focale dello spettroscopio, è espresso in Å/mm o nm/mm. La si calcola tramite la seguente formula:
    disp.lin. = focale dello spettroscopio x ordine x 1 Å / ( costante del reticolo x cos b)
  es. il coseno di 23°,19 = 0.9192, per uno strumento di 2000 mm di focale, abbiamo 2000 x 1 x 1Å /(8333 x 0,9192) = 0,261 mm/Å, otteniamo così la dispersione lineare, pari a 3,83 Å/mm.

 

 

Schemi di montaggio


Schema autocollimante di Littrow

   

 

Lo schema è detto autocollimante in quanto una sola lente funge da collimatore e da focalizzatore. La condizione di autocollimazione si raggiunge quando l' angolo del raggio incidente è uguale a quello diffratto. E' una configurazione che si presta a facile costruzione.


Schema di Czerny-Turner

   


Ha la caratteristica di avere due specchi, uno per collimare l' altro per mettere a fuoco. Tra gli schemi più diffusi, è compatto ma di difficile messa a punto. La configurazione di Ebert è del tutto analoga ma sfrutta un solo specchio in autocollimazione.

   
 
 
© 2004
Pierfranco Bellomo
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