Santa Cristina di Bolsena  

 

La Storia


La biografia dei santi della chiesa primitiva ci viene generalmente tramandata dalle varie "passio" che descrivono i fatti rilevanti e miracolosi della loro vita. Queste narrazioni raramente si attengono agli avvenimenti prettamente storici come noi oggi li intendiamo. Sono racconti a carattere devozionale, spesso a sfondo apologetico, imbastiti su trame bibliche per infervorare i fedeli ed esaltare le virtù dei santi, specialmente dei martiri. … Tuttavia possiamo trovare in questi testi, anche in maniera limitata, importanti notizie riguardanti il nome del martire, il periodo storico, le modalità del martirio che ha portato alla morte e spesso anche il giorno, dies natalis, celebrato dai cristiani in memoria del santo. In questo modo, della nostra Santa noi conosciamo: il nome Cristina il martirio della frecce che l'ha condotta alla morte, ed il giorno, il 24 luglio, come già riportato anche dal più antico martirologio della chiesa romana…

Martire: questa è la notizia storicamente certa della biografia di Cristina, fino dalla più remota antichità. Così, infatti è scritto nella cartella scolpita sull’urna marmorea, databile al secolo XI dove vennero per lungo tempo conservate le reliquie della Santa. La Sua immagine d’altronde appare nei mosaici del V I secolo in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, nella famosa teoria delle Vergini Martiri occidentali.

Il periodo storico del suo martirio si colloca nella persecuzione di Diocleziano agli inizi del sec. IV. Contemporanea dei grandi e famosi martiri della nostra fede, come Agnese, Vittoria, Lucia, Sebastiano, Giorgio, appare già nei mosaici del VI sec. in S. Apollinare Nuovo in Ravenna nella teoria dei martiri occidentali. La testimonianza del suo martirio la troviamo scolpita nell'urna marmorea, del sec. XI. dove vennero per lungo tempo conservate le Reliquie della Santa. Vi si legge, interpretando le lettere scolpite, " Hic requiescit corpus Beatae Xristinae martiris".

Vita di Santa Cristina tra storia e leggenda

Le fonti per la ricostruzione della biografia della Santa sono la tradizione più antica, peraltro ancora viva nell’anima popolare, gli Atti risalenti al VI secolo d.C. e il più antico martirologio di S. Girolamo del IV sec.

Cristina, figlia dodicenne di Urbano, prefetto del municipio romano di Volsinii, allora città opulenta e popolosa, di una nobildonna di casato romano appartenente alla Gens Anicia. famiglia questa che aveva sulle rive del lago di Bolsena seria grandi possedimenti e ottime officine e cave di pigi (Vitruvio), ancora bambina fu iniziata alla fede cristiana, all'insaputa dei propri genitori, da una amica e fedele ancella di palazzo, conquistata alla nuova religione dalla predicazione dei discepoli degli apostoli, giunti sulle rive lago di passaggio verso la Gallia.

Urbano, accortosi della conversione della figlia, cercò in tutti i modi di allontanare fanciulla dalla sua fede, ma nulla riuscì a scalfirne minimamente la volontà. La fece chiudere in un’ala del palazzo gentilizio insieme a dodici ancelle, e la circondò di agi e di lusso.

Tra lo stupore e la paura delle ancelle, Cristina invece ponendo l'incenso sulla finestra che guardava ad Oriente lo offriva al vero Dio, mentre affacciata contemplava il cielo e mirando le stelle si commuoveva nel suo cuore fino alle lacrime. Alle sue preghiere un angelo venne dal cielo e la segnò con il segno della croce e, dopo averlo benedetto, le offrì da mangiare un pane candido come il latte e più dolce di un favo di miele. Una sera, Cristina afferrò le statue di Giove, Apollo e Venere,e legata alla finestra la fascia che le cingeva i fianchi si calò dalla torre e, frantumati gli idoli d'oro, li distribuì ai poveri. Saputa la cosa il padre Urbano, dopo aver tentato inutilmente di riportare al culto degli dei la figlia ordinò che fosse schiaffeggiata e percossa con verghe da dodici uomini, i quali man mano vennero meno e caddero esausti. Il padre ordinò che la fanciulla venisse condotta in carcere dove venne visitata dalla madre e da alcune altre matrone, ma nemmeno le lacrime materne riuscirono a smuovere Cristina.


Parte di queste notizie sono giunte a noi dal più antico testo: un frammento di papiro egiziano, proveniente da Oxjrhynchos, pubblicato per la prima volta nel 1911 da Lorenzo Cammelli e assegnabile al V secolo. Da una parte contiene un brano della vita di san Pafnuzio, dall'altra un brano della Passio di Cristina. Il frammento è tradotto fedelmente negli Atti della santa, in particolare nel codice Farfense 29; il testo riguardante la martire potrebbe risalire al IX-X secolo. Eccone la traduzione:

...Avvicìnati agli dei per adorarli. Ormai non ti chiamo più figlia e se persisterai ti colpirò con durissimi tormenti, dai quali non potrà liberarti colui che è stato crocifisso dai Giudei e che tu adori. Santa Cristina, allora, guardando verso il cielo con l sorriso sulle labbra, dise a Urbano: O pieno di ogni malizia e amico dei malfattori, non sai che il figlio di Dio vivo, luce di verità e salvatore del mondo, discese dal cielo per redimere ogni malvagità e per salvarci, ed ora nel nome di quel Cristo che salva ti affronto, per vincere la tua ira e darti la morte.
Allora il padre Urbano, non sopportando le ingiurie della figlia, comandò che fosse portata alla ruota, ve la fece legare e ordinò di accendere sotto di essa un fuoco alimentato con olio, perchè bruciasse la fanciulla più celermente.
Cristina fu legata alla ruota, la quale, nel girare, spezzò il corpo della fanciulla. Ma la beata Cristina, rivolta al cielo, disse: Ti benedico, o Dio mio che sei nei cieli, e ti ringrazio, Signore Gesù Cristo; non mi abbandonare in questa lotta, ma stendi la tua mano su questo fuoco ed estinguilo, poichè mi brucia, perchè non prevalga su di me il tiranno Urbano. Mentre santa Cristina diceva queste cose, istantaneamente il fuoco si allontanò da lei e uccise millecinquecento dei persecutori idolatri, mentre santa Cristina stava adagiata sulla ruota come su di un letto e gli angeli la servivano.
Urbano, allora, comandò che fosse tolta dalla ruota e fosse portata davanti al tribunale dove il padre suo la interrogò dicendo:...

Urbano, allora, ordinò che la fanciulla venisse condotta in carcere dove venne visitata dalla madre e da alcune altre matrone, ma nemmeno le lacrime materne riuscirono a smuovere Cristina. Il padre disperato nella notte buia mandò cinque schiavi con l'ordine di legare una grossa pietra al collo della fanciulla e di gettarla nel lago con un sasso al collo. Appena fu condotta in mezzo alle acque fu scaraventata nelle onde.

Miracolosamente Cristina galleggiò sulle acque come un fiore di ninfea usando per barca lo stesso strumento di martirio, la pietra, dove rimasero le impronte dei Suoi piedi.
Era l'alba. Urbano uscì dal suo palazzo e si recò sulla spiaggia, e riandò triste al luogo da dove aveva assistito alla partenza della barca con la figlia… Vide fluttuare in lontananza sull'acqua un non so che, come un'immagine di fanciulla. Spinta dai flutti quella figura si avvicinò ancora, e quanto più la guardava, tanto più la sua mente si smarriva. E ormai la vedeva accostarsi sempre più alla riva, sempre più ormai la poteva riconoscere: era la figlia che, salda alla macina, galleggiava come un fiore di ninfea.
A quella vista Urbano urlò e si straziò insieme viso, chioma e vesti, e tendendo le mani tremanti verso il cielo imprecò gli dèi per la sconfitta. Il suo cuore non resse a tanto dolore e, tormentato dai dèmoni, Urbano morì. Cristina ritornata a riva, si presentò spontaneamente al tribunale e fu ricondotta in prigione, dove gli angeli la fortificarono con il pane dell'immortalità.

Successe ad Urbano un altro persecutore di nome Dione, uomo lussurioso e superstizioso anch'egli adoratore degli idoli e persecutore dei cristiani. Fece nuovamente interrogare la fanciulla e cercò di ricondurre la fanciulla all'antica religione con le lusinghe di un matrimonio e con crudeli minacce. Dopo aver ricevuto conferma dalle risposte di lei della sua adesione alla fede cristiana ordinò che fosse immersa in una caldaia di pece e di olio bollente dove Cristina entrò, orante come in un bagno di fresca rugiada. Il giudice, adirato, fece radere il capo della santa dai biondi capelli e ordinò che fosse condotta nuda fino al tempio di Apollo. Le donne, vedendo la fanciulla trascinata per le vie della città senza alcun riparo alla sua nudità, commosse tolsero dalle loro spalle i mantelli e crearono una cortina attorno al corpo di Cristina. Giunti al tempio, la santa fu nuovamente invitata a bruciare incenso sull'altare degli idoli. Ferma nella fede, ella pregò Dio di manifestare la sua grandezza. In quel momento, la statua di Apollo scese dal suo piedistallo frantumandosi al suolo; una scheggia colpì Dione uccidendolo. A tale vista si convertirono alla fede di Cristina parecchie migliaia di pagani.

Dopo un po' di tempo venne un altro giudice di nome Giuliano anche lui avversario dei cristiani. Gli furono presentati gli atti processuali di Cristina e dopo averli ascoltati comandò che la fanciulla fosse condotta davanti al suo tribunale. Non riuscendo a rimuoverla dai suoi propositi, la fece murare per cinque giorni in una fornace. Quando ormai si pensava di trovare solo cenere, con stupore e meraviglia il prefetto vide la fanciulla in devota conversazione con un gruppo di angeli, che per tutto il tempo con il loro sbattere di ali avevano tenuto lontano il fuoco dal suo corpo verginale. La tradizione indica ancora oggi in alcuni ruderi sulla Via Cassia, a circa due km dall'abitato i resti della fornace dove la santa subì questo martirio.

Quando Giuliano seppe ciò, attribuì il prodigio alle arti magiche possedute dalla fanciulla e ordinò

che fosse condotto un serparo e che le fossero applicati due aspidi e due serpenti. I serpenti si arrotolarono ai piedi di Cristina e li lambivano, mentre gli aspidi le si attaccarono alle mammelle come lattanti. Allora le furono aizzate contro due vipere, che si attorcigliarono leccando il sudore del suo tormento. Giuliano si irritò contro il serparo e disse: «Anche tu sei stato conquistato da Cristina?Istiga gli animali affinché la mordano». Il serparo istigò i serpenti, i quali però si rivoltarono contro di lui e lo uccisero.

Disperato per l'ennesima sconfitta, Giuliano ordinò che, legata ad un palo, fosse fatta bersaglio degli arcieri imperiali.
L'alba del 24 luglio sorse radiosa, indorando le morbide colline e le acque del lago; una lama di luce illuminò il tetro carcere dove Cristina, nella preghiera, attendeva il momento supremo. Quando il sole fu più alto e cocente, un gruppo di arcieri prelevò la fanciulla e la condusse nell'anfiteatro. Giuliano ordinò allora che le fossero strappate le mammelle e la lingua; dai suoi seni recisi uscì latte anziché sangue e la sua bocca continuò a cantare le lodi del Signore. Cristina raccolse un pezzo della sua lingua e la gettò in faccia a Giuliano che fu percosso in un occhio e subito perse la vista. Gli arcieri presero la santa e la legarono a un palo trafiggendola con le loro frecce nel petto e nei fianchi. Colpita da due frecce, al cuore e al fianco, Cristina passò dalla terra al cielo a contemplare il volto di quel Cristo che aveva tanto amato.
Così solamente cessò di battere quel cuore che tanto aveva amato il Signore, per unirsi eternamente, nella pienezza della grazia, allo sposo tanto atteso.
Venne poi un tale della sua famiglia, che grazie a lei aveva creduto in Cristo, prelevò il corpo esangue di Cristina, lo cosparse di aromi e lo depose in un luogo apposito nei pressi del tempio di Apollo.



Basilica di Santa Cristina - Bolsena
Grotta di Santa Cristina


brani tratti da:

Per ulteriori approfondimenti in merito alla vita della martire di Bolsena si consiglia di consultare i link


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