Scelta del ritmo gara

Ultimo aggiornamento Domenica 26 MArzo 2012

Home

I riscontri cronometrici rivenienti dal ciclo di preparazione ed i test pre - gara che hanno accompagnato la parte finale della preparazione dovrebbero dare utili indicazioni all’atleta su quello che dovrà essere il ritmo a cui affrontare la maratona.

Il maratoneta che ha già portato a termine diverse maratone sa bene che questo tipo di impegno non ammette errori di valutazione.

Chi ha commesso l’errore di partire ad un ritmo troppo veloce ha potuto sperimentare come le sue scorte di glicogeno si siano esaurite prima del tempo ed inevitabilmente ha dovuto sopportare la crisi che sopraggiunge nella parte finale della gara e che finisce per determinare un forte calo prestativo.

Il range in cui è possibile gestire il proprio ritmo è molto ristretto, studiando le prestazioni cronometriche di maratoneti di ogni livello si è potuto rilevare che quanto più elevato è il ritmo al quale l’atleta è in grado di correre, tanto minore è il range in cui l’atleta può spaziare.

Neanche una prima parte di gara molto prudente su rivela una strategia efficace per realizzare un tempo adeguato alle aspettative dell’atleta, in linea di massima si può affermare che la migliore condotta di gara è quella che prevede un ritmo di gara piuttosto uniforme e che rispecchi le reali possibilità dell’atleta.

Ma come determinare maniera corretta l’andatura da tenere duramente la maratona ?.

I maratoneti più esperti non fanno riferimento ai riscontri di un solo test, ma giungono alla determinazione del ritmo da tenere durante una maratona prendendo in considerazione una serie di riscontri .

Per l’amatore alla prima esperienza può essere di grande aiuto il test Conconi ed il test del lattato.

Il test del lattato è sicuramente più attendibile ma meno semplice da eseguire perché richiede necessariamente il ricorso ad un laboratorio specializzato.

Il test del lattato consiste nel percorrere quattro tratti di due chilometri.

Un chilometraggio inferiore è sconsigliato perché, specie nelle prime prove, non permetterebbe che s’instauri un certo equilibrio tra il lattato presente nel sangue e quello che viene prodotto dai muscoli.

Perché il test sia attendibile è necessario che la velocità tenuta nelle varie prove sia la più uniforme possibile e che per ogni tratto ci sia un incremento del ritmo di 10 secondi.

Ne consegue che il primo tratto andrà corso ad un ritmo più lento rispetto a quello che si presume di dover tenere nella maratona, il secondo dovrà corrispondere più o meno al ritmo maratona presunto mentre il terzo ed il quarto l’ultimo andranno corsi ad un ritmo più veloce rispetto al ritmo maratona presunto.

Un piccolo prelievo di sangue al termine di ogni prova servirà per determinare in laboratorio la percentuale di lattato nel sangue.

Riportando i risultati del test sugli assi cartesiani, sulle ascisse la velocità di corsa e sulle ordinate la concentrazione di lattato, sarà possibile individuare esattamente a che velocità si determina una concentrazione di lattato acido di 2 millimoli di lattato acido e di 4 millimoli.

Mentre un maratoneta di livello assoluto è in grado di correre la maratona con concentrazioni di lattato acido intorno ai 4 millimoli per litro di sangue, in pratica vicino al suo livello di soglia anaerobica, un atleta amatore ben allenato è in grado di correre senza problemi la maratona ad un ritmo che nel test corrisponde ad una concentrazione di lattato acido tra i 2 e i 2,5 millilomi per litro di sangue.

Più empirico ma senza ombra di dubbio più immediato è il metodo che permette la determinazione del ritmo maratona partendo dal risultato realizzato in una gara di mezza maratona, corsa tre settimane prima della maratona.

Condizione perché il test sia attendibile è che l’atleta sia ben preparato a correre non solo la mezza ma anche l’intera distanza dei quarantadue chilometri e che l’impegno nel test sia massimale.

Per gli atleti che correranno la mezza maratona sotto l’1h,25’, possono determinare il ritmo aggiungendo al tempo realizzato 10’–12’ e moltiplicando la sommatoria ancora per due, mentre per gli atleti con risultato cronometrico tra 1h,26’–1h,35’, sarà necessario aggiungere 13’ –15’, mentre per i maratoneti che hanno chiuso la mezza in un tempo superiore sarà prudente incrementare il risultato cronometrico di 16’ – 20’.

Oltre al grado di preparazione esistono differenze fra un maratoneta e l’altro, vi sono atleti che hanno una maggiore tenuta e quindi sono in grado di limitare in senso positivo la differenza di andatura fra la mezza e la distanza doppia, altri invece soffrono proprio le lunghe distanze ed in questo caso sarà necessario incrementare il numero dei minuti aggiuntivi.

Comunque, prendendo a campione un numero consistente di podisti amatori di diversi livelli, è stato rilevato come lo scarto del ritmo al chilometro tenuto in una gara di maratona tra un atleta ed un altro con caratteriste abbastanza differenti ma in grado di correre una mezza nello stesso tempo, difficilmente è superiore ai cinque, sei secondi.

Ne deriva in generale che la diversa propensione tra i due atleti non si amplifica in modo particolarmente evidente in una gara di maratona rispetto ad una mezza.