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APPUNTI DI VIAGGIO

Riveriti lor signori...

 

I testi che seguono sono tratti dai materiali illustrativi realizzati in occasione della prima edizione della manifestazione “Riverito Lor Signori” la tradizione della Pasquella in Romagna” a cura del Comune di Bellaria Igea Marina – Laboratorio di documentazione e ricerca sociale,  che si è svolta dal 4 al 14 gennaio 1992.

La tradizione della Pasquella in Romagna.

Questa lezione è stata trasmessa in forma scritta da Rosa Gobbi Giorgetti ed è stata raccolta da Alba Baldassarri a Bellaria nel 1984.

La Pasquella (Pasquèla) è un canto rituale del solstizio d'inverno ed appartiene al repertorio dei canti di questua dell'Epifania, presenti in gran parte delle regioni italiane ed europee.

Nella tradizione locale, il canto viene eseguito Il giorno e la notte di vigilia dell'Epifania (5 gennaio); a cantarlo sono i "Pasqualót, o Pasquarùl", gruppi di cantori con accompagnamento musicale, che ogni anno si ritrovano per portare di casa in casa questo canto augurale, ricevendo in cambio offerte di vino, cibo e denaro, destinati alla "mangiata" finale che conclude la festa. Si tratta di un'antica usanza i cui caratteri rituali, imperniati sulla questua, si legano agli antichi culti di fertilità delle epoche pre-cristiane, connessi al ciclo della vita dell'uomo ed al calendario della produzione agricola.

La Pasquella in Romagna è attestata per la prima volta su documenti scritti nell'inchiesta  sulle costumanze popolari nel Regno Italico del 1811, ed ha  avuto nel territorio compreso fra Cervia, Cesena, Rimini, una delle zone di maggior diffusione. Nel corso degli ultimi anni, dopo un generale declino seguito agli anni '5O, abbiamo assistito a numerose riprese spontanee del rito da parte delle nuove generazioni.

 Il componimento e la struttura del rituale comprendono diverse parti:

  1. IL PERMESSO:  un membro si distacca dal gruppo e chiede sull'uscio, a quelli di casa, se si  "vuole la Pasquella";

  2. L'ENTRATA: il canto inizia all'esterno con le formule di saluto, l'esortazione ad aprire la porta e la licenza di portare l'allegria in casa;

  3. L'ANNUNCIO: il canto rievoca i personaggi e le immagini della Natività;

  4. GLI AUSPICI: il gruppo rivolge ai componenti della famiglia motivi  augurali di buon anno e prosperità; assumono rilievo le formule rivolte alle figure femminili della casa che si trovano in età fertile(giovani, fidanzate e spose);

  5. LA RICHIESTA; il canto si chiude con la richiesta insistente  e scherzosa di vino e doni alimentari, con espliciti riferimenti alle parti del maiale che nelle campagne veniva ucciso ritualmente in questa stagione;

  6. LO SCAMBIO: il canto  è sospeso per il brindisi collettivo e per accogliere (in una apposita cesta) i doni offerti dal padrone  di casa; talvolta, segue  intrattenimento  con altri canti e  balli  tradizionali, coi quali il gruppo riafferma la propria presenza ed intensifica l'azione di coinvolgimento;

  7. L'USCITA: si riprende il motivo del canto con il ringraziamento ed il commiato (o, più raramente, le burle se non ci sono stati i doni).

 Testo

Riverititi lor Signori
con i canti e con i suoni
siamo qua la sua presenza
dimandare una licenza
di cantare in allegria
viva Pasqua Pifania

I Remagi dell'Oriente
con gran cuore fede ardente
lor si mettono in cammino
per trovar Gesù Bambino
son guidati da una Stella
viva viva la Pasquella

Nata roza (nella rozza) capanella
da una povera verginella
lor si mettono in camino
per trovar Gesù Bambino
son guidati da una Stella 
Viva viva la Pasquella

San Giovanni il precursore
il suo Re il suo Signore
il gran fiume del Giordano
il battezzo (Lo battezza) di sua mano
o che festa è così bella
noi cantiamo la Pasquela

O che festa di amore
bella festa del Signore
che l'è nato nella guerra
fra il cielo e la terra
e siam sempre in compagnia
di Giuseppe e di Maria

In questa casa c'è una figlia
ben che sia da marito
le daremo un buon partito
e di una buona parentela
viva viva la Pasquela

Questa casa c'è una sposa
bianca rossa come rosa
e ridente come stella 
Viva Viva la Pasquela

In questa casa c'è del tutto
del salame e del prosciutto
di salciccia e murtadela
viva viva la Pasquella

La Pasquela di purete
un po' scarpegn e un po' radece
un po' d'erbi in te caldare
con do tre garneli ad sale 

La Pasquela una volta a l'ane
un bicir ad voi(n) an av un dasì dane
fasì conte da butel via
e viva Pasqua e Pifania (due volte)

A voi tutti un caro saluto dalla vostra nonna Bigia Rosa

 

IL GRUPPO DELL’UVA GRISA

[frammenti e testimonianze]

“Erano i primi anni ’60 quando ho sentito cantare la Pasquella per la prima volta… Erano a Igea nel bar vicino  a casa ed ero appena riuscito a scorgerli; non avevo compreso bene cosa facessero quel gruppo di persone, ma capivo che si trattava di qualcosa di speciale. E’ un ricordo che ho caro e che ho conservato. Molti anni dopo, era il gennaio del 1981, stavo intervistando alcuni anziani di Bellaria Igea Marina e dai loro ricordi riaffiora la pasquella. Vi era un ché di sacrale in quello che cercavano di raccontarmi; era tutta un’atmosfera… un’attenzione particolare che non riuscivano a descrivermi con le parole. Speravo di riuscire a trovarne qualche traccia, qualcuno che la cantasse da qualche parte. L’anno dopo ho preso parte con Vittorio della Torre e Mirco Malferrari al gruppo dei pasquaroli di Bellaria guidato da marco Campana e Andrea Berto. Con loro abbiamo partecipato alla questua, cantando e bevendo tutto il giorno. Abbiamo percorso le strade del Comune di Borghi e delle frazioni discendendo il fiume Uso fino a Bellaria. Così l’anno successivo (1983) l’abbiamo riproposta al gruppo che gravitava attorno all’associazione “Più Musica” e con quale avevamo lavorato ad uno spettacolo teatrale [“Ballate, Baruffe e Marinér]. Da quella Pasquella, anno dopo anno, ha preso forma un progetto conoscitivo ed artistico sulla cultura popolare che si è concretizzato in un’esperienza permanente di gruppo L’Uva Grisa]”

Gualtiero Gori

“All’inizio ha fatto parte del gruppo [dell’Uva Grisa] per istinto, perché niente del passato andasse perduto, non certo per spirito conservatore ma per riconoscenza …  andando avanti per socializzare, riportando in un tempo di forte individualità, come quello nostro, in bagaglio delle nostre tradizioni … e mi torna in mente, che forse per questo, quella mattina d’inverno fredda e soleggiata, fermi ad un incrocio di campagna, chissà se per semplice coincidenza … non riuscivamo a partire; noi, che eravamo così sicuri della nostra voglia di cantare, di ridere, di portare allegria, di “portare bene”, avevamo paura di non essere accettati e di essere in qualche modo ridicoli. Poi, un folletto ci ha spinti nell’aia di una casa intonando la Pasquella, la porta si è aperta, il piacere della sorpresa, doi dell’accoglienza, poi del vino, della ciambella, poi… poi… poi”.

Stefania Vasini

 

“La Pasquella, il ritrovarci assieme durante le prove, hanno sempre rappresentato per il nostro gruppo un evento irrinunciabile, quasi un momento di rifondazione ed anche l’occasione per scegliere o meno se, dopo, continuare a ritrovarci. Con la Pasquella, rito-spettacolo del passato e tuttavia presente nel nostro immaginario magico, abbiamo sperimentato anche uno stile, una forma “drammatica” e comunicativa che ci ha dato la sensazione di oltrepassare i margini della vita ordinaria per entrare in una dimensione mitica in cui si ritrovano forme di contatto tribale: per la situazione interattiva che si crea con le persone e i luoghi, l’irruzione mascherata in spazi extra-teatrali e domestici; per l’attenzione particolare rivolta agli anziani e ai bambini, il contatto ravvicinato ed emozionale, per le porte che si aprono, lo scambio dei doni. Dopo due anni di questua a Bellaria ci siamo spinti verso luoghi più sperduti del nostro entroterra fra Romagna e Marche, per ritrovare in quei paesaggi “oroginari” maggior aderenza all’antica forma del rituale. Ci siamo presentati alle case il più delle volte senza preavviso; ci accoglievano meravigliati, a volte commossi, a volte accettando l’imbarazzo per la nostra presenza… riconoscendoci anche senza conoscerci”.

Gualtiero Gori

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