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CURIOSITA'

                             

LA MATEMATICA HA UN SUO LINGUAGGIO PARTICOLARE, INFATTI ALCUNI TERMINI MATEMATICI HANNO NEL LINGUAGGIO CORRENTE UN SIGNIFICATO TOTALMENTE DIVERSO E TALVOLTA ADDIRITTURA OPPOSTO. ECCO ALCUNI ESEMPI:

Rapporto - Nel linguaggio naturale questa parola implica una relazione, un legame, "Rapporto di lavoro", ecc. Mentre in Matematica, inteso come operazione,  è sinonimo di divisione.

Differenza - Nel linguaggio naturale si dice che due oggetti sono differenti quando non rispettano una qualche relazione di equivalenza precedentemente definita. Quindi può accadere che alla domanda "Qual'è la differenza tra 32 e 7" si possa rispondere che un numero è pari mentre l'altro è dispari, oppure che un numero è formato da due cifre mentre l'altro è dato da una sola cifra.

Meno - Si potrebbe anche dire che due segni meno fanno un uguale ( = ).

Frazione - Nel linguaggio abituale si dice che una frazione è una parte di un oggetto originale: ossia un valore inferiore all'unità. Invece in Matematica possiamo avere frazioni il cui valore può essere di gran lunga superiore all'unità.

Moltiplicazione - Il termine moltiplicazione contiene in sé il concetto di aumento. In realtà moltiplicando un numero per un altro che sia inferiore all'unità si ottiene un valore inferiore.

Diagonale - Considerando dei poligoni si può pensare che le diagonali siano i lati inclinati, ossia "diagonali" rispetto alla direzione orizzontale o verticale.   

 

  

                 Il numero 1 è un numero primo?

Il numero 1 dovrebbe essere inserito tra i numeri primi perché rientra nella definizione “Un numero primo  è divisibile solo per se stesso e per 1”, ma in realtà il numero 1 è un’eccezione.La motivazione di questo fatto risiede in un importante teorema secondo cui ogni numero può essere scritto in un solo modo come prodotto dei suoi fattori primi, fatta eccezione per l’ordine dei fattori. Così ad esempio 12 = 2 x 2 x 3 e nessun altro prodotto di numeri primi è uguale a 12. Questo teorema dovrebbe essere modificato se 1 fosse un numero primo poiché in tal caso 12 sarebbe anche uguale a 1 x 2 x 2 x 3, a 1 x 1 x 2 x 2 x 3 e così via e ciò sarebbe una contraddizione. Per questo motivo 1 non è un numero primo. Eulero dimostrò la stessa cosa in un modo differente. Egli aveva osservato che la somma dei divisori di un numero primo p è sempre p + 1, cioè il numero stesso più 1. Naturalmente l’eccezione a questa regola è il numero 1, pertanto basta negare che 1 sia primo.

 

           Quanti sono i numeri primi?

 Euclide dimostrò che i numeri primi sono infiniti prendendo in considerazione tre numeri primi come esempio. Chiamandoli con A B e C, moltiplichiamoli tra loro e aggiungiamo 1: il risultato ABC + 1 è primo? Se sì, allora vuol dire che esiste un numero primo più grande di A, B o C. Se ABC + 1 non è primo, allora significa che ha un fattore primo che non è né A, né B, né C. Per cui esiste almeno un altro primo… e così via.      

 

L'INCONSISTENZA DEI SISTEMI PER VINCERE AL GIOCO

Secondo dati diramati dal Ministero delle Finanze, nel 1998 sono stati spesi globalmente, in Italia, circa 26.500 miliardi per partecipare ai vari giochi in denaro gestiti dallo Stato (Lotto, Totocalcio, Gratta e vinci, Superenalotto, lotterie, ecc.). La stessa fonte non specifica quale somma, in totale, sia stata ridistribuita sotto forma di premi; analizzando però, i regolamenti dei vari giochi, è possibile stimare che un tale valore non supera il 50% degli incassi lordi. Si può, quindi, affermare che, nel corso del 1998, i circa 57.500.000 cittadini italiani, hanno bruciato, in media, non meno di 230.000 lire a testa (19.170 lire al mese; 4.225 lire a settimana). Ciò vuoi dire che, per esempio, la perdita media per una famiglia composta da quattro persone, di qualsiasi età, non è stata inferiore a 920.000 lire (76.665 lire al mese, 17.690 lire a settimana). Se il Governo avesse imposto una tassa straordinaria "pro capite" di tale entità, sarebbe scoppiata la rivoluzione. Invece la gente, in certi particolari momenti, ha fatto addirittura la ressa per non perdere l'opportunità di pagare questa volontaria "tassa sulla speranza". Il problema, quindi, è molto serio; è molto deprimente constatare, però, come in Italia nei riguardi di questo argomento, circoli prevalentemente della scandalosa disinformazione. In particolare, negli ultimi tempi si è assistito a un abnorme proliferare dei cosiddetti sistemi "per vincere matematicamente", offerti attraverso ogni genere di canale di comunicazione (stampa, radio, televisione, Internet, ecc.). La Legge, infatti, punisce chi esercita abusivamente la professione medica, ma non prevede alcuna pena nei confronti di chi fa abuso della professione di matematico... Ma è proprio la fiducia posta in tali "metodi sicuri" la causa principale di consistenti perdite in denaro, a volte, rovinose. In realtà, nel caso dei giochi di puro azzardo, gestiti da un "Banco" (ovvero, da una figura che raccoglie le somme giocate e stabilisce le quote da ripartire tra i vincitori), la matematica può fornire solo dei suggerimenti per minimizzare le perdite; e, tra questi, il più semplice ed efficace è quello di non giocare. Verso i primi del 1800, Pierre Simon de Laplace, uno dei padri del calcolo delle probabilità, riferendosi al gioco della roulette, scrisse: "Quando un numero non esce da molto tempo, i giocatori corrono a coprirlo di denaro. Essi ritengono che quel numero reticente debba uscire al prossimo colpo, a preferenza di altri (...)". A distanza di quasi due secoli, l'idea che i numeri "ritardatari" abbiano maggiore probabilità di uscita rispetto agli altri (in vari giochi, dalla roulette al Lotto), rimane fermamente radicata nella mentalità comune. Una tale credenza scaturisce dall'errata convinzione che, per la "legge empirica del caso", alla lunga gli scarti debbano compensarsi; ma è rafforzata anche dalla considerazione che un ritardo eccessivamente elevato rispetto alle previsioni, ha oggettivamente una probabilità estremamente bassa di verificarsi. Bisogna però considerare che il valore della probabilità, calcolato prima di cominciare ad effettuare i tentativi (quando, cioè, non se ne può ancora conoscere l'esito), è diverso da quello che si può ricavare, una volta che si è venuti a conoscenza dell'esito di alcuni tentativi. Ad esempio, si supponga di lanciare una moneta 4 volte di seguito. Ponendo T = "testa" e C = "croce", gli eventi TTTT e TTTC sono equiprobabili. Dunque, dopo tre "teste". consecutive nulla autorizza a dire che "croce" è più probabile di "testa"; nemmeno il fatto che l'evento "Non esce mai C" è meno probabile di " C esce una volta", perché questo vale prima di effettuare i quattro lanci. Nell'analisi dei giochi d'azzardo, assume una grande importanza il concetto di "rendimento" (o "speranza matematica"), che consente di valutare, in maniera estremamente attendibile, il livello di equità dei vari giochi. Se si indica con il termine "posta" la somma pagata per effettuare una determinata puntata, il "rendimento" di tale puntata viene definito come il prodotto tra la probabilità dell'evento su cui si è scommesso e il numero delle poste che si incasserebbero, se quell'evento dovesse verificarsi. Un gioco che ha un rendimento maggiore di 1 viene detto "vantaggioso", in quanto la sua pratica consentirebbe di incassare, alla lunga, una somma totale superiore all'ammontare delle somme spese. Un gioco che ha un rendimento uguale a 1 viene detto "equo", in quanto la sua pratica consentirebbe di incassare, alla lunga, una somma totale uguale all'ammontare delle somme spese. Un gioco che ha un rendimento minore di 1 viene detto "svantaggioso", in quanto la sua pratica consentirebbe di incassare, alla lunga, una somma totale inferiore all'ammontare delle somme spese. Sono svantaggiosi, in genere, tutti i giochi gestiti da un "banco", ovvero da una figura che incamera tutte le poste giocate e fissa (a suo favore) i parametri relativi alle somme da elargire, in caso di vincita. Quanto più il rendimento è minore di 1, tanto più il gioco è controproducente, dato che sempre più negativo tenderà ad essere il bilancio, dopo un numero consistente di puntate. Sono equi, in genere, tutti i giochi che non prevedono un "banco" (come, per esempio, il "poker") o che, pur prevedendolo, fanno svolgere questo ruolo, a turno, ai vari partecipanti al gioco (come, per esempio, il "sette e mezzo"). Ma se un gioco è equo, non significa necessariamente che il suo esito consisterà, ogni volta, in un pareggio; molto più semplicemente, a lungo andare, le somme vinte andranno a controbilanciare quelle perse. Un gioco può avere un rendimento maggiore di 1 (ovvero, essere "vantaggioso"), in due soli casi: - chi gestisce il gioco è un benefattore; - chi ha determinato il valore del rendimento, ha commesso un errore di calcolo. In realtà, un sistema per "vincere con certezza" esiste ed è stato ideato dal matematico francese Jean Baptiste d'Alembert. Per applicare questo metodo (noto anche come "metodo della martingala"), si deve stabilire una posta iniziale e bisogna, poi, giocare di continuo fino all'avverarsi dell'evento su cui si è scommesso; ad ogni puntata, la posta deve essere opportunamente incrementata, in maniera tale che, al conseguimento della vincita, sia possibile recuperare tutte le somme giocate e aggiudicarsi, in maniera netta, il guadagno previsto per la puntata iniziale. Peccato che, per poter attuare una simile strategia con sicurezza assoluta, sia necessario avere a disposizione un capitale infinito... Infatti, se non si riesce a vincere entro un ragionevole numero di estrazioni, col passare del tempo si è costretti a puntare somme sempre più elevate, del tutto sproporzionate all'entità del guadagno previsto. D'Alembert, che credeva alla teoria dei ritardi (anche i gradi matematici possono sbagliare...), ideò questo metodo, con la convinzione che, puntando su un particolare evento "ritardato", si potesse riuscire a ridurre il tempo medio di attesa della sua uscita. Nonostante l'inconsistenza di tale convinzione sia stata dimostrata da vari secoli, il metodo della martingala è tutt'ora usato soprattutto alla roulette, per le puntate semplici (rosso e nero, impair e pair, manque e passe), e al gioco del Lotto, per gli estratti semplici. A parte tutte le considerazioni precedenti, bisogna tener conto che se fosse possibile elaborare un metodo per ottenere una percentuale minima di guadagno, garantita ad ogni puntata, nel giro di pochi anni l'ideatore di un tale sistema potrebbe diventare l'uomo più ricco del mondo. Si supponga, per esempio, che un sistemista sia riuscito a mettere a punto un metodo per vincere, al gioco del Lotto, una percentuale minima del 5%, ad ogni estrazione. Se questa persona puntasse una somma iniziale di sole 20.000 lire: la prima volta vincerebbe 21.000 lire;  la seconda volta, puntando 21.000 lire, vincerebbe 22.050 lire;  la terza volta, puntando 22.000 lire (e accantonando momentaneamente le 50 lire eccedenti), vincerebbe 23.100 lire. Proseguendo in questo modo, ovvero puntando ad ogni estrazione, la somma vinta la volta precedente (più altre 1.000 lire, quando il totale delle cifre accantonate eguaglia o supera tale importo):  dopo 104 estrazioni (1 anno) vincerebbe 3.133.550 lire;  dopo 312 estrazioni (3 anni) vincerebbe 80.046.648.500 lire;  dopo 520 estrazioni (cinque anni) vincerebbe 2.045.113.224.492.600 lire; a questo punto, solo l'inevitabile tracollo economico del nostro apparato statale gli impedirebbe, nel giro di altri due o tre anni, di impadronirsi di tutte le ricchezze del pianeta.

(Tratto dall'articolo di Ennio Peres sul numero 2/1999 di "Archimede")

                                      

 

COME DIVENTARE MILIARDARI CON LA MATEMATICA

 

 

 

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