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Leggi di seguito qualche stralcio dal Diario
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Premessa

Questi nostri diari, con i racconti delle avventure dei tre protagonisti, hanno sempre avuto lo sport, e il calcio in particolare, come filo conduttore. A volte, questo filo è stato un autentico pilastro che ha retto quasi tutto il peso della struttura narrativa, come in occasione del Diario mondiale che aprì la serie. A volte si è ridotto a una trama esile, lasciando il centro della scena ad altri nuclei, dalla scoperta di Cuba all’ultima campagna elettorale. Altre volte ancora, infine, gli eventi calcistici hanno scandito il calendario delle avventure pur senza rubare la scena, alternandosi alle vicende di vita e alle riflessioni del pensiero. Sia come sia, calcio e sport sono in qualche misura sempre state le stelle polari che hanno orientato la navigazione.
L’estate che va a iniziare, da questo punto di vista, propone due appuntamenti che si stagliano nettamente, per importanza e antico fascino, su tutta la programmazione sportiva annuale: gli Europei di calcio in giugno e le Olimpiadi ad agosto. Due grandi eventi che il Mago, il Savio e il Cinico non possono certo trascurare; anche se, come scopriremo ben presto, non li affronteranno con il medesimo spirito e avranno qualche resipiscenza a farne il centro, pur provvisorio, delle loro esistenze.
Gli Europei partono dalla Svizzera, dove si inaugurano, e viaggiano verso est, avendo come meta conclusiva la finale di Vienna, antica capitale imperiale mitteleuropea già conficcata nell’Europa orientale, storica porta e baluardo degli incontri e degli scontri con le civiltà e gli eserciti che venivano dalle steppe asiatiche o dalle grandi penisole mediorientali (l’anatolica e l’arabica). Poi, nel cuore dell’estate, il viaggio verso est continuerà, fino all’approdo di Pechino, alla Cina, a quell’Estremo Oriente sempre più vicino e condizionante.
Seguendo l’ideale percorso dei prossimi grandi eventi sportivi, dunque, il viaggio verso Oriente non può che diventare il filo rosso di queste storie.
Ma un altro Oriente si staglia nelle esistenze dei nostri tre protagonisti. Oriente come sinonimo di nascita di un nuovo giorno, di alba di un’esistenza diversa, di sorgere di un sole invitto che venga a rischiarare il periodo di tenebra...

Disertori

L’obiezione di coscienza è scelta etica un po’ sputtanata dall’uso strumentale e utilitaristico che ne fanno troppi medici fintamente antiabortisti. Resta tuttavia, se intesa in senso ampio, uno dei cardini di libertà su cui poggia una società rispettosa dei diritti individuali.
Un principio cui ci si può appellare anche per le piccole cose. Per esempio, nel caso un attore rifiuti ostinatamente la parte in commedia preparata per lui. Può essere forzato e sfidato, pungolato e insultato. Ma se l’artista non sente la parte come espressione del suo talento, ha ben diritto di appellarsi alla coscienza e di sottrarsi all’obbligo imposto.

(...)
«Sia ben chiara una cosa: io non ho nessuna intenzione di fare pronostici per questo Europeo. E non li farò. È definitivo».
L’affermazione perentoria del Mago ha colto di sorpresa l’uditorio. Il Savio ha provato a reagire con le armi della seduzione. «Ma perché? – ha pigolato quasi implorante – Fare pronostici è il tuo pane. E la gente ci tiene a sapere cosa ne pensi».

Il maiale di Gianni Mura e il baccalà di Ricardo Reis

Nella vita c’è chi crea inventando e c’è chi replica, magari affinando e perfezionando.
Il creativo, per natura, è geloso della sua creazione; anche quando essa, come succede, può apparire banale, o di paternità dubbia, o classificabile come semplice sistematizzazione intuitiva di idee da tempo diffuse e circolanti. Perché, in ogni caso, rimane la primogenitura del definitivo confezionamento della nuova invenzione.
A chi rivede e raffina le altrui invenzioni non rimane che esercitare, anche ai massimi livelli, l’arte del ritocco e dell’imbellettamento; nel migliore dei casi con qualche personale rivisitazione o qualche suggestiva contaminazione. Interventi che, però, possono produrre geniali miglioramenti quanto pastrocchi azzardati.
Giovedì, sfogliando il giornale, il Mago che si è reso conto che per l’ennesima volta Gianni Mura gli aveva rubato la battuta.
Ricordava benissimo di aver commentato con gli amici, un paio di giorni prima, la solidità della difesa portoghese definendo la coppia centrale Pepe-Carvalho “ispirata a Vazquez Montalban”. E il vostro cronachista, mercoledì, vi aveva puntualmente riportato la frase pronunciata divulgandola al mondo.
Ora, il giorno dopo, il Mago ritrovava lo stesso duo definito dal Mura “la coppia difensiva più letteraria della storia calcistica”, con chiaro riferimento all’investigatore privato creato dal defunto autore catalano amante del calcio e della buona tavola.
Come era già capitato tante volte durante i Mondiali, il Mago e i suoi amici ritrovavano una loro intuizione riciclata da qualche firma di Repubblica. Non poteva essere un caso, ai loro occhi, né una semplice sintonia di pensiero. Perché, ancora una volta, l’idea o la definizione arrivavano sul giornale giusto il giorno dopo che loro l’avevano resa pubblica. E la cosa cominciava a disturbare.
«Francamente sono stanco di farmi rubare idee e parole gratuitamente» ha protestato il Mago, raccontando agli amici l’episodio. «Forse esageri – ha provato a calmarlo il Savio – In definitiva è un accostamento che sorge spontaneo. Basta leggere la formazione portoghese per notare la coincidenza di quei due nomi accostati a formare quello del famoso “annusapatte” di Montalban».
«Stronzate – si è inalberato il Mago – So benissimo che si tratta di un’intuizione banale, che può venire a chiunque e in qualunque momento. È una coincidenza così evidente che io stesso mi stupisco di averla sottolineata solo un paio di giorni fa. Però, proprio per questo, mi stupisce ancor di più il fatto che nessuno avesse ancora giocato con quelle parole, e che la battutina letteraria sia stata fatta giusto il giorno dopo che l’avevo fatta io. Io ne ho parlato per primo, noi l’abbiamo divulgata, e quindi l’idea è nostra. Senza discussioni».

Gli utlimi imperatori
(...) Infine è venuto il tempo della chiusura dei Giochi, e con esso quello del riposo. Un momento di sospensione, tra la fine di una vacanza e una ripresa annunciata ma non ancora avviata. Un tempo che è segnato dal tentativo di rinviare il più a lungo possibile il ritorno definitivo alla quotidianità.
(...)
Si è partiti dal tirar delle somme, come sempre si fa alla fine di una grande manifestazione, rievocando protagonisti e momenti topici. E, inevitabilmente, si è partiti dalla più ovvia delle questioni: chi erano stati il re e la regina di questa edizione dei Giochi?
«Niente classifiche, per favore – ha chiarito subito il Mago – Rendiamo onore ai migliori, ma sottraiamoci al giochino becero di voler indicare un nome su tutti gli altri. Faremmo torto a troppi che si meritano la loro non piccola fetta di gloria».

(...)
«Non sarei così perentorio – ha insistito il Mago – Phelps è sovrano per la quantità, come dici tu: per quantità numerica, cioè gli ori di oggi, e per estensione temporale, cioè per la durata del suo regno. Tuttavia Bolt non gli è inferiore, perché le sue vittorie hanno, più di quelle di Phelps, il crisma della sensazionalità. Lui non ha vinto: ha dominato. La facilità di corsa, la doppietta nelle gare di velocità, i tre sensazionali record mondiali (compreso quello con la staffetta) ne fanno, per peso specifico, un campione che non può essere posposto a nessuno. Perché questi successi sono stati più netti, più entusiasmanti e più qualitativi di quelli di chiunque altro».
(...) «Beh, se si parla di protagonisti assoluti, da quei due non si scappa – si è difeso il Mago – Poi, certo, io sono anche in grado di buttarti lì, in ordine sparso e come mi vengono in mente, i nomi di un po’ di campioni che hanno siglato a loro volta imprese enormi. Ti dico Cancellara, per esempio, capace di dominare la cronometro e di piazzarsi terzo nella prova in linea: una versatilità da campionissimo. O, ancora, nel ciclismo, quel Llaneras di cui vi ho già parlato, anche lui oro nell’individuale a punti e argento in quella a coppie (la vecchia americana, o madison come la chiamano ora); con la ciliegina, nell’individuale, di tre podi consecutivi (oro-argento-oro) da Sydney a Pechino passando per Atene. E poi il ritorno di Angelo Taylor, nettissimo vincitore dei 400 ostacoli otto anni dopo la vittoria di Atene; un’altra testimonianza di classe longeva, dopo il rutilante ma breve interregno, nella specialità, del dominicano Felix Sanchez. Da ultimo, non trascurerei il francese Absalon, di nuovo oro nella mountain bike come quattro anni fa, con in mezzo una teoria interminabile di titoli mondiali: un autentico dominatore, nella sua disciplina, di quelli che segnano un’epoca e vanno nella storia».
«Un po’ come la mia carissima Isinbaeva – si è inserito il Cinico cambiando genere – Conferma olimpica con record mondiale, e in mezzo un’infinita serie di vittorie e di primati. Per me è lei la regina dei Giochi, se guardiamo alle donne».
«Il Mago, fin dai primi giorni, aveva avanzato la candidatura al trono per la Vezzali. E io, da storico, sarei d’accordo: il terzo oro olimpico consecutivo è impresa superiore a qualunque altra» ha detto il Savio, rischiando di attizzare una polemica.
Per fortuna il Mago, tirato in causa, è stato sufficientemente conciliante: «Anche qui eviterei di scegliere. Siamo ai valori assoluti, ma con caratteristiche diverse: per la Isinbaeva la supremazia nettissima sulle avversarie e il continuo miglioramento, per la Vezzali la riconferma di una superiorità più risicata (contro avversarie validissime) ma duratura nel tempo, da almeno dieci anni a questa parte. Due grandissime regine, cui affiancherei però un’altra campionessa di cui si è parlato meno: quella Tirunesh Dibaba capace di una sontuosa doppietta cinquemila-diecimila, che è sempre risultato di valore assoluto».

(...) «Fammi infine citare Josefa Idem – ha detto asciutto – Settima Olimpiade, ennesima medaglia, una vittoria sfumata per un nonnulla. E mi è spiaciuto parecchio. Perché lei avrebbe davvero meritato l’oro: non solo per le sue qualità agonistiche e per la sua classe di canoista, ma anche per lo spessore umano che intuisco essere davvero notevole, per quel che conosco del personaggio. Su quell’arrivo illeggibile e beffardo, confesso, ci sono rimato davvero male».


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Storie d'Oriente (27 maggio - 29 agosto 2008)