tutti i contenuti di questo sito sono © Cristiano Abbadessa.
All rights reserved.

i Diari di Abba

racconti

qualche foto

     siti preferiti
visita il mio BLOG

SCRIVIMI





In attesa che ad Abba giunga la voglia di narrare a suo modo il nostro viaggio a Madeira, occupo questo spazio per raccontarvi di come ho rischiato di dover chiedere a voi, cari amici, di accompagnarmi in visita a Guantanamo per portare un po’ di conforto al mio adorato marito (nonché vostro amico).
Vi avviso, fin da subito: il mio stile lascia molto a desiderare, non sono un’artista del racconto, ma l’episodio merita comunque di essere condiviso. Siate indulgenti!

Tutto è avvenuto, per fortuna, a vacanza finita. E, forse perché era il 26 dicembre e a Natale siamo tutti più buoni, forse perché i Portoghesi non sono Americani, ce la siamo cavata e possiamo riderci sopra.
Veniamo all’episodio.

Il 26 dicembre all’ora di pranzo ci rechiamo all’aeroporto di Madeira per tornare a casa. Imbarcati i bagagli grossi, nell’atmosfera surreale di un piccolo aeroporto deserto il giorno dopo la festa, andiamo sereni e cazzeggianti verso il gate per il controllo dei bagagli a mano e per il passaggio al metaldetector. In effetti, io mi ero tenuta in tasca un pericolosissimo tubetto di burrocacao, nella speranza che non me lo sequestrassero...ma, in fondo, pronta a cederlo per evitare l’arresto.
Passo tranquilla attraverso il rilevatore di metalli, ritiro lo zaino passato dal radiologo e mi volto ad attendere il mio compagno di viaggio, nonché di vita.
Quando passa attraverso il controllo, lui inizia a suonare. Lo fanno ripassare, perché non sembra indossare nulla di strano. Ma risuona. Così lo fanno fermare e lasciano che un bel giovanotto lo palpeggi per qualche minuto, prima di congedarlo. Non vi dico l’espressione interrogativa e un po’ infastidita del Savio!
Comunque è andata! Anche lui si avvia a ritirare il suo zaino dal tunnel radiografante, ma subito una gentile signora gli strappa lo zaino dalle mani e ci guarda con aria sospettosa.
Noi iniziamo a innervosirci: cosa può esserci di strano? Cavolo, non ci sequestreranno la caffettiera?! Oppure la sveglia?!
E poi, in quei lunghi secondi, iniziamo ad accusarci l’un l’altro: non avrai per caso lasciato nello zaino la forbicina? O il dentifricio?
Cazzo! Il dentifricio! Quello piccolo da viaggio, che avevamo pensato di utilizzare dopo aver pranzato a Lisbona...non siamo mica gente che viaggia un giorno intero senza mai lavarsi i denti!

La signora, intanto, inizia a svuotare lo zaino, gonfio di roba: giubbotto, felpa, caffettiera, sveglia... e lo fa ripassare, ormai sgonfio e inerme.
Ma il giovane zelante, seduto davanti allo schermo che rileva le forme radiografate, fa un cenno di dissenso con la mano: non va ancora bene, c’è ancora qualcosa!
Io sto per far notare la presenza del dentifricio, ma il Savio mi blocca in tempo perché nessuno si accorga delle mie intenzioni.
Allora la signora, sempre più contrariata, tuffa una mano nello zaino e tira fuori un piccolo involucro di plastica, lo solleva, lo mostra al giovanotto e quello fa un cenno affermativo con la testa: la forma corrisponde!
Noi ci guardiamo sollevati, e iniziamo a sorridere... ridere sguaiatamente era troppo rischioso!
La signora svolge lentamente l’involucro, guarda l’oggetto misterioso, lo mostra al collega, il collega fa un ok appena accennato con gli occhi, ci guardano tutti un po’ schifati e ci fanno passare restituendoci tutti i nostri beni.
Allora, noi, con calma, raccattiamo tutte le nostre cose sparse sul tapis-roulant e ci spostiamo su un tavolino appartato per risistemare lo zaino: infiliamo sul fondo la caffettiera, poi la sveglia, il giubbotto, la felpa, riavvolgiamo accuratamente la nostra carota nel sacchetto di plastica e la poniamo in cima al mucchio, prima di chiudere la zip.
CAROTA, avete capito bene! Abbiamo rischiato Guantanamo per una CAROTA!

Va bene, una carota in viaggio non è una cosa troppo normale e, in effetti, di solito, le carote non hanno una forma così inquietante. La verità è che quella carota l’avevamo comprata proprio per la sua forma esagerata (pensate a un cono, tipo quello del gelato, ma grande il doppio): il giorno di Natale dovevamo fare un pic-nic, così avevamo comprato qualche banana, una forma di pane e un paio di carote; ma poi le carote erano veramente troppo grandi e ne avevamo mangiata una sola, metà ciascuno. L’altra, avanzata, poteva esserci utile come pranzo del giorno successivo, così da evitare di correre a fare la spesa.
Pensate tutto quello che vi pare; in effetti, a freddo, la cosa fa ridere anche me: che bisogno c’era di portare una carota da Madeira a Milano? Però, se ci riflettete seriamente: che pericolo può costituire una carota? E poi, cosa c’è di male se uno vuole portarsi a casa una carota per ricordo? Si portano tante cazzate come ricordo dai viaggi!

Ma il Savio non era soddisfatto dello scampato pericolo, e per lui si presentava una ghiotta opportunità di “vendetta” all’aeroporto di Lisbona, dove dovevamo cambiare volo. Con lo spirito provocatorio che lo contraddistingue, prima di passare il controllo a Lisbona si accerta che l’involucro con la carota sia posizionato ben in vista come primo oggetto all’eventuale apertura dello zaino. Passato il metal detector senza intoppi, l’omone della dogana riceve dal giovane video-guardone l’ordine di controllare lo zaino. Ci fanno accomodare su un tavolino, senza però indossare la faccia dei cattivi doganieri alle prese con pericolosi viaggiatori; anzi, l’omone portoghese è piuttosto allegro e si rivolge a noi in modo simpatico. Apre lo zaino, vede subito l’involucro sospetto, lo afferra e lo mostra al collega chiedendo conferma sulla forma incriminata. Ricevuta la risposta affermativa l’omone ci guarda sorridendo e, con le spalle ai suoi colleghi, inizia a svolgere l’involucro, guarda l’oggetto, trattiene una risata e si rivolge a noi: “carota?!” e noi: “carota!”.
Allora il suo viso si rilassa e, rivolto al collega, brandisce l’arma impropria lasciandosi andare in una grassa risata contagiosa.

Per qualche minuto, in quell’angolo dell’aeroporto di Lisbona, sono risuonate le risate dei doganieri e di due viaggiatori italiani, interrotte soltanto dalla singhiozzata parola “carota”.
Lisbona resta sempre una città unica!


   

il sito di Abba - i Racconti 

Arma impropria
racconto autobiografico di Anna Abba