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A Varese una studentessa marocchina di sedici anni è vittima di un’aggressione da parte di un gruppo di coetanei. Il pestaggio è avvenuto presso la stazione ferroviaria, con le modalità dell’agguato, ed è stato interrotto dall’intervento di due City Angels. Vengono individuati sette responsabili dell’aggressione, tutti italiani: due ragazzi e cinque ragazze, una delle quali, una quindicenne, è anche posta in stato di fermo e indagata. L’episodio, secondo le testimonianze, è la conseguenza di un brusco diverbio avvenuto il giorno prima sull’autobus, quando la ragazza marocchina si era rifiutata di cedere il posto a sedere alla quindicenne, che lo pretendeva in quanto italiana. La famiglia della ragazza aggredita parla di un chiaro esempio di razzismo; ma gli inquirenti, dopo le prime indagini, dicono che non si può parlare di un caso di razzismo ma di un episodio di bullismo, e che in quel senso formuleranno le loro accuse a carico dei responsabili dell’aggressione.

La professoressa di italiano è una stronza. Una vera stronza.
Forse è perché è una vecchia comunista frustrata che non capisce niente dei ragazzi di oggi, come dicono i miei compagni che parlano di politica. Oppure perché è una specie di suora, una che non capisce i giovani perché lei non è mai stata giovane e chissà che razza di vita ha fatto quando aveva la nostra età, come diciamo sempre io e le mie amiche. Non mi interessa sapere il perché, in realtà: resta il fatto che è una stronza.
È una che sta sempre lì a fare prediche, a perdere tempo invece di far lezione (e questo mi fa anche comodo; però che palle!) per parlare di rispetto degli altri, del fatto che saremmo tutti uguali, che non esistono persone diverse e tante altre stupidaggini del genere. Secondo me sono cose che dice solo per fare la rompiballe, perché crede che una professoressa deve dire quelle cose lì, ma secondo me non ci crede neanche lei. S invece ci crede, allora è proprio scema!
Fa sempre così, quasi tutte le lezioni. Noi la lasciamo dire e ce ne freghiamo, di solito. Anche perché non è che stiamo ad ascoltare bene quello che dice. Oggi, però, mi ha fatto proprio incazzare di brutto, invece.
Ha passato un’ora a farci una testa grande così, parlando continuamente con quella sua voce fastidiosa, quell’aria di chi ti giudica ma ti vuole anche convincere, che è una cosa che io non sopporto. Tutto il tempo a parlar male della mia amica Lorena, a dire che certi comportamenti sono inaccettabili, che il razzismo è una brutta cosa, che quando si manca di rispetto agli altri si finisce poi per usare la violenza e altre stronzate del genere.
Tutto ’sto casino per quel paio di sberle che la mia amica Lorena ha rifilato l’altra sera a quella merdosa marocchina di terza, che è pure di un anno più grande di noi, e che se sta lì a farsi pigliare a schiaffi da una più piccola di lei non è che poi si merita tanto rispetto, per dirla tutta!
Ci siamo beccati un’ora di predica solo perché di quella storia, una storia da niente, hanno parlato anche i giornali e le televisioni, che ci hanno montato sopra un casino grande come una casa, che non era proprio il caso per una storiella di ragazze che se le danno. E poi ci hanno fatto su mille commenti che non c’entravano per niente, solo perché loro mica sapevano come erano andate davvero le cose.
Infatti, io gliel’ho detto alla prof: «Guardi che lei non sa come sono andati i fatti, per cui non dovrebbe proprio parlarne. E poi non può continuare a parlar male di Lorena, perché oggi lei non c’è e non può neanche difendersi». Infatti, dopo tutto quel casino i genitori di Lorena hanno deciso di tenerla a casa un paio di giorni da scuola, tanto per far calmare le acque. Così gliel’ho detto chiaro in faccia alla stronza prof: «Lei accusa ingiustamente una ragazza che non può difendersi. E questa è una cosa da vigliacchi!».
Quella stronza l’ha presa malissimo. Ha mollato il suo tono da suora e si è messa a strillare tutta incazzata che certe cose non mi dovevo permettere di dirle a lei, che mi avrebbe portato in presidenza e altre minacce che di qua mi entravano e di là mi uscivano. Infatti io l’ho guardata dritta in faccia per farle capire che mi faceva pena e così lei ha continuato a urlare ma poi non ha mica fatto tutte quelle cose che minacciava di fare. Tutti abbiamo capito che lei urlava perché non aveva argomenti, e sapeva benissimo che io avevo ragione e che lei era davvero una vigliacca.
Poi si è calmata e ha ricominciato la sua predica con la sua vocina calma. Allora anch’io sono stata zitta, ma ho preso la mia sedia e l’ho girata verso la finestra, di modo che le davo le spalle o quasi. Mi sono anche stravaccata e ho allungato le gambe e ho appoggiato i piedi sul calorifero per mettermi bella comoda. Poi mi sono infilata le cuffiette dell’i-pod, per farle vedere che non la stavo neanche a sentire e che non me ne fregava niente di quello che diceva, se ancora non lo aveva capito.
Lei naturalmente non ha avuto il coraggio di dirmi niente. Così le ho dato io una bella lezione.

La prof l’ho sistemata, però sono incazzata lo stesso. Più ci ripenso è più mi incazzo. Soprattutto perché la stronza prof ha continuato tutto il tempo a menarla con questa storia del razzismo. Ma quale razzismo? Cosa c’entra il razzismo con questa storia? Come fa a dire che Lorena è razzista?
Lorena non è di certo razzista: non sa neanche che cosa è il razzismo, anzi. E io nemmeno. Quando sento parlare di razzismo mi vengono in mente certe cose della storia che studiavamo in terza media, tipo gli ebrei che i tedeschi mandavano nei forni solo perché erano ebrei, oppure le storie dei negri che non potevano votare fino a pochi anni fa, oppure quell’altra dei negri del Sudafrica che vivevano nelle baracche delle periferie e invece i bianchi vivevano in ville bellissime ed erano pochi ma erano ricchi solo loro. In quelle storie lì si parlava di razzismo, se ho ben capito. Ma mi sembra che erano storie anche molto diverse fra loro e non so se c’entravano tutte con lo stesso discorso.
Perciò io del razzismo so poco o niente. Però mi sono informata, dopo che la stronza prof ha fatto tutte le sue menate e ha detto che Lorena è razzista (che non è vero!). Ho letto qualcosa sul dizionario e poi su wikipedia, e ho visto che il razzismo è credere che una razza è superiore e le altre sono inferiori, e che le razze inferiori vanno sottomesse o anche eliminate proprio. Così ho capito, almeno. Però questo non c’entra davvero niente con Lorena, con me e con i nostri amici. Cosa ce ne frega a noi delle razze? Noi guardiamo le persone e basta, semmai.
Quella marocchina lì che è la colpevole di tutto il casino che è venuto fuori, per esempio, non so neanche di che razza sia. Però so che è una brutta persona, sempre silenziosa, sempre sulla difensiva, sempre lì a guardarti storto senza un motivo. Anzi, il motivo lo so. È che lei è invidiosa di noi, e ci vuole poco a capirlo. Infatti lei è una specie di toparagna con un muso tutto lungo e i denti grossi che le vengono fuori, con le spalle piccole e magre da malata, con il petto piatto come una tavola; in compenso ha un culone grande così e due cosce enormi; persino le caviglie sono larghe e rotonde che fanno proprio schifo. Capisco che è invidiosa di ragazze come me e Lorena, che tutti quelli della scuola dicono che siamo delle gran fighe e ci corrono dietro. Ma non è mica una colpa essere belle! E non è colpa nostra se lei è brutta e sfigata. Sarà colpa della natura. E un po’ è colpa sua, anche: perché brutta è brutta, ma potrebbe almeno fare la fatica di curarsi un po’ di più e di mettersi giù un po’ meglio.
Invece no, perché fra l’altro è un’araba falsa. E questo è un altro motivo perché mi sta antipatica. Infatti lei a scuola se ne va in giro vestita in modo normale, quasi come noi; nel senso che si veste da cristiana. Oddio, proprio normale non è, perché ha sempre su delle scarpacce da ginnastica luride del mercato, dei jeans sudici che sono sempre gli stessi, e dei maglioncini con le maniche lunghe che tiene sempre su anche quando fa caldo, che poi suda e puzza parecchio, che fa anche un po’ schifo quando ti passa vicino. Però sembra una ragazza normale; una sfigata, ma una normale. Invece appena esce per strada, mentre va verso l’autobus, allora si infila in testa una specie di straccio che le copre i capelli e metà fronte, così si vede ancora di più quel naso lungo e storto e quei denti enormi che le vengono fuori. Questa cosa di coprirsi la testa mi hanno detto che è per motivi religiosi; ma è una stronzata, perché a scuola lei mica si copre. Per questo dico che è un’araba falsa!
Poi c’è il fatto che è marocchina. Ma non è razzismo: io non so di che razza siano i marocchini (l’ho già detto!). È solo che questi stranieri vengono qui e si prendono tutte le nostre cose. Si prendono il lavoro che poi noi restiamo disoccupati, come dicono sempre i miei amici più grandi e tanti adulti che conosco. Prendono le nostre case, come dice la mia zia vecchia che vive in un palazzone vecchio che è pieno di famiglie di arabi, di negri e adesso anche di cinesi. Poi si prendono i posti dei nostri bambini all’asilo, come dice sempre mia cugina che suo figlio all’asilo non ce lo può mandare perché nella classifica ha davanti un sacco di figli di clandestini che non c’avrebbero diritto ma poi li prendono lo stesso.
Il razzismo non c’entra niente. Però lei è marocchina e quindi è straniera, ed è una di quelli che vengono qui a rubarci le nostre cose e a fare i delinquenti. Perché poi la maggior parte di loro sono proprio delinquenti e basta, quasi come gli zingari. E se non sono delinquenti si prendono lo stesso quello che è nostro. E allora mi stanno antipatici, ed è giusto così, anche se la professoressa dice tutte le sue stronzate per convincermi che ho torto.

Infatti il razzismo non c’entra niente con questa storia e con i fatti come sono andati. E io lo so. Perché io i fatti li posso raccontare perché c’ero, anche se non stata denunciata come Lorena o come gli altri miei amici. Però c’ero e ho visto tutto.
Tutta la storia è cominciata venerdì mattina, quando siamo uscite da scuola. Eravamo proprio insieme io e Lorena che andavamo verso l’autobus, e un po’ più indietro o più avanti c’erano degli altri nostri compagni o degli amici e delle amiche delle altre classi della nostra scuola. Alla fermata c’era il solito casino, perché di autobus ne passano pochi e quando arrivano sono sempre già mezzi pieni di anziani, e allora noi facciamo a spintoni per cercare di prendere un posto seduti, che la strada è lunga e non ci va di stare in piedi fino al capolinea.
Quando l’autobus è arrivato noi siamo schizzate dentro per prime, ma i posti erano pieni peggio del solito e abbiamo perso tempo a guardarci intorno. Poi Lorena ha visto che uno si era alzato proprio in quel momento a due passi da noi e mi ha dato col gomito e mi ha urlato «Si è liberato un posto!», che così potevamo sederci in due stringendoci un po’, oppure una sulle gambe dell’altra come facciamo tante volte. Solo che intanto quella marocchina si era infilata non so come davanti a noi. Lei il posto non lo aveva mica visto, e guardava per aria con quella sua faccia da ebete addormentata. Ma poi ha sentito Lorena che gridava, allora ha visto il posto e ce lo ha fregato sedendosi lei con aria tutta soddisfatta, la stronzetta!
Lorena è schizzata per dirgliene quattro, ma poi ha visto Filippo che arrivava dall’altra parte e si è distratta, anche perché a lei Filippo piace parecchio e hanno una mezza storia che va avanti dall’anno scorso tra alti e bassi, anche se non stanno insieme è un po’ come se fosse così. Con Filippo c’erano due amici, Lallo e Gunther, che li conosciamo un po’ meno e non li frequentiamo troppo, però sappiamo che sono dei tipi abbastanza a posto. Qualcuno gli fa delle menate perché vanno alle partite della Cimberio e stanno nella curva dietro gli striscioni con la faccia del duce e le croci naziste, ma loro ci hanno spiegato che lo fanno perché così mettono paura ai nemici, mentre quelle tifoserie che sono alleate li riconoscono proprio da quei simboli e allora non ci sono problemi. Certo, non sono come Filippo che è proprio uno giusto: lui ha due anni più di noi ma sta con un giro pieno di gente coi soldi, che ha più di 18anni e che ha la macchina: così il venerdì e il sabato sera vanno in giro e tirano anche tardi, non come noi che a una certora dobbiamo essere a casa. Anche Lallo e Gunther frequentano ogni tanto il giro di Filippo, ma non sempre. Comunque è gente a posto, che non si sballa e non fa cazzate. Mica come quei barboni senza un euro in tasca che poi la volta che riesono ad avere due soldi e a uscire la sera si ubriacano e si vanno ad ammazzare con le macchine, o magari ammazzano chi non c’entra niente.
Io sono rimasta bloccata dal casino che c’era, mentre Lorena parlava con Filippo e gli altri due. Fra l’altro mi ha raggiunto quella zecca di Antonio, il secchione della classe, che è uno sfigato tremendo e che mi sta sempre appresso che quasi mi vergogno ad aver dietro uno così. Però me lo tengo un po’ buono, perché almeno mi passa i compiti in classe di ragioneria e mi fa copiare. Così, visto che mi si era appioppato, ci ho scambiato due parole per farlo contento.
A un certo punto deve essere successo qualcosa che non ho sentito, perché mi ero distratta con il secchione. Però poi ho sentito Lorena che alzava le voce e diceva: «Io mi sarei seduta volentieri. Però questa marocchina mi ha fregato il posto». E come me ha sentito quasi tutto l’autobus, ma nessuno ha detto niente.
La marocchina ha fatto finta di niente e ha guardato fuori dal finestrino, perché già si cagava addosso. Allora Gunther, che è sempre un po’ agitato, le ha dato una manata sulla spalla e le ha detto «Ehi negra, hai sentito? Alzati e lascia il posto alla mia amica!». E qui secondo me lui ha sbagliato a chiamarla negra, perché poi lei non è neanche negra, e comunque siccome l’ha chiamata negra da lì credo sia venuto fuori tutto il casino del razzismo e delle altre storie.
In ogni modo quella se ne è rimasta muta e ha fatto finta di niente. Allora è intervenuto Filippo, che è uno molto più calmo e sa parlare con una voce tranquilla che però sono ordini che non li puoi mica discutere, e le ha detto tutto educato che i posti a sedere erano per gli italiani e che siccome lei non era italiana si doveva alzare e lasciare sedere Lorena che invece era italiana e aveva diritto a sedersi. Quella si è girata di scatto con una faccia tutta cattiva e uno sguardo odioso e ha strillato «Lasciatemi in pace!», come se le avessero fatto chissache.
Allora giustamente Lorena non ci ha visto più e l’ha presa per un braccio gridandole «E alzati, stronza!», e l’ha sollevata di peso che quasi la faceva volare. La marocchina ha sbatacchiato contro un paio di ragazzi che si sono anche incazzati, poi si è messa a frignare e si è allontanata verso la mia parte. Due signore l’hanno presa sottobraccio e l’hanno anche un po’ consolata, ma le hanno anche detto di lasciar perdere e di non farci caso. E infatti avevano proprio ragione, perché se quella gli avesse dato retta la cosa sarebbe finita lì.
Invece no, perché lei non ha capito la lezione e ha fatto la stronza. Infatti al pomeriggio Lallo e Gunther, che erano a spasso con le loro ragazze, l’hanno quasi incrociata che camminava sull’altro marciapiede in centro assieme a un vecchio marocchino grasso e pelato, che forse era il padre o magari il nonno o chissachi, comunque era un marocchino come lei. E Lallo e Gunther hanno visto che la stronzetta li indicava da lontano e diceva qualcosa a quel tizio, e che quello faceva la faccia incazzata e minacciosa, anche se poi ha tirato dritto e questa è stata una fortuna per lui, conoscendo Lallo e Gunther.
Comunque era chiaro che la stronzetta aveva fatto la spia e che voleva tirar su chissà quale casino. Allora la mattina dopo, dopo la scuola, abbiamo fatto gruppo e l’abbiamo seguita fino alla stazione ferroviaria dove lei scende sempre, un po’ in autobus con lei per tenerla d’occhio e un po’ con i motorini. L’abbiamo raggiunta nel parcheggio della stazione, e un gruppo è andato a chiederle spiegazioni, mentre io e altri siamo rimasti a guardia dei motorini, che non si sa mai. Comunque eravamo a una decina di metri o poco di più, e io ho visto e sentito tutto o quasi.
La stronzetta non deve aver risposto alle domande dei miei amici, che poi erano quasi tutte ragazze perché solo Filippo e Lallo erano andati lì: poi, oltre a Lorena, c’erano Silvia, Vanessa, Elena e Arianna, che sono anche loro delle tipe toste. La marocchina ha cercato di scappare, e Lallo le ha tirato un calcetto nelle caviglie, che poi era più uno sgambetto per impedirle di correre via. Lei ha cominciato a frignare e a urlare che erano dei bastardi, che si mettevano sette contro una, e ha detto a Lorena che si era portata i maschi per picchiarla.
Lorena non è una che si fa dare della vigliacca da una marocchina cagasotto, per di più davanti a Filippo. Per mettere le cose a posto le ha detto che gli altri non li doveva calcolare e che bastava lei per darle una sistemata. Infatti le ha mollato due sberle in faccia molto forti, e le ha fatto uscire il sangue da un labbro. Quella, siccome è una merda e non vale niente, anche se ha un anno più di noi ha cominciato a piangere, si è toccata il labbro, ha visto il sangue, ha iniziato a urlare e a fare un sacco di tragedie inutili. Poi Lorena le ha dato un’altra sberla: ma era una roba da niente, che si capiva che gliel’aveva data per dire che la disprezzava, che la lezione era finita, che doveva imparare a stare zitta e a non combinare casini con gente che poi si cagava sotto quando ce l’aveva davanti.
Quella merdosa marocchina, anziché chiedere scusa e andarsene, è caduta in ginocchio come se l’avessero presa a pugni dieci picchiatori e ha ricominciato a urlare e piangere. Allora Lorena ha perso la pazienza e l’ha presa per i capelli per sollevarla da terra, perché stava diventando uno spettacolo penoso. Ma quando si è sentita tirare i capelli la marocchina ha gridato ancora più forte, e quando Lorena glieli ha lasciati si è buttata per terra e ha cominciato a rotolarsi.
Adesso ci sono quelli che dicono che è stata un’aggressione con calci, pugni, tirate di capelli e chissà cos’altro. Io ero un po’ lontana, ma ho visto solo gli schiaffi di Lorena e poi Lorena che cercava di tirarla su per i capelli per spedirla a casa. Almeno finché quella non si è buttata per terra. Poi ho visto che Filippo e Lallo cercavano di sollevarla per le braccia: certo, con la forza, ma per tirarla su e farla andare via, mentre quella ha cominciato a contorcersi e così si è fatta male, e allora i miei amici l’hanno mollata e quella è ricascata per terra pesante come uno straccio fradicio. Lì l’hanno insultata per davvero: per forza, che cosa erano tutte quelle scene per niente? Elena le ha mollato un calcetto nei fianchi con la punta dello stivaletto, ma solo per farla reagire, e invece quella si è rotolata per terra urlando «il rene! il rene».
Era davvero una roba brutta! Perché quella merdosa faceva tanto la vittima per niente, che sembrava la stessero spellando viva. Solo allora Vanessa le ha messo in faccia la suola di una scarpa, come per schiacciare un verme, perché quella sembrava davvero un verme; era un gesto così, solo per dimostrare superiorità e chiudere la questione, ma quella stronza si è agitata e ha cominciato a gridare «il collo! il collo!».
Finalmente Lorena si è chinata sulla marocchina per prenderla e scuoterla e magari alzarla, e anche le altre hanno cercato di darle una mano. Ma a quel punto sono arrivati quei due tizi vestiti di rosso, e poi anche un paio di signore, che una mi sa che era pure lei una mezza marocchina o comunque una straniera che non si faceva i cazzi suoi come invece avevano giustamente fatto tutti gli altri che erano passati di lì prima.
E così quelli sono intervenuti ed è cominciato il vero casino.

Comunque, nonostante tutto il casino, nessuno può dire che Lorena è razzista, o che io sono razzista, o che sono razziste le nostre amiche e razzisti i nostri amici. Nessuno può dire che il nostro gruppo è razzista, perché così hanno detto i giudici: non è razzismo, è bullismo.
Naturalmente io non so se questa accusa è giusta. Però questa cosa del bullismo mi sembra meno grave. Di bullismo si parla tanto, è una parola che mi sembra si usa molto. E quindi, forse, non indica una cosa tanto grave. Razzista, invece, è molto più grave, è quasi un insulto, anzi direi proprio che viene usata come un insulto o anche peggio.
Il bullismo, invece, non ho capito bene cosa sia, anche se è tanto tempo che ne sento parlare.
Mi ricordo che l’ho sentito dire per la prima volta quando ero in seconda media. C’erano dei terroncelli che già l’anno prima andavano in giro a dare fastidio ai miei compagni più timidi e più deboli. si facevano dare la merenda, da qualcuno anche dei soldi, e poi gli facevano degli scherzi anche pesanti e qualche volta li picchiavano se loro tentavano di ribellarsi, o anche se non tentavano. Il loro capo si chiamava Salvo ed era un siciliano, infatti noi che eravamo un po’ più furbi li chiamavamo “i mafiosi” e ci stavamo bene alla larga. Poi i professori hanno capito quello che succedeva ed è venuto fuori un casino gigantesco e ci hanno detto che quelli erano dei bulli e che il bullismo era una brutta cosa. Però noi abbiamo continuato a dire che erano dei mafiosi, che anche quella non è mica una cosa bella, secondo me.
Così io credevo che il bullismo era un po’ quella roba lì. Però l’anno dopo hanno detto che io e un gruppetto di mie amiche facevamo del bullismo perché prendevamo sempre in giro una nostra compagna che era grassa come una balena. Addirittura alla mia amica Marzia, che era quella che gliele diceva più grosse alla balena, l’hanno obbligata ad andare a degli incontri con uno psicologo, che poi lei ci raccontava tutta divertita perché erano delle stronzate. Allora non ho più capito bene cos’era questo bullismo, perché quei mafiosi terroni facevano sicuramente una cosa brutta e una volta avevano tirato fuori dei coltellini per spaventare degli altri ragazzi, mentre a noi ci pareva di fare una cosa che non faceva male a nessuno. E ho ragione io, perché adesso la balena, che si chiama Antonella, è molto dimagrita ed è anche amica di un paio di ragazze del nostro gruppo che la prendeva in giro, adesso che fanno il liceo insieme.
Però è da quando mi sono iscritta al commerciale che questa storia del bullismo è diventata un’ossessione. Un’ossessione che è incominciata quasi subito, pochi giorni che avevamo iniziato la scuola, quando una valanga di ragazzi sono stati accusati di bullismo perché avevano firmato le pance dei primini con dei grossi pennarelli. Il preside ha tirato in piedi un casino enorme e tutti i prof hanno detto che quello era un atto di bullismo gravissimo. Quando ne ho parlato a casa, però, mio papà si è messo a ridere e ha detto che quella cosa lì la facevano anche ai suoi tempi, che c’era anzi un giorno, che però lui non si ricordava qual era, che era San Firmino e che cadeva all’inizio dell’anno scolastico, e che quel giorno lì tutti i primini venivano presi e gli firmavano la pancia col pennarello. Lui ha detto che più che bullismo era una “goliardata”, che non so cosa voglia dire ma non deve essere una cosa tanto grave, perché mio papà lo ha fatto anche lui, almeno così ho capito io, e mio papà non era uno di quegli studenti teste calde che facevano politica e bruciavano le auto e le banche e tiravano le pietre ai poliziotti e che poi sono diventati terroristi rossi. Lui è una persona tranquilla, e quindi quella cosa lì deve essere una traduzione antica degli studenti, e quindi una cosa normale.
Qualche mese dopo hanno detto che avevano fatto del bullismo quei ragazzi di una quarta che, nell’intervallo, avevano allagato i bagni dei maschi mettendo degli stracci nelle tazze dei cessi e poi aprendo l’acqua. Però tutti i giornali e le televisioni hanno detto che quello era un atto vandalico, che non so bene cosa sia, ma forse è la stessa cosa del bullismo o forse no.
Poi hanno detto che avevano fatto bullismo anche i ragazzi dello scientifico qui di fianco, che una notte hanno cercato di entrare nella scuola. Però io so che loro volevano entrare per bruciare i registri con i voti, per eliminare le prove dei loro brutti voti e non essere bocciati. Lo so perché me l’ha detto uno di loro che è un mio amico, ma è meglio se non dico chi è. Comunque loro non volevano fare danni e neanche spaventare nessuno. Al massimo erano loro che avevano paura della bocciatura e che hanno tentato di fare quella cosa lì un po’ pazza, ma non volevano far male a nessuno.
E questi sono i fatti che anche a me sembrano più gravi, anche se sono molto diversi tra loro. Ma poi ho sentito dire che ha fatto bullismo anche il mio amico Carlo, che gioca molto bene al calcio e che ha detto al suo allenatore che se faceva giocare quella mezza sega del Riccetti lui stava fuori. L’allenatore ha fatto una tragedia e ha voluto parlare coi genitori e poi è venuto anche a scuola. Ma Carlo mica voleva far male a nessuno: solo che sapeva che con Riccetti, che è uno magrino che sembra che fa fatica a camminare e figuratevi a correre, la squadra era più debole, e facilmente perdeva la partita. E Carlo voleva fare del bene alla squadra, anche perché poi lui è uno che i compagni lo rispettano e lo stanno a sentire, e tanti dicono che “fa spogliatoio”, che non so cosa vuol dire ma deve essere una cosa bella, e quindi non ho capito perché alla fine Carlo è passato per un ragazzo cattivo che invece non è vero.
E hanno detto che era bullismo quello di Walter, che è un ragazzo di terza che conosco un poco, che non va tanto bene a scuola e che studia poco, ma che la prof stronza di italiano, che è anche la nostra, l’ha preso di mira e lo interroga tutte le volte così lo riempie di brutti voti. E siccome una volta lui si è esasperato perché era la terza volta di fila che lo interrogava, e aveva anche studiato la lezione e stava rispondendo, ma poi lei ha incominciato a chiedergli delle cose più vecchie che lui non sapeva perché non aveva recuperato, allora lui si è arrabbiato e ha detto una parolaccia, e poi le ha detto «prof, stia attenta!», e tutti hanno detto che così aveva minacciato la prof e che questa era una cosa gravissima. Ma io so che Walter non farebbe male a una mosca, non ha amici che si fanno rispettare e che picchiano, insomma lui alla prof non poteva proprio minacciarle niente, e ha detto così solo perché proprio non ne poteva più di essere massacrato di quattro da quella stronza.
A dire la verità, una volta hanno anche detto che io ero stata vittima di un atto di bullismo. È stato alla fine dell’anno scorso, quando alcune mie compagne sfigatelle e stronzette hanno fatto una festicciola per il compleanno di Marcella e non hanno invitato né me, né Lorena, né un paio di altre ragazze del nostro giro. La stronza prof lo ha saputo e ha fatto una delle sue prediche, dicendo che ci volevano discriminare e che anche quella era una forma di bullismo. Io non so bene cosa vuol dire, ma non mi sono mica sentita discriminata. So che quelle lì avevano paura di noi, perché se c’eravamo noi i ragazzi ci sbavavano dietro e a loro non le cagava nessuno. La prof le ha obbligate a invitare tutta la classe alla festa, ma io non ci sono andata, perché non mi piace andare dove non mi vogliono e non mi piace che una mi invita perché glielo ordina la prof; e anche perché so che mi sarei annoiata parecchio, con quelle sfigate.
Insomma, io non ho capito bene questa storia del bullismo. Però se il bullismo sono queste cose qui, allora Lorena non è accusata di una cosa tanto grave. Tanto più che poi non so neanche che bullismo è quello di una ragazza più piccola che picchia una più grande, perché quella dovrebbe sapersi difendere da sola e se non è capace di farsi rispettare allora sono affari suoi.

Adesso che mi sono sfogata sto un po’ meglio. Ma non tanto, perché qualcuno dice che Lorena è nei guai, e che io ho avuto culo a restarne fuori, che è una storia brutta e che ci saranno casini grossi.
Secondo me no. Intanto sono contenta perché la stronza prof non può più dire che Lorena è razzista, perché così ha stabilito la Giustizia che è una cosa seria e va rispettata.
Così la smettono questi immigrati frignoni, che ogni volta che c’hanno un problema dicono sempre che è colpa del razzismo, anche se sono problemi cha abbiamo tutti e così loro passano per vittime e trovano sempre qualcuno che li aiuta e noi italiani, che siamo a casa nostra, non ci aiuta nessuno. E però sono sempre lì a piangere e a parlare di razzismo, che loro non sanno neanche che cos’è il vero razzismo, come dicono sempre i miei amici che parlano di politica. Anch’io non lo so bene cos’è il razzismo, ma loro lo sanno ancora meno di me, questo è sicuro. E secondo me non lo sa bene neanche la prof, che ci si riempie tanto la bocca tutti i giorni.
Comunque, nessuno può dire che Lorena è razzista, perché così hanno detto i giudici. Al massimo possono dirle che è bullista. Anche questo non so bene cosa vuol dire, ma sono sicura che non lo sa neanche la stronza prof e che quindi non glielo dirà mai.
Se ci penso, sospetto che nemmeno i giudici sanno bene che cosa è questo bullismo. Forse è per quello che, siccome non ci hanno capito niente in questa storia e gli hanno raccontato dei fatti tutti inventati, hanno detto che questo è un caso di bullismo. Credo che non sapevano cosa dire e allora hanno detto bullismo perché c’erano di mezzo dei ragazzi. Perché io ho capito che dire bullismo è un po’ come dire una ragazzata grossa, una roba che è venuta male e che è successo un po’ di casino, ma che alla fine non è mica grave.
È per questo che sono sicura che Lorena se la cava, e io sono sua amica e sono contenta per lei.


   

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