...Invocato dunque il nome di Nostro Signore Gesù Christo
et della sua gloriosissima Madre sempre vergine Maria, nella causa et cause
predette al presente vertenti in questo Santo Offitio tra il reverendo
Giulio Monterentii, dottore di leggi, procurator fiscale di detto Santo
Offitio, da una parte, et te fra Giordano Bruno predetto, reo inquisito,
processato, colpevole, impenitente, ostinato et pertinace ritrovato,
dall'altra parte: per questa nostra difinitiva sententia, quale di conseglio
et parere de' reverendi padri maestri di sacra theologia et dottori dell'una
et l'altra legge, nostri consultori, proferimo in questi scritti, dicemo,
pronuntiamo, sententiamo et dichiaramo te, fra Giordano Bruno predetto,
essere heretico impenitente, pertinace [et ostinato], et perciò essere
incorso in tutte le censure ecclesiastiche et pene [dalli sacri] Canoni,
leggi et constitutioni, così generali come [particolari, a] tali heretici
confessi, impenitenti, pertinaci et ostinati imposte; et come tale te
degradiamo verbalmente et dechiaramo dover esser degradato, si come
ordiniamo et comandiamo che sii attualmente degradato da tutti gl'ordini
ecclesiastici maggiori et minori quali sei constituito, secondo l’ordine dei
sacri Canoni; et dover essere scacciato, si come ti scacciamo, dal foro
nostro ecclesiastico et dalla nostra santa et immaculata Chiesa, della cui
misericordia ti sei reso indegno; et dover esser rilasciato alla Corte
secolare, si come ti rilasciamo alla Corte di voi monsignor Governatore di
Roma qui presente. per punirti delle debite pene, pregandolo però
efficacemente che voglia mitigare il rigore delle leggi circa la pena della
tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilatione di membro. Di
più, condanniamo, riprobamo et prohibemo tutti gli sopra detti et altri tuoi
libri et scritti come heretici et erronei et continenti molte heresie et
errori, ordinando che tutti quelli che sin'hora si son havuti, et per l’
avenire verranno in mano del Santo Offitio siano publicamente guasti et
abbrugiati nella piazza di san Pietro, avanti le scale, et come tali che
siano posti nell’ Indice de libri prohibiti, si come ordiniamo che si facci.
Et così dicemo, pronuntiamo, sententiamo, dechiaramo, degradiamo,
commandiamo et ordiniamo, scacciamo et rilasciamo et preghiamo in questo et
in ogni altro meglior modo et forma che di ragione potemo et dovemo.
L'ESECUZIONE
mercoledì 16 febbraio 1600
A hore due di notte fu intimato alla Compagnia che la
mattina si dovea far giustitia di un impenitente; et però alle 6 hore di
notte radunati li confortaori e cappellano in Sant'Orsola, et andati alla
Carcere di Torre di Nona, entrati nella nostra cappella e fatte ìle solite
orazioni, ci fu consegniato l'infrascritto a morte condennato, cioè:
Giordano del quondam Giovanni Bruni, frate apostata da Nola di Regno,
eretico impenitente. Il quale esortato da' nostri fratelli con ogni carità,
e fatti chiamare due Padri di San Domenico, due del Gesù, due della Chiesa
Nuova e uno di San Girolamo, i quali con ogni affetto et con molta dottrina
mostrandoli l'error suo, finalmente stette sempre nella sua maledetta
ostinatione, aggirandosi il cervello e l'intelletto con mille errori e
vanità. E tanto perseverò nella sua ostinatione, che da ministri di
giustitia fu condotto in Campo di Fiori, e quivi spogliato nudo e legato a
un palo fu brusciato vivo, acconpagniato sempre dalla nostra Compagnia
cantando le letanie, e li confortatori sino a l'ultimo punto confortandolo a
lasciar la sua ostinatione, con la quale finalmente finì la sua misera et
infelice vita.
Le sue Parole
Ho combattuto ed è
tanto: ritenni di poter vincere... ma natura e sorte studio e sforzi
repressero. Ma già è qualcosa esser sceso in lotta, poiché vedo che in
mano al fato è la vittoria. Fu in me quanto era possibile e che nessun
venturo secolo potrà negarmi: ciò che di proprio un vincitore poteva dare;
non aver avuto timore della morte, non essersi sottomesso, fermo il viso,
a nessuno che mi fosse simile; aver preferito morte, coraggiosa a vita
posillanime. (dal De monade)
Giordano Bruno, icona
della libertà
Sono passati 400 anni dal
rogo inquisitoriale che pose fine alla sua vita errante.
Sullo sfondo della sua condanna
c'è il processo a Galileo e a tutti quei teologi e intellettuali che, in nome
della libertà di ricerca, non rientrano nel pensiero unico della chiesa
romana.
(Giuseppe Platone, Riforma,
marzo 2000)
«Dove importa l'onore, l'utilità pubblica, la
dignità e perfezione del proprio essere, la cura delle divine leggi e
naturali, ivi non ti smuovi per terrori che minacciano morte».
Così Giordano Bruno nel suo Spaccio della
bestia trionfante riassume la propria posizione che manterrà inalterata sino
alla fine.
Sino al 17 febbraio del 1600 quando verrà
bruciato sul rogo a Campo dei Fiori a Roma.
La sua ultima fulminante
perorazione, rivolta al notaio che gli leggeva la sentenza di morte, la dice
lunga sul personaggio che alzatosi dall'inginocchiamento previsto per i
condannati d'eresia dall'inquisizione gridò: «Forse tremate più voi
nell'infliggermi questa sentenza che io nell'accoglierla».
L'anima inquieta di Giordano
Bruno continua da allora a girare per l'Europa e anche a Torino, dove del
resto soggiornò un paio di volte senza riuscire a trovare, neppure qui, una
sede accademica in cui essere accolto e valorizzato.
Più o meno era successo
anche negli altri luoghi in cui visse, scrisse, litigò, insegnò e sbalordì
con la sua memoria da Pico della Mirandola.
Un memoria fotografica la sua, che
fece di lui per alcuni momenti la massima espressione dell'uomo
rinascimentale.
Dal giorno in cui gettò la tonaca di domenicano alle ortiche,
inizia per lui un periplo europeo che lo porterà a Chambery, Ginevra (e qui
frequenterà gli esuli italiani calvinisti), Lione, Tolosa, Parigi, Londra,
Oxford, e poi ancora Londra, Parigi, Magonza, Marburgo, Wittenberg, Praga,
Tubinga, Remstedt, Francoforte, Zurigo, e poi ancora Francoforte e infine
Venezia.
A Venezia, nel maggio del 1592,
viene arrestato dalla Santa Inquisizione per delazione del nobile Mocenigo.
Quest'ultimo voleva rubargli il segreto di tanta memoria, ovvero l'incredibile
capacità del Bruno di leggere una prima e unica volta un libro e ricordarlo
perfettamente a memoria.
Non riuscendoci, il patrizio che lo ospitava lo
scaricò al Sant'Uffizio che, trasferitolo a Roma, lo espose a torture e
vari interrogatori per circa sette anni. E alla fine, come tanti altri, lo
condurrà sul rogo per bruciarne per sempre la memoria.
Ma quella damnatio
maemoriae, per una sorta di transustanziazione all'incontrario, si è via
via trasformata in un riscatto della memoria.
Giordano Bruno non cessa di
affascinare per il suo coraggio di indagare con passione l'intima essenza
dell'universo, di Dio e quindi di ciascuno di noi.
Di questa attualità di
Giordano Bruno abbiamo avuto chiaro esempio, l'11 febbraio a Torino, nel
salone valdese dove, sotto gli auspici del Centro culturale «Arturo Pascal»
di fronte a un folto pubblico, Giovanni Franzoni, l'ex abate di San Paolo fuori le mura
di Roma, ha ripercorso i caratteri salienti dell'eretico rinascimentale. E per
una sorta di ironia del destino quel 17 febbraio è lo stesso in cui si
accendono i falò nelle Valli per ricordare l'uscita dal ghetto.
E Bruno, come i
vaIdesi, diventa spesso icona della libertà.
Franzoni ha ripercorso la
concezione bruniana dell'infinito dove non c'è più un centro ma soltanto un
atrio in cui accedere per giungere alla stessa conoscenza dell'infinito.
E Dio
stesso è infinito, senza confini.
Lo spazio è senza limiti, in esso abita una
pluralità di mondi in cui vivono un infinità di essere dotati di anima.
Bruno è il navigatore solitario di questa corrente naturalistico-cristiana
dove Dio non si rivela solo nella Bibbia ma nella natura.
Per queste e altre
ragioni non fu mai realmente protestante.
Era in sostanza un erasmiano, ma
rispetto al maestro di Rotterdam molto più passionale, collerico, inquieto.
I
protestanti furono scandalizzati dalla condanna al rogo di Bruno.
E questa
morte cruenta finirà con l'indirizzare ancor di più il mondo cattolico in
senso anticopernicano.
Sullo sfondo di quel rogo c'è il processo a Galileo.
Quest' ultimo è stato riabilitato dal papa, Bruno non ancora. Ma, come notava
Franzoni, la Chiesa cattolica condanna oggi i roghi di ieri ma non riabilita le
persone.
I processi continuano: Boff, Kung, Schillebeeckx ce lo ricordano.
Non si accende più lo zolfanello ma la repressione è sempre attiva nei
confronti di chi non rientra nel pensiero unico della chiesa romana.
Nel dibattito, animato dal
pastore Giorgio Bouchard, che è seguito alla brillante esposizione di Franzoni,
si è notato che tra le categorie dei repressi c'è oggi anche quella degli
insegnanti di religione nelle scuole di stato. Se divorziano o abortiscono o
infrangono in qualche modo l'etica cattolica vengono licenziati in tronco.
Assumere a simbolo la memoria di Bruno significa oggi divulgare nomi e fatti
di chiunque, non solo ieri ma anche oggi, subisce repressione, emarginazione
per il suo pensiero.
In quest'ultima prospettiva è nata a Roma l'Associazione
che intende organizzare e promuovere corsi, seminari, incontri, manifestazioni
sulla libertà di pensiero e di ricerca.
A presiedere il comitato scientifico
della nuova associazione è stato chiamato il teologo valdese Paolo Ricca.
Per
saperne di più si può consultare anche il sito web.tiscalinet.it/cdfiori2000.
I giudici dell'inquisizione misero a Giordano Bruno la mordacchia, il bavaglio
affinché non potesse più parlare.
Ma, come l'affollata serata torinese ha
ampiamente dimostrato, anche se l'hanno bruciato vivo, egli parla ancora.
GIORDANO BRUNO:
VATICANO, RAMMARICO PER ROGO
(ASCA, 17 febbraio 2000)
La Chiesa esprime «profondo rammarico» per il rogo di Giordano Bruno,
definito «triste episodio della storia cristiana moderna».
In una lettera inviata in occasione del Convegno
«Giordano Bruno: oltre il mito e le opposte passioni. Una
ricognizione storico-teologica», promosso a Napoli dalla
facoltà teologica dell'Italia meridionale, il segretario di
Stato vaticano, card. Angelo Sodano pur concedendo ai giudici
del tempo l'attenuante del contesto storico e culturale nel quale
si trovarono ad operare, ha ricordato che quelle procedure,
dal punto di vista cristiano, risultano inaccettabili.
«Il Concilio ci ha opportunamente ricordato che la verità
- scrive il card. Sodano - non si impone che in forza della
verità stessa. Essa va perciò testimoniata nell'assoluto rispetto
della coscienza e della dignità di ciascuna persona».
Il porporato ha ricordato come per l'anno Giubilare il papa abbia a più
riprese invitato la Chiesa alla «purificazione della memoria»
e a «riandare alle tante incoerenze che hanno segnato il comportamento
dei suoi figli, gettando ombra sull'annuncio del Vangelo». In questo contesto va inquadrata anche la vicenda storica del filosofo
nolano assunta talora «da alcune correnti culturali come spunto ed
emblema di un'aspra critica nei confronti della Chiesa»,un atteggiamentoquesto che va superato».
Secondo Sodano il cammino del pensiero di Bruno, così come accertato dagli
studi storici, lo ha condotto «a scelte intellettuali che
progressivamente si rivelarono, su alcuni punti decisivi,
incompatibili con la dottrina cristiana. Spetta ad
un'indagine ulteriormente approfondita - aggiunge - valutare
l'effettiva portata della sua divaricazione dalla fede. Resta il fatto che i membri del Tribunale dell'Inquisizione lo
processarono con i metodi di coazione
allora comuni, pronunciando un verdetto che, in conformità
al diritto dell'epoca, fu inevitabilmente foriero di una
morte atroce. Non sta a noi esprimere giudizi sulla
coscienza di quanti furono implicati in questa vicenda.
Quanto emerge storicamente ci dà però motivo di ritenere
- conclude il card. Sodano - che i giudici del pensatore
fossero animati dal desiderio di servire la verità e
promuovere il bene comune, facendo anche il possibile per
salvargli la vita».
Roma, Campo dei Fiori, 17 febbraio 1600:
un rogo
che brucia ancora.
(Giorgio Bouchard,
Riforma, marzo 2000)
L'Assemblea Teatro, ben nota nel nostro
ambiente per il magistrale spettacolo Fuochi, ma attiva a largo
raggio su tutta la scena teatrale e culturale, ci ha dato una memorabile
«giornata di studio» dedicata al tema Il pensiero di Giordano Bruno (Torino,
Galleria d'arte moderna, 15 febbraio).
Egregiamente presieduta da Bruno
Gambarotta, la giornata ha visto alternarsi alla tribuna numerosi studiosi
ed esponenti del pensiero laico, cosa rarissima in questa Italia che sembra
vivere in una sorta di perpetuo «11 febbraio dello spirito» (per chi, beato lui,
non lo sapesse, ricordiamo che l'11 febbraio 1929venivano firmati i
PattiLateranensi), ma anche per
chi, come me, vive in un costante clima da «17 febbraio», la giornata è stata
salutare e stimolante. Campano di Nola, Giordano Bruno (1548-1600) diventa
presto frate domenicano e studia a Napoli, in San Domenico Maggiore, ma la
filosofia aristotelica in cui viene immerso non può soddisfarlo: perciò egli
prende la via dell'esilio, e a Ginevra passa al protestantesimo; ma anche la
dura ortodossia calvinista non è fatta per lui, e Bruno passerà l'epoca più
felice della sua vita nel mondo anglicano di Elisabetta I: almeno lì
l'aristotelismo conta ben poco e viceversa la cultura, la scienza, l'arte
moderna premono alle porte.
Ma dopo un relativamente sereno soggiorno nella
Germania luterana (che anch'essa però lo considera come eretico) Bruno
cadrà vittima dell'eterna tentazione di tutti i filosofi: fare la storia, e
non soltanto interpretarla.
Accetta perciò una chiamata a Venezia dall'uomo che
lo tradirà (il Mocenigo): forse spera di diventare professore a Padova dove
insegna Galilei (che però si tiene a debita distanza); soprattutto coltiva
l'eterna speranza di tutti i novatori cattolici: che l'arrivo di un nuovo papa
apra degli spazi inediti alle novità del pensiero e della prassi.
E invece sarà proprio sotto il
nuovo papa che avrà luogo il lungo e terribile processo di Giordano Bruno.
Per
otto anni egli resiste agli interrogatori, alle proposte di compromesso
(ritirarsi in convento): si troverà perfino di fronte il grande leader della
Controriforma: il cardinal Bellarmino.
Ma Bruno non è disposto a cedere:
vuol vivere o morire con tutta la sua filosofia, con tutta la stia libertà.
E
morirà sul rogo, a Roma, in piazza Campo dei Fiori, il 17 febbraio 1600,
rifiutando il crocifisso che i suoi aguzzini gli offrono mentre le fiamme già
lo stanno bruciando. «Quel rogo arde ancora», ha detto giustamente Bruno Segre:
ma a dire il vero, è da poco più di un secolo che si è tornati a
parlare ampiamente di Giordano Bruno (Anna Foa); prima, egli era un
intellettuale sostanzialmente rifiutato da tutta l'Europa (Eugenio Costa) a
motivo del suo panteismo: Bruno, certamente, non è un pensatore cristiano.
Forse non è il caso di seguire
l'esempio di Bertrando Spaventa che in clima risorgimentale lo collocava nella
scia di Prometeo e di Socrate (Enzo Baldini), ma è quasi certa la sua influenza
sul poeta elisabettiano Marlowe (Gilberto Sacerdoti) e si possono riscontrare
pure talune analogie con le opere successive di Shakespeare.
Bruno, oltre che
filosofo, è anche un notevole scrittore, liberamente ma profondamente radicato
nella grande tradizione letteraria italiana: ce lo hanno dimostrato Giorgio
Bàrberi Squarotti e Guido Davico Bonino. Aldo Busi ha concluso la giornata con
un intervento piuttosto provocatorio, ma non si può non concordare con la
stia lapidaria valutazione: l'italiano mediodi oggi non è figlio
del rogo di Giordano Bruno: è figlio dell'abiura di Galileo.
Poiché (cosa rara anche questa)
per la giornata era stata espressamente richiesta una partecipazione
evangelica, mi sono permesso alcune precisazioni. Come credenti nel Cristo
crocifisso e risorto, noi non possiamo condividere il panteismo di Bruno, pur
riconoscendo che una venatura panteista ha accompagnato per secoli il moderno
pensiero cristiano.
E anche se ci rechiamo spesso in «pellegrinaggio morale»
a Campo dei Fiori, noi leggiamo con occhio affettuosamente critico la lapide
che vi fu eretta più di un secolo fa:
«A Bruno/ il secolo da lui
divinato/ qui,/ dove il rogo arse».
Il «secolo da lui divinato» doveva
essere l'Ottocento, l'età del Progresso e del positivismo. Certo, quel secolo
ha poi prodotto la prima guerra mondiale e tante illusioni; ma tuttavia, come
ha detto il grande Hegel, la storia è storia di libertà: e di questo cammino
di libertà, tortuoso ma inarrestabile, Giordano Bruno è sicuramente un
martire.
«Peccato il rogo, ma non lo riabilito»
Il Papa
chiede scusa per Giordano Bruno. Ma ne condanna la dottrina (Il
Messaggero, 18 febbraio 2000) Il «profondo rammarico» della Chiesa per il
rogo che, 400 anni fa, arse vivo Giordano Bruno, è stato espresso ieri, a
nome del Papa, dal cardinale Angelo Sodano in una lettera ad un convegno
organizzato a Napoli.
Il filosofo non viene riabilitato perché il suo pensiero ritenuto «incompatibile»
con la fede cristiana.
Non sono condannati i giudici ma le procedure dell’Inquisizione perché «la
verità non può essere imposta con la forza».
Antidogmatico fino
alla morte
(GABRIELLA MECUCCI, "l'Unità" 13 febbraio
2000)
Cardini: "Nessuna chiesa poteva tollerare una
critica come la sua" Non accettò mai compromessi. Fu considerato un
nemico dell'ordine pubblico. Reo di lesa maestà contro Dio
Franco Cardini dalle colonne di "Avvenire" ha invitato tutti a compiere su
Giordano Bruno "una meditazione seria e onesta", stando ben attenti a "non
fame un mito" da scatenare contro il cattolicesimo.
Professore, accettiamo l'invito. Guardiamo pure a
Bruno rifuggendo da mitizzazioni e propagandismi. Chi era e perché fu
mandato al rogo.
"Il problema del rapporto fra la Chiesa e Giordano Bruno non può non essere
storicizzato. Fra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento tutta
l'Europa vive un problema drammatico: il consolidamento delle riforme
protestanti e di quella tridentina. Questo processo comporta l'irrobustimento
del potere, delle istituzioni ecclesiali e la difesa rigida e accanita di
tutte le ortodossie. Un personaggio complesso, sfaccettato come Giordano Bruno
entra in rotta di collisione prima di tutto proprio con le ortodossie. Con
quella cattolica, ma anche con quella calvinista, a cui si avvicina per poi
allontanarsene piuttosto rapidamente. Sia le ricerche di Firpo che quelle più
recenti di Michele Ciliberto e Anna Foa insistono sul carattere fortemente
antidogmatico del pensiero di Bruno".
Può farmi qualche esempio?
"La lotta di Bruno contro il dogma della transustanziazione (la
trasformazione, con la consacrazione durante la messa, del pane e del vino in
corpo e sangue di Cristo) ebbe un fortissimo impatto che lo portò a scontrarsi
con il cattolicesimo e non solo. Si trovò, infatti, malissimo anche nella
Ginevra di Calvino che in tema di dogmatismo non aveva nulla da invidiare a
nessuno. In Inghilterra le cose per lui andarono un po' meglio. Anche se fu
accusato di spionaggio, di aver partecipato del complesso e tragico rapporto
fra Elisabetta e Maria Stuarda. Il pensiero di Bruno si inseriva inoltre nel
rinascimento magico. La parte più interessante della sua filosofia stava nella
ripresa di temi che erano stati di
Marsilio Ficino,
di Erasmo da
Rotterdam: un'idea di mondo concepito come un tutto, pervaso di uno spirito
unitario. Questa impostazione è molto lontana dal Cristianesimo dell'epoca, da
tutte le chiese: sia dalla cattolica sia dalle protestanti. E non bisogna
dimenticare che Bruno difendeva le proprie convinzioni con straordinario
vigore, senza scendere a compromessi, senza accettare mediazioni. Tutto ciò lo
rendeva scomodo per chiunque".
Professore, lei sta descrivendo Bruno come un eroe
del libero pensiero contro i dogmi e contro il potere..
"Fra l'Otto e il Novecento si è dato all'espressione libero pensiero un
significato e un contenuto diversi da quelli che gli assegnava Bruno. Non
credo che le varie logge o associazioni che portavano il nome del filosofo
nolano fossero interessate più di tanto al panteismo neoplatonico. Detto
questo, è vero che Giordano Bruno era assolutamente refrattario ad ogni e
qualsiasi impostazione dogmatica. Era pensatore inquieto, complesso,
affascinantissimo. Amante di una vita di ricerca, nomade da tutti i punti di
vista".
Eppure Bruno è stato prima cattolico poi
calvinista?
"E' difficile dire che Bruno è stato calvinista. Certamente si fermò nella
Ginevra di Calvino. E' nato cattolico, ordinato domenicano. Non si può
affermare che non sia mai stato cattolico. Eppure, l'indagine bruniana mira a
colpire le basi di tutte le formulazioni dogmatiche, fondamento di tutte le
Chiese. Questo fatto rende difficile parlare di lui come di un cristiano
inserito nelle istituzioni ecclesiastiche. Forse si può definirlo tale dal
punto di vista morale. La sua era la morale dell'amore universale, quindi,
eticamente evangelica in senso etimologico. L'amore universale di Bruno però è
un principio filosofico, non un principio umanitario".
Qual'è la ragione precisa sulla base della quale
Bruno viene condannato al rogo?
"Fu condannato per eresia. All'epoca, in tutto il mondo cristiano, gli
eretici erano trattati come nemici dell'ordine pubblico, equiparati a chi
commette il crimine di lesa maestà, così come lo definiva il diritto romano.
In questa fattispecie giuridica la pena è il rogo: il corpo infatti deve
essere bruciato per evitare che al responsabile di crimini contro il capo
supremo - a Roma era l'imperatore - vengano tributati onori. Si considerava
l'eretico reo di lesa maestà contro Dio. Una volta che il tribunale
inquisitoriale aveva condannato per eresia, le leggi laiche traevano le
conclusioni e le istituzioni civili eseguivano la sentenza. Non dappertuto gli
eretici venivano mandati al rogo".
Che cosa convinse l'Inquisizione del fatto che
Bruno fosse un eretico?
"Le sue affermazioni sull'eternità del mondo, il non riconoscimento della
validità dei dogmi e, quindi, dei sacramenti: il disprezzo, ad esempio, verso
la transustanziazione e, quindi, verso l'eucarestia che considerava una
pratica di bassa magia. Di nessuno come di Bruno si può dire che si sia
cercato la condanna. Ha sostenuto, infatti, le sue posizioni con fermezza e
con grande coraggio: negli ultimi istanti della sua vita fu imbavagliato per
impedirgli di bestemmiare. Per bestemmia, naturalmente, non s'intende il
"tirar moccoli", ma il negare, con vigore e durezza, la santità dei dogmi".
Anche i calvinisti e i luterani perseguitavano con
la stessa durezza dei cattolici?
"Per la verità la bestia nera del calvinismo era la strega, la persona cioè
accusata di fare un patto col diavolo. Per i cattolici e, in particolare per
l'Inquisizione spagnola, invece, i peggiori nemici, erano gli eretici. A ben
vedere i non conformisti, gli anticonformisti".
E i luterani?
"Presso i luterani vigeva innanzitutto la regola del "cuius regio eius
religio", il cristiano si doveva insomma conformare al volere religioso del
suo principe. Un delitto religioso, dunque, diventava un delitto civile. Il
rogo in questo mondo era poco diffuso".
Come si uscì dal periodo drammatico delle guerre di
religione?
"Fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento l'Europa fu dilaniata
da violenze inaudite. Solo con la pace di Westfalia, al termine della
terribile guerra dei trent'anni, e cioè nel 1648 si aprì un'epoca di
tolleranza. Allora iniziò un mondo diverso. Prima, nel periodo di Giordano
Bruno, però, la tolleranza era ben di là da venire. Il Cristianesimo d'allora
era molto diverso da quello evangelico di oggi. Nel Cinquecento e nel Seicento
il Vecchio Testamento, il libro dell'Apocalisse avevano un ruolo primario, che
ai tempi nostri non hanno più. Saremmo antistorici - lo ripeto - se non
inserissimo la lotta all'eresia e lo stesso processo a Giordano Bruno in
quelle temperie religiose, politiche e culturali. La riflessione filosofica di
Bruno, d'altro canto, si collocava fuori dal Cristianesimo storico, fuori da
tutte le chiese cristiane dell'epoca. La tragica conclusione della sua vicenda
umana era perciò inevitabile.
Altri
articoli Giordano Bruno apparsi sulla stampa
Mentre la città celebra il
filosofo, il cardinale Sodano ribadisce: "mea culpa" senza
riabilitazione Un riesame pacato, oltre gli
steccati ideologici. Rifiutò le verità cristiane, ma era spinto da un
afflato religioso
Profondo rammarico "per quel
rogo e per tutti gli analoghi casi". Giovanni Paolo II, tramite il
cardinale Sodano, esprime in una lettera il disagio della Chiesa per
la condanna e per "la morte atroce" del filosofo. Ma non ne riabilita
la dottrina
UNA CONCEZIONE DEL TUTTO NUOVA
DELL'UNIVERSO E DELL'UOMO AL QUALE, NELL'INFINITO, E' TOLTA OGNI
CENTRALITA' Il carattere eversivo e attuale
della filosofia e della biografia di Giordano Bruno morto sul rogo il
17 febbraio 1600
Ciliberto: "Distinzioni con la
fede ma Wojtyla offre un nuovo dialogo" Era suo il principio della
criticità, fondamento della cultura moderna. Ci ha insegnato l'ascolto
tra posizioni distanti
Sovvertì la filosofia e
l'universo e fece tremare la Controriforma Un intelletto straordinario che
annuncia la rivoluzione dell'era moderna tra Copernico Lutero e
Galileo
A 400 anni dal rogo, un
ritratto che intende distinguere l'errore del filosofo
dall'ingiustizia della sua morte Accusato, come Galileo, non
ritrattò. E fu ucciso. Ma Vangelo e pena capitale non si conciliano
più Disse che nessuna religione gli
piaceva, che la Trinità era cosa per ignoranti e l'Eucaristia una vera
"idolatria", che mondo e Dio sono una sola realtà. Ma la condanna fu
comunque eccessiva
Da oggi un convegno a Roma per
ricordare il pensatore "eretico" a quattrocento anni dal rogo.
Intervista con Anacleto Verrecchia "Tra le sue disgrazie postume, gli
storici revisionisti. Per fargli giustizia, leggiamo ciò che scrisse".
"Lo si ricorda più come una vittima dell'Inquisizione che non come uno
dei più grandi geni dello storia. Eppure, Galileo e Keplero
saccheggiarono le sue opere"
Giordano Bruno a 400 anni dalla
condanna a morte Sosteneva che esistessero miliardi
di sistemi solari. Per le sue idee rivoluzionarie venne scomunicato da
cattolici, calvinisti, luterani e Chiesa d'Inghilterra
Poupard: sì, con Giordano Bruno
la Chiesa sbagliò Dopo le anticipazioni, arriva il
pronunciamento ufficiale del cardinale francese. Con un discorso
autorizzato dal Papa "Il suo pensiero era anticristiano,
ma il rogo non è conforme al Vangelo"
"Denuncio, per obbligo della
mia coscienza e per ordine del mio confessore di averlo sentito dire
che è bestemmia grande di dire che il pane diventa carne e che nessuna
religione gli piace..."
Quattro secoli fa bruciò sul
rogo. Oggi è considerato lo spartiacque fra il cattolicesimo e la
modernità. Per molti la Chiesa dovrebbe pentirsi. Ma il cardinal Poupard, pur
condannando il supplizio, non "assolve" il pensatore: "Non si
demolisce la fede in nome della ragione"
Quattro secoli dopo il rogo:
non torniamo a farne un "santo laico" Arso il 17 febbraio del 1600,
qualcuno cerca di farne di nuovo un cavallo di battaglia contro la
Chiesa Va onorato per come morì e per
l'acume filosofico. Ma molte sue idee non si conciliano con la fede
Quattrocento anni fa veniva
bruciato il filosofo di Nola. Un saggio spiega perché non volle
sottomettersi all'intolleranza religiosa del suo tempo "Fecero di tutto per salvarlo. Ma
era troppo orgoglioso per abiurare"
Quattrocento anni fa veniva
bruciato il filosofo di Nola. Un saggio spiega perché non volle
sottomettersi all'intolleranza religiosa del suo tempo "Fecero di tutto per salvarlo. Ma
era troppo orgoglioso per abiurare"
Tra i cattolici si fa spazio
l'idea di un "mea culpa" sul filosofo L'ultimo atto è un intervento di
Civiltà Cattolica che ha chiesto di pentirsi per quella ingiustizia.
Prosperi: "Sarebbe una svolta importante" In precedenza il vescovo Nonis
aveva detto che quella esecuzione fu "un uso a dir poco arbitrario se
non dissonante col Vangelo del principio di autorità"