Il mandarino della presenza mentale

da "Vita di Siddharta il Buddha" di Thich Nhat Hanh

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Sujata, portandogli il cibo a mezzogiorno, vide Siddharta seduto sotto il pippala, radioso come il mattino. Il volto e il corpo emanavano pace, gioia ed equanimità. Cento volte l’aveva veduto sedere sotto il pippala in dignità e maestosità, ma oggi aveva qualcosa di diverso. Mentre lo guardava, Sujata sentiva svanire pene e preoccupazioni. Una felicità fresca come la brezza primaverile le colmò il cuore. Sentì di non avere bisogno e di non desiderare nient’altro di quello che c’era, che tutto nell’universo era buono e benevolo, e che nessuno doveva temere o disperarsi mai più. Fece alcuni passi e depose il cibo davanti a Siddharta. Poi si inchinò, sentendo che la pace e la gioia che lo pervadevano si trasmettevano a lei.

"Siedi vicino a me", la invitò Siddharta con un sorriso. "Ti ringrazio del cibo e dell’acqua che mi hai portato in tutti questi mesi. Oggi è il giorno più felice di tutta la mia vita perché, questa notte, ho trovato la Grande Via. Dividi con me questa felicità. Presto insegnerò la via a tutti".

Sujata lo guardò sorpresa. "Te ne andrai? Vuoi lasciarci?".

Siddharta sorrise con amore. "Sì, devo andare ma non vi abbandonerò, miei ragazzi. Prima vi mostrerò la via che ho scoperto".

Sujata non si era tranquillizzata. Voleva fargli altre domande, ma Siddharta la prevenne: "Resterò con voi altri giorni, per insegnarvi quanto ho imparato. Solo allora mi rimetterò in cammino. Ma non significa che vi abbandonerò per sempre. Di tanto in tanto ritornerò".

Sujata si rassicurò. Sedette e aprì la foglia di banana che avvolgeva il riso. Rimase in silenzio accanto a Siddharta mentre questi mangiava. Lo guardò spezzare il riso e intingerlo nel sesamo. Il cuore le scoppiava di inesprimibile felicità.

Terminato di mangiare, Siddharta le disse di tornare a casa e di invitare i ragazzi del villaggio a ritrovarsi lì nel pomeriggio.

Arrivarono numerosi, compresi il fratello e le sorelle di Svasti. Tutti si erano lavati e avevano indossato abiti puliti, e le ragazze si erano avvolte nei sari più belli. Sujata indossava un sari color avorio, Nandabala verde come i germogli di banana, e Bhima rosa. I bambini, come fiori freschi e colorati, sedettero attorno a Siddharta ai piedi dell'albero di pippala.

Sujata, per l'occasione, aveva portato un cesto di noci di cocco e pezzi di zucchero di palma. I bambini aprirono i cocchi e mangiarono la tenera polpa assieme allo zucchero. Nandabala e Subash avevano portato invece un cesto di mandarini. Siddharta sedeva tra di loro, in perfetta felicità. Rupak gli offrì un pezzo di cocco zuccherato su una foglia di pippala. Nandabala, un mandarino. Siddharta accettò e incominciò a mangiare.

Mentre mangiavano, Sujata annunciò: "Cari amici, oggi è il giorno più felice nella vita del nostro maestro. Ha scoperto la Grande Via. Anche per noi questo è un giorno speciale e, fratelli e sorelle, un giorno di gioia per tutti noi. Siamo qui per celebrare l'Illuminazione del nostro maestro. Venerabile maestro, la Grande Via è stata trovata. Sappiamo che non rimarrai con noi, perciò ti preghiamo di insegnarci ciò che ritieni noi possiamo capire".

Sujata giunse le mani e si inchinò a Siddharta in segno di rispetto e devozione. Anche Nandabala e gli altri giunsero le mani e si inchinarono con animo sincero.

Siddharta li invitò dolcemente a sedere di nuovo e disse: "Siete bambini intelligenti e sono certo che potete comprendere e mettere in pratica quanto vi dirò. La Grande Via che ho scoperto è sottile e profonda, ma chiunque sia disposto a impegnare il cuore e la mente sarà in grado di capirla e di seguirla.

"Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza o distrattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Il mandarino che Nandabala mi ha offerto aveva nove spicchi. Li ho messi in bocca uno per uno in consapevolezza e ho sentito quanto sono splendidi e preziosi. Non ho dimenticato il mandarino, e così il mandarino è diventato qualcosa di molto reale. Se il mandarino è reale, anche chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza.

"Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzarne la natura splendida e preziosa. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.

"Bambini, mangiare il mandarino con presenza mentale significa essere davvero in contatto con ciò che mangiate. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardo allo ieri o al domani, ma dimora totalmente nel momento presente. Il mandarino è totalmente presente. Vivere con presenza mentale e consapevolezza vuol dire vivere nel momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora.

"Chi pratica la presenza mentale vede nel mandarino cose che altri non vedono. Una persona consapevole può vedere l'albero, le gemme primaverili, il sole e la pioggia che hanno fatto crescere il frutto. Guardando in profondità, si vedono le diecimila cose che hanno reso possibile il mandarino. Guardando un mandarino, una persona consapevole può vedere le meraviglie dell'universo e come tutte interagiscono tra loro. Bambini, ogni giorno è un mandarino. Come un mandarino racchiude gli spicchi, ogni giorno racchiude le ventiquattro ore. Ogni ora è uno spicchio. Vivere tutte le ore del giorno è come mangiare tutti gli spicchi. La via da me trovata è quella del vivere ogni ora del giorno in consapevolezza, la mente e il corpo sempre presenti a ogni momento. Il contrario è vivere nell'inconsapevolezza. Se viviamo con la mente distratta, non sappiamo neppure di essere vivi. Non sperimentiamo la pienezza della vita, perché la mente e il corpo non vivono nel qui e ora".

Gautama guardò Sujata e la chiamò.

"Sì, maestro", disse Sujata giungendo le mani.

"Che cosa ne pensi? Una persona che vive in consapevolezza, farà molti o pochi errori?".

"Venerabile maestro, una persona che vive in consapevolezza farà pochi errori. Mia madre ripete sempre che una ragazza deve fare attenzione a come cammina, come sta in piedi, come parla, come ride e come agisce, per evitare pensieri, parole e azioni che danno dolore a se stessa e agli altri".

"Proprio così, Sujata. Una persona che vive in consapevolezza sa che cosa sta pensando, dicendo e facendo. E può evitare pensieri, parole e azioni che danno dolore a se stessa e agli altri.

"Bambini, vivere con consapevolezza significa vivere nel momento presente. Si è sempre consci di ciò che accade dentro di noi e attorno a noi. Si è in contatto immediato con la vita. Vivendo in questo modo, si potrà comprendere profondamente se stessi e quanto ci circonda. La comprensione porta alla tolleranza e all'amore. Se tutti gli esseri si comprendessero l'un l'altro, si accetterebbero e si amerebbero reciprocamente. Allora non ci sarebbe più tanta sofferenza nel mondo.

"E tu, Svasti, che cosa pensi? Le persone possono amarsi se non si capiscono?".

"Venerabile maestro, senza comprensione l'amore è molto difficile. Mi ricordo un fatto accaduto a mia sorella Bhima. Una notte piangeva in continuazione, finché Bala perse la pazienza e la sculacciò. Bhima pianse ancora più forte. Io la presi in braccio e sentii che scottava. Ero sicuro che avesse male per colpa della febbre. Chiamai Bala e le dissi di metterle la mano sulla fronte, e Bala capì immediatamente perché Bima piangeva. I suoi occhi si intenerirono, prese Bhima tra le braccia e le cantò una canzone. Bhima smise di piangere, anche se aveva ancora la febbre. Venerabile maestro, penso che le cose cambiarono perché Bala comprese il motivo del pianto di Bhima. Per questo credo che, senza capire, amare è impossibile".

"Proprio così, Svasti. Si può amare solo se si comprende. E solo con l'amore c'è accettazione. Bambini, vivete in consapevolezza e accrescete la vostra comprensione. Allora capirete voi stessi, gli altri e tutte le cose. Il vostro cuore si riempirà d'amore. Questa è la meravigliosa via che ho scoperto".

Svasti giunse le mani. "Venerabile maestro, possiamo chiamarla la 'Via della Consapevolezza'?".

Siddharta sorrise. "Certamente. Possiamo chiamarla la Via della Consapevolezza. Mi piace. La Via della Consapevolezza conduce al perfetto Risveglio".

Sujata giunse le mani per chiedere il permesso di parlare. "Tu sei il risvegliato, colui che indica come vivere in consapevolezza. Possiamo chiamarti il 'Risvegliato'?".

Siddharta annuì. "Ne sarei davvero contento".

Gli occhi di Sujata brillarono. "Nella lingua magadhi" continuò la fanciulla, "usiamo la parola budh per dire 'svegliarsi'. Una persona risvegliata sarebbe quindi chiamata Buddha. Possiamo chiamarti 'Buddha'?".

Siddharta annuì di nuovo. I bambini erano esultanti. Il più anziano del gruppo, il quattordicenne Nalaka, prese la parola: "Venerabile Buddha, siamo davvero felici che tu ci insegni la Via della Consapevolezza. Sujata mi ha raccontato che hai meditato sotto il pippala per sei mesi e che proprio questa notte hai ottenuto il Grande Risveglio. Venerabile Buddha, quest'albero di pippala è il più bello della foresta. Possiamo chiamarlo l''Albero del Risveglio', l''Albero della Bodhi'? La parola bodhi ha la stessa radice di 'buddha', e significa 'risveglio'".

Gautama fece di sì con la testa. Anche lui esultava. Non immaginava che, nell'incontro con i bambini, avrebbero ricevuto un nome la via, lui stesso e persino il grande albero. Nandabala giunse le mani: "Si sta facendo buio e dobbiamo tornare alle nostre case, ma verremo presto a ricevere altri insegnamenti". I bambini si alzarono e giunsero le mani in forma di bocciolo di loto per ringraziare il Buddha. Poi si avviarono chiacchierando come uno stormo di garruli uccellini. Il Buddha era felice. Decise di fermarsi più a lungo nella foresta per capire come seminare meglio i semi del Risveglio e per concedersi un periodo speciale gustando la pace e la gioia che la scoperta della via gli aveva donato.

 

 

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