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GLI AMERICANI E LA GUERRA DI LIBERAZIONE IN ITALIA

 

UN UFFICIALE DELL'O.S.S. E IL SUO CONTRIBUTO

ALLA LOTTA DI LIBERAZIONE IN ITALIA 1943-1945



Questa relazione Si basa sulle esperienze fatte in prima persona a contatto con i partigiani della XI Zona, sotto il comando di Manrico Ducceschi, noto con il nome di battaglia di Pippo.

Quando le truppe alleate nell'ottobre del 1944 giunsero nella zona di Lucca, partigiani dell'XI zona furono riorganizzati dal loro Comandate Pippo. I partigiani dell' XI zona, forti di 700 elementi, si organizzarono in formazioni il più possibile simili a quelle di un battaglione di fanteria americano. Furono cosi costituiti:

a) Quartier generale del battaglione, formato dal comandante del battaglione Manrico Ducceschi (Pippo) e sei ufficiali di Stato Maggiore, corrispondenti ai nostri S-1, S-2, S-3, S-4, S-5 e al nostro ufficiale medico. Il vice comandante era Tiziano Palandri.

b) Quartier generale della compagnia, composto da 85 uomini con il compito di amministrare per conto del battaglione, i rifornimenti, le munizioni, e di fornire assistenza ai feriti:

c) Compagnia A, comandata da Franco Sisi; Compagnia B, comandata da Gino Bertagni; Compagnia C, comandata da Germano Daily; Compagnia D, comandata da Eduardo Boudicli. Le quattro Compagnie erano formate da 150 uomini, con armi il più possibile analoghe a quelle in dotazione ad una compagnia di fanteria americana.

 Oltre alle formazioni qui sopra elencate, i partigiani dell'XI zona disponevano di due plotoni, ognuno formato da 20 uomini, che ogni giorno venivano inviati in missione oltre le linee, per guidare gli agenti delle truppe alleate nei territori occupati dal nemico e per portare in salvo quegli aviatori il cui aereo era stato abbattuto o i soldati alleati fuggiti dai campi di prigionia.

Le compagnie A, B, C, e D operavano come avamposti del 61° Reggimento Brasiliano nella vallata del fiume Serchio e del 473° Reggimento di Fanteria nel settore della vallata del torrente Lima. Oltre a svolgere tale mansione, queste compagnie, avendo una buona conoscenza del terreno, operavano spesso come pattuglie di ricogni­zione e di combattimento, e a volte lanciavano attacchi ad obbiettivi limitati.

I partigiani della XI zona furono di valido aiuto alla 92a Divisione di Fanteria americana nel fronteggiare l'attacco del nemico nella vallata del Serchio il 25 dicembre 1944 e coadiuvarono l'8a Divisione Indiana nell'azione da essi lanciata per riconquistare il territorio perduto in seguito all'attacco nemico. 

Non dimenticherò mai il Natale del '44, quando mi trovavo a Barga per collaborare con Pippo. II 24 dicembre, ricevetti una telefonata dal comandante del reggimento di stanza a Barga, con la quale fui informato che il generale Almond della 92a Divisione voleva vedere me e Pippo al suo quartier generale a Viareggio. Insieme a Pippo partii immediatamente per Viareggio, che è piuttosto distante da Barga. Quando incontrammo il generale, egli ci comunicò che aveva appena avuto notizia da un sacerdote che tedeschi stavano per lanciare un attacco nella zona di Barga il giorno di Natale. Egli voleva che i partigiani raccogliessero la maggiore quantità di informazioni per verificare tale notizia. Il generale mostrò a Pippo la carta geografica delle operazioni e cominciò a fargli alcune domande sulla zona in prossimità di Viareggio e a Nord di questa. Pippo gli fornì tutte le informazioni che era in grado di dargli. Il generale passò poi a individuare le possibili zone di scontro nella zona a Nord di Viareggio e in quella di Barga, e volle conoscere l'opinione di Pippo a tale riguardo. Pippo gli diede il suo parere specificando che cosa avrebbe fatto. Dopo averlo ringraziato, il generale gli chiese in tono scherzoso se gli sarebbe piaciuto arruolarsi nell'esercito americano. Pippo rispose che se lo avessero nominato generale avrebbe accettato di farlo a guerra terminata.I soldati che erano con me a Barga avevano ricevuto i regali di Natale dai loro cari e volevano aprirli subito. Li convinsi per ad attendere la vigilia di Natale per aprirli solo al termine della cena. Fortuna volle che fummo attaccati dai tedeschi proprio la notte di Natale. Se aveste voluto essere presenti ad una commedia degli errori avreste dovuto trovarvi lì. Ritengo che la causa di tali errori sia stata l'inespe­rienza dei soldati e di alcuni degli ufficiali. Le comunicazioni che ricevemmo via radio e per telefono non furono infatti mai verificate. Quando arrivai al quartier generale del reggimento verso le 17.00, i soldati stavano raccogliendo in fretta tutte le carte per metterle alla rinfusa dentro scatole e bauli. Stavano staccando i telefoni e interrompendo i contatti radio. Chiesi ad un ufficiale che cosa stava accadendo ed egli mi rispose che i tedeschi erano a circa 500 metri e che i soldati del genio si stavano preparando a far saltare il ponte sul fiume Serchio. Domandai poi se il battaglione a Somma Colonia era stato informato di tale azione. Nessuno sapeva nulla e nessuno pareva preoccuparsene. Mi precipitai alla jeep e, con uno dei miei sergenti alla guida, mi diressi verso Somma Colonia. Dissi al sergente di ritornare al mio quartier generale per avvertire tutti che avrebbero dovuto attraversare il ponte prima che venisse fatto saltare e che io li avrei raggiunti più tardi. Arrivai al quartier generale del battaglione dove trovai i soldati tranquillamente seduti come se nulla dovesse accadere. Chiesi quindi al comandante del battaglione se aveva saputo che il quartier generale del reggimento era stato smantellato e che i soldati stavano affrettandosi ad attraversare il fiume. Egli pensò che stessi scherzando ma io gli dissi di provare a mettersi in contatto con il suo quartier generale. Dopo aver fatto vari tentativi sia per telefono che via radio, si rese conto che stavo dicendo la verità. Gli aururai buon Natale e me ne andai. Due giorni dopo mi imbattei nel maggiore Abrignani del distaccamento della V Armata che pensava io fossi stato catturato. Venni così a sapere che i miei uomini erano stati mandati a Siena e che alcuni di loro erano arrivati a Lizzano dove poi li raggiunsi.

Non ho mai saputo che fine hanno fatto i regali di Natale né i rifornimenti che tenevamo in deposito nella casa che avevamo occupato, né quale sia stata la sorte degli uomini del battaglione di Somma Colonia.
Nel corso delle operazioni molti partigiani dell'XI zona furono feriti e parecchi vennero uccisi.
La lotta al nazifascismo accomunò gli uomini di questa formazione partigiana alla causa degli Alleati. Di fronte al nemico questi combattenti diedero sempre prova delle loro capacità e del loro valore militare, per questo la loro formazione venne ritenuta una delle migliori in Italia. II loro comandante Manrico Ducceschi ed i suoi subalterni meritano tutta la nostra stima per le capacità dimostrate nel comandare questa organizzazione partigiana che contribuì ad annientare le forze nemiche.


Verso la fine di dicembre del 1944 o all'inizio di gennaio del 1945, venni trasferito a Lizzano dove entrai in contatto con un'unità partigiana sotto il comando di un uomo chiamato Armando. So ben poco di questi partigiani, da dove venivano, quanti erano ecc. Gli obbiettivi delle loro azioni erano simili a quelli di una qualsiasi altra formazione partigiana. Essendo rimasto a Lizzano per breve tempo, non sono in grado di dirvi molto sui partigiani di Armando.

Non posso tuttavia tralasciare di raccontarvi un fatto che sì verificò durante la mia permanenza a Lizzano.
Un pomeriggio, mentre camminavo lungo la strada principale del paese, l’aiutante di campo del generale Crittenberger mi venne incontro dicendomi che il generale voleva vedermi alle 7 di sera assieme ad Armando. Crittenberger era il generale delle truppe nella zona. Alle 7 in punto Armando ed io raggiungemmo il generale nel suo accampamento mobile allestito nella campagna alle porte di Lizzano. Il generale ci disse che doveva assolutamente catturare dei prigionieri, non importava quanti, bastava che fossero tedeschi. Armando rispose che era disposto a condurre tale operazione in cambio di cappotti, stivali, armi e munizioni per i suoi uomini. Il generale gli promise che se gli fossero stati consegnati i prigionieri egli avrebbe soddisfatto le richieste di rifornimenti.Fu deciso che una volta catturati, i prigionieri sarebbero stati rinchiusi in una casa di Lizzano sotto la sorveglianza dei partigiani fino al momento in cui l'aiutante di campo del generale fosse stato avvertito affinché gli americani potessero prenderli in consegna.

Quella notte, insieme ad Armando e a due dei suoi ufficiali, studiammo un piano per decidere come affrontare la situazione nel modo migliore. Dopo aver approntato il nostro piano, fu convenuto che la notte seguente una pattuglia composta da trenta uomini avrebbe raggiunto la cima del Monte Belvedere, percorrendo un sentiero ben conosciuto. La fortuna arrise ad Armando e ai suoi uomini che si imbatterono in una pattuglia formata da 15 tedeschi. Nello scontro i partigiani uccisero due soldati e fecero prigionieri gli altri tredici. Quando la pattuglia fu di ritorno, Armando ed io esultammo alla vista dei tedeschi catturati. Mi misi subito in contatto con i G-2 americani, che a loro volta informarono l'aiutante di campo.

Il pomeriggio seguente, mentre Armando ed io stavamo camminando per strada l'aiutante di campo ci venne incontro per stringerci la mano, pregandomi poi di dire ad Arrnando che il generale era molto soddisfatto dell'azione svolta e che si stava interessando affinché Armando ottenesse i rifornimenti richiesti ed io ricevessi una decorazione.

Due giorni dopo gli uomini di Crittenberger lasciarono la zona e vennero sostituiti dalla 10a Divisione di Montagna. Circa tre giorni dopo io fui richiamato a Siena. Credo che Armando stia ancora aspettando i suoi rifornimenti così come io sono ancora in attesa della mia decorazione. A proposito, non ho mai saputo che cosa ne è stato dei prigionieri.