"Sono
un narratore, un menestrello elettronico" (David Bowie 1973).
"La celebrità ("fame") non serve assolutamente a niente, è solo un impedimento per tutto quello che vuoi fare. Avrei voluto fare tutto ciò che ho fatto ed essere completamente senza volto" (2002)
"Un innovatore? Non ho assolutamente alcuna idea di quale sia stato il mio contributo alla storia del rock" (1990)
"Sono
sempre stato così, sono molto negativo. Davvero non intendo
esserlo, ma non sono affatto d'accordo con l'idea del progresso
e dell'evoluzione. Penso che queste cose siano strutture che abbiamo
creato per essere in grado di sopravvivere nel caso non ci sia
per noi alcuna ragione di esistere." (2002).
"Il problema è... che cerco sempre ruoli
[nei film o in teatro] con una debolezza emozionale o fisica,
e sembra che li ottenga sempre".
"Penso ci sia una incredibile ingenuità nel modo in
cui si vuole che siano gli intrattenitori. Si suppone che il performer
sia reale, che racconti la storia della sua vita e che sia fedele
ad uno stile. Io faccio quello che mi piace, non cerco particolarmente
di essere me stesso, e credo che questo, semplicemente, irriti
le persone (ride)... fortunatamente... è una delle cose
migliori che posso fare, posso davvero irritare le persone. Non
sto lì sopra per essere una persona reale. Presento una
interessante idea alternativa di quello che si può fare
con il rock" (1998, dalla trasmissione televisiva "Legends" ).
"È buffo, ricordo periodi di tempo in termini di canzoni
più che di ogni altra cosa. Purple People Eater mi
piaceva al tempo. E She's Got It di Little Richard, che
mio padre portò a casa su un disco americano di plastica
senza centro. Un soldato americano aveva mandato alcuni singoli
alla Dr Barnardo's, dove mio padre lavorava, e lui ne aveva portati
una mezza dozzina a casa per farmeli ascoltare. Il nostro giradischi
suonava solo a 78 giri ed io usavo metterci su la puntina e cercare
di farlo girare alla giusta velocità col dito. Così,
ho avuto una percezione molto strana di come suonava il rock'n'roll
quando ero piccolo. Questo potrebbe spiegare molto" (da
Q, maggio 1993).
"Brian
Eno aveva l'abitudine di parlare del prendere decisioni. Io sono
sempre stato affascinato dall'idea di avere delle decisioni prese
per te. Quando lavoravamo a Berlino Brian usava prendere una mappa
della città, contava gli spiccioli che aveva in tasca, poi prendeva
un compasso e tracciava un cerchio sulla mappa, le cui dimensioni
dipendevano dalla quantità di spiccioli che avevamo: quanto lontano
potevamo arrivare in metropolitana. Poi prendeva un punto a caso
sulla circonferenza del cerchio e passavamo la giornata in quel
luogo. In questo modo c'era una certa quantità di decisioni che
non dovevamo prendere nella nostra vita" (1999).
"E' l'idea di comunicare vari punti di vista che mi affascina
- apparenti illusioni - creare ambienti che non sono reali".
"Non
penso che David Bowie sia necessariamente così importante. Penso
che il contenuto e l'atmosfera creati dalla musica che scrivo
siano più importanti" (1973).
"Ho portato nel rock aspetti del teatro che non erano stati
utilizzati prima: il Kabuki [forma di teatro
tradizionale giapponese] e
l'Espressionismo" (1977).
"La
mia intenzione è di incapsulare quello che vedo attorno a me,
l'ambiente ed il tempo, con la musica, così che se potessi guardare
indietro al mio lavoro dal 1980 vedrei gli anni 70 attraverso
i miei occhi, come una serie di dipinti" (1978).
"Amo il teatro, amo la musica, è ancora il mio grande
mondo parallelo. E' la cosa che mi completa come persona. Ho bisogno
dell'universo alternativo dell'arte, qualsiasi essa sia. Mi aiuta
a trovare l'equilibrio nel modo in cui vivo" (1997).
"Il
mio pubblico è probabilmente confuso quanto me su quello che scrivo.
Voglio dire, sono l'ultima persona in grado di capire la maggior
parte del materiale che scrivo" (1972).
"Non
scrivo con l'idea di insegnare, perché non so se quello che dico
sia molto importante. Non mi piacciono gli artisti che vengono
fuori con roba tipo 'questo è il modo di salvare il mondo'" (1969).
"Ho sempre detto di essere terribilmente vulnerabile come
autore. Puoi semplicemente guardare ai miei dischi e capire cosa
provo" (1976).
"Aladdin
[il personaggio di Alddin Sane - vai alla discografia]
era il risultato della mia paranoia per l'America a quel
tempo. Non l'avevo ancora accettato allora. Ora si. Conosco le
aree che mi piacciono di più in America" (settembre 1974).
"Per
me la musica è il colore. Non il dipinto. La mia musica mi permette
di dipingere - me stesso" (1983).
"Sono
preoccupato di morire. Al momento c'è questa terribile cosa del
viaggiare. Ho cominciato a pensare che ci schianteremo. Così gli
aerei sono impossibili. Il mese scorso era la paura di essere
ucciso sul palco. Non tanto qui. In America. Io so che un giorno
un grande artista sarà ucciso sul palco e so che noi diventeremo
molto grandi e comincio a pensare che potrei essere io. Uscire
con il mio primo tour, essere ucciso al mio primo concerto e nessuno
mi vedrebbe mai più. Questo mi farebbe infuriare" (1972).
"Sono
veramente sorpreso che le persone ballino sui miei dischi. Ma
siamo onesti: il mio rhythm'n'blues è totalmente di plastica. Young Americans, l'album che comprende Fame, è un
disco di soul di plastica. Sono i resti schiacciati della musica
etnica come sopravvive nell'età del rock da sottofondo, scritta
e cantata da un inglese bianco" (1976).
"Quando scrivo una canzone a volte un mese dopo non la capisco.
Questo è il motivo per cui mi piace ascoltare le mie vecchie
cose" (1972)
"E' un bisogno compulsivo di rovinare tutto (ride). C'è
una tendenza a distruggere e costruire di nuovo nella mia vita.
Ma suppongo che questo sia il modo in cui alcuni di noi conducono
la propria vita".
"Penso
che, fondamentalmente, optai per uscire da un ambiente controllato
- il tipo di vita quotidiana che trovavo repellente, che proprio
non potevo prendere sul serio. Non penso di avere mai sentito
che la vita fosse molto lunga. Non era certamente una sorpresa
per me invecchiare. Non so se sia una cosa positiva o negativa,
ma sono stato sempre terribilmente consapevole della sua finitezza,
ed ho sempre creduto che se abbiamo quest'unica vita, allora dobbiamo
sperimentare con essa" (1996).
"Mio padre è morto ed una settimana dopo ho avuto
un disco in classifica [Space
Oddity]. La giustapposizione è stata come una pantomima, una tragedia comica" (1969).
"Sono un eclettico nato" (1977).
"Incontrai
Marc Bolan mentre dipingevamo le pareti dell'ufficio del nostro
manager...Lui mi portò a fare shopping nelle pattumiere. All'epoca
Carnaby Street - il distretto della moda - attraversava un periodo
di incredibile ricchezza. Così, piuttosto che rimettere i bottoni
alle camicie o sostituire le zip ai pantaloni, alla fine della
giornata, gettavano tutto nella spazzatura. Così Marc ed io passavamo
la sera tardi e mettevamo insieme i nostri guardaroba" (da "Story
tellers", 1999).
"Non cambio per confondere le persone. Sto solo cercando.
Questo causa i miei cambiamenti. Sto solo cercando me stesso" (1978).
"Quello che spero per tutti i miei album è che creino
una sorta di realtà alternativa" (2001).
"Sfido
qualsiasi cosiddetto artista a dire che non gli piace il denaro,
che preferisce non guadagnare niente. Ci sono così tanti atteggiamenti
ipocriti, specialmente tra i gruppi che non sono arrivati al successo.
Fanno sforzi incredibili per riuscire ad avere un qualche successo
commerciale, pubblicando singoli ed album uno dietro l'altro.
Non è che vogliano comunicare in modo particolare. Molti di loro
non hanno proprio nulla da comunicare. Non ho mai visto così tante
persone disoneste nella mia vita" (1969).
"Sono nel processo di vivere, non il suo risultato" (1978).
"Essere
al sicuro è l'ultima cosa che voglio. Voglio andare a letto tutte
le sere dicendo 'se non dovessi più svegliarmi, posso almeno dire
di avere vissuto da vivo'" (1976).
"Penso che ogni cantante rock'n'roll che sia mai vissuto
sono io. Sono molto un conglomerato di persone" (1973).
"Per
me un camaleonte è qualcosa che si mimetizza per apparire il più
possibile come l'ambiente che lo circonda. A me sembra di avere
fatto sempre l'opposto" (1993).
"
.Questo
è il motivo per cui il rock'n'roll è così
importante. Non si tratta di vedere supereroi, ma di guardare
il processo di una persona che si confronta con ciò che
è realmente. Vedere un artista che riconosce i sui stessi
fallimenti. L'enfasi non è nel guardare qualcuno che sia
invulnerabile o simile ad un dio. Non si tratta di questo. Le
persone vanno ai concerti per riceverne informazione, e l'informazione
che ricevono è quella di vedere un artista riconciliarsi
con i suoi fallimenti, gradualmente, negli anni" (1976).
"Penso
che l'idea del calcolo, dell'essere calcolatore, sia stata spesso
applicata a me perchè sono una delle poche persone nella musica
popolare a non avere particolare rispetto per ciò che viene percepito
come genuino. Penso che nell'arte sia molto più importante la
teatralità, l'artificio" (1997).
"Suppongo ci sia un elemento di solitudine, isolamento e
di prigionia in ogni album. Non posso uscirne" (1978).
"Non
credo troppo nelle percezioni pubbliche. Per quello che mi riguarda,
David Bowie è la somma di qualsiasi cosa un certo numero di persone
pensa di me in un determinato momento. La percezione appartiene
a loro. Non ho nessun controllo su di essa. Per molti, molti anni
- quanto meno gli ultimi 15 - ho condotto una vita molto informale
e naturale, anche per il fatto che non ho un entourage. Non lavoro
in quel modo. Vado a fare shopping. Mi assicuro di non essere
imprigionato" (2000).
"Sapevo
così tanto quando avevo 16 anni" (1976).