CAROLYN CARLSON
Carolyn Carlson in
Vu d'ici 1996 (foto di Graziano Arici)
Carolyn
Carlson nasce il 7 marzo 1943 ad Oakland in California da genitori
finlandesi.
Studia danza presso la San Francisco School of Ballet e
l’Università dell’Utah dove incontra nel 1965 Alwin Nikolais che la
inserisce nella sua Compagnia a New York divenendone l’étoile della
stessa. Nel 1968 Carolyn, ormai conosciuta ed apprezzata in tutto il
mondo, riceve il Premio di migliore danzatrice del Festival
Internazionale di Danza di Parigi. Nel 1971 diviene solista e
coreografa della Compagnia di Anne Beranger per la quale crea il suo
primo balletto Rituel pour un rêve mort che viene presentato
nel Cortile del Palazzo dei Papi ad Avignone nel 1972.
Nel
1972 incontra Rolf Liebermann che la invita all’Opéra di Parigi come
coreografa-étoile e le propone nel 1975 di dirigere il Gruppo di
Ricerche Teatrali. Dal 1974 al 1980 mette in scena oltre 25 nuove
creazioni tra le quali Density 21,5; The architets;
This, that and the other; Slow, havy and blue. A partire
dal 1974 comincia la sua opera di insegnamento ai danzatori della
sua tecnica d’improvvisazione e di composizione nell’ambito di
materclasses presso l’Opéra di Parigi.
Carolyn Carlson in
Writing on water
Dal
1980 al 1985 avvia una felice collaborazione con il Teatro La Fenice
di Venezia dove vengono rappresentati tra gli altri i balletti
Undici Onde; Underwood; Blue Lady e,
successivamente con il Théâtre de la Ville di Parigi dove porta in
scena Dark; Still Waters ed altre sue creazioni. Negli anni
1991 e 1992 la Carlson risiede in Finlandia (Elokuu;
Syskuu; Maa) e negli anni 1994-1995 dirige il Ballet
Cullberg a Stoccolma (Sub Rosa). Crea inoltre numerose
coreografie per „ballerino solo“ che vengono interpretate da lei
stessa e da danzatori quali Marie Claude Pietragalla, Tero Saarinen,
Talia Paz e Nina Hyvarinen nonchè continua nelle sue creazioni di
repertorio per il Balletto dell’Opéra di Parigi (Signes) e
dell’Opéra di Bordeaux (Hydrogen Jukebox) insieme
all’ampliamento delle sue composizioni per spettacoli
d’improvvisazione.
Nel
1994, inoltre, fonda alla Cartoucherie de Vincennes la Compagnia
coreografica ed il Centro di Masterclasses L’Atelier de
Paris-Carolyn Carlson espressamente dedicati alla sua opera di
docente e coreografa.
Dal
1999 al 2002 dirige il settore danza della Biennale di Venezia dove
crea Parabola, Light Bringers, J. Beuys song,
Writing on water ed apre un’Accademia di danza contemporanea
(Accademia Isola Danza) nonchè un Festival.
Dopo
aver ricevuto numerosi premi tra i quali „Vittoria della musica“ nel
1998 per Signes e il titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere,
Carolyn Carlson viene nominata Cavaliere della Legion d’Onore di
Francia del 2000 e riceve la Medaglia della città di Parigi nel
2002. Delle sue composizioni sono stati realizzati numerosi film e
documentari ed ella stessa è autrice dei libri „Le soi e le rien“
(2001) e „Solo“ 2003.
Carolyn Carlson tra
Underwood e
Blue Lady
di Gloria
Chiappani Rodichevski
fondatrice di
Morfoedro, portale d'arte e di cultura:
http://www.morfoedro.it
È difficile
parlare di questa grande coreografa e ballerina della danza
moderna soprattutto perché ella non usa parole. I suoi balletti
non sono narrativi: sono l’astrazione in cui a fatica ci si
muove per apprendere. Tuttavia bisogna tentare se si vuole
ricevere. Tentare perché vale la pena. Il premio è grande,
infatti, per chi annaspa nell’esigenza di trovare l’illusione
del ventre di una natura ancora intatta e protettrice.
Carolyn Carlson
consegna fragile nelle nostre mani il ricordo della natura che
ha conosciuto e che è la tela dei suoi quadri, l’ingrediente
ineliminabile – cioè – della sua arte. Mi riferisco, in
particolare, a Underwood e a Blue Lady, due
balletti tra i più significativi. Vorrei qui spendere qualche
parola su questi lavori, in maniera un po’ particolare:
concedendomi, cioè, il lusso di lasciarmi trasportare dall’onda
della “parsimoniosa” poesia carlsoniana.
Si accennava prima
ad una poesia fatta del ricordo. Ricordi slegati come tasselli
dai bordi consunti: i pezzi che non combaciano più; ma proprio
per questo forieri di poesia. La poesia che nasce
dall'indefinito come ci ha grandemente insegnato Leopardi.
Quadretti di famiglia e flash di un'America lontana, fatta di
granai e corse verso il cielo della vastità (Underwood).
Oppure reminiscenze della propria vita interiore, filtrate
attraverso i ritmi di una natura che sembra proporre
inesplicabili gestualità, inesplicabili riti, astrazioni di
canti (Blue Lady). Ma per penetrare le cerimonie sacrali
di questa madre inesauribile, infinita, per violare i segreti
del kràal, la Carlson ha ricreato la dimensione
dell’amore e del dolore come unica dialettica attraverso cui è
possibile recuperare quel che siamo stati e seguire i fili
dell’essere per giungere ad un futuro di gabbiano. Meta ardita,
questa, che confina con il sogno. Il ricordo si perde nel sogno
e il sogno si riaggancia alla realtà del ricordo per poter
essere. E nelle plaghe oniriche dei balletti di Carolyn Carlson
il ricordo doloroso perde il tramite del déjà vécu e
diventa autocontrollo estremo. Tanto che Carolyn non permette né
a se stessa né agli altri suoi ballerini di spalancare ognuno il
proprio corpo e di gridare il movimento, di sciogliersi.
Catherine Richet ha detto di lei: “È profondamente chiusa nel
suo mistero. Una persona inaccessibile. Per me in un certo modo
è una persona fredda. Ma per freddo non intendo senza fede,
senza credenze, senza evasione. Però tutto ciò è completamente
concentrato, come accumulato. Non si abbandona mai. Si
trattiene. Conserva il completo dominio di se stessa. Rimane al
di qua piuttosto che al di là.” E ancora: “Suppongo che quando
ella vive un’emozione attraverso i suoi balletti, anche quelli
che lei interpreta, invece di liberarla, l’emozione, la vive.
Questo è tutto. Sta allo spettatore cercarsela. Lei non fa
regali. Lo spettatore si prende quello che cerca.”
Ancora tanto ci
sarebbe da raccontare su Carolyn Carlson. Iniziando questi miei
pensieri ho detto che è difficile parlare di lei perché non usa
parole, e ora termino affermando che non si finirebbe mai. È
così, in effetti, perché i suoi gesti “muti” sono eloquentissimi,
la sua non narratività colma di premesse, conseguenze,
conclusioni. La Carlson crea un totale che sembra respingere i
non iniziati. Ma per chi avverte come inderogabile
l’iniziazione, non ha che da accostarsi alla sua danza in una
“tensione senza intenzione”, per citare Herrigel (ovvero il
Maestro zen). Da lasciarsi cioè andare alle suggestioni
immergendosi in quel totale che la Carlson ha creato. Capirà
allora come una folgorazione che il suo “inesplicabile”
linguaggio non è che l’inesplicabile io e che proprio per questo
gli appartiene così profondamente.
Vorrei terminare
questi pensieri con alcune poesie che mi sono nate per l’artista
statunitense in un pomeriggio di maggio in cui erano sparse
chiome di luce per tutto il giardino e lei era particolarmente
con me.
Blue Lady
Miti
di capelli sciolti
a che il vento
penetri
nell'albero blu
delle profondità.
Nel sottobosco
Nel sottobosco
condurrò
paglia e
stagioni.
Ritorni
In ritorni di
raffica
dormire
nel granaio
della consistenza.
Negli arpeggi.
Ed arabeschi
di luna
tra pianto
che non cede.
Ti darei
Fossi chiave
per aprire il
bosco
ti darei
gabbiani
tra gli sbuffi
dell'armonica.
Sciogliti
La dimensione
d'albe verdi
a sciogliere
in pianti
il tuo corpo
di betulla.
Diario
Trarti
da diario
e diario
tra ritmo e
ritmo
foglia e
foglia.
In cadenze
di pianta
dalle chiome
algate
nel sottobosco
per ore senza
mare
stagioni senza
sole
capelli senza
vento.
Ali
Clemente sarà
la tua
passione
in ore di
scompiglio
a coprire,
bambagia,
frulli d'ali.
Stretta nelle
dune
mi contorcerò
per non
saper
volare.
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I balletti di
Carolyn Carlson
Repertorio dei balletti
e biografia
sul sito dell'Atelier di Carolyn Carlson
Riferimenti su
questo sito
Links
Intervista di
Dominique Simonnet su' L'Express del 7.11.2002
Video
del balletto di Carlsson "Signes" 1997
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